Privatizzazioni alla genovese (o alla Cancun?)

Riporto dalla mailing list “Il Granello si sabbia” gestito da www.attac.it
Saluti
Franzele


Genova per loro: un'azienda come un'altra
di Carlotta Guarascio (ATTAC Genova)

Alla fine il Comune di Genova ha deciso di vendere le dighe e gli impianti idrici, mettendo a repentaglio la sua stessa maggioranza, costringendo molti consiglieri ad ardite acrobazie verbali, scontrandosi con l'opposizione del prc (non partecipazione al voto di tre consiglieri e voto contrario della "disobbediente" Laura Tartarini che ha detto:"non si può andare a Porto Alegre e privatizzare l'acqua"). Con 27 voti a favore e 18 contrari, il Consiglio comunale ha dato via libera a questo inedito capolavoro di privatizzazione dei servizi pubblici, nonostante l'opposizione sociale e lo sforzo della campagna Questo mondo non è in vendita, insieme ad ATTAC di provare a ragionare su altre e più partecipate soluzioni.
Proviamo a riassumere la storia. Lo scorso mese di marzo il Comune di Genova
discute il bilancio preventivo che prevede, nel capitolo d'entrata relativo all'alienazione dei beni immobili comunali (che già ammonta a più di 100 milioni di euro), la vendita delle dighe ad AMGA s.p.a. Previsione di entrata per la cessione:12 milioni di euro. Quanto basta, si dice, per far quadrare i conti rispettando i vincoli di stabilità e fronteggiare i tagli ai trasferimenti verso gli Enti locali. Quanto serve, si aggiunge, per salvare dal collasso finanziario l'azienda di trasporto pubblico locale, per la quale è stato annunciato un piano di spacchettamento e privatizzazione, da realizzare dopo il necessario risanamento dei bilanci. La scelta di vendere le dighe, si precisa, non sarà così dolorosa come qualcuno in città comincia a dire; la cessione avviene a favore di AMGA, ex municipalizzata ora s.p.a. quotata in borsa, che gestisce il servizio del
gas e quello dell'acqua (e che opera in molti altri settori), di cui il Comune di Genova detiene la maggioranza del capitale azionario e che già ha in concessione le dighe che diventeranno di sua proprietà. Ma non tutti sono convinti che l'operazione sia una semplice "partita di giro" per far cassa; i dubbi aumentano man mano che diventano noti i tempi e le modalità con le quali la cessione delle dighe è stata pensata. Si scopre che la richiesta di nomina di un perito per valutare il valore dei beni è del luglio 2002, mentre è dell'ottobre dello stesso anno il parere legale chiesto dal Comune per confortare la legittimità giuridica dell'operazione.
Le dighe sono più precisamente un complesso impiantisctico relativo alla produzione di acqua potabile e alla produzione di energia idroelettrica; impianti strategici per la gestione del servizio idrico a Genova, la cui proprietà condiziona la possibilità di intervenire sulla modalità di
erogazione del servizio, sui costi e sulla gestione. La nomativa che consente la cessione è l'art.35 della finanziaria 2002: quello variamente contestato anche per ragioni di costituzionalità, recentemente rimaneggiato dalla delega in materia ambientale, traduzione giuridica delle scelte di
liberalizzazione dei servizi pubblici locali. A essere precisi la cessione delle dighe ad AMGA è possibile solo forzando estensivamente le stesse confuse previsioni dell'art.35, che prevede la non cedibilità degli impianti e delle reti necessarie alla gestione dei servizi pubblici locali, se non
attraverso il loro conferimento in società pubbliche (al 100% secondo l'ultima modifica apportata dalla delega in materia ambientale). Per le società quotate in borsa però è prevista un'eccezione: gli enti locali possono cedere la loro partecipazione in queste società anche se le stesse
sono proprietarie di reti e impianti. A quest'ultima previsione il Comune di Genova vuole attribuire il peculiare e non pacifico significato di rendere cedibili impianti non altrimenti disponibili da parte dell'ente locale. Cosa rende necessaria questa forzatura? cosa giustifica il voler a tutti i costi
"approfittare" delle possibilità dell'art.35 scritto e riscritto dal governo Berlusconi in sintonia con le scelte neoliberiste dell'Unione Europea e con le politiche di liberalizzazione sostenute in seno al WTO con l'accordo GATS sui servizi?
Sono le domande che animano per mesi la discussione in città, nel tavolo genovese della campagna "questo mondo non è in vendita" che si oppone al.prossimo vertice WTO di Cancun.
Domande che ne chiamano altre quando appare un altro elemento centrale della delibera di cessione degli impianti ad AMGA:la contestuale previsione della modifica del precedente disciplinare che regola i rapporti tra il Comune e l 'azienda; si vendono le dighe e si elimina il precedente obbligo di
retrocessione dei beni trasferiti all'azienda dal Comune o acquistati dalla stessa con finanziamenti pubblici nell'ipotesi che il rapporto tra Comune e AMGA dovesse cessare. Appare allora chiaro che la vendita delle dighe più che un espediente di bilancio è una conseguenza delle scelte di politica
industriale e di mercato di AMGA, da inquadrare nell'attuale fase di trasformazione dei servizi pubblici locali in mercati redditizi. Lo chiarirà definitivamente l'amministratore delegato di AMGA nell'audizione chiesta da Rifondazione alla Commissione bilancio del Comune spiegando:la
cessione delle dighe serve per rafforzare AMGA e farle affrontare la prossima fase di trasformazione della gestione del servizio idrico, perché acquistando la proprietà degli impianti anche se si perdesse (o non si potesse partecipare alla) la gara per la gestione del servizio idrico a
Genova, "a chi vince la gara l'acqua la vendiamo noi". La possibilità che AMGA non gestisca più il servizio idrico a Genova, ma si "accontenti" di gestire la proprietà di reti e impianti sviluppando altrove le proprie strategie di marketing per vincere le gare che mettono sul mercato il
servizio idrico, apre scenari assai preoccupanti perché disegna una politica che asseconda e fa proprie le logiche di liberalizzazione che dominano l' ansia di allargare il grande business dell'acqua; presuppone l'impossibilità di contrastare queste politiche. Nella stessa commissione le associazioni della campagna contro il WTO hanno chiesto di sospendere la delibera e
aprire una discussione sulla gestione dell'acqua e sulle garanzie per il mantenimento del controllo pubblico della stessa, ricercando strade diverse da quelle imposte; la richiesta è stata anche di Rifondazione, i dubbi hanno iniziato a serpeggiare anche nel correntone DS. La data in cui la delibera doveva essere approvata dal Consiglio Comunale è slittata di 10 giorni, durante i quali il discorso è stato forzatamente riportato fuori dal merito e nella logica delle alleanze di maggioranza, tentando di porre rassicurazioni sul controllo pubblico di AMGA che hanno lasciato aperti tutti i dubbi sollevati in questi mesi. Non è affatto detto che la vicenda si sia adesso conclusa. La possibilità di ricorsi al Tribunale amministrativo è già al vaglio di molte associazioni.