Al via dunque l'Anno Terzo del Governo del CentroDestra guidato da Silvio Berlusconi, in una situazione generale ancora tutt'altro che rosea, che i nostri politici sembrano voler ulteriormente complicare. Moltissime sono le cose da fare e, a mio avviso, notevole è il ritardo accumulato nell'avvio di importanti, anzi indispendabili, riforme liberali, tanto in campo economico-sociale che in campo politico-istituzionale. La coalizione di governo si è disunita, soprattutto dopo il Caffè Amaro delle amministrative parziali ( ove ha subito gli smacchi più pesanti nelle provinciali romane e nelle regionali friulane, con un arretramento anche in alcune altre aree del Paese, e una buona tenuta in Veneto). La questione della Verifica, richiesta giustamente da Alleanza Nazionale, pare evolversi verso modalità tutt'altro che produttive degli indispensabili aggiustamenti, soprattutto nel passo riformatore adottato...ma anche nella direzione intrapresa. Certo è che se tutti proclamano indispendabile procedere ad una politica di profonda trasformazione del Paese, le cose che vengono intese dalle varie anime del CentroDestra, sono molto varie.....e in parte anche contraddittorie. Le diatribe interne alla coalizione, se per certi versi sono ovvie e scontate, vengono condotte comunque senza che nessuno si assuma la responsabilità di indicare con chiarezza gli obiettivi comuni, che devono essere le ragioni del lavorare insieme, pur con le diverse sensibilità e le diverse rappresentanze di aree della Nazione e di i conglomerati di interessi e di valori.
Quello che risulta evidente è che la politica italiana resta sostanzialmente quella di sempre, ossia profondamente condizionata da obiettivi immediati, dalla ricerca dei facili consensi o delle difesa delle posizioni conquistate, senza una visione coraggiosa che punti, invece, sui risultati di medio-lungo termine, giuocando nell''immediato invece attraverso lo sforzo per coagualre interessi e tensioni ideali verso processi di cambiamento sui quali ampi settori della popolazione devono comunque scommettere, e sanno di doverlo fare.
Ora l'anno Terzo del Governo Berlusconi si apre anche con il semestre italiano di presidenza di turno dell'Unione Europea. Un'occasione ulteriore per far valere il ruolo, finalmente attivo e creativo, della politica estera italiana, ancorandolo ad una politica di solidarietà "transatlantica" di faticosa ricucitura nell'Unione delle diverse anime, rifiutando ogni egemonismo gallicano, ma accogliendo quegli aspetti della visione Chirachiana della politica comune che maggiormente sono tesi a rinforzare il prestigio europeo, che però non può crescere se non accrescendo le responsabilità che l'Europa è disposta ad assumere sullo scenario internazionale, che è sempre più evidentemente un mondo "hobbesiano".
La guida italiana dell'Unione può garantire una presenza europea meno ....ingombrante (ossia malvista) e più produttiva anche sullo scenario medio-orientale, ove tanto Bush che Sharon considerano Berlusconi (cioè l'Italia) come il loro migliore amico (per Bush, soltanto dopo Blair e alla pari di Aznar) all'interno della Confederazione degli Stati del Vecchio Continente. L'idea italiana di un piano marshall per il medio-oriente, se inserita nel contesto globale di una politica dell'Europa e dell'Occidente coerentemente volta ad una progressiva pacificazione dell'area (che ha avuto nell'intervento preventivo americano un momento comunque fondamentale), è vista ancora con qualche perplessità. Ciò soprattutto dato che comunque, la stessa avrà i suoi non indifferenti costi. Tuttavia la proposta italiana gode anche di crescenti simpatie. Gli Stati Uniti del resto hanno, da parte loro, suggerito una strategia di intervento economico occidentale abbastanza sovrapponibile all'idea italiana. Sicuramente se la Road Map si avvierà quel tanto da rendere la pace qualcosa di più che una pia speranza.....allora si potrà passare alle fasi di progettazione esecutiva e poi di attuazione di una serie di interventi economici e di investimenti importanti.
Insomma... di carne al fuoco ce n'è tanta, e le cose da fare sono ancora di più. Le cose fatte non sono poi così poche, e ultimamente, con la riforma Biagi del mercato del lavoro, hanno raggiunto punti d'approdo decisivi, per far ripartire certe dinamiche virtuose. Che ciò sia d'auspicio per l'immediato futuro.
Saluti liberali
dal sito di IDEAZIONE....
