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    Aurelio SAFFI...triunviro della Repubblica Romana ... con MAZZINI e ARMELLINI

    [mid]http://www.italia-rsi.org/cantiitalia/canrisorgi/labandieradeitrecolori%20Layer-3.wav[/mid]

    visita anche:
    La piu' nobile figura del Risorgimento

    http://www.freeforumzone.com/viewmes...35000&p=1#Last
    ******************************************
    ATTUALITA' DI MAZZINI
    ******************************************
    di Ettore Fabietti

    Instaurata la Repubblica in Italia, molti fedeli e devoti a
    gl'ideali di Mazzini considerano ormai compiuta la sua mis-
    sione ideale e intendono consegnarne il nome alla storia, es-
    sendo egli estraneo ai nuovi orizzonti, a cui si avvia la civiltà.
    Giuseppe Mazzini, invece, è ancora vivo e presente e può
    ancora animare l'azione di coloro, che propugnano la eleva-
    zione morale e materiale degli umili. Escludere e trascurare
    questo grande suscitatore di anime per elevarle dalle tenebre
    alla luce, dalla vita bruta alla vita civile, è un errore gravissimo
    che priva di molti combattenti questa nobile idea.
    Mazzini intravide e sentì tutte le possibilità del progresso
    infinito, che si apre all'uomo sulla Terra, alla sua vita, a' suoi
    costumi, al suo pensiero, al suo senso di universalità e di fra-
    ternità con tutte le altre creature umane. L'ltalia da redimere
    dalla servitù allo straniero, da costituire in un solo complesso
    politico, in liberi ordinamenti, non fu che una parte della sua
    idea e della sua dottrina, che animò di passione, fino all'estre-
    mo sacrificio, una luminosa schiera di martiri e di eroi, finchè
    l’Italia fu una, indipendente e libera.
    L'immensa vastità della sua visione universale si può mi-
    surare da alcune affermazioni contenute in queste parole, che
    non si possono dimenticare. Chi vuole approfondire la sua co-
    noscenza di Mazzini, lo cerchi in questi suoi pensieri. Egli vi-
    de «l’Italia rinata e d'un balzo missionaria di una Fede di Pro-
    gresso e di Fratellanza, più vasta assai dell'antica, all'Umanità.
    lo avevo in me il culto di Roma. Fra le sue mura s'era due vol-
    te elaborata la vita una del mondo. Là, mentre altri popoli,
    compiuta una breve missione, erano spariti per sempre e nes-
    suno aveva guidato due volte, la vita era eterna, la morta i-
    gnota...».
    Per Mazzini la Roma della Repubblica, conchiusa dai Ce-
    sari, «aveva solcato, dietro al volo delle aquile, il mondo noto
    con l'idea del Diritto, sorgente di Libertà. Poi, quando gli uo-
    mini la piangevano sepolcro dei vivi, era risorta più grande di
    prima, e risorta appena, s'era costituita coi Papi... centro accet-
    tato d'una nuova Unità, che, levando la legge dalla terra al
    cielo, sovrapponeva all'idea del Diritto, l'idea del Dovere co-
    mune a tutti e sorgente, quindi, dell'Eguaglianza». E qui la
    sua mente ascende ai vaticinio: «Perchè -egli si chiede -
    non sorgerebbe da una terza Roma, la Roma del Popolo ltali-
    cp... una terza e più vasta Unità che, armonizzando terra e cie-
    lo, Diritto e Dovere, parlerebbe non agli individui, ma ai po-
    poli una parola di Associazione insegnatrice ai liberi ed eguali
    della loro missione quaggiù?».
    A questo punto egli penetra ancora più a fondo col suo
    sguardo lungimirante nell'avvenire: «Da quelle idee io desu-
    mevo, intanto, che il nuovo lavoro dovea essere, anzi ogni al-
    tra cosa, morale, non angustamente politico; religioso, non ne-
    gativo, fondato sui principi, non su teoriche d'interessi; sul do-
    vere non sul benessere». E ricorda: «La scuola straniera del ma-
    terialismo aveva sfiorato l' anima mia per alcuni mesi di vita
    universitaria; la Storia e l'intuizione della coscienza, coi soli
    criteri di verità, mi avevano ricondotto liberamente all'ideali-
    smo dei nostri padri».
    Qui Mazzini ritorna, maestro e ispiratore, a far convergere
    le sue idee con quelle che alimentano la lotta sociale dei nostri
    giorni, che mira unicamente alle rivendicazioni, pur giuste,
    dei beni materiali al popolo minuto. Alla luce del suo pensiero
    appare chiarissimo il concetto che una lotta sociale, combattu-
    ta soltanto per la conquista di beni materiali, non può condur-
    re a un migliore ordinamento sociale. Che la miseria sia estir-
    pata, che il lavoro sia dovere di tutti, che l'ingegno trovi possi-
    bilità di svilupparsi anche fra gli umili, che la sicurezza del
    domani sia beneficio di ognuno, questo è diritto sacro di ogni
    umana creatura, ma che i pregiudizi, l'ignoranza, l'ingiustizia,
    l' odio, l' attaccamento ai beni materiali esasperino le anime e le
    dividano, impedendo ai figli dell'uomo sulla terra di sentirsi
    fratelli, di aiutarsi scambievolmente fino al sacrificio di se stes-
    si, tutto questo non può aprire un'era nuova all'umana convi-
    venza, anche se gli uomini avranno conseguito ordinamenti
    politici e sociali di assoluta eguaglianza individuale
    I principi, a cui deve ispirarsi il nuovo ordine sociale, si
    composero ad unità nella fede di Mazzini, e partono, anzichè
    da presupposti di bisogni e d'interessi, da motivi d'amore, di
    giustizia, di dignità e di vera fratellanza umana.
    L'unità, l'indipendenza e la libertà d’Italia erano per Maz-
    zini la prima pagina dell'opera che si accingeva a creare. Da
    questi principi egli traeva le necessarie conseguenze: accordi
    ed intese fra tutti popoli oppressi e affratellamento delle na-
    zioni; progressivo riscatto delle classi operaie di fronte al capi-
    tale; elevazione della civiltà umana al concetto religioso del
    dovere; elevazione della Cultura come mezzo di educazione,
    nella luce di una fede religiosa risultante dalla sintesi di tutte
    le fedi sinceramente professate.
    Nulla, dunque, di ciò che alimenta oggi le idee di progres-
    so umano e di civile convivenza è estraneo al pensiero e alla
    dottrina di Mazzini, Egli è ancora vivo e operante fra noi; non
    lo dimentichiamo, e ispiriamoci a' suoi insegnamenti come a
    un nuovo Vangelo.
    Questa è l'attualità di Mazzini.
    ************************************************** ***************


    E al pallido araldo ben mille risorti
    Superbi fantasmi d'intorno volar. ..
    E immenso peana risposero i morti
    Al grido ch'ei emise dall' Alpi ai due mar.

    di Felice Cavallotti

    *********************************************

    .................................................. ................................

