Salve,
apro questo thread per raccogliere materiale sul prossimo round del Wto a Cancun, che deciderà la sorte dei commerci globali, con forti ripercussioni verso il sud del mondo.
Ovviamente contribuiamo tutti
Salve,
apro questo thread per raccogliere materiale sul prossimo round del Wto a Cancun, che deciderà la sorte dei commerci globali, con forti ripercussioni verso il sud del mondo.
Ovviamente contribuiamo tutti
Credo che questo tema sia centrale per il Movimento: il Wto è l'organizzazione-perno della globalizzazione a favore dei poteri forti.
Saluti
Franzele
Dalla mailing list di www.attac.it
17-18 MAGGIO 2003 GIORNATE NAZIONALI PER I BENI COMUNI E CONTRO LE
PRIVATIZZAZIONI
100 PIAZZE CONTRO IL WTO!
Nel prossimo mese di settembre, a Cancun (Messico), l'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) terrà il nuovo vertice. In quella riunione cercherà di far fare un decisivo passo avanti alle politiche neoliberiste per giungere alla totale mercificazione dei beni comuni, alla liberalizzazione dei servizi pubblici, alla riduzione degli spazi e dei diritti collettivi.
Il sistema di accordi in corso ( Gats sui servizi pubblici, AoA
sull'agricoltura, Trips sui brevetti e i farmaci, quelli per aree e/o
bilaterali) si prefigge la consegna nelle mani delle grandi
multinazionali dei servizi essenziali, dall'acqua all'agricoltura,
dall'energia ai trasporti, dalla scuola alla sanità.
E' l'altra faccia della guerra infinita, che ha appena consumato
un'altra tragica tappa colpendo il popolo iracheno e che minaccia di estendersi ad altri popoli nel mondo: da una parte si esercita il
dominio militare sui popoli, dall'altra si sottrae loro ricchezza
sociale e diritti collettivi.
La guerra non è solo militare: vita, diritti e beni comuni sono
quotidianamente minacciati dalle politiche neoliberiste che le grandi istituzioni finanziarie (Fondo Monetario, Banca Mondiale, WTO, G8) portano avanti, trasformando beni e servizi collettivi in merci sottoposte alle leggi di mercato al fine di perpetuare un modello iniquo, fondato sul dominio delle grandi multinazionali e sulla sottrazione di diritti e democrazia per tutti.
Ma beni comuni e servizi pubblici sono sotto attacco anche a livello
europeo, nazionale e locale. Vent'anni di "pensiero unico del mercato" li hanno trasformati in beni economici sottoposti alle leggi di mercato: dalle politiche di deregulation dei settori di pubblica utilità promosse dai vari Trattati comunitari (Maastricht, Amsterdam, Cardiff), alle normative nazionali (art.35 della Finanziaria 2002 in primis) in direzione della liberalizzazione dei servizi, fino all'avanzamento dei processi di privatizzazione portati avanti trasversalmente da Regioni ed enti locali.
Tutto questo va fermato. Come milioni di persone nel mondo, siamo permanentemente mobilitati per fermare la guerra infinita e per riaffermare i diritti dei popoli ad una vita dignitosa per tutti.
Allo stesso modo, come organizzazioni della società civile e dei
lavoratori, reti ed associazioni, social forum e comitati popolari
riuniti in Tavolo Nazionale, lanciamo una grande mobilitazione per
fermare il WTO a Cancun e per contrastare nei territori le politiche
di svendita dei beni collettivi.
Un altro mondo e un'altra Europa sono possibili solo a partire dalla non negoziabilità dei beni comuni e dei servizi pubblici, unica
garanzia per la costruzione di una democrazia sostanziale, fondata su un nuovo concetto di economia pubblica, partecipata e solidale.
Per questo, tutti assieme, come prima tappa di questo percorso,
promuoviamo LE GIORNATE NAZIONALI DEI BENI COMUNI E CONTRO LE
PRIVATIZZAZIONI, così articolate :
16 maggio: adesione alle iniziative in difesa della scuola pubblica,
della ricerca e della formazione promosse dal cartello di reti contro
la privatizzazione dell'istruzione;
17-18 maggio: 100 PIAZZE CONTRO IL WTO, 100 PIAZZE CONTRO LE
PRIVATIZZAZIONI! piazze tematiche, azioni dirette, momenti di
approfondimento di comunicazione per riaffermare che I BENI COMUNI NON SONO MERCI MA DIRITTI DI TUTTI Consideriamo questa scadenza una prima importante tappa di un percorso che vedrà tutti impegnati nelle prossime mobilitazioni contro il G8 ad Evian (1-2-3 giugno), a Riva del Garda (TN) al vertice dei Ministri degli Esteri UE (4-5-6 settembre) e per far fallire il round del Wto a Cancun (10-14 settembre) TAVOLO NAZIONALE DEI SOCIAL FORUM "FERMIAMO IL WTO" Tutte le iniziative e le mobilitazioni su:
http://www.geocities.com/fermiamoilwto
http://www.campagnawto.org
Verso Cancun, nuove sfide per i movimenti mondiali
di Valentina Fulginiti (ATTAC Bologna, Consiglio nazionale e
coordinatrice della campagna Gats)*
Il neoliberismo tra sonno e dormiveglia Anno 2050, quartiere ricco di metropoli europea o nordamericana.
Proviamo a seguire la giornata immaginaria della nostra famiglia tipo.
La nostra bambina tipo, di 8 anni, si avvia verso la scuola sul suo
pulmino fiammante (gentile omaggio di un'impresa che produce
automobili, audiovisivi e software); entra in un corridoio affollato
di cartelloni pubblicitari e consuma così la colazione gentilmente
offerta dalla compagnia leader nel settore delle bibite gassate,
leggendo nel frattempo il programma delle lezioni, stampato sul
vassoio a fianco di alcune informazioni su una corretta alimentazione.
Nel frattempo sua nonna si reca, con le carte di credito ben nascoste, presso un ospedale privato per fare le analisi del sangue; sull'ingresso la colpiscono le pubblicità turistiche con villaggi appositi per gli anziani convalescenti: il tutto fa parte del
programma pensionistico di una nuova assicurazione sanitaria che
assicura "Leisure, safety and health" a tutti gli abbonati.
Alla fontana del giardino, la nonna assetata può scegliere tra tre
rubinetti colorati (che ricordano vagamente quelli dei vecchi pub):
acqua gassata, naturale o thé freddo deteinato, ciascuno gentilmente offerto da un diverso ramo del comparto alimentare della multinazionale che controlla l' ospedale.
Sembra fantascienza, e per il momento è solo un esercizio di
scrittura, ma questo incubo potrebbe diventare realtà. Ospedali
mercificati, rubinetti di acqua con i loghi più o meno noti di colossi
dell'economia mondiale, libri di testo con i marchi delle
multinazionali stanno diventando i simboli ricorrenti delle campagne che denunciano i rischi delle politiche neoliberiste, della
mercificazione portata in atto da governi nazionali e sopranazionali, dalla politica sconsiderata dell' Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC, o in inglese WTO). In alcune realtà, del resto, si trovano scenari che già adesso evocano la mercificazione totale: la giornata della piccola Kitty non è in fondo molto diversa dalla giornata di bambini statunitensi che ricevono quotidianamente sussidi didattici, sponsor, lezioni, o pasti da aziende come Minute Maid, Proctor & Gamble, Mc Donalds, Kellogg's e tante altre.[i]
Il nostro mondo è veramente sottoposto a una minaccia di queste
dimensioni o si tratta di esagerazioni di anti - globalizzatori
catastrofici e arretrati? Che proporzioni assumerà questa minaccia, e quanto modificherà le nostre abitudini correnti? A queste domande proveremo a dare risposta nel corso di un breve excursus sulla nascita del WTO, sugli accordi attualmente in fase di negoziato, per comprendere meglio le prospettive con cui guardiamo alla prossima Conferenza Ministeriale del WTO, che si terrà a Cancùn il prossimo settembre.
