TREVISO. Invece del sindaco gli sposi hanno trovato la polizia giudiziaria. [la tribuna di TV 29/05/03]
Immigrato espulso mentre sta per dire «sì»
Prelevato dai vigili davanti alla sposa sotto choc e caricato su un aereo
Michela Santi
TREVISO. Invece del sindaco gli sposi hanno trovato la polizia giudiziaria. Per lo sposo c'era pronto un decreto di esplusione immediata: senza avere neppure il tempo di salutare la sposa, è stato caricato in auto e portato in questura. Da lì è partito per Bologna, dove alle 15 è stato imbarcato sull'aereo per l'Albania. Sconvolta la sposa. Lei è Barbara Liguori, 23 anni, di San Liberale. Lui è Pietro Quendro, albanese, 27 anni, dipendente di una cooperativa. Volevano sposarsi e avevano preparato tutto. In abito da sposi ieri mattina si sono recati a Palazzo Rinaldi con una quarantina di invitati. Ma ad attenderli hanno trovato i vigili.
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I Promessi Sposi, una storia senza tempo, che si ripete a Treviso. Le peripezie della celebre coppia di manzoniana memoria cominciano proprio il giorno del matrimonio, come è successo ieri a Barbara Liguori, 23 anni a giugno, residente in via Mantovani Orsetti e a Pietro Quendro, 27 anni, albanese, residente a Canizzano. Volevano sposarsi e avevano preparato tutto, la cerimonia, il pranzo, i fiori. In abito da sposi ieri mattina si sono recati a Palazzo Rinaldi con una quarantina di invitati. Ma ad attenderli hanno trovato la polizia giudiziaria. Per Pietro c'era un decreto di esplusione immediata per precedenti penali: senza avere neppure il tempo di salutare la sposa è stato caricato in auto e portato in questura. Da lì è partito per Bologna dove alle 15 è stato imbarcato sull'areo per l'Albania.
Un colpo di scena incredibile, inaspettato. Gli sposi poco prima avevano perfino posato foto con il sindaco Gentilini, ignaro di tutto. La polizia giudiziaria ha applicato la legge, ma per gli sposi è stato un colpo al cuore. Abbandonati i parenti e i genitori nel piazzale di Palazzo Rinaldi, Barbara è salita da sola nell'auto lucidata a nuovo, la stessa che doveva servire per il primo viaggio da marito e moglie. Accompagnata dal fratello e dallo zio Massimo Tonon che doveva essere il testimone di nozze, si è precipitata in questura, disperata, alla ricerca dello sposo. «Non è possibile - ripeteva con le lacrime agli occhi, consolata dal fratello - per poter celebrare questo matrimonio siamo diventati matti. Sono mesi che cerchiamo di fare le carte».
La storia di Barbara e Pietro ha dell'incredibile. Il giovane albanese, in Italia da otto anni, dipendente da alcuni mesi della cooperativa che gestisce il domitorio comunale all'ex Caserma Piave, ha alle spalle una condanna per detenzione di stupefacenti da parte della corte d'appello di Firenze. Per l'errore commesso aveva pagato con il carcere e non aveva più potuto rinnovare il permesso di soggiorno scaduto nel febbraio scorso. L'8 maggio scorso gli era stato notificato il provvedimento di espulsione esecutiva, con 15 giorni di tempo per andarsene. Il termine è scaduto sabato scorso. Il matrimonio fissato per ieri mattina non ha consentito la sua regolarizzazione. «C'è una direttiva del questore che ci invita a monitorare i matrimoni dei clandestini» spiega l'ufficio della polizia municipale. Resta però la storia. «Pietro voleva rifarsi una vita onesta con me» dice la sposa mentre cerca di convincere i poliziotti apartire con lui. Massimo, il testimone, la raggiunge trafelato portandole le fedi rimaste nella scatoletta bianca. E' l'avvocato Andrea Groppo di Treviso a convincerla ad aspettare. «Ora Barbara, per sposarsi, dovrà chiedere il nulla osta all'ambasciata e raggiungere il suo compagno in Albania - spiega - da lì, secondo la legge, Pietro non può tornare prima di cinque anni. Ci sono i presupposti per un ricorso al Tar contro un provvedimento che ostacola il ricongiungimento famigliare».
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Gentilini ignaro di tutto...
Che vergogna...