    Mazziniani in SARDEGNA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=73060
    Associazione Mazziniana Italiana
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=2011
    Bicentenario nascita Giuseppe Mazzini (1805-1872)
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=133506
    Mazziniani in PIEMONTE
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=15575
    Mazziniani nel VENETO
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=4105
    Mazziniani in SICILIA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=29799
    Il Risorgimento ..... e dintorni
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=2302
    Mazziniani in EMILIA e ROMAGNA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=11850
    Discussione su Mazzini e il Repubblicanesimo - consensi - immagine - visibilita'
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=21596
    Socialismo Mazziniano....per rafforzare il P.R.I ... dal Pensiero all'Azione ...
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=5260
    Un 20 Settembre di 132 anni fa...."la breccia di Porta Pia"
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=25441
    Mazziniani nel LAZIO
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=15218
    Mazziniani in Lombardia
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=3144
    Mazziniani in Friuli e nella Venezia Giulia
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=11489
    Mazzini e Garibaldi
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=27459
    Aurelio SAFFI...triunviro della Repubblica Romana ... con MAZZINI e ARMELLINI
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=5485
    Influenza del Pensiero Mazziniano sull'Azionismo
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=62791
    Mazzini in Chiesa ... e nella vita di tutti i giorni
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=7109
    Chi onora Mazzini / Garibaldi / Oberdan etc etc ... in ricordo dei nostri Eroi
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=14893
    Pisa & Domus Mazziniana
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=111677
    Mazziniani in CALABRIA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=18657
    Itinerari storico turistici : Le colline del Risorgimento
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=3072
    Il "fallimento" del Risorgimento....Montecitorio 14 novembre 2002
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=32035
    Garibaldi e Anita, benedette nozze
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=17719
    Mazzini batte Marx
    http://www.politicaonline.net/forum/...&threadid=5382
    Mazzini, osannato dai nemici della Chiesa
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=42789
    Mazziniani nelle MARCHE
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=15577
    Mazziniani in UMBRIA
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    Mazziniani in ABRUZZO
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=145000
    Mazziniani in TOSCANA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=11487
    Divagazioni su Mazzini ...
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=43038
    Mazziniani in Campania
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=15010
    Un pericoloso terrorista internazionale ... (Giuseppe Mazzini)
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=39360
    Mazziniani in LIGURIA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=13432
    Il PENSIERO MAZZINIANO
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=16664
    Mazziniani nel MOLISE
    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=129605
    Mazziniani in PUGLIA
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=11493
    Mazziniani in Basilicata
    http://www.politicaonline.net/forum/...threadid=51126

  2. #2
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    Articolo molto bello ed interessante

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    ************************************************** ***
    RITRATTO DI GIUSEPPE MAZZlNI
    ************************************************** *****
    di Tommaso Gallarati Scotti

    La piena comprensione della figura di un uomo quale
    Giuseppe Mazzini matura nel tempo e si rivela nella sto-
    ria. Per questo oso credere che noi conosciamo e penetria-
    mo meglio il suo spirito che non i suoi stessi contempora-
    nei tranne alcuni che lo divinarono come il Carlyle.
    A questo appunto pensavo nella piccola casa di Chel-
    sea dove i due alti pensatori passarono lunghe ore nottur-
    ne conversando insieme di tante cose del pensiero e della
    politica del loro tempo in una mia recente visita a quelle
    mura consacrate dalle passioni ideali del secolo decimo-
    nono.
    Gli uomini che lo seguivano da presso non potevano
    vedere che un lato del suo genio. Mi ricordo infatti che
    parlando, da giovinetto, con Emilio Visconti Venosta nei
    suoi ultimi anni, egli mi diceva come il potente fascino
    personale che l'agitatore genovese esercitava sugli spiriti
    dei suoi contemporanei nel loro primo fervore rivoluzio-
    nario, si andasse attenuando cogli anni quando con un
    più sviluppato senso critico si esaminava l'uomo di azio-
    ne con le deficienze, gli errori e le contraddizioni proprie
    della politica contingente.
    Tutto il lato idealistico, religioso, profetico di questo
    veggente di una nuova Italia sfuggiva ai costruttori più
    positivi, ai moderati più prudenti. Nel gioco sottile della
    diplomazia europea del suo tempo da cui Cavour trasse
    con mirabile sapienza lo schema dell'ltalia indipendente,
    l'assertore mistico dell'unità italiana (secondo il Mazzini
    l'altro spirito che con diversa fede ci aveva creduto senza
    esitazioni era il Manzoni) doveva apparire come una for-
    za perturbatrice dell'ordine. Nella scienza dell'equilibrio
    e della valutazione del «possibile», i suoi atti e le sue pa-
    role dovevano sembrare i sogni dell'impossibile, Tanto
    più che il fondatore della Giovine Italia non aveva che un
    disprezzo, forse esagerato, riguardo «all'affaccendarsi di
    qua, di là, di su, di giù per l'inferno dei gabinetti» della
    diplomazia.
    Ne’ la generazione che seguì immediatamente quella
    del Risorgimento, l'Italia più opaca e più grigia del secon-
    do tempo, poteva comprenderlo meglio.
    Il positivismo, il materialismo si dovevano urtare ine-
    vitabilmente contro la sua concezione della storia, contro
    la sua fede illuminata dal senso del divino. politicamente
    egli rimaneva un solitario al di sopra della monarchia che
    lo aveva vinto e al di là della stessa repubblica quale pote-
    va essere concepita, come semplice antitesi della monar-
    chia, da molti mazziniani. La sua concezione politica tra-
    scendeva ogni regime. Tendeva verso una libera Italia i-
    deale in una libera Europa.
    Per questo forse, quando, giovanissimo ancora, parlai
    all'Università Popolare di Milano «Dell'idealismo politico
    e religioso di Giuseppe Mazzini», nella mia città suscitai
    una tempesta che è una delle compiacenze legittime della
    mia vita. Tutte le passioni tra mazziniani e monarchici e-
    rano ancor troppo vive per lasciar contemplare l'agitatore
    degli spiriti nella sua grandezza più vera.
    Oggi, dopo le gravi esperienze che il nostro paese ha
    attraversato in quest'ultimo cinquantennio -dopo le ama-
    rezze, le sconfitte, i tentativi vani in regimi che rifiutano la
    libertà e la personalità umana come base di ogni politica;
    dopo le infedeltà ai principi fondamentali della democra-
    zia e della giustizia internazionale -il Mazzini ci appare
    nella sua luce di divinatore e di rivelatore di quello spirito
    del Risorgimento da cui non ci potremo allontanare mai
    senza perderci.
    Nella storia del suo tempo in lotta con la realtà egli
    può essere stato giudicato uno sconfitto. La critica di mol-
    te sue azioni è facile. Ma egli ha agitato una fiaccola che
    illuminerà nei secoli l'Italia ideale, l'Italia che egli riporta-
    va ai piedi del suo altissimo poeta: Dante; una Italia nuo-
    va non ostile agli altri popoli, non potente per forza mate-
    riale di armi e. di ricchezze, ma per altezza di spiriti uma-
    ni, di concetti e aspirazioni, penetrata da un senso di fra-
    ternità universale.
    Il suo mondo è un mondo in cui la nazione deve ac-
    cordarsi in una grande unità di popoli. Il suo patriottismo
    non è chiuso nella cerchia delle Alpi; esso si allinea al ri-
    conoscimento del diritto alla libertà di tutti. L' amore per
    l'Italia nel Mazzini non ha senso se non si allarga in una
    Europa pacificata. La sua Italia è una nota indispensabile
    a una sinfonia eterna; è una voce in un coro.
    Per questo appunto lo stesso suscitatore del principio
    di nazionalità è il più tenace avversario di ogni degenera-
    zione nazionalistica. Nei lampi della sua divinazione egli
    non intravvede solo l'avvenire della sua azione, ma pre-
    corre e discopre le linee maestre di una grande unità eu-
    ropea, che è il problema di oggi, le vie per cui stiamo in-
    camminandoci, con speranza.
    ************************************************** *******


    Rosales
    Siamo pratici!
    Sulla realtà fondiamoci... A sognare
    l'unità v'è un sol uomo, e sei tu quello...
    Mazzini
    Ah no!
    non sono il solo... V'è un morto con me,
    v'è Jacopo Ruffini, che s'uccise
    per quell'idea che voi negate... e insonne
    mi fa ogni notte. Con le vene aperte
    m'appare e resta immobile... laggiù...
    (si arresta, come di fronte alla visione)
    Credete voi che al sangue ed alla morte
    potrei scagliare i miei più cari, solo
    per la misera gioia di godere
    qualche lega quadrata in libertà?
    Non per questo combatto,
    non per questo io scheletro mi
    feci d'un'Idea. ,
    Altro è per me l'Italia... Essa è una fede
    incarnata, uno sforzo senza pari
    verso il Futuro di Dio. Nelle mani
    portiamo al mondo un nuovo verbo, quello
    che la Francia non disse: l'unità
    d'ogni popolo, il secolo che viene.
    Profetizziamo l' era nuova.

    di Domenico Tumiati (dal dramma: «Giovine Italia»)