Il mondo che ci stanno preparando
1. Il WTO: la nascita
Nata nel 1995 nel corso dell'Uruguay Round, l'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) sembra sorgere dal nulla. In realtà, il WTO ha alle spalle, lontanissime nel tempo, le ceneri di un precedente progetto, l'ITO o International Trade Organization, parte del progetto di governance globale partorito negli accordi di Bretton Woods, e che si inscriveva nell'ideale di un mondo governato da regole comuni. Di fatto, l'ITO rimane inattivo, a differenza delle sorelle WB e IMF (Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale) poiché inadeguato alla necessità statunitense di garantire uno sbocco commerciale alla
propria sovrapproduzione industriale. A tale scopo risulta più
adeguato il GATT, trattato di liberalizzazione che coinvolge solo 23
paesi: se non la madre, è la cugina più prossima del WTO.
La nascita del WTO nel 1995 deve quindi far pensare a una fase e a una volontà politica nuove rispetto a quel primo progetto. Le regole comuni che si vogliono ora imporre si inseriscono in un divario sempre crescente e ormai incalcolabile tra nord e sud del mondo; e corrispondono a una mutata funzione degli stati: non più gestori politici di un'economia che almeno formalmente deve rispondere alle sfide economiche e sociali, ma garanti e gestori della sicurezza e dei profitti dei privati, sempre più enormi e concentrati nelle mani dei pochi attori egemoni sul mercato internazionale.
2. Gli obiettivi
Il WTO nasce con l'obiettivo di estendere al mercato mondiale le
regole della libera concorrenza, nell'ottica che la liberalizzazione
economica aumenti il tenore di vita e favorisca lo sviluppo. Per
risolvere i problemi, si tratta solo di aumentare la trasparenza e
l'equità di condizioni di tutti gli attori sulla scena del commercio
globale, e di abbattere gli squilibri innaturali, le discriminazioni
nella concorrenza, i protezionismi: una logica che, malgrado la sua
apparente ragionevolezza, appare passibile di numerose critiche e
suscettibile di riforme.
L'applicazione di questa libera concorrenza sembra ridurre l'intero
mondo a un mercato, a maggior ragione in assenza di politiche e scelte sociali. Non esiste alcun contraltare che salvaguardi gli interessi non direttamente legati all'economia (che, in realtà, sembrano identificarsi con i poteri economicamente forti). E la normativa GATT già vigente, che applica la libera concorrenza alle politiche industriali e agricole, ne fornisce una prova. Ricordiamo tutti le vere e proprie guerre commerciali tra USA e UE , tra cui è
particolarmente famosa quella provocata dal rifiuto europeo a
importare senza alcuna dicitura speciale carne contenente ormoni - tale rifiuto, più rigoroso del necessario, è all'origine di sanzioni e dazi che colpiscono alcuni prodotti europei. Un altro esempio, ben più drammatico e scottante, è il fenomeno del dumping, la vera concorrenza sleale esercitata a danno delle agricolture del terzo Mondo: la riduzione delle tariffe, non viene applicata nella stessa misura da tutti i paesi, e le economie del Terzo mondo si trovano a competere con esportazioni europee rese possibili da 250 miliardi di dollari di sussidi ogni anno.
Il complesso di meccanismi e regole già applicato al mercato dei
beni,dal 1995 a oggi va estendendosi a una sfera sempre più vasta.
Oggi sono stati affrontati con la stessa prospettiva temi come
brevetti farmaceutici e agricoli, le politiche agro-alimentari e il
commercio dei servizi nel loro complesso (160 quelli già inseriti nei
negoziati, tra cui acqua, istruzione, ambiente, sanità, trasporti);
altri settori sono stati individuati per i negoziati futuri.
3. Verso l'espansione selvaggia.
Si apre così la nuova fase del neoliberismo mondiale, lungamente
preparata dalle svolte neoliberiste degli anni '80: il mercato globale si deve estendere alle nuove fonti che, più redditizie della
produzione agricola e industriale, e soprattutto non ancora
controllate, offrono la possibilità di cristallizzare un immenso
guadagno e un immenso divario. Liberalizzare i servizi significa
infatti mettere le mani su settori fondamentali, su mercati enormi e soprattutto garantiti. A tal proposito, questo il parere ufficiale del Commissario Europeo al Commercio, Pascal Lamy: "I servizi giocano un ruolo sempre più importante nell'economia globale, ma questa posizione forte e crescente non è ancora riflessa nella composizione del commercio mondiale. Diverse barriere all'accesso continuano a ostacolare il commercio dei servizi e agiscono come un freno sulla crescita economica. Teoricamente, in ogni paese l'andamento del settore dei servizi può fare la differenza tra una crescita cospicua e rapida, poiché i servizi costituiscono uno stimolo essenziale per la produzione di beni e di altri servizi. Essi comprendono una vasta e diversificata gamma di attività economiche e sono a fondamento delle economie dei paesi sviluppati, e anche di molti paesi in via di sviluppo. L'accesso a servizi di alta qualità, in particolare quelli
legati alle infrastrutture come le telecomunicazioni, i trasporti e i
servizi finanziari, reca vantaggio all'intera economia, aumentando la produttività nei diversi settori ed è cruciale per lo sviluppo
economico." (Dati estrapolati da Captive Kids. A report on corporate takeover of schools, in www.corpowatch.org, a cura del Corporate Watch Institute)
I vertici che hanno segnato la progressiva apertura del mercato di
servizi sono le Conferenza Ministeriali di Seattle del 1999 , e Doha
del novembre 2001, accompagnati da un crescente movimento di pressione dell'opinione pubblica, allarmata dalle possibili conseguenze di una liberalizzazione selvaggia. Grazie alle contestazioni il vertice di Seattle si è chiuso senza l'apertura di un novo round di negoziati (il tanto enfatizzato Millennium Round); ma a Doha, nel Qatar, lontano dalle proteste, gli stati aderenti non hanno perso tempo.
I principali imputati sono gli accordi sul copyright, racchiusi nel
famigerato TRIPS (uno dei temi centrali sul piatto a Doha), e
l'Accordo GATS, di cui ci occuperemo in dettaglio.
4. L'Accordo Generale sul Commercio dei Servizi: struttura e regole fondamentali.
Il nome GATS, che è la sigla di General Agreement for Trade of
Services, mette un po' di spavento a chi ignora l'inglese e
l'economia. I primi paragrafi, a leggerli, descrivono il paese
dell'utopia e della meraviglia, in cui altissimi standard di qualità,
libertà di scelta, equità sociale e immensi profitti sono obiettivi
correlati l'uno all'altro, non solo compatibili, ma addirittura
reciprocamente indispensabili.
Il funzionamento di questo accordo è regolato da alcune norme
abbastanza semplici. I principi di funzionamento costituiscono quella cornice legale rigida che fa da sfondo alle singole trattative: i principi generali e gli obiettivi dell'accordo, la definizione di ciò che in ambito WTO si intende per servizio, le regole di applicazione, che precedono i risultati delle trattative (in pratica si tratta dell'elenco dei settori che gli stati avranno deciso di liberalizzare, e che sarà ultimato solo nel 2005, alla scadenza definitiva del Round).