" Il governo alla prova dei fatti
di Pierluigi Mennitti
La sinistra che appena una settimana prima aveva festeggiato, con qualche eccesso di tono, la vittoria elettorale nella limitata tornata amministrativa ha vissuto con animo sofferente il fallimento dei referendum sull'articolo 18. Bertinotti e i "correntisti" ds hanno ammesso la sconfitta, il primo con la dignità che gli è unanimemente riconosciuta, i secondi con qualche arroganza e senza accenno di autocritica. Il resto di quello che per comodità continuiamo a chiamare Ulivo ha fatto il pesce in barile. S'è appropriato all'ultimo momento della bandiera dell'astensionismo, rinnegando i chilometri di marcia percorsi nelle manifestazioni della Cgil ed evitando di spendersi per una causa nella quale oggi dicono di non credere più. Si evidenzia così la vena strumentale che ha accompagnato le battaglie politiche di parte dell'opposizione, cui è mancata la forza di contrapporsi costruttivamente al governo, in nome di un proprio progetto di società alternativo a quello di Berlusconi. Idee per realizzare qualcosa, non solo per opporsi alle iniziative del governo.
Il fallimento referendario, così, restituisce ossigeno alla maggioranza, apre nuove prospettive legate soprattutto a quelle riforme economiche promesse in campagna elettorale. Su un punto assai simbolico, quello dell'articolo 18, l'elettorato ha detto che è disposto a rimettere mano non tanto alle tutele che accompagnano la vita dei lavoratori, quanto alle gabbie che limitano la libertà delle imprese. L'indicazione è ancor più chiara in quanto giunge in un periodo difficile per l'economia italiana ed europea. Normalmente, in fasi come questa, prevale nell'elettorato un senso di sfiducia nelle regole del mercato e si prediligono le tutele assistenziali più disparate. Invece proprio in tempi di fiacca, gli italiani preferiscono rilanciare, affidando alla classe politica un messaggio neppure tanto velato: liberate i mercati, invece di chiuderli. A cominciare da quello del lavoro.
Ora la mano torna alla maggioranza che non sembra al momento dare buona prova di sé nel riflettere pacatamente sul risultato delle amministrative. Ripicche fra i partiti, rimbalzi di responsabilità, interviste roboanti lasciano malinconicamente l'amaro in bocca. Dalle amministrative e dai referendum sono giunti due messaggi che spingono il governo verso tutt'altra direzione che quella del litigio. E cioè rimboccarsi le maniche e mettere in campo le riforme economiche previste nel programma elettorale. E' una esigenza non solo italiana, quella di rivedere lo Stato assistenziale, tanto è vero che altri governi europei sono in queste settimane impegnati in bracci di ferro con le controparti sindacali. L'Italia, che ha vissuto i suoi conflitti nei mesi passati, può arrivare con un po' di vantaggio alla meta, realizzando un modello equilibrato di sicurezza sociale sostenibile, che alle tutele irrinunciabili affianchi maggiori libertà per le attività imprenditoriali. La ripresa del dialogo con i sindacati, l'approvazione due settimane fa del decreto attuativo della legge Biagi sul mercato del lavoro, il nuovo round di consultazione delle parti sociali vanno nella direzione giusta. Se tutto andrà come previsto, in un clima di collaborazione, entro un paio di mesi si potrebbero varare quelle novità tanto attese: modifica del collocamento pubblico, introduzione di nuovi modelli contrattuali, riforma delle collaborazioni coordinate e continuative.
Il messaggio degli elettori è chiaro verso il governo: meno polemiche, più capacità operativa. Il semestre di presidenza dell'Unione Europea che verrà assunto dall'Italia all'inizio di luglio rappresenta un banco di prova decisivo. Tra gli obiettivi della presidenza italiana, le riforme liberali nel campo economico-sociale, sulla scia delle direttive di Lisbona, sono un punto fondamentale per accompagnare e rafforzare la ripresa di cui gli esperti già scorgono i segnali. Roma ha le carte in regola per spingere su questo fronte se è vero che il presidente della Commissione Europea Romano Prodi, sempre restio a far complimenti al governo Berlusconi, ha inserito l'Italia nel quartetto di nazioni che stanno lavorando con più efficenza alle riforme strutturali (le altre sono Gran Bretagna, Francia e Germania). Tutto sta a vedere se la maggioranza riuscirà a ritrovare la sua compattezza e a bloccare le tentazioni suicide che di tanto in tanto emergono dalle dichiarazioni avventurose di alcuni suoi esponenti. Come dimostra il dato amministrativo, sarebbe illusorio cullarsi ancora sulle divisioni di un centrosinistra che ha comunque già avviato la sua fase di riorganizzazione.
20 giugno 2003
pmennitti@ideazione.com "