    ************************************************** *****

  4. #4
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    Predefinito Aurelio SAFFI

    il 10 aprile di 112 anni fa si spegneva a San Varano di Forli' Aurelio Saffi.
    In ricordo una breve scheda tratta dal sito

    www.pri.it
    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

  5. #5
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    Predefinito

    Nacque a Forlì il 13 ottobre 1819. Si laureò all'università di Ferrara nel 1841.
    In seguito si trasferì a Roma per compiervi la pratica forense; tornato a Forlì fu eletto consigliere comunale e segretario provinciale.
    Verso la metà degli anni '40 del secolo, Saffi era forte dei sui studi storici che lo avevano emancipato dall'ambiente religioso e politico nel quale era cresciuto; all'arrivo nella sua terra dei legati, monsignori Janni e Ruffini, stese una rimostranza che valse come requisitoria contro il malgoverno della Romagna.
    Ben presto gli entusiasmi che aveva manifestato dopo le concessioni costituzionali ad opera di Pio IX, vennero in lui diminuendo, e Saffi si accostò alla fede mazziniana, alla quale rimase fedele fino alla morte. Nel 1848 invocò le necessità di un'assemblea costituente italiana, necessità già proclamata da Montanelli ma, prima ancora, da Mazzini.
    Fu eletto deputato alla Costituente per Forlì; andò a Roma. All'interno della Repubblica romana fu nominato ministro dell'Interno; in seguito acclamato triumviro con Mazzini e Armellini.
    Caduta la Repubblica, l'11 luglio 1849, prese la via dell'esilio. Dopo un periodo trascorso in Liguria, riparò a Ginevra, poi a Losanna, dove visse con Mazzini, anch'egli rifugiato da Roma.
    In esilio scrisse una Storia di Roma (incompiuta) e collaborò all'Italia del popolo. Nel 1851 è costretto a lasciare la Svizzera per Londra, dove si era trasferito anche Mazzini.
    Partecipò ai preparativi del moto milanese del 6 febbraio 1853, che comprendeva insurrezioni in altre zone della penisola. Fallito il moto, e condannato in contumacia a venti anni di carcere, ripara ancora in Inghilterra.
    Tornerà in Italia nel 1860, raggiungendo Mazzini a Napoli. L'anno dopo fu eletto deputato per il collegio di Acerenza; dopo i fatti di Aspromonte decise di dimettersi.
    Nel suo continuo vagare per l'Europa, tornò a Londra, ma nel 1867 fu di nuovo in Italia. Dal 1872, morto Mazzini, attese alla continuazione della pubblicazione degli scritti dello scomparso (fermi all'ottavo volume), giungendo al volume quattordicesimo.
    Dal 1877 aveva tenuto lezioni all'Università di Bologna.
    Morì a San Varano presso Forlì il 10 aprile 1890.

    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
    NUVOLAROSSA website

  6. #6
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    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
    GIUSEPPE MAZZlNI PENSATORE
    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
    di Ugo Della Seta