I servizi liberalizzabili sul mercato mondiale sono dunque raccolti
attraverso quattro modalità: [1] fornitura oltre i confini (l'azienda
fornisce il servizio nel territorio di un altro paese); [2] consumo
oltre il confine; [3] presenza commerciale, che include filiali,
infrastrutture controllate e fornite dall'azienda, e, in pratica, gli
investimenti; [4] spostamento di persone, quindi trasferimento i
dipendenti o personale qualificato. Questa vastissima definizione di servizio commerciabile su base trans-nazionale comprende circa 160 servizi, tra i quali rientrano le categorie dei servizi finanziari (con la possibilità, conseguente, di una liberalizzazione dei sistemi di previdenza) le risorse ambientali (quindi forniture idriche, energetiche); i trasporti; le telecomunicazioni; i servizi culturali; le produzioni di audiovisivi; i sistemi sanitari; la formazione secondaria e universitaria; i servizi alle imprese (ad esempio consulenze e collocamenti); i servizi postali; il settore turistico.
Praticamente, è incluso ogni tipo di servizio ad eccezione di
magistratura, esercito e burocrazie statali.
A tutti questi settori vengono applicate le normative di libera
concorrenza: ciò significa che ai governi sarà vietato di promulgare
normative che abbiano come fine o come effetto quello di discriminare il libero accesso al commercio di un determinato servizio; le normative a tutela dell'ambiente, dei diritti dei lavoratori, dei consumatori, della trasparenza o dell'equità sociale non dovranno essere più rigorose del necessario.
Parliamo non solo dei governi e dei parlamenti nazionali o
sopranazionali (regionali e continentali, ad esempio), ma anche, in
direzione opposta, degli Enti locali, poiché il GATS si applica a
tutti livelli compreso quelli comunali, provinciali e regionali.
Tradotto in pratica, potrebbe voler dire che se una piccola mensa
biologica della scuola materna di un minuscolo comune si trovasse a competere con un colosso dell'alimentare, l'Ente potrebbe trovarsi impossibilitato a scegliere la cooperativa in base alla troppo rigorosa volontà di salvaguardare la salute e la corretta educazione alimentare dei suoi piccoli cittadini. La multinazionale sarebbe messa sullo stesso piano della piccola mensa, in una competizione basata esclusivamente su criteri economici; tuttavia, secondo i fautori del
GATS, la qualità e l'efficienza del servizio sarebbero premiate
proprio grazie al naturale meccanismo della competizione economica.
Esaminiamo ora alcuni dei principi fondamentali che dovrebbero
garantire questa assenza di discriminazioni. Il principio della
nazione più favorita stabilisce che le concessioni applicate da un
paese membro a un altro vengano automaticamente estese a tutti gli altri, impedendo il formarsi di rapporti commerciali privilegiati. Il principio del trattamento nazionale stabilisce che non vi possano essere discriminazioni a favore delle propria industria o fornitura nazionale: se il settore è liberalizzato, l'azienda di Stato deve competere con i fornitori provati esteri, in ogni caso.
Tali regole permettono alcune eccezioni, che però espongono alla
possibilità di subire ritorsioni, richieste di apertura e citazione da
parte di altri stati, le cui aziende hanno interesse a espandersi: già adesso, tra i paesi dell'Unione Europea, l'Italia ha ricevuto il più alto numero di questo tipo di richieste, riguardanti la barriere suiservizi pubblici (in particolare 5 richieste di abbattimento, una di
restrizione degli scopi e una di chiarimento). Se poi consideriamo che le controversie di questo tipo vengono risolte da un tribunale interno (è un caso unico tra le organizzazioni internazionali), il Dispute Settlement Body, che affida il giudizio gruppi di tre esperti nominati dalle commissioni giudicanti, i panels, ci rendiamo anche conto della quasi irreversibilità di questi accordi, e del loro schiacciante potere.
Il quadro complessivo rischia di essere la trasformazione del
complesso dei bisogni e dei diritti in un enorme mercato, per di più
squilibrato: difficile affermare il contrario, di fronte a norme come
il single undertaking (gli accordi devono essere sottoscritti tutti
insieme, senza possibilità di rigettarne una parte: un capestro per le nazioni più deboli, e non solo), o come la regola del fornitore principale, secondo cui la nazione preminente nell'offerta di un prodotto ha diritto, essa sola, a concessioni tariffarie da parte dell'importatpre: (praticamente una legittimazione delle egemonie e dei divari pre-esistenti).
5. I problemi e le sfide politiche.
Un problema di squilibrio, dunque. Ma non solo. C'è anche un problema legato al mercato, all'idea che la libertà di concorrenza sia di per sé una fonte di efficienza e di ricchezza.
Problemi legati all'equità della distribuzione, anche all'interno
degli stati: cosa che la gestione del mercato non basta, di per sé, ad assicurare.
Problemi di genere, che si intrecciano agli altri problemi di equità:
laddove l'accesso a un servizio o bene fondamentale sarà una lotta, le donne rischiano di essere due volte deprivate.
Problemi che riguardano il diritto del lavoro: minacciato dalla
inevitabile ricaduta delle privatizzazioni (una delle conseguenze
logiche dell' applicazione del GATS) e dalla necessità di abbassarne il costo e di frantumarne i ritmi, per reggere la competitività.
Problemi di sovranità e democrazia: un accordo del genere, impedendo ai governi di legiferare su aspetti fondamentali come salute, lavoro, equità sociale e di genere, non svuota di senso le istituzioni elettive e, quindi, la stessa capacità di esercitare i nostri diritti di cittadinanza e la nostre scelte politiche? Il mondo complessivo che questi accordi disegnano è in ultima analisi agghiacciante. L'economia come strumento di egemonia e di dominio, affiancato a un controllo militare interno ed esterno: un intero universo di diritti e di doveri ridotto a un mercato di beni e servizi da scambiare tra pochi. Gli accordi per la liberalizzazione dei servizi costituiscono una pietra miliare dell'era dell'accesso, in cui lo status della persona non si definisce più in base alla sua condizione giuridica, ma in base alla sua possibilità di accedere a determinati servizi; e questa possibilità dipende in misura rilevante dalla condizione economica, nel momento in cui il libero mercato è l'unica forma di gestione e offerta.
Tale processo di mercificazione è del resto più lontano nel tempo: in quella che può giustamente essere definita come l'offensiva sociale degli anni '90, l'ondata di privatizzazioni che si è abbattuta
sull'Europa ha creato molte condizioni di partenza: l'apertura ai
privati di settori strategici (acqua, energia, pensioni, servizi
postali e sanitari), l'introduzione dei nuovi standard di valutazione
efficientismi e produttivisti, improntati a alla stessa ideologia
aziendale che ha guidato la riorganizzazione e la svendita di interi
comparti pubblici. Il GATS costituirebbe l'ennesimo e definitivo
affondo, che sancirebbe l'irreversibilità e la dimensione di questi
mutamenti.
Ma servizi come quelli compresi nel GATS non possono essere valutati solo in base alle scelte economiche. Per molti di questi servizi, un accesso selettivo e non paritario costituisce anche un deficit di efficienza, il che appare con particolare evidenza in rapporto ai parametri di valutazione di servizi come la sanità o l'istruzione: anche al più distratto dei cittadini pare riduttivo che la qualità di un sistema scolastico o sanitario si valuti dal rapporto tra offerta e domanda e che in un mercato libero, la competitività economica possa corrispondere a quegli aspetti non aziendale di cura delle persone e di attenzione specifica che sono richiesti da quel tipo di prestazioni. Per altri settori il problema è più complesso; siamo abituati da tempo a percepirli come merci, e non riusciamo immediatamente a pensarne un altro utilizzo, una gestione alternativa.
