Madonna ma donna
di Paola Cerami e Benno Scharf
Il volto di Maria, l’aspetto della donna che fu degna di essere madre del Dio fattosi uomo, ha affascinato gli artisti fino dai primi secoli. Innumerevoli sono coloro che hanno tentato di raffigurarlo basandosi su descrizioni, racconti apocrifi o semplicemente sulla propria fantasia. La storia e le diverse visioni teologiche hanno poi influito sugli autori e così nel tempo si è avuta un’evoluzione, che cercheremo di analizzare brevemente, rifacendoci ad alcune opere, celebri o meno note, ma sempre significative. L’effigie della Madonna cominciò a diffondersi fin dai primi secoli della nostra era, dopo l’editto di Milano del 313, che dava libertà al Cristianesimo, ponendo fine alle persecuzioni. Fu allora che le immagini della Vergine e del suo figliolo Gesù, dipinte solo nelle catacombe, cominciarono a ornare le pareti dei nuovi edifici di culto, le basiliche che diventeranno chiese.
Forse si temeva che la Madonna potesse essere vista come una dea (simile a Giunone o Cibele) e perdesse la sua connotazione di fanciulla intatta e dolce e anche di madre. Qualche eccesso in questo senso vi era stato e san Epifanio ne cita degli esempi. Tra i fedeli che si erano convertiti dal paganesimo il pericolo di superstizioni era sempre presente.
La Madonna in maestà, o in trono, dipinta da Giotto.
Le prime raffigurazioni
La più antica immagine della Madonna dovrebbe essere stata la celebre "Odighitria", inviata da Gerusalemme a Costantinopoli nel 451 dall’imperatrice Eudossia a sua cognata Pulcheria. L’effigie era detta così perché poi venerata nella chiesa degli "Odeghi" o guide. La tradizione ne vedeva l’autore in Luca, l’evangelista che aveva dipinto Maria in casa dell’apostolo Giovanni. L’immagine venne distrutta dai Turchi dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453. Ne sopravvivono però alcune copie medievali.
Nell’Oriente cristiano già dal V secolo l’immagine della Madonna si diffuse in forma di icone, venerate nelle chiese, ma anche nelle case dei fedeli.
In Occidente invece troviamo due affreschi che rappresentano la Vergine in preghiera: uno è a Roma, nel Cimitero di Sant’Agnese, l’altro si trova nella cripta di San Massimino in Provenza. Ambedue risalgono al IV o V secolo.
A Roma poi nel V secolo papa Sisto III fece dipingere su un arcosolio della Basilica di Santa Maria Maggiore (che si chiamava allora "Liberiana") una Madonna dall’aspetto regale; ella indossava una sontuosa veste ricamata, aveva una corona di gemme tra i capelli e altre pietre preziose agli orecchi. Seduta sul trono era circondata dagli angeli in atteggiamento reverente: è la "basilissa", l’augusta signora, che sarà una figura centrale nell’arte bizantina. L’esempio più celebre è però quello della Basilica Eufrasiana a Parenzo, oggi in Croazia. Nella conca dell’abside, invece del Cristo Pantocrator, comune nelle chiese bizantine, spicca il mosaico della Vergine con il Bambino. La Madonna in trono tiene il piccolo Gesù sulle ginocchia: il suo aspetto è solenne, come si conviene a una sovrana. L’opera, sfolgorante nell’oro, risale al VI secolo.
Simile e altrettanto grandiosa è la Madonna del mosaico inferiore di San Apollinare Nuovo a Ravenna: verso di lei, assisa in trono, va la processione delle sante e dei re magi, mentre quella dei martiri va verso Cristo.
La Madonna nel Romanico
Tra il X e l’XI secolo inizia un nuovo tipo di pietà mariana: il movimento cluniacense diffonde a livello popolare la devozione a Maria, già sentita nei monasteri. I misteri dell’Assunzione e dell’Immacolata Concezione, che non erano ancora oggetto di dogma, ma molto sentiti fra il popolo, riscuotono la fede dei cristiani e cominciano a essere oggetto di rappresentazione. Dalla sola immagine di Maria si passa alle scene della sua vita.
La Madonna romanica è ieratica, distaccata dal mondo terreno: di solito viene rappresentata vista di fronte. Essa è prima di tutto la Madre di Dio, la Theòtokos e gli artisti cercano di esprimere questo.
Con Giotto però la pittura mutò indirizzo. Egli, toscano, amava la sua terra e i suoi abitanti, uomini e donne reali, con i sentimenti della vita di ogni giorno, elevati in una sfera più alta. Nelle sue Madonne si vede una fede profonda, ma risulta evidente l’evoluzione rispetto al passato.