    E' Mazzini un filosofo?
    Vuota disputa intermittente tra sedicenti filosofi accademi-
    ci e bizantineggianti.
    Non si compiacque certo Mazzini di procedere raziocinan-
    do e sillogizando. Ne ebbe intelletto portato alla fredda analisi
    e alla indagine scientifica. Ne presunse creare un sistema entro
    il quale poi chiudersi come baco nel proprio bozzolo.
    Mazzini è un intuitivo. Il suo spirito è aperto ai quattro
    venti dello spirito. la sua, più che dottrina, è fede. Una fede
    nella quale il sentimento vivifica l'idea. Di qui il pathos del
    suo stile.
    Se non un filosofo nel senso tecnico della parola, Mazzini
    del vero filosofo ebbe queste note essenziali: sentì profonda, la
    religione del pensiero; la libertà del pensiero sempre rivendicò
    contro ogni dogmatismo di scuola, teologico o politico; sem-
    pre si richiamò al valore dei grandi principii; vide, come po-
    chi, la unità inscindibile fra quanti problemi -facce diverse del
    medesimo poliedro -costituiscono, come problema dell'essere,
    del conoscere e dell'operare, il problema umano.
    Ne per intero sarebbe delineata la sua forma mentis se o-
    bliassimo altre due note in lui caratteristiche.
    Mazzini, questo emotivo, questo intuitivo, ebbe, rigido, fer-
    reo, il senso logico. Non semplice logica formale fu la sua, ma
    logica reale, sostanziale. Una logica che per lui non è solo coe-
    renza ideologica; non è solo, come disciplina di vita, come sie-
    ro; è sopratutto criterio supremo di valutazione nel giudicare
    gli stessi istituti civili e le leggi, è criterio essenziale nella stessa
    interpretazione della storia.
    Mazzini, questo spirito platonizzante, vivente intimamen-
    te, malgrado la febbre dell'azione, nel mondo delle idee, ebbe
    profondo, oltre il senso logico, anche il senso della storia. Pun-
    to questo del suo pensiero non ancora abbastanza illustrato.
    Perciò nulla di più antimazziniano che fare di Mazzini un
    mito e giudicarlo al di fuori della storia. E' solo alla luce della
    storia, cioè di quanto fu il movimento del pensiero in Europa,
    nel secolo scorso, che è dato ancor oggi poter parlare, senza
    cadere in dogmatiche interpretazioni, della continuità o della
    perennità, viva e feconda, del mazzinianesimo.
    Non si ha vera filosofia se, come fondamento, come coro-
    namento, essa non si risolve in una visione della Vita.
    La stessa filosofia, anzitutto, è per Mazzini vita, non una
    congerie di aride formule più o meno sottilmente escogitate.
    Vita e disciplina di vita. Orientamento non solo nella indagine
    teoretica, ma nelle stesse pratiche attuazioni.
    Mazzini è uno spiritualista. La parola idealismo oggi ha
    mutato significato e potrebbe generare l' equivoco. Oltre il tan-
    gibile, oltre il visibile, egli crede -senza disconoscere per que-
    sto il valore dei fatti -crede nella suprema realtà dello spirito.
    Nella prima metà del secolo scorso, con Rosmini, con Gio-
    berti, egli, pur con altro orientamento, segna, in Italia, la prima
    vigorosa reazione contro il sensismo, ancora insinuato, del se-
    colo XVIll; contro il materialismo del Vogt, del Buchner e del
    Moleschott; contro il positivismo del Comte e del Taine; come
    contro ogni posizione eclettica (Cousin) o scettica (Renan).
    Per quanto tempra fortemente volitiva, per quanto indefes-
    so uomo d'azione, Mazzini rientra, come Emerson, nella sfera
    dei grandi spiriti platonici.
    E come nell'essere umano egli riconobbe interiori facoltà,
    recondite energie che sfuggono alla normale psicologia, così
    ebbe profondo, immanente, il senso del trascendente.
    Tutta la sua fede per lui s'impernia attorno due trascenden-
    tali certezze: esistenza di Dio e immortalità dell'anima. Motivi
    dominanti nel suo pensiero. Fondamento spirituale, spirituale
    coronamento della Vita.
    Questa sua fede, se gli alienò i consensi dei cosidetti liberi
    pensatori, non gli cattivò neppure le simpatie dei credenti alle
    varie ortodossie delle varie chiese costituite. Per lui santa è l' e-
    resia.
    Il suo Dio, se non è un Dio politico, come erroneamente fu
    detto, non è neppure un Dio imprigionato, se non materializ-
    zato, nella dogmatica delle varie teologie. E' il suo un Dio di
    Vita, la di cui azione è incessante, la di cui rivelazione è conti-
    nua. Le varie religioni sono successivamente, nel tempo, gradi
    di questa rivelazione. La nuova rivelazione -nuovo profeta
    l'Umanità collettiva -dovrà segnare, nell'umanità stessa, un
    maggior grado di educazione, di elevazione spirituale. Il moti-
    vo è lessinghiano. Il Dio di Mazzini non chiede ai fedeli la cre-
    denza in taluni dogmi, ne la partecipazione a certi riti: chiede
    la santità della vita testimoniata dalla santità delle opere.
    Mazzini è un grande moralista. Il suo è il Genio etico. Il
    problema pratico, quello dell'operare, più lo appassiona del
    problema teoretico, quello del conoscere. Più del problema
    dell'essere egli si preoccupa, come fondamentale, del proble-
    ma del dovere essere. Si ha in lui una visione etica di quanti
    sono i massimi problemi dello spirito.
    Una morale eteronoma, certo, la sua per il principio religio-
    so su cui si fonda. Però non arida precettistica. E' una morale
    sentita, proclamata, vissuta, testimoniata per un quarantennio
    e più della sua tormentata esistenza.
    Non è qui il caso di addentrarsi nei problemi particolari
    che costituiscono, per così dire, il fondamento teoretico del
    problema pratico.
    Quale il criterio di giudizio per qualificare una azione? O-
    gni azione, risponde Mazzini, va giudicata non nella sua este-
    riorità, bensì nella sua interiorità, cioè nel fine che la determi-
    na. E' buona azione quella il cui fine è rivolto al bene.
    E come intendere il rapporto tra il bene e l'utile? La morale
    utilitaria, caratteristica della scuola inglese, non ha avuto, co-
    me in Mazzini, un critico più severo e convinto. Buoni alleati
    in questo il Manzoni e, nella stessa Inghilterra, Carlyle. Egli si
    fa assertore eloquente della morale disinteressata. Un qualcosa
    dell'austero spirito kantiano parla in lui. L'utile, egli afferma, ci
    potrà essere o non essere. Ci potrà essere l'utile come risultato
    del bene; non mai l'utile prospettato come fine esclusivo del-
    l'operare virtuoso. Come con la teoria dell'utile potreste espli-
    care il sacrificio della madre, il martirio per un'idea? Il bene
    per il bene, la virtù per la virtù, questa, inderogabile, la norma.
    E come intendere il rapporto tra l'io e il noi, tra l' elemento in-
    dividuale e l'elemento collettivo?
    Ancora aperta la contesa. Vi sono scuole che in nome del-
    l'io sacrificano là collettività (individualismo) o scuole che, in
    nome della collettività sacrificano l'individuo (collettivismo).
    Posizioni antitetiche ma convergenti in una medesima soluzio-
    ne, in quanto soluzione unilaterale, esclusiva.
    il problema, secondo Mazzini, non può essere posto così
    come comunemente è posto, cioè in forma dilemmatica: que-
    sta soluzione o quella. Trattasi invece di trovare il punto di in-
    tersezione, onde tra i due termini si stabilisca un rapporto non
    antitetico, ma armonico.
    Preminente, afferma categoricamente Mazzini, è il fine col-
    lettivo; e a questo fine ogni altro fine particolare deve essere
    subordinato.
    Però ogni ente, individuale o collettivo -l'individuo, la fa-
    miglia, il Comune, la nazione -ha il suo proprio fine che con-
    sacra, per così dire, il suo proprio destino.
    Ma il conseguimento, per ogni ente, del proprio fine parti-
    colare, si converte, alla sua volta, in mezzo per il consegui-
    mento di un fine più generale. Così la piena affermazione del-
    la personalità si converte in maggior potenziamento morale
    dell'istituto della famiglia. Così la famiglia, difesa nella sua in-
    teriore individualità, si converte in maggior potenziamento
    della vita del Comune. Così il Comune, nella sua piena e sana
    autonomia, è l'istituto nel quale già si afferma ed opera la vita
    della nazione. Così la nazione, nella sua individualità etnica,
    morale, sociale e politica, è come l'operaio che il suo contribu-
    to apporta alla più vasta lavoreria dell'Umanità.
    Sono come tante sfere concentriche, distinte ma collegate
    in un rapporto onde ogni fine particolare si tramuta in mezzo
    per un fine più alto e più generale. Concezione questa non e-
    sclusiva, unilaterale, ma integrale e organica, sicche i due ter-
    mini, l'io e il noi, anziche antitetici, si pongono come costituen-
    ti una feconda armonia. Soluzioni che in Mazzini, come è no-
    to, viene espressa nella formula: tutto nella libertà per l'Associa-
    zione. E' davvero questa di Mazzini semplicemente una for-
    mula?
    Oggi troppi, in verità, riducono a formule -ed a formule
    meccanicamente biascicate e non comprese nel loro intimo si-
    gnificato spirituale -quelli che in Mazzini sono principii di vi-
    ta, chiave di volta per la retta impostazione e giusta soluzione
    dei problemi giuridici, politici ed economici che ogni giorno si
    presentano al dibattito della vita pubblica. Se i limiti rigorosa-
    mente imposti a queste note non ce lo vietassero, facile sareb-
    be il dimostrare che quella che in Mazzini si suole chiamare
    dottrina politica o dottrina sociale non è se non la logica espli-
    cazione e la pratica attuazione di quelli che in lui sono i princi-
    pii primi della sua morale.
    Quella di Mazzini è un'etica politica, è un'etica della eco-
    nomia, come, in altro campo, si ha in lui un'etica dell'estetica.
    Dissociata dalla sua morale tutta la sua dottrina rimarrebbe
    dottrinarismo astratto ed evanescente e crollerebbe come crol-
    la un edificio cui venissero sottratte le fondamenta.
    Il dissociazionismo dalla morale della politica e dell'econo-
    mia questo il tarlo della vita sociale contemporanea. Ristabilire
    tale ricollegamento: questa una delle sue più profonde e non
    derogabili esigenze. Qui la vera attualità di Mazzini.
    Superfluo dire che quando parliamo di un Mazzini attuale
    non intendiamo, con criterio dogmatico e antistorico, fare di
    Mazzini una colonna d'Ercole allo spirito progressivo.
    Il che, anzitutto, sarebbe antimazziniano. Mazzini fu il pri-
    mo, nella piena consapevolezza di se, a riconoscere che la sua
    era una delle tante voci che esprimevano il pensiero della sua
    epoca. Fu il primo a riconoscere che la sua non era se non ope-
    ra di seminagione che avrebbe atteso dal tempo la correzione e
    la integrazione. Ma fu anche lui, con criterio storico, a senten-
    ziare di se: l' avvenire dirà se io antivedeva o sognava.
    L'avvenire, rispetto a Mazzini, siamo noi, oggi, noi i posteri
    che, dopo averlo decretato, e dopo tante vicende, innalziamo a
    Lui, sul colle Aventino, il monumento.
    Non vuoI essere, semplicemente, un omaggio al Grande
    Patriota, al Risvegliatore delle anime dormienti, all'Educatore
    primo del sentimento nazionale. E' l' omaggio al Precursore, al-
    l' Assertore ardito e ardente della libertà civile e della giustizia
    sociale, al Banditore della santa alleanza fra i popoli.
    Più eterno del bronzo nel quale la sua terrena effigie è scol-
    pita rimarrà, per le future generazioni, inciso nelle coscienze il
    monito austero della sua coscienza.
    Dice quel monito che la vita è missione, che legge della vita
    è il dovere e che ogni più vitale problema si risolve in un pro-
    blema di educazione.
    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

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    LA POTENZA DELLA FEDE
    *****************************************
    Ivanoe Bonomi