L'acqua si compra in bottiglia; pure, appare abbastanza evidente che essa è un bene fondamentale per la vita, ed è quindi ragionevole sostenere che il suo utilizzo non debba essere sottoposto alle stesse logiche che regolano la produzione e il consumo di una qualsiasi bevanda gassata.
Il problema che si pone non è tanto quello di contestare una singola applicazione della normativa, ma forse è quello di ripensare un modello alternativo di gestione dell'economia: in cui la politica segua le strade che danno risposte ai bisogni e ai diritti collettivi (ciò che intendiamo come pubblico), e non sia una mera garanzia economica e militare dei profitti di pochi (ciò che è assolutamente privato).
È una nuova sfida che si apre alla politica: difendere ciò che,
diritto, è oggi minacciato, ma anche trovare delle nuove forme per una gestione di questi diritti, che sappia tenere conto delle esigenzesociali e uscire dal dogma - fallimentare, come abbiamo visto - dell'equivalenza di libera concorrenza, efficienza e sviluppo. Una nuova sfida che i movimenti sociali dovranno rilanciare con ancora più forza: la prospettiva da cui guardare al vertice di Cancùn.
* Articolo pubblicato per Narcomafie
SEGNALAZIONE EDITORIALE: E' USCITO GATSOPOLI - Come il Wto vuole
privatizzare il mondo 64 pagine di informazioni su GATS, WTO e
privatizzazioni.
Il libro si può richiedere da subito ad Attac Italia www.attac.it e
Lunaria www.lunaria.org , e prossimamente anche nelle Botteghe del mondo.
Inoltre consiglio:
Lori Wallach, Michelle Sforza, Wto. Tutto quello che non vi hanno mai detto sul commercio globale, Feltrinelli, Milano 2001, pagg. 250
La strategia del movimento per il prossimo incontro del Wto IN CAMMINO VERSO CANCUN
L’obiettivo è
quello di fermare
o far retrocedere
l’Organizzazione
mondiale
del commercio,
attualmente
lo strumento
multilaterale
più potente delle
aziende mondiali
[WALDEN BELLO*]
Il commercio internazionale
oggi rappresenta
uno dei punti cruciali
nella lotta tra le forze a favore
della globalizzazione
aziendale e quelle ad essa
contrarie. Questo scontro
potrebbe diventare più intenso
nei prossimi mesi visto
che le forze a favore della
globalizzazione si stanno
impegnando per espandere
i poteri dell’Organizzazione
Mondiale del Commercio
nel quinto incontro
ministeriale del Wto che si
terrà a Cancun, Messico, a
metà settembre 2003. Come
in ogni scenario di guerra,
la strategia deve rispondere
al bisogno del momento.
Questa può solo
scaturire dall’identificazione
degli obiettivi strategici,
dalla valutazione accurata
del contesto o delle circostanze
mondiali, e dall’elaborazione
di un’effettiva
strategia e un programma
ben calcolato che si adattino
alle caratteristiche delle
circostanze.
Per il movimento contro
la globalizzazione governata
dalle aziende, sembra
abbastanza chiaro che l’obiettivo
strategico debba
essere di fermare o far retrocedere
il Wto che ha sostenuto
la liberalizzazione
nel commercio e nelle aree
ad esso collegate. Il contesto
o le “congiunture” sono
caratterizzati da una fragile
vittoria da parte dei sostenitori
del commercio libero
al quarto incontro a Doha,
dove i Paesi in via di sviluppo
sono stati costretti ad
accettare un limitato ciclo
di trattative sul commercio
per una maggiore liberalizzazione
nel settore agricolo,
dei servizi e dei dazi industriali.
La congiuntura è
caratterizzata dallo sforzo
dei sostenitori della globalizzazione
per creare un ambiente favorevole in modo
che nel prossimo incontro
in Messico si possano
lanciare negoziati per la liberalizzazione
nelle cosiddette
aree di investimento
relative al commercio, alla
politica della concorrenza,
negli appalti pubblici e nelle
facilitazioni commerciali.
Il loro intento è che il
quinto Incontro ministeriale
incrementi il limitato
numero di negoziati stabiliti
nell’incontro di Doha fino
a raggiungere una quantità
tale da poter competere
con quelli dell’Uruguay
Round. Questo ampliamento
del raggio d’azione
del libero commercio e del
potere e della giurisdizione
del Wto, che è attualmente
lo strumento multilaterale
più potente delle aziende
mondiali, rappresenta una
minaccia molto grave allo
sviluppo, alla giustizia e all’eguaglianza
sociali e all’ambiente.
Ed è l’obiettivo
che noi dobbiamo contrastare,
per cui dovremmo
anche dire addio allo sviluppo
sostenibile, alla giustizia
sociale, all’uguaglianza,
e all’ambiente se i
grandi poteri commerciali
e le relative elite aziendali
guadagnano terreno e incoraggiano
una nuova
apertura mondiale a favore
della liberalizzazione durante
la quinta Assemblea
Ministeriale in Messico del
Wto nel 2003.
n Rallentare la corsa
Presentato l’obiettivo
strategico di fermare e far
retrocedere la liberalizzazione
del commercio, lo
scopo della campagna su
cui il movimento contro la
globalizzazione governata
dalle aziende deve focalizzare
i suoi sforzi e le sue
energie è semplice e chiaro:
rallentare la corsa per il libero
commercio nel quinto
incontro ministeriale, che
servirà come mezzo per lo
sviluppo del libero commercio
a livello mondiale.
C. Fred Bergsten, sostenitore
del libero commercio,
capo dell’Istituto di Economia
Internazionale (Iie) ha
paragonato il Wto e il libero
commercio ad una bicicletta:
cadono se non vanno
avanti. Che è il motivo per
cui Seattle ha significato
una tale minaccia al Wto e
perché i sostenitori della
globalizzazione erano così
determinati a ottenere un
mandato per la liberalizzazione
a Doha. Hanno fallito
a Doha, la probabile conseguenza
poteva essere non
solo un blocco ma addirittura
un abbandono del libero
commercio. Per il movimento
contro la globalizzazione
governata dalle
aziende, boicottare il quinto
incontro ministeriale o
evitare accordi a più ampio
raggio non significherebbe
solo attaccare il Wto ma anche
bloccare il libero commercio.
Vorrebbe dire costruire
le basi per indebolire
il libero commercio e ridurre
il potere del Wto.
Questo è ben compreso
dall’“Economist”, tra gli altri,
che ha messo in guardia
il suo pubblico di uomini
d’affari dicendo che «la globalizzazione
è un processo
reversibile». Se rallentare la
corsa per il libero commercio
al quinto incontro ministeriale
è sicuramente l’obiettivo,
allora il principale
scopo tattico della strategia
è chiaro: prendere decisioni
consensuali è il tallone di
Achille del Wto, ed è proprio
il consenso che non
dobbiamo a tutti i costi far
emergere. Nei prossimi
brevi mesi prima del quinto
incontro ministeriale, il
movimento contro la globalizzazione
guidata dalle
aziende deve continuare a
focalizzare le sue energie
per assicurare che non ci
siano Paesi che stabiliscano
accordi in nessun settore
contrattato ora o in futuro,
come agricoltura, servizi,
tasse delle industrie; e
all’incontro stesso, far in
modo che non emerga un
consenso su negoziati sui
nuovi temi della responsabilità
governativa, competizione
politica, investimenti
e facilitazioni commerciali.
Lo scopo deve essere,
come a Seattle, di fare
in modo che i delegati che
partecipano all’incontro
abbiano una dichiarazione
«ampiamente sostenuta»
(cioè una dichiarazione dove
non c’è consenso sugli
argomenti principali) e all’incontro
stesso prevenire
il consenso attraverso negoziazioni
dell’ultimo minuto.