La celebre Madonna in trono, oggi agli Uffizi di Firenze, porta in grembo il bimbo dall’abito rosato. È una donna del popolo, dignitosa e fiera, ma non estranea alla vita terrena. Il Bambino le poggia sulle ginocchia e la sua manina destra è protesa a benedire. Maria siede sul trono e gli angeli la attorniano reverenti, ma ella pare non dar peso a ciò; sembra voler stringere a sé il bimbo, mentre il suo sguardo si perde lontano, forse presago del futuro. Il pittore l’ha vista come mamma nel pieno senso del termine.
Questo tipo d’immagini è detto delle "maestà", ossia Madonne in trono, con il bimbo tra le braccia, circondate da angeli e santi. Tra il Duecento e il Trecento esse costituirono il modello principale degli artisti. Non solo in Italia, ma anche in Francia e Germania troviamo numerosi gruppi scultorei e affreschi con questa tematica.
Anche nella Madonna col Bambino di Simone Martini, oggi alla Pinacoteca di Siena, spiccano la dolce mestizia del volto di Maria e l’eleganza delle sue lunghe mani affusolate, che si stringono sul figlio. Il bimbo è avvolto nel manto materno: sbucano fuori solo le manine e il viso rotondo, che cerca lo sguardo della madre. L’oro del fondo e l’azzurro lapislazzulo del manto della Vergine, che costituivano una caratteristica peculiare, sono purtroppo andati perduti. È un dipinto di notevole raffinatezza, come tutte le opere di questo artista.
Con Ambrogio Lorenzetti, le Madonne diventano sempre più cariche di umanità. Celebre tra esse è la Madonna del Latte, realizzata verso il 1340 e oggi nel Palazzo Arcivescovile di Siena.
Il soggetto di Maria che allatta era già presente nella pittura spagnola, ma in Italia fino a quel momento lo si ritrova solo nella scultura. Ambrogio Lorenzetti è appunto il primo pittore celebre, che trasferisca questo tema nel dipinto. Lo sguardo attento ed energico del Bambino attira quello dello spettatore, avvincendolo in un gioco quasi misterioso. La Vergine, dal profilo delicato e classico, guarda il figlio con affetto: lo stretto rapporto tra le due figure è reso dalla successione delle linee sinuose. Nessun altro pittore, fino a Raffaello con la "Madonna della Seggiola", lo ha espresso con altrettanta efficacia.
Il Lorenzetti media quindi tra il realismo di Giotto e la solennità austera di Simone Martini: il suo esempio verrà seguito a lungo.
Le splendide immagini di Maria nell’arte romanica ci fanno pensare alla preghiera che Dante ha posto, nella sua Commedia, sulle labbra di san Bernardo: «Vergine Madre, figlia del tuo figlio / umile ed alta più che creatura /…Tu sei colei che l’umana natura / nobilitasti sì che il suo fattore / non disdegnò di farsi sua fattura».
La Madonna col Bambino
di Simone Martini.
L’opera è stata riscoperta
per caso nel 1957 grazie
a un restauro, dopo che
nel XVI secolo era stata modificata rozzamente,
non solo con l’aggiunta
di dettagli ma addirittura ridipingendo il volto
della Vergine, al punto
che lo stile di Martini
era diventato irriconoscibile.
La Madonna nel gotico
La Vergine gotica invece si avvicina all’umanità; è la più perfetta tra le creature, ma è essa stessa creatura come noi.
Le madonne di questo periodo sono sovente di una struggente bellezza. I loro volti, soffusi di poesia, sembrano pronti a parlare. Gli occhi grandi, ma non sgranati, né curiosi, osservano con tenerezza il figlioletto. I lineamenti del volto sono puri, lontani da qualsiasi volgarità o cedimento. Pittori e scultori sembrano seguire la stessa linea: bellezza quasi sovrumana e purezza. Un mondo che tutti vorremmo conoscere e raggiungere!
Nel XIV secolo cambia anche l’espressione delle madonne; alle sorridenti vergini del periodo precedente subentrano, per esempio sulle porte o gli altari delle cattedrali francesi, figure dall’aspetto serio e grave, come di chi vede i flagelli che in quel momento tormentano l’umanità: la Guerra dei Cent’anni (1339-1453) tra Francia e Inghilterra e la grande peste della metà del Trecento (la "Morte nera") in tutta Europa. Già nei decenni precedenti la Madonna, dismesse le insegne regali, viene spesso raffigurata come una semplice fanciulla, bella ma priva di ogni ornamento; a lei, umile per eccellenza, tutti gli esseri umani possono rivolgersi senza timore.
Poi nella sua espressione comincia a trasparire un triste presagio: il Calvario getta la sua ombra già sul Divino Infante. L’Europa viene in questo periodo percorsa da mistici e flagellanti, che chiamano le folle alla penitenza. La nuova figura della Vergine si evolve verso la sofferenza: è la "Mater dolorosa", ai piedi della croce o con il figlio morto tra le braccia.
Non a caso le canzoni dei flagellanti a noi pervenute si rivolgono in gran parte a Maria, per chiederne l’intercessione. L’arte esprime naturalmente la figura di Maria, "avvocata" del genere umano.
Segue: Una Madre per l'umanità