    Quando tutti si persuaderanno che le forze spirituali sono
    le grandi motrici della storia, il cosiddetto miracolo del no-
    stro Risorgimento troverà la sua spiegazione nelle stesse pa-
    role del giuramento che i fedeli di Giuseppe Mazzini dove-
    vano prestare al momento della loro affiliazione nella "Giovi-
    ne Italia".
    Le parole centrali di quel giuramento dicevano:
    "lo, credente nella missione commessa da Dio all’Italia, e
    nel dovere che ogni uomo nato Italiano ha di contribuire al
    suo adempimento; convinto che dove Dio ha voluto fosse
    Nazione, esistono le forze necessaria a crearla -che il Popolo è
    depositario di quelle forze -che nel dirigerle per Popolo e col
    Popolo sta il segreto della vittoria; convinto che la virtù sta
    nell'azione e nel sagrificio -che la potenza sta nell'unione e
    nella costanza della volontà; dò il mio nome alla «Giovine Ita-
    lia» associazione d'uomini credenti nella stessa fede".
    Queste parole esprimono una fede che ha il valore spiri-
    tuale d'una religione. Il Risorgimento italiano ha la sua origi-
    ne nella volontà divina: è Dio che ha commessa all’Italia una
    missione, e perciò vuole che la nazione risorga. Ma l'artefice
    della volontà divina è il popolo, così che occorre dirigere le
    forze popolari per condurle alla vittoria. Ciascuno pertanto
    deve essere pronto alla azione e al sacrificio per illuminare,
    dirigere, sospingere le forze del Popolo. Dio e Popolo, ecco la
    formula mazziniana che penetra i cuori e conquide le co-
    scienze.
    Con questa fede Mazzini ha fatto il miracolo. Un popolo
    di morti esce dalla tomba e risponde alla voce dell' Apostolo. I
    fedeli non sono dei "romantici" come si detto troppo legger-
    mente, ma sono dei credenti pronti a confermare col sangue
    la loro fede. I martiri cadono sotto i colpi della tirannide stra-
    niera o domestica. Ma la fede dei martiri suscita il popolo del-
    le Cinque giornate di Milano, delle Dieci giornate di Brescia,
    essa incuora e sorregge i difensori di Roma e di Venezia nelle
    effimere repubbliche del 1849. Ed è la medesima fede che
    gonfia le vele delle navi che nel 1860 trasportano i Mille in Si-
    cilia, e che prepara le annessioni con cui -attraverso altre vie e
    con altre bandiere -si raggiunge l'unità della Patria.
    Giuseppe Mazzini è lo spirito ardente che inesausto so-
    spinge il movimento verso le sue mete fatali. Tutto ciò che gli
    altri hanno fatto, tutti i risultati che altri hanno conseguito,
    tutto il portento del nostro Risorgimento, voluto da pochi nel-
    l'aspettazione spesso inerte delle folle, sono il risultato della
    sua fede che in ogni ora, nelle ore liete come nelle ore tristi,
    nelle disfatte come nelle vittorie, ha ripetuto tenace e inesora-
    bile, l'altro motto: Ora e Sempre, miracolo anch'esso d'una co-
    stanza che ha del soprannaturale.
    Per questo sulla più alta vetta della nostra storia recente -
    tanto alta da sembrare nuda e solitaria -sta un uomo, un A-
    postolo, un credente: Giuseppe Mazzini.

    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° °°°°°°°°°°°°°°°
    Cento anni? ! Tu nell' evo eri degli evi!
    Come lontano! Chi pote’ vederti?
    Tu, quando niuno ancora vivea, vivevi!
    L 'Italia era vulcani, era deserti;
    Non c' erano i pensosi uomini aneli.
    C'erano, sì, le oscure selve inerti.
    A quando a quando si movean gli steli,
    le foglie, i rami, gli alberi, a passaggio
    d'un improvviso spirito dei cieli.
    C' erano i fiumi sonnolenti al raggio
    del sole, incerti, nell' errare al piano,
    dove mai fosse il loro mar selvaggio.
    Ed ecco un cupo rimbombar lontano,
    la piena, i massi, i morti neri pini...
    Sereno, al piano; ai monti, l'uragano!
    Sui monti, in alto, c' eri tu, Mazzini!

    di Giovanni Pascoli (Inno secolare a Mazzini)
    *****************************************
    http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA/index-12.html
    NUVOLAROSSA website

  8. #8
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    TRATTO DAL SITO WEB:
    http://www.pripesaro.it/
    -----------------------------------------------------------------------------------
    AURELIO SAFFI E
    IL MAZZINIANESIMO GENOVESE
    TRA LA LEGA E IL FASCIO DELLA DEMOCRAZIA
    di BIANCA MONTALE


    .1
    Sulle vicende del movimento repubblicano dalla morte di Mazzini sino alla costituzione di un
    partito moderno le ricerche si sono allargate e approfondite in modo considerevole negli ultimi
    anni 1[1] .

    Rimane tuttavia da svolgere un non modesto lavoro su molte situazioni locali ancora scarsamente

    esplorate, per consentire il completamento di un quadro assai articolato e complesso. Se per l'Emilia

    Romagna, le Marche, il Lazio, e in parte la Lombardia i contributi hanno già offerto notevoli

    risultati, per altre regioni rimangono vaste zone d'ombra. Un caso importante per la consistenza del

    movimento mazziniano almeno sino alla metà degli anni '80 è Genova, città che rappresenta un

    ambiente particolare, assai diverso rispetto a quello in cui ha un ruolo di assoluto rilievo Aurelio

    Saffi.

    Attraverso il mio ormai antico studio sulla Confederazione Operaia Genovese, le fonti a stampa e

    la rilettura degli atti dei congressi del "Patto"e di quelli della Consociazione Ligure è possibile

    ricostruire nelle linee generali le vicende di un repubblicanesimo diviso, composito, influenzato

    largamente da scontri personali e da antichi rancori che risalgono ai violenti contrasti addirittura

    preunitari tra mazziniani e garibaldini 2[2] .



    1[1]) A partire dalla pubblicazione della Bibliografia dell'età del Risorgimento in onore di Alberto M. Ghisalberti - della quale

    è apparso il primo volume nel 1971 - sino ad oggi, gli studi sul mazzinianesimo e il movimento repubblicano sono stati

    numerosi, e l'indagine sul tema è stata allargata ed approfondita. Non è possibile in questa sede, anche perché questa ricerca

    riguarda un aspetto particolare e locale, trattarne diffusamente. Per quanto riguarda il quadro generale in questi anni, vanno

    ricordati tra i molti altri nomi di Giovanni Spadolini, Luigi Lotti, Alfonso Scirocco, Augusto Comba. Sul repubblicanesimo in

    Emilia Romagna, oltre a quelli di Lotti, sono di grande utilità i lavori di Maurizio Ridolfi e Roberto Balzani; della Liguria mi

    sono occupata io stessa. Tra i convegni dedicati all'argomento, importanti quelli di Ostia e di Livorno: L'associazionismo

    mazziniano, Roma, 1979; Sinistra costituzionale correnti democratiche e società italiana dal 1870 al 1892, Firenze, 1988. È

    inoltre essenziale la consultazione della raccolta completa della rivista "Archivio Trimestrale", dedicata alla storia del

    repubblicanesimo.

    2[2]) BIANCA MONTALE, La Confederazione Operaia Genovese e il movimento mazziniano in Genova, Pisa, 1960; ID., La

    crisi repubblicana da Porta Pia alla caduta della Destra: I repubblicani in Liguria, "Bollettino della Domus

    Mazziniana",1965/2, pp. 57-79; ID., Antonio Mosto, Pisa, 1966; ID., Profilo della stampa repubblicana e radicale in Genova

    tra il 1870 e il 1900, "Bollettino della Domus Mazziniana", 1968/1, pp. 79-95; ID., L'ultimo Quadrio, in Atti del secondo

    convegno su Mazzini e i mazziniani dedicato a Maurizio Quadrio, Pisa, 1978, pp. 293-316; ID., Il movimento operaio ligure

    tra Mazzini e Garibaldi, in Giuseppe Garibaldi e le origini del movimento operaio italiano, Mantova, 1984, pp. 133-147; ID.,

    I democratici in Liguria (1876-1892), in Sinistra costituzionale cit., pp. 109-121..







    .2

    Una realtà locale, quella del capoluogo ligure, profondamente diversa, all'interno e all'esterno

    delle file democratiche, da quella di Emilia e Romagna, e quindi da analizzare più attentamente per

    comprendere meglio alcune scelte, e il ruolo di Saffi in alcuni momenti nodali.

    Ho già rilevato in altra sede come la città, in cui il mazzinianesimo ha notevole consistenza a

    livello artigiano ed operaio, sia di fatto su piano amministrativo e politico essenzialmente

    moderata 3[3] .

    Il paese legale, al di là di certe etichette improprie che non sempre chiariscono le situazioni, è

    rappresentato a Palazzo Tursi e in Parlamento da figure su posizioni quasi sempre caute, attente agli

    interessi economici e allo sviluppo commerciale della città. Destra e sinistra non sono in questo

    fortemente differenziate. Nell'amministrazione municipale c'è quasi costantemente il prevalere di

    correnti e uomini che si possono forse impropriamente definire clerico moderati, o liberali cattolici.