Come a Seattle, lo
scopo finale deve essere di
far concludere l’incontro in
disaccordo e con mancanza
di consensi. Come hanno
detto Martin Khor e altri,
l’importanza dell’incontro
di Cancun è principalmente
nel processo di
estensione della giurisdizione
del Wto verso i Nuovi
Temi”. E’ in ciò che consiste
la minaccia più grande,
quindi “vincere” o “perdere”
a Cancun sarà largamente
determinato dal fatto
se riusciremo o meno a
fermare o sospendere le negoziazioni
su questi temi.
Questo significa che la lotta
avrà successo se a) la nostra
corrente sarà capace di imporre
le Dichiarazioni della
Presidenza di Doha, secondo
le quali i negoziati su
nuovi argomenti possono
tenersi solo se c’è «esplicito
consenso» dei membri, come
la fonte legale primaria;
e b) alcuni Paesi potranno
essere convinti ad astenersi
dal consenso allargato.
n Gli obiettivi
Se lo scopo è disturbare i
piani di azione per un libero
commercio più esteso al
quinto incontro ministeriale,
allora il movimento
contro la globalizzazione
guidata dalle aziende deve
adattare la sua attività di
conseguenza. Noi dobbiamo
dimostrare una strategia
pronta a tutto, le cui
componenti devono includere:
- Porre fine all’alleanza
tra il Rappresentante per il
Commercio degli Usa Robert
Zoellick e il Commissario
per il Commercio Ue
Pascal Lamy esasperando il
conflitto Usa-Ue sulle sovvenzioni
agricole dell’Europa,
sul fallimento dell’amministrazione
Bush
nell’ottenere potere illimitato
di negoziazione da parte
del Senato nordamericano,
sull’imposizione di Washington
di tariffe protezionistiche
per l’acciaio e il
suo rinnovato unilateralismo
commerciale, e sull’esportazione
Usa di bovini
trattati con ormoni e organismi
geneticamente modificati
(Ogm);
- Invece di sostenere l’illusione
di guadagnare accesso
al mercato per i loro
prodotti, consolidare le resistenze
dei governi dei
Paesi in via di sviluppo per
una maggiore liberalizzazione
sottolineando il fatto
che gli Usa e l'Ue non abbandoneranno
mai gli
enormi finanziamenti per i
loro ricchi interessi agricoli,
l’effettiva protezione dei
loro settori tessile e di abbigliamento
e il loro monopolio
della tecnologia attraverso
l’accordo Trip;
- Intensificare i nostri
sforzi per aiutare le delegazioni
dei Paesi in via di sviluppo
a Ginevra nei negoziati
del Wto e elaborare
strategie efficaci per bloccare
l’emergere del consenso
su aree dichiarate
prioritarie dai poteri commerciali
e ristabilire la
priorità su argomenti di
miglioramento;
- Spingere i Paesi in via di
sviluppo a creare un blocco
di supporto della Dichiarazione
della Presidenza di
Doha sui nuovi argomenti e
dichiarare il consenso come
base del documento legislativo
e di spingere i Paesi
a non estendere il consenso
esplicito;
- Lavorare con i movimenti
nazionali come i movimenti
degli agricoltori
per l’autonomia alimentare
nel Sud del Mondo e i
movimenti dei cittadini nel
Nord per organizzare grande
pressione sui propri governi
a non cedere su ulteriori
liberalizzazioni in
campo agricolo, dei servizi
e di altri settori interessati;
- Coordinare abilmente
le proteste mondiali, grandi
azioni di piazza a Cancun
e lavoro di lobby a Ginevra
per creare una maggioranza
critica mondiale con un
picco nella fase iniziale dell’incontro.
Il compito è enorme e abbiamo
poco tempo. Ma non
abbiamo scelta. I poteri
commerciali e il Wto hanno
imparato da Seattle, e hanno
fatto indietreggiare la
bicicletta del Wto nell’incontro
di Doha. Allo stesso
modo, noi dobbiamo imparare
dall’incontro di Doha
che possiamo bloccare la
bicicletta in Messico. E tra
le lezioni determinanti che
dobbiamo imparare c’è che
la nostra coalizione deve
avere una strategia coordinata
che porti il nostro lavoro
su diversi fronti, livelli
e dimensioni per affrontare
un unico proposito: disturbare
la corsa al libero commercio
al quinto incontro
ministeriale del Wto.
* Direttore Generale Focus
on the Global South
Traduzione a cura
di Genoveffa Corbo
(Questo articolo è stato scritto
prima della guerra in Iraq)
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In vista del vertice di Cancun
(ANSA) - WASHINGTON, 13 MAG - Gli Stati Uniti, appoggiati dal
Canada, l'Argentina e l'Egitto, chiedono che l'Unione Europea
metta un termine alla moratoria, di una durata di cinque anni,
sugli OGM, gli organismi geneticamente modificati.
Secondo fonti dell'Amministrazione Usa, Washington intende
sporgere denuncia presso il WTO, l'Organizzazione che regola il
commercio internazionale, che ha sede a Ginevra, in Svizzera.
Sempre secondo fonti americane, la mossa di Usa, Canada,
Argentina ed Egitto sarebbe anche appoggiata da altri nove
paesi.
(ANSA).
GREENPEACE: USA ARROGANTI VOGLIONO IMPORCI GLI OGM
Roma, 13 maggio 2003 - La decisione dell'amministrazione statunitense, comunicata questo pomeriggio, di ricorrere al WTO insieme a Canada, Argentina ed Egitto, contro la moratoria europea sugli OGM è, per Greenpeace, di una gravità e arroganza seconda solo alla guerra.
"La grande maggioranza dei cittadini europei chiede di escludere gli alimenti transgenici dalla loro dieta e dai loro campi. La sovranità alimentare viene piegata dalla prepotenza di chi risponde alle sole lobby industriali, come quella potentissima del biotech, cercando di imporre il proprio modello attraverso uno strumento privo di sensibilità democratica quale il WTO" commenta Luca Colombo, responsabile campagna Ogm di Greenpeace.
Il segnale lanciato dagli Usa non è inoltre indirizzato alla sola 'vecchia Europa', ma a tutti i paesi del pianeta che osano perseguire politiche agricole e alimentari autonome, non in sintonia con l'agenda biotecnologica promossa dagli USA, un mondo dove - stando alle parole di Charles Grassley, Presidente della Commissione Finanze del Senato statunitense - l'UE avrebbe 'diffuso l'isteria anti-biotecnologica'.
Le dichiarazioni di oggi degli Usa sono un messaggio chiaro alla vigilia del Vertice del WTO di Cancun. Lo scontro politico-commerciale si fa aspro ed il principio di precauzione, sancito da Trattati internazionali siglati sotto l'egida delle Nazioni Unite, viene gettato nel cestino dei rifiuti. Greenpeace, tra i promotori della campagna sul WTO "Questo mondo non è in vendita", ritiene che a questo punto la maschera sia definitivamente calata: tramite il WTO si fa carta straccia della volontà dei cittadini e si fanno letteralmente ingoiare ai consumatori gli OGM che nessuno vuole.
E' indispensabile che prima e durante Cancun la mobilitazione dell'opinione pubblica porti ad un ripensamento radicale e sostanziale delle regole che governano il WTO.
"Il Governo italiano, che dal 1998 sostiene la moratoria europea, deve farci sapere da che parte sta: ancora una volta al fianco degli USA o finalmente attento alle richieste dei propri cittadini?- chiede Colombo -Il Parlamento danese la scorsa settimana ha chiesto al governo di mantenere la moratoria fino a che non siano state varate norme adeguate sulla cosiddetta coesistenza fra colture OGM, convenzionali e biologiche e sulla responsabilità da danno ambientale per inquinamento da OGM: è opportuno che anche l'Italia adotti analoghe decisioni"
Per informazioni:
www.campagnawto.org
www.greenpeace.it/ogm
--------------------------------
Dario Dalla Libera
IT / Web Manager
Greenpeace Italia
http://www.greenpeace.it
Io forse ci andro' a Cancun.
