Il Caval ‘d brons perde la sua spada
Danneggiato domenica il monumento di piazza San Carlo

Chi ha sconciato la festa dell’orgoglio granata e, con essa, uno dei simboli della città? I tifosi hanno pianto e cantato, stringendosi intorno a qualcosa che è più di una squadra, è una fede, che la retrocessione in B è ben lontana dallo scalfire. E’ stata una bellissima festa, con 50 mila persone a marciare pacificamente e a cantare: quarantottomila novecento e novantasei persone per bene, più quattro imbecilli che hanno trasformato il loro entusiasmo in vandalismo. Ci ha rimesso ancora una volta «Testa di Ferro», il caval ‘brons, che ha pagato la festa di domenica con la spada. E’ stata spezzata poco sotto l’elsa: un metro e mezzo di lama è stato scagliato sulle scale del basamento del monumento da chi l’aveva acchiappato forse per portarselo a casa, come un trofeo. La lama, adesso, è stata sequestrata dai vigili urbani della sezione I Centro, la cui sezione di polizia giudiziaria sta indagando per identificare gli autori del gesto: lì per lì, domenica, si sono mescolati in mezzo agli altri granata, e sono riusciti ad andarsene da piazza San Carlo impuniti. Povero duca, povero Emanuele Filiberto, che volle far seppellire il suo cuore coraggioso e gaudente nella chiesa di San Carlo: non c’è festa spontanea o spettacolo, comizio o giornata di giubilo sportivo, in cui non rischi di rimetterci un pezzo. Dev’essere terribilmente offeso per l’affronto, il cavaliere, per quel che gli accade nei tempi moderni: lui che fu assai valoroso in battaglia e che di Torino fece una capitale con la più bella cittadella d’Europa. Ieri, ha subito la prima offesa alle 14,45, come hanno annotato nel resoconto della giornata i vigili ubani: a quell’ora, «due vigili in servizio per far rispettare la pedonalizzazione di via Roma», spiega l’ispettore responsabile della polizia giudiziaria della I sezione Centro, «sono intervenuti per far scendere dal cavallo alcuni tifosi». C’è stata un po’ di tensione, perché qualche ragazzo abbarbicato a «Testa di ferro» non voleva mollare la presa. I vigili si sono presi dei «gobbi» (e anche qualcosa di peggio), ma alla fine sono riusciti a far scendere tutti quanti. A quell’ora, la piazza era ancora molto affollata, e la spada era ancora al suo posto. Secondo round. Sono le 15,30. Mauro Maggiora, barista del Mokita, racconta: «Hanno avvolto il monumento con degli striscioni, e facevano a turno per far scattare foto ricordo sul cavallo». Commenta: «Ho sofferto tutto il giorno come una bestia, sono juventino, e mi è toccato ascoltare per tutta la giornata ogni sorta d’insulto e di canto contro la Juve». Si rifarà presto, annota orgoglioso, con lo scudetto. «A un certo punto - continua - qualcuno, da sotto lo striscione, ha staccato la spada». Non si sa se si sia trattato d’un fatto accidentale, o se d’un affronto al monumento voluto, com’è parso a parecchi civilissimi tifosi granata, che hanno protestato con i vandali e hanno chiamato ancora una volta la pattuglia di vigili. Che non ha assistito al distacco della lama della spada, ma è accorsa di gran carriera. Tanto che chi s’era impossessato del bronzo l’ha scagliato sulla scalinata del monumento e se l’è data a gambe, mescolandosi immediatamente con gli altri granata: a quell’ora, in piazza c’era ancora qualche migliaio di persone. Chi ha visto? Chi è stato? «Noi non ci siamo accorte di niente - dicono al “Torino” le titolari, Maria Marino e Maria Teresa Cesaro -. Certo, però, i maleducati non mancano mai. E in mezzo ai tifosi c’era anche brutta gente, oltre a qualcuno che ci dava dentro con i pintoni di vino». «Vandali, non sono che vandali» dicono al Mokita Mauro Maggiora e la titolare, Michela Marcon. Un cliente, tifoso granata, ribatte: «Per me, è stato uno juventino. L’ha fatto apposta, per rovinarci la festa». «Andiamoci piano - aggiunge Leandro Mancini, che la mattina ha partecipato alla giornata dell’orgoglio seguendo la messa di don Rabino -: per me è stato solo uno scherzo, per quanto inopportuno. Prendere la spada è un po’ la conquista di un simbolo, di una specie di trofeo: non è la prima volta che capita, in occasione di qualche festa sportiva». Vero: c’è chi intende la scalata al cavallo, con tanto di vessillo piantato a sventolare tra i finimenti, come una simbolica conquista della città, come se la spada di Emanuele Filiberto fosse una specie di palio che questa o quella fazione (squadra, partito, gruppo) deve conquistare nelle grandi occasioni. Non la pensano così - e ci mancherebbe altro - i vigili, che potrebbero non faticare troppo a risalire agli autori dell’impresa. Chiedono la collaborazione di tutti per visionare le tante foto-ricordo scattate nel pomeriggio. Ma una grossa mano potrebbe arrivare anche da filmini girati dalle forze dell’ordine.


Il Caval ‘d brons