    Un'alternativa di sinistra autentica non esiste.

    I repubblicani - che negli anni '80 hanno nella Confederazione una forza, composta per altro

    prevalentemente da non aventi diritto di voto - non potrebbero comunque modificare equilibri

    consolidati. Partecipare alle elezioni comunali significherebbe accettare il male minore appoggiando una lista anticlericale, che comprende monarchici ed esponenti del mondo degli affari, spesso discutibili e discussi, intimamente moderati e inclini al compromesso; cercare tra loro qualche candidatura radicale, che non necessariamente riporta il successo. Ma anche coloro che si

    definiscono progressisti non possono non suscitare riserve e avversione in chi, partecipe o erede dei

    moti risorgimentali - è ancora viva la memoria del '57 - rimane ancorato ad aspirazioni

    rivoluzionarie certo utopistiche, con uno spirito più di setta che di partito.

    Ma al di là di una situazione che non dà spazio a soluzioni concrete soddisfacenti e renderebbe

    molto sofferta qualsiasi scelta di intervento, esiste un'insanabile frattura tra gli uomini del

    repubblicanesimo genovese. Il dissidio tra Mazzini e Garibaldi è soltanto una delle componenti.

    Molti tra gli esponenti della Confederazione Operaia - che è poi, tra soci ordinari ed onorari, il

    "partito" stesso - hanno personalmente conosciuto Mazzini e gli sono stati vicini con inalterata

    fedeltà. Dopo il '72 la maggior parte del mazzinianesimo della città, pur riconoscendo ufficialmente

    al proprio vertice il triumvirato Quadrio - Campanella - Saffi, è legata, tramite Felice Dagnino, alle

    posizioni del valtellinese, dichiarando di accettare tutto il Maestro, religione compresa. Le

    polemiche con Campanella e con Garibaldi, dei quali si onorano i meriti patriottici ma si rifiutano

    molte scelte politiche, sono frequenti ed aspre, e momentanee riconciliazioni sono soltanto di

    facciata 4[4] . L'influenza di Saffi, di cui non si disconosce l'autorità né la fedeltà ai principî, è meno



    3[3]) B. MONTALE, La Liguria nel Risorgimento. Problemi e prospettive storiografiche, "Nuova Rivista Storica", 1979,

    LXIII, fasc. III-IV, pp. 444-452.

    4[4]) B. MONTALE, Il movimento operaio ligure cit., pp. 142-143; ID., L'ultimo Quadrio cit., pp. 305 e 310-313.

    (CONTINUA)

  9. #9
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    .3

    rilevante e soprattutto meno diretta. Vivo Quadrio, che non si reca a Villa Ruffi per ragioni di salute

    e di mezzi, ma non escluderebbe un accordo con gli internazionalisti per una ipotetica rivoluzione,

    Dagnino ne rimane il luogotenente ed il portavoce più autorevole. Il caffettiere genovese si trova a

    Villa Ruffi con Saffi, e poi il carcere sofferto al suo fianco consolida un rapporto personale che è

    certo fatto di stima e considerazione, ma non di adesione a determinate scelte sul piano dell'azione.

    Dopo il '76 il patriota forlivese diviene senz'altro il punto di riferimento più accettabile per il

    mazzinianesimo genovese che ne condivide le idee: ma la particolare situazione del capoluogo ligure rende quanto mai difficile l'accettare, nella quotidiana pratica politica, il discorso di Saffi.

    La spaccatura all'interno delle diverse frazioni della democrazia si aggrava con gli anni,

    riallacciando a vicende antiche motivi di contrasto più recenti. La Società dei Reduci è divisa a metà, tra mazziniani e "garibaldini puri". Stefano Canzio, di cui al di là delle manifestazioni esteriori è nota l'antipatia per i seguaci di Mazzini, è considerato con diffidenza e spesso con avversione dagli intransigenti della Confederazione. Il suo nome è segno di divisione, al punto che molti anni più tardi Canzio si presenterà candidato alle elezioni politiche a Ferrara, e non nella sua città 5[5] .

    Urti di estrema violenza, che non escludono querele per diffamazione e duelli, avvengono tra il

    '76 e il '78 tra Achille Bizzoni, garibaldino su posizioni radicali e razionaliste, e Dagnino, il massimo esponente dell'organizzazione operaia. Anche se un giudizio finale riconosce la piena onorabilità del mazziniano, infondatamente calunniato, la tensione rimane. Tutte le periodiche dichiarazioni di pacificazione e di unità sono episodi per lo più di facciata, che non eliminano i motivi del dissidio.

    Dopo la morte di "Unità Italiana e Dovere" i repubblicani ortodossi dispongono a Genova

    soltanto di fogli periodici, come "Pensiero e Azione", "Lo Squillo", "Il Popolano Ligure"; con il '79

    rimarrà solo punto di riferimento il quotidiano "Il Dovere" di Roma, che interpreta gli orientamenti

    della maggioranza delle società consociate.

    Nello stesso periodo esce invece a Genova un quotidiano repubblicano radicaleggiante, "Il

    Popolo", che sino al '79 è diretto dal contestato Bizzoni: colui che sin dai tempi del "Gazzettino

    Rosa" ha suscitato le violenti reazioni di Quadrio. Il foglio si dichiara ateo, ed ha vaghe simpatie

    socialiste. Totale è l'assenza del Dio mazziniano, e provocatorio il rifiuto di pubblicazione degli atti

    della Confederazione 6[6] .

    Bizzoni è in urto con Canzio, ed è invece abbastanza vicino a Campanella: ospita, tuttavia,

    qualche volta anche scritti di Saffi, che ritiene accettabili, perché "evoluzionista". Questo basta per

    destare il sospetto dei fedeli di Quadrio.



    5[5]) Su Stefano Canzio, appare incompleta e da aggiornare la voce di BRUNO ANATRA in Dizionario Biografico degli

    Italiani, vol. 18, Roma, 1975, pp. 360-365. Vedi anche MONTALE, I democratici in Liguria cit., p. 113.

    6[6]) Su "Il Popolo", vedi B. MONTALE, Profilo della stampa cit., p. 83 e MARINA MILAN, La stampa periodica a Genova

    dal 1871 al 1900, Milano, 1989, pp. 64-65.









    .4

    C'è poi dal '77 un quotidiano con prima pagina illustrata dichiaratamente radicale, "L'Epoca", che

    si definisce democratico ma non è sempre rigorosamente repubblicano, accettando il sistema e

    scrivendo, nel '78, pagine di elogio per Vittorio Emanuele II in occasione della sua scomparsa.

    Come si vede, l'ambiente della sinistra democratica è composito, diviso sulle ideologie e più sulle

    persone: il dialogo interno è difficile e in qualche caso impossibile.

    Si aggiunge, all'interno di questa confusione, il contrasto tra massoni e non massoni, tra

    Confederazione e circoli anticlericali e atei. I mazziniani alla Quadrio sono talora polemici nei

    riguardi di Campanella e Saffi, che nella loro qualità di massoni sono più sensibili ad ipotesi di

    blocchi anticlericali eterogenei, ma unica via per conseguire qualche risultato concreto.

    Non è forse un caso che fra le carte Dagnino, che ha conservato gelosamente tutte le lettere di

    Mazzini e di Quadrio, e di altri esponenti repubblicani, esista una sola lettera di Saffi. Il che starebbe a significare che al di là di un grande rispetto e di giusta considerazione nei confronti di uno dei capi storici del repubblicanesimo non vi sono particolari motivi di convergenza pratica. È noto che il compare di Dagnino, Quadrio appunto, nella sua corrispondenza definisce Saffi "debole", "pauroso e transigente", ed anche con termini peggiori; troppo disposto a "giustificare le autorità"7[7] .