Si decide parecchio del nostro futuro li', altro che Illy o Beccalossi.
Nessun'altro ha intenzione di andarci?
Saluti
Luca Loi
P.S. Tra i libri da leggere oltre a quello ottimo di Lori Wallace che conosco bene consiglio anche "L'era dell'accesso" di Jeremy Rifkin.
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Grande!
Purtroppo è un pò fuori dalla mia portata, ma tanti partiranno dall'italia. Se contatti le varie organizzazioni, è un modo per conoscere altra gente e confrontarsi su questi temi.
Sicuramente verrà fatto un campeggio
La guerra degli Ogm sbarca a Cancun
Dopo essere riuscito a tenere buone le corporation dell'agrobusiness durante l'attacco all'Iraq, Bush annuncia l'intenzione di denunciare l'Europa al Wto perché venga duramente sanzionata la scelta ogm-free. Washington, che è appena stata a sua volta condannata a una sanzione record di 4 miliardi di dollari per l'allegra politica fiscale a beneficio delle proprie corporation, è partita all'attacco della moratoria europea sugli organismi geneticamente modificati. Naturalmente non è affatto detto che l'intervento del Wto serva a convincere gli europei ad aprire i propri mercati alla soia e al mais geneticamente modificati. Le sanzioni non sono bastate, ad esempio, per convincere gli europei della bontà della carne agli ormoni che, infatti, continua a essere bandita, ma certamente ha impedito che la pericolosa abitudine di difendere i propri standard ambientali e sanitari si allargasse al mondo intero, cosa che sta invece accadendo con gli ogm. Come ha dichiarato Robert Zoellick, il potente addetto al commercio statunitense: «Non si tratta soltanto dell'Europa ma di un problema globale, ed è proprio la combinazione di questi effetti globali che ci spinge ad agire. La nostra pazienza è giunta al termine».
Effettivamente sono già una dozzina i paesi che hanno seguito l'esempio europeo, arginando la commercializzazione degli ogm con qualche genere di restrizione, e Giappone e Cina sono fra questi. Perfino paesi poveri come Zambia e Zimbabwe, anche se erano nel bel mezzo di una carestia, l'estate scorsa hanno rifiutato 100 mila tonnellate di mais statunitense per la paura di ritrovarci in mezzo semi geneticamente modificati - gli Usa infatti non separano i raccolti naturali da quelli biotech - e ritrovarsi la filiera contaminata, cosa che li avrebbe tagliati fuori dal mercato europeo.
Nemmeno l'etichetta
Il problema è che i consumatori restano diffidenti. Secondo uno studio condotto dall'Eurobarometro della Commissione europea in 15 paesi, i cittadini distinguono perfettamente fra applicazioni biotecnologiche: accettano quelle biomediche e farmaceutiche ma continuano a rifiutare quelle alimentari. Il 70 per cento dei consumatori ha dichiarato di non avere alcuna intenzione di consumare cibo contenente ogm, che non comprerebbe nemmeno se fosse meno caro. Secondo l'American Farm Bureau Federation, la più grande organizzazione agricola degli Stati Uniti, la diffidenza europea costa agli agricoltori Usa circa 300 milioni di dollari l'anno. Questo perché l'80 per cento della soia e circa un terzo del mais prodotti nel paese sono stati geneticamente modificati per resistere agli erbicidi e ai parassiti e, dietro consiglio delle grandi corporation come Monsanto e DuPont, le coltivazioni sono state mescolate a quelle naturali. Soltanto il grano è ancora ogm free, e infatti quest'ultima produzione, concentrata prevalentemente nel Nord Dakota, non ha registrato ripercussioni negative.
La diffidenza dei consumatori spinge i governi europei ad andarci piano anche se, ovviamente, l'agrobusiness fa sentire la sua voce anche a Bruxelles. Di fatto l'Unione europea sarebbe dispostissima a fare concessioni - cosa che alle organizzazioni ambientaliste e ad alcuni paesi che difendono i prodotti tipici, fra cui l'Italia, non va affatto bene - e sta alacremente lavorando alla stesura di una normativa mirata proprio al superamento della moratoria. Secondo le nuove disposizioni, i prodotti contenenti ogm dovrebbero venire etichettati per consentire ai consumatori di scegliere. Lo scontro con gli ambientalisti verte sulla possibilità di fissare un valore soglia quando l'attuale tecnologia non consente verifiche attendibili, ma agli americani il compromesso non basta. «Il progetto di etichettare gli alimenti biotech è semplicemente un'altra barriera commerciale, forse peggiore della moratoria» ha dichiarato Mary Sophos, vice-presidente della Grocery Manufactures of America, e "barriera commerciale" è una bestemmia nella religione del Wto.
Certamente separare le coltivazioni aumenterebbe in modo significativo i costi di produzione per non parlare del fatto che segnalare ai consumatori tutte le sostanze - chimiche o biotech - che farciscono i prodotti alimentari non è certo una gran bella pubblicità. Ma l'incapacità di rispettare delle norme di etichettatura, che stanno venendo adottate da molti paesi, rischia di tagliare fuori i produttori statunitensi da mercati importanti come il Giappone, la Thailandia e il Brasile.
Il resto del mondo
Non c'è niente da fare: gli ogm non vanno giù a nessuno. Il marketing aggressivo degli anni passati sta presentando un conto salatissimo. Mentre perfino negli Stati Uniti cresce il disagio dei consumatori, l'enorme mercato asiatico rischia di chiudere le porte ai prodotti Usa.
«I consumatori giapponesi non vogliono prodotti contenenti ingredienti geneticamente modificati» ha dichiarato Yoichi Takemoto, funzionario della All Nippon Kashi Association, un grande gruppo agro-industriale. La notizia non fa che confermare uno studio condotto l'anno scorso dalla Iowa State University, da cui risultava che non solo i giapponesi ma anche i cinesi e i sud-coreani non avevano alcuna intenzione di aprire le porte al cibo biotech. Le cose non vanno meglio in Thailandia, che ha recentemente approvato una legge sull'etichettatura simile a quella australiana.
Dall'altra parte del mondo le cose vanno ancora peggio per Monsanto e compagnia. In Brasile il ricco mercato del pollame si è praticamente dissolto perché i produttori statunitensi impiegano semi geneticamente modificati negli allevamenti. E visto che gli allevatori di polli brasiliani esportano almeno un quarto dei loro prodotti in Europa, non hanno alcuna intenzione di vedersi confusi con i vicini, o di ritrovarsi il loro prodotto contaminato "accidentalmente".
Non si tratta qui di decidere se gli ogm fanno male o meno alla salute, quanto del diritto dei consumatori di evitare prodotti che non sono stati sufficientemente testati per ammissione degli stessi organismi di controllo statunitensi come la Food and Drugs Administration dove, appena l'anno scorso, scoppiò lo scandalo delle autorizzazioni facili. Quando vennero alla luce le forti pressioni che la lobby biotech aveva fatto per velocizzare le autorizzazioni senza avere adeguatamente testato i prodotti, i consumatori statunitensi cominciarono a sentirsi meno sicuri. E adesso i raccolti made in Usa rischiano di rimanere invenduti.