    Per gli uomini della Confederazione il sistema non va accettato ma rovesciato, anche se non si

    conoscono modi, tempi e mezzi. Dichiararsi inseriti nella legalità dello stato monarchico apparirebbe

    una resa. Saffi nella sua Romagna - sulla cui storia non mancano studi importanti, di Lotti, Ridolfi e

    Balzani - vive una realtà ben diversa. Gruppi internazionalisti e socialisti scarsamente rilevanti e

    consistenti presenze radicali pongono il problema di rapporti e alleanze tra le forze della sinistra. È

    qui possibile trovare motivi di convergenza per conquistare le amministrazioni locali, ed anche su

    determinate questioni politiche. A Genova eventuali blocchi democratici sono improponibili perché

    troppo deboli.

    Si può in linea di massima accettare su Saffi il giudizio di "realismo" e di "concretismo", di uomo

    in posizione intermedia tra mazziniani puri e repubblicani federalisti espressa da Balzani. Il forlivese

    non "radicaleggia" se col termine si vuole indicare una deviazione dai principî; sul piano pratico,

    tuttavia, il tener conto dell'evolversi del mondo politico e della democrazia italiana può destare

    sospetti in questo senso negli "isolazionisti". Già nel '76 Saffi ritiene il voto, specie quello

    amministrativo, come un male necessario che può consentire una penetrazione nel governo degli enti

    locali, e quindi una svolta riformista. Fermo nei principî, è possibilista quando le circostanze

    sembrano richiederlo.



    7[7]) B. MONTALE, L'ultimo Quadrio cit., p. 306.







    .5

    Per Quadrio le elezioni sono invece "buchi nell'acqua"; anche quelle comunali: "Sai benissimo

    che quando un Municipio non fa come vuole il governo lo sciolgono"8[8] .

    Saffi mantiene a Genova rapporti cordiali con esponenti della Confederazione: con Cesare

    Rostagno, con Lorenzo Cevasco e naturalmente con Dagnino, tra gli arrestati di Villa Ruffi. Ma è la

    moglie Giorgina che si pone in contatto più spesso, anche dopo la morte del marito, col caffettiere

    genovese. I rapporti tra Saffi e Dagnino si intrecciano con le vicende della Banca Popolare di

    Genova in difficoltà, che il dirigente mazziniano riesce in qualche modo a salvare 9[9] .

    Il forlivese mostra particolare amicizia per Francesco Devoto, capitano marittimo repubblicano

    che comanda negli anni '70 una nave, il Mazzini, in servizio sulla linea delle Americhe. L'ex

    triumviro affida addirittura a Devoto il figlio Balilla per una esperienza marinara: per questo scrive

    all'amico genovese confidandogli per anni preoccupazioni e speranze. Le prime lettere a Devoto

    sono pessimiste e critiche: "tutti i Parlamenti [...] non rappresentano il paese ma gli interessi

    personali di pochi privilegiati". Nel '73 Saffi denuncia la crisi politica ed economica del paese e il

    "triste stato" dei lavoratori. Pone l'accento sull'importanza dell'organizzazione operaia repubblicana,

    ed esprime dubbi sulla durata della repubblica in Spagna. Ma riafferma la sua fede nei principî

    mazziniani, e la speranza in un futuro migliore.

    Nello stesso anno trascorre due mesi a Genova ospite di Felice Dagnino, alla Villa Giuseppina;

    nel 1874 ritrova il dirigente degli operai genovesi a Villa Ruffi, ed è detenuto con lui nelle carceri di

    Spoleto. Secondo Saffi, la riunione incriminata non sarebbe stata che un pacifico convivio: le ipotesi

    di azione di Quadrio, invece, porrebbero la vicenda in luce diversa 10[10] .

    Nel '76 l'ex triumviro esprime gioia per il successo della sinistra parlamentare, che potrebbe

    aprire una fase di riforme; le valutazioni favorevoli sono però di breve durata. Scrive a Devoto il 28

    maggio: "Una larga estensione del voto, tanto amministrativo che politico" è nei programmi e nelle

    speranze; ma "il voto conta poco, finché il privilegio sta alla testa dello stato". E prosegue: "Ma

    dall'estensione suddetta uscirà di certo questo buon effetto, che i vecchi consorti e i clericali

    rimarranno in minoranza irreparabile tanto nelle elezioni comunali e provinciali quanto nelle elezioni

    politiche, e sarà un guadagno per quei parziali progressi che si possono sperare nella legislazione

    civile e penale, nel sistema amministrativo e tributario, nelle garanzie di libertà individuale, di

    stampa, di associazione etc. sotto i presenti ordini di governo". Una previsione che per certi aspetti

    nasce dalla considerazione della realtà emiliano-romagnola, e non valida ovunque. Certo



    8[8]) Ibidem, pp. 308 e 309.

    9[9]) Sulle vicende della Banca Popolare, B. MONTALE, Antonio Mosto cit., pp. 192-195; sulla crisi bancaria a Genova,

    GIULIO GIACCHERO, Genova e Liguria nell'età contemporanea, Genova, 1970, I, pp. 478-479.

    10[10]) Archvio Autografi Istituto Mazziniano, cart. 87; lettere di Saffi del 5 aprile 1873, n. 19907 e del 28 ottobre 1873, n.

    19908. Su Villa Ruffi vedi anche B. MONTALE, L'ultimo Quadrio cit., p. 307 e MAURIZIO RIDOLFI,Il partito della

    Repubblica, Milano, 1989, p. 49.

    (continua)

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    Predefinito

    .6

    l'ampliamento del voto amministrativo non penalizzerà a Genova i cattolici, che avranno un ruolo

    importante in municipio sia prima delle leggi Crispi, sia dopo la loro promulgazione.

    La svolta parlamentare aveva dunque creato in Saffi molte illusioni: "Una forza ineluttabile di

    progresso muove la grande maggioranza della nazione verso un più giusto e più largo ordinamento

    delle istituzioni politiche, amministrative, giudiziarie ed economiche del paese [...]; l'idea

    repubblicana, come termine del moto, si presenta insistente anche a quelli che non ci credevano".

    Nel '77 l'ottimismo è crollato: parla di "illusioni che vanno dissipandosi", di crisi, nello stesso

    modo in cui denunciano la situazione i radicali. I mazziniani genovesi vedono invece confermate le

    loro previsioni negative. Saffi tuttavia vede spiragli di ripresa: "non di meno la terra si muove"11[11] .

    Nello stesso anno confida a Devoto la sua preoccupazione per le vicende della "Banca Popolare"

    di Genova, in grave crisi, che verrà salvata dal fallimento da Dagnino: ha investito nelle azioni una

    parte considerevole del suo capitale, e teme di perderlo 12[12] .

    Alla vigilia dell'iniziativa politica di Garibaldi per una grande riunione democratica che deve dar

    vita alla "Lega", a Genova le profonde divisioni nell'ambito della sinistra non sono sanate. La

    Confederazione Operaia è ideologicamente più vicina a Saffi che al genovese Campanella, molto

    criticato per le sue frequenti prese di posizione, nella polemica, a fianco di Garibaldi. Questo non

    significa però un'accettazione delle scelte pratiche dell'ex triumviro.

    Il quotidiano "Il Popolo", ancora bizzoniano, inneggia nel '79 a Garibaldi e all'unione delle forze

    repubblicane e socialiste. Ma nel giro di pochi mesi, allontanatosi Bizzoni, il foglio diverrà prima

    voce non astensionista di tutte le frazioni del partito, e quindi mazziniano intransigente, schierato

    contro le "cicalate" e l'evoluzionismo di Mario.

    Alfonso Scirocco ha sottolineato con grande chiarezza e compiutezza le fasi della nascita della

    "Lega", sorta "nell'orbita giuridica" per contemperare e coordinare 13[13] . La risposta di Bertani e

    Mario a Cadenazzi, se può tranquillizzare monarchici e legalitari, non piace alla Confederazione. Il

    collegamento con i deputati della sinistra, l'abbandono di antiche istanze rivoluzionarie appare come

    involuzione e sostanziale confusione, in nome di un suffragio universale chiesto alla monarchia con

    l'accantonamento della pericolosa parola Costituente.