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Il vertice del Wto a cancun e la lotta mondiale contro il neocolonialismo
Liberocommercio? No grazie
Nel lusso dell'isola caraibica di Cancun si svolgerà dal 10 al 13 di settembre prossimo il quinto incontro Ministeriale del Wto, l'organizzazione mondiale del Commercio, appena quattro anni dopo la storica battaglia di Seattle. Parallelamente, organizzazioni di tutto il pianeta si mobiliteranno per realizzare una settimana di azione globale che accompagnerà tutti quelli che si riuniranno nella città di Cancun, in quella che fu la paradisiaca isola Maya, per celebrare il Foro dei Popoli per l'alternativa. Un gruppo di organizzazioni e reti messicane e internazionali invitano «il movimento in tutti i paesi a realizzare manifestazioni unitarie, di massa e coordinate, martedì 9 settembre, giorno dell'azione contro il Wto e sabato 13 settembre, giornata delle manifestazioni globali contro la globalizzazione e la guerra».
Più che mai, è necessario scardinare i negoziati del Wto. I governi degli Stati Uniti, l'Unione Europea e i "fedeli cagnolini" come il governo messicano, pretendono di continuare ad imporre al mondo le regole della globalizzazione transnazionale e del grande capitale. Da un lato, cercano di ampliare i propri super diritti attraverso i negoziati sui "nuovi temi" - o "temi di Singapore" -che rappresentano nient'altro che lo smantellamento di qualsiasi protezione nazionale sugli investimenti stranieri (attraverso il rinnovato Mai, Accordo Multilaterale per gli Investimenti), gli acquisti del governo (che come principali acquirenti mondiali devono orientare i propri affari per i guadagni privati e non per promuovere obiettivi sociali), la competitività e la facilità del commercio. Con questi quattro nuovi temi le potenze pretendono di dotare il Wto di funzioni che non sono di sua competenza, per le quali non ha mandato.
Dall'altro lato, si cerca di ampliare e approfondire gli accordi commerciali già esistenti come l'Accordo Agricolo e l'Accordo Generale del Commercio di Servizi(Gatts), e l'Accordo sui Diritti di Proprietà Intellettuale in relazione con il Commercio (Trips).
La trappola
dei «Nuovi Temi»
L'intento dell'Accordo Agricolo è quello di aprire l'agricoltura del Sud del mondo alle eccedenze e ai prodotti transgenici dei paesi ricchi. I quali continuano ad offrire mille milioni di dollari al giorno di sussidi all'agricoltura, con la conseguente perdita di sovranità e sicurezza alimentare dei paesi più poveri, e distruzione di massa delle economie contadine e delle forme di vita indigene. Il contenuto del Gatts è conosciuto: si pretende di privatizzare tutto, dalle scalinate dei monumenti storici sulle quali ci sediamo ai letti degli ospedali, ai pulpiti delle università fino all'acqua. Con i Trips, paesi come gli Stai Uniti possono impedire ad altri paesi di produrre medicine contro l'Aids, nello stesso momento in cui le popolazioni indigene non trovano nel Wto nessuno strumento di difesa per evitare i furti che le società transnazionali fanno delle loro risorse naturali e delle loro conoscenze ancestrali.
Tutte queste minacce hanno indotto a reagire molti paesi come quelli del Gruppo dei 77, che, lontani dalla sottomissione che dimostra il governo messicano, cercano di trovare la strada per riparare i gravi squilibri mondiali. Una piattaforma che poggia su numerose rivendicazioni: spingere per il riconoscimento del "Trattamento Speciale Differenziato" per i paesi del Sud; esigere che, prima di ampliare il mandato del Wto si valutino, ed eventualmente si correggano, gli effetti dell'apertura commerciale sui paesi più poveri; rispettare l'accordo adottato dai paesi del Nord di sopprimere l'uso del dumping nella concorrenza commerciale; rispettare accordi come quello di Doha del 2001 che garantivano il diritto dei paesi del Sud di produrre o importare medicinali generici per combattere le epidemie. Sfortunatamente il tempo passa e i negoziati precedenti a Cancun sono impantanati. Anche per questo è poco probabile che l'incontro abbia successo. Lo stesso direttore generale, Supachai Panitchpakdi, lo riconosce, e l'India ha fatto sapere che senza il consenso esplicito tra le parti non si arriverà a nessun accordo.
Le responsabilità
europee
Le organizzazioni sociali e civili, messicane e di tutto il pianeta, così come le fondazioni e i partiti politici, devono seguire molto da vicino i negoziati e le segrete volontà dei potenti e assicurarsi che i negoziati falliscano. Anche così però ci saranno molte sfide da vincere. Il Wto è solo una falsa illusione di multilateralismo di quel un mostro dalle mille teste che è la globalizzazione capitalistica e a neoliberale. L'Accordo di Libero Commercio delle Americhe (Alca), copia fedele del Tlc dell'America del Nord, si fonda sugli interessi delle grandi corporazioni nordamericane e dei loro alleati, le oligarchie dell'America Latina. Gli effetti del Tlc sulla popolazione messicana sono devastanti, soprattutto per i contadini e gli indigeni.
Non ci sono solo gli Usa e i molti governi a loro alleati a sud del Rio Bravo a sperare nel successo del vertice del Wto. L'Unione Europea, un nano per ciò che riguarda la politica estera, è invece un gigante commerciale di dimensioni sempre maggiori, e c'è chi dimostra maggior interesse per i "nuovi temi" e per gli approfondimenti del Gatts. Se si guarda alle decine di domande di deregolamentazione fatte dall'Ue a molti paesi, si comprende la forte volontà di appropriazione di risorse naturali o di carattere pubblico, mascherato da "servizio", diffusa nel "vecchio continente". La retorica dell'Unione Europea, in merito allo sviluppo, ai diritti umani, democrazia resta ancora una volta pura retorica. Già con l'Accordo Globale tra Messico ed Europa abbiamo capito a che cosa serve una "clausola democratica": fino ad oggi, a niente. I governi chiudono gli occhi di fronte alle violazioni dei diritti dei lavoratori provocate da società transnazionali europee in Messico e alla oppressione degli indigeni
La grande sfida è e continuerà ad essere la lotta contro questi accordi dalle mille teste.
Rete Messicana di Azione contro il Libero Commercio
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da Carta:
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Cancún è per tutti la città delle spiagge, dei panorami patinati che dalle riviste nelle capitali del primo mondo diventano realtà da soggiorni di una settimana tutto compreso. Lo Yucatán ha tante storie da raccontare, quelle dei Maya mai sconfitti dagli invasori spagnoli, le rivolte degli schiavi Yaqui e Coreani deportati e resi schiavi nelle piantagioni fino a quando la Rivoluzione di Villa e Zapata non fece paura ai padroni ed agli oligarchi di don Porfirio Diaz. Poi la Rivoluzione divenne la "tradita", arrivarono le nuove schiavitù dei lavoratori salariati e rimase il disprezzo verso l' "indio".
Oggi i giovani figli di contadini indigeni della Selva Lacandona, di Tabasco, Oaxaca, vanno per lavorare negli alberghi di questa città che guarda il mare della penisola dello Yucatan, cercando un pezzo di fortuna senza dover attraversare il Rio Bravo.
Cancún, capitale provvisoria di quel mondo luccicante che guarda solo avanti, dal dieci al quattordici di settembre di quest'anno ospiterà la quinta riunione dell'Organizzazione mondiale del commercio. L'Omc si riunirà in settembre per discutere le regole sulla liberalizzazione dei servizi. Con questo termine apparentemente innocuo si indicano una serie di aspetti assolutamente strategici per il governo bio-politico del pianeta. Acqua, energia, sanità, trasporti, telecomunicazioni, educazione: sull'onda dei successi militari della cupola di Washington l'Omc torna all'offensiva nei campi cruciali della vita e della riproduwione sociale.