    La posizione di Sara Nathan, risentita, scettica, astensionista è quella dei mazziniani genovesi: si

    tratta di opportunismo contraddittorio e pericoloso. O ci sono sottintesi, o si vuole legare il

    repubblicanesimo alle scelte di una sinistra composita e legalitaria: "Garibaldi è sempre stato fatale



    11[11]) Saffi a Devoto, 28 maggio 1876; Arch. Ist. Mazz., cart. 87, n. 19911; 26 aprile 1876, n. 19913; 17 febbraio 1877,

    n.19914; 25 settembre 1877, n. 19918.

    12[12]) Saffi a Devoto, 3 marzo 1877, ibidem, n. 19915.

    13[13]) ALFONSO SCIROCCO, Garibaldi politico e la Lega della Democrazia, "Clio", 1983, XIX, n. 1, pp. 65-68.









    .7

    al lavoro del Maestro"14[14] . Il fatto che "Il Popolo" sia con Garibaldi 15[15] rappresenta una ragione di più per diffidare.

    Dagnino, allorquando viene convocato da Saffi per la riunione a Roma - la chiamata ufficiale

    giunge però personalmente da Garibaldi - si scusa di non poter intervenire perché ha impegni come

    giurato, e chiude il telegramma di scusa con un "sempre agli ordini vostri". Ma forse l'impedimento

    gli è gradito, perché gli evita una scelta sulla quale non può non avere riserve 16[16] .

    Com'è noto, Campanella e Saffi partecipano alla riunione con molte perplessità; il repubblicano

    forlivese pur favorevole all'idea teme che l'iniziativa rimanga poco più che un'affermazione teorica

    ("se, come, prevedo, le cose rimangono come sono") e prevede lo scarso entusiasmo degli amici di

    Roma e "probabilmente" di Milano e della Liguria: è possibile che si astengano, o si accontentino "di vaghe adesioni in ispirito". Previsioni più che fondate 17[17] .

    Interprete della posizione della maggioranza dei genovesi è "Il Dovere", che scrive il 4 maggio:

    "dobbiamo e vogliamo combattere il parlamentarismo che da taluni si vorrebbe inculcare nelle forti

    fibre della nostra classe operaia", dichiarandosi "non partecipe delle illusioni di alcuni degli illustri

    patrioti che fanno parte del Comitato".

    L'11 dello stesso mese il quotidiano romano pubblica il testo dell'ordine del giorno del Consiglio

    Regionale delle Società Operaie della Liguria, in cui figurano anche uomini su posizioni possibiliste:

    l'assemblea "deliberava che stando ferma nelle sue anteriori manifestazioni fatte in ogni congresso

    ed in ogni occasione riguardo ai principî che le furono mai sempre guida del suo operare, essa si

    terrà come sempre stretta al programma repubblicano mazziniano, ma sarà lieta ed aiuterà di buon

    grado, per quel lavoro che può essere comune, l'opera della Lega pel conseguimento del fine che ci

    proponiamo, augurando che il lavoro della Lega possa riuscire proficuo per il nostro paese". I

    firmatari sono Dagnino, Armirotti, futuro deputato operaio di Sampierdarena, Vernazza, Lorenzo

    Costaguta presidente della società di Voltri. Quindi non adesione totale ed esplicita, ma quella vaga

    "adesione in ispirito" temuta da Saffi; un distinguo che denota riserve e diffidenze, e che porterà

    pochi mesi più tardi ad una presa di distanza.

    A Genova, come si è detto, "Il Popolo" plaude alla "gran battaglia, quella vinta dal generale

    Garibaldi"; sull'opposto versante moderato, "Il Commercio" non crede ai propositi pacifici e

    legalitari dei democratici, che pure giudica deboli e divisi: "Si può pronosticare che le teorie

    suaccennate rimarranno uno sterile voto, dando così una prova novella dell'impotenza assoluta dei

    partiti estremi, ed in ispecie del nessun favore che trovano nel paese gli sforzi ripetuti della piccola



    14[14]) Ibidem, p. 75.

    15[15]) "Il Popolo", 1 maggio 1879.

    16[16]) "Mi rimetto a quanto farà collega Canzio" conclude il telegramma di Dagnino. Arch. Ist. Mazz., cart. 35, n. 6756.

    17[17]) Ricordi e scritti di Aurelio Saffi, Forlì, 1905, vol. XIII, p. 249.







    .8

    falange repubblicana". Consiglia di sorvegliare attentamente perché la "Lega" non esca dai limiti

    legali. Il legalismo sarebbe "polvere negli occhi ai governanti". Comunque "nulla di preciso, nulla di

    chiaro negli scopi"; il programma "come è vuoto di idee, così è meschino nella forma"18[18] .

    Sulla "Lega" il giudizio della storiografia più autorevole è vario e discordante: taluni giudicano

    l'iniziativa di Garibaldi importante e piena di significato; altri sottolineano la scarsa omogeneità, il

    possibilismo vago e confusionario, gli esigui risultati pratici. Alessandro Galante Garrone rileva

    come i radicali siano in prevalenza numerica e politica sui repubblicani, e come il programma sia

    quello dei primi. Ciò che affermano, in sostanza, i mazziniani genovesi. Massimo S. Ganci, che

    insiste sui profondi contrasti tra i mazziniani e Garibaldi, sembra attribuire maggior peso e valore al

    "Fascio" del 1883. Alfonso Scirocco, che incentra il suo studio sulla figura di Garibaldi, traccia della

    "Lega" un bilancio positivo, poiché tende ad inserire concretamente i democratici nella vita dello

    Stato; collega le forze sparse imponendo una scelta di obiettivi possibili. Galante Garrone non la

    definisce "una pura combinazione elettorale e parlamentare" ma "una forza realmente

    propulsiva"19[19] .

    Nell'ottica dell'utilità di un inserimento di una parte della sinistra fino a quel momento ai margini

    nella lotta politica all'interno del sistema i giudizi sono motivati. Resta da valutare compiutamente -

    anche se molto si è fatto in questa direzione - il peso reale dell'azione, al di là dei programmi.

    Il dibattito acceso tra i mazziniani e Garibaldi continua. A Genova il generale resta un mito ma

    solo come "veterano di cento battaglie", e non è certo un punto di orientamento politico per la

    Confederazione. Com'è noto, nella primavera del 1880 Campanella e Saffi si dimettono dalla

    Commissione esecutiva della "Lega". Il rifiuto, nella ricerca di un denominatore comune, della

    Costituente non ha certo contribuito a legare i repubblicani intransigenti alla maggioranza radicale.

    Ufficialmente, il motivo della presa di distanza dei mazziniani genovesi è l'atteggiamento della

    "Lega" nei riguardi delle elezioni del 1880: propugnando la partecipazione alla consultazione

    elettorale ed assumendo un atteggiamento giudicato di compromesso nei riguardi della monarchia,

    l'organizzazione conferma i dubbi sorti al suo costituirsi. Un'assemblea riunita il 17 maggio

    smentisce le affermazioni del giornale di Mario e Socci secondo le quali tra le società aderenti che

    approverebbero l'intervento sarebbe anche la Confederazione.

    "La Confederazione Operaia Genovese composta di 48 società - suona l'ordine del giorno - in

    questo caos di fanatismo elettorale, visto come qualche giornale democratico tenta con le sue

    pubblicazioni di farla derogare da quel programma che da ben trent'anni le è guida, afferma per la



    18[18]) "Il Commercio - Gazzetta di Genova", 25 e 29 aprile, e 1 maggio 1879. "Il Caffaro", autorevole quotidiano diretto dal

    garibaldino Anton Giulio Barrili, non fa cenno della "Lega".

    19[19]) ALESSANDRO GALANTE GARRONE, I radicali in Italia, Milano, 1973, p. 195; MASSIMO SEBASTIANO

    GANCI, L'Italia antimoderata, Parma, 1965, p. 124; ALFONSO SCIROCCO, Garibaldi cit., p. 88. Di "egemonia radicale"

    parla anche NAZARIO GALASSI, Vita di Andrea Costa, Milano, 1989, pp. 313-314.

    (CONTINUA)

 

 
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