Intanto, il passaparola è diventato già un rumore di voci, di assemblee, discussioni, proposte in tutti i continenti. Si sta dicendo in tante lingue: "fermiamo l'Onc, andiamo a Cancún". Il controvertice sta prendendo forma, le riunioni preparatorie hanno delineato i temi di discussione e l'agenda di massima, ma resta da fare ancora molto. Soprattutto, non tutti quelli che andranno si riconoscono nella rete di Ong ed associazioni che stanno organizzando il controvertice "ufficiale".
A Città del Messico il fiume di auto scorre ininterrottamente sulla Avenida Baja California, Cancún è una pubblicità gigante sopra un palazzo, 790 pesos, volo sola andata. "Ancora non ti posso dire niente, stiamo discutendo, stiamo pensando ad altre cose, comunque considera una cosa, ci sono tante lotte, tanti popoli indigeni, comunità intere che resistono al neoliberismo ma non sanno neanche dove sia Cancún e non hanno certo i soldi per raggiungere le manifestazioni. Noi restiamo con loro." Javier Elorriaga del Frente Zapatista de Liberaciòn Nacional, l'organizzazione che appoggia l'Ezln dalle città messicane, risponde così alla mia domanda su come il Frente parteciperà alle manifestazioni del controvertice nei giorni della riunione dell'Omc. E mi mostra il libro che hanno appena pubblicato: la raccolta di comunicati del Subcomandante Marcos intitolato "Il calendario della resistenza" dodici lettere per dodici regioni del Messico più una lettera ai ribelli italiani. Alcuni chilometri più lontano, si riuniscono gli attivisti e i rappresentanti delle Ong e dei sindacati che si oppongono al neoliberismo e che hanno voluto costituire lo spazio del Foro dei popoli per le alternative all'Omc.
Le intenzioni della "Assemblea emisferica e globale" contro il quinto incontro ministeriale della Omc non potrebbero essere più chiare: "facciamolo deragliare" dice il titolo della dichiarazione conclusiva degli incontri. Partecipano: Bienvenidos a Cancún, Espacio Mexicano rumbo a Cancún, Campaña Continental Contra el ALCA, Nuestro Mundo No Esta en Venta. Dietro le sigle c'é una realtà complessa. Non sempre chiare sono le relazioni con un partito politico squalificato dagli zapatisti come il Prd [Partito della rivoluzione democratica] ed il grado di rappresentanza di chi prende la parola nelle riunioni. Il movimento, comunque, sta crescendo. Il problemi fondamentale riguardano la diffusione delle informazioni, la raccolta dei fondi necessari a garantire la partecipazione di chi non ha i mezzi attraversare gli oltre 1500 chilometri che dividono Città del Messico da Cancún.
L'Assemblea emisferica e globale rappresenta uno spazio direttamente collegato al Forum sociale mondiale e propone a tutti di aderire ad una agenda di azione globale dal 7 al 14 settembre. L'8 settembre è convocata un'assemblea dei rappresentanti delle reti nazionali ed internazionali, mentre per il 9 è fissata la prima giornata di azione. Seguiranno le giornate di discussione attorno alle tematiche generali: agricoltura, commercio, guerra e privatizzazione dei servizi. Per arrivare al 13 di settembre quando ci sarà la marcia globale "contro la guerra economica e militare". Il programma del Foro dei popoli si conclude con una ottimistica celebrazione della vittoria sull'Omc. Il governo messicano, noto per la brutalità delle sue forze di polizia, ha tutt'altre intensioni. Fino ad ora ha scelto di ignorare le contestazioni al vertice, ma nel frattempo mette a punto il consueto, sproporzionato dispositivo militare.
"Parteciperemo anche noi, ma vogliamo che le nostre forme di lotta si distinguano, vogliamo praticare la disobbedienza civile, vogliamo contestare la zona rossa che il governo vuole imporre alle manifestazioni", dice Jorge della Coordinadora amplia de lucha contra el Alca y la Omc. Mi sono spostato a San Cristobal de Las Casas, centro turistico ed economico del Chiapas. Oltre che degli indios tzotziles, abitanti della regione, é la terra dei "coletos", razzisti discendenti degli spagnoli conquistadores. Ma anche di esuli volontari dai paesi del nord, di attivisti, di curiosi.
Jorge, come centinaia di altri giovani messicani, è già stato a Cancún il 26 di febbraio del 2001, mentre il mondo seguiva l'inizio della marcia del colore della terra convocata dall'Ezln. Il gruppo, che allora si chiamava "Desobediencia Civil", cercò di forzare con scudi fatti di gommoni i cordoni di polizia che difendevano il vertice del Fondo monetario internazionale. Furono dispersi, picchiati selvaggiamente ed arrestati.
Da quell'esperimento e dagli errori di allora hanno imparato molte cose, come ad esempio che in Messico certe forme di contestazione e di conflitto non funzionano. Più in generale, quello che in Europa si chiama ormai il movimento globale in Messico si esprime in altre forme, con altri linguaggi. Mi vengono in mente i punk della carovana "Carlo Giuliani" che furono ad Atenco ad appoggiare la rivolta dei campesinos contro l'espropriazione delle terre per la costruzione di un aeroporto internazionale, gli studenti dell'Instituto politecnico nazionale, in migliaia a marciare contro la privatizzazione dell'educazione, a scontrarsi con la polizia davanti all'ambasciata Usa per dire "no alla guerra"e le autogestioni delle colonie popolari nella metropoli più grande del mondo.
Per le strade di San Cristobal si incontrano tanti ragazzi stranieri, molti turisti, alcuni che da anni lavorano per sostenere la lotta per i diritti e la cultura indigena e contro il neoliberismo. L'ufficio-laboratorio di Indymedia Chiapas è ospitato da un associazione di donne che lavorano con e per le donne, Junax, in una casa-ostello per giovani volontari. Timo, dopo aver passato dei mesi in Palestina è di nuovo al lavoro, macina idee e lavora fino a notte insieme a tutto lo staff di Indymedia, "stiamo pensando ad coordinamento dei mediattivisti indipendenti a Cancún - racconta - C'è molto ancora da fare, il primo gruppo partirà in giugno per cercare uno spazio, attrezzarlo. La nostra idea non è soltanto quella di lavorare alla copertura mediatica delle proteste e delle discussioni, ma soprattutto quella di iniziare almeno dieci giorni prima con corsi e incontri per condividere saperi e tecnologie con gli attivisti dei paesi latinoamericani".
Il viaggio continua nell'Aguascalientes di Oventic, centro politico e culturale sorto sulle terre strappate ai grandi proprietari. E' lo spazio in cui si è tenuto il primo incontro intercontinentale per l'umanità e contro il neoliberismo, nel 1996. Le montagne alte più di duemila metri sono costellate di piccole case di legno o terra e lamiera, decine di comunità indigene chamula e tzotziles vivono di piccola agricoltura, allevamento, caffè e soprattutto di stenti visto il crollo del prezzo di tutti questi prodotti sul mercato globale dei liberi scambi. Su queste montagne si resiste da sempre allo sfruttamento e alla disumanità, che hanno avuto tanti nomi, ultimo il neoliberismo. Oggi si resiste con i ritmi delle coltivazioni di mais e di caffè, delle cooperative di donne, delle scuole, dell'educazione popolare e delle cliniche autonome e del dialogo con tutti e tutte quelle che costantemente attraversano questi spazi. Gli zapatisti non dicono se parteciperanno o meno ed in che modo alle mobilitazioni contro Cancún.
Ma forse è solo un modo per dire che loro sono da sempre dalla parte dell'umanità. E che ci saranno anche dopo questo tredicesimo mese di resistenza
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