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Discussione: Terrorismo rosso

  1. #1
    SENATORE di POL
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    Predefinito Terrorismo rosso

    TERRORISMO E COMUNISMO.
    Le obiezioni classiche del marxismo rivoluzionario "ortodosso" alle posizioni del terrorismo "individuale", ma che possono in qualche modo estendersi ad ogni "terrorismo" di sinistra, non sono certamente di carattere morale o "umanitario". L'aspetto principale riguarda essenzialmente la relazione fra azione terroristica e coscienza di classe.
    In "Che fare?" (1902) Lenin critica il terrorismo sotto il profilo di quella che oggi si chiamerebbe "propaganda armata", rilevando come l'educazione del proletariato alla coscienza socialista e il suo trascinamento alla lotta abbia ben altri argomenti.
    Lenin nella sostanza rileva che se la classe operaia non è trascinata alla lotta dalle proprie condizioni di sfruttamento e dalle ingiustizie che subisce non si vede il perchè dovrebbe farlo a seguito dell'assassinio politico perpetrato da una qualche mano "rivoluzionaria".
    La concezione leniniana dello sviluppo della coscienza politica di classe distingue fondamentalmente fra coscienza tradeunionistica (sindacale), ancora sostanzialmente soggetta all'ideologia borghese (in quanto ideologia della classe dominante), e la coscienza socialista.
    Mentre la prima si impone spontaneamente alla classe durante le lotte economiche e sindacali, la seconda deve essere portata "dall'esterno", ossia dall'attività politica del partito rivoluzionario, dalla sua capacità di operare come avanguardia cosciente del movimento operaio.
    La lotta armata presuppone la coscienza politica di classe e può positivamente attuarsi soltanto come lotta per il potere, ossia come rivoluzione, avendo già la maggioranza della classe dietro di sè.
    E la classe non la si conquista di certo con la lotta armata, ma con la pratica saldatura delle lotte sociali del popolo lavoratore e sfruttato con la dottrina socialista mediante la strategia e la tattica rivoluzionarie.
    Per questo il terrorismo è da Lenin assimilato alla piccola borghesia e al suo inferocimento.
    Il leninismo difende e afferma un altro terrorismo, quello esercitato dalla dittatura rivoluzionaria per spezzare la resistenza del "nemico" di classe: il Terrore rosso.
    Altro elemento critico verso il terrorismo è fondato su motivazioni "pragmatche" che attengono all'effetto del terrorismo sulla politica dello Stato borghese e dal prevedibile restringimento degli spazi di agibilità politica per il movimento operaio e il suo partito rivoluzionario. Ma in quanto pragmatiche dette motivazioni non sono "dogmi" e possono variare al variare delle situazioni, per cui non si deve affatto escludere, da questo punto di vista, l'opportunità di ricorrere ad azioni armate, magari per finanziare il partito...
    I movimenti che, richiamandosi al leninismo, hanno scelto il terrorismo e la lotta armata, in contrasto con alcune indicazioni del "maestro" lo hanno fatto in ragione di un'analisi dell'evoluzione della lotta politica durante l'era dell'imperialismo che si può definire parente con le analisi del Bucharin del 1916/17, contro cui pur polemizzò Lenin.
    Si tratta non solo di una valutazione del ruolo della "democrazia imperialistica" e del restringimento dell'attività politica legale per i rivoluzionari nella fase delle "guerre e rivoluzioni" in cui l'alternativa che si pone è solo quella "fra dittatura e terrore rosso e dittatura e terrore bianco", ma anche di una diversa fase della storia del movimento operaio, corrotto dal riformismo espressione degli "agenti borghesi" e delle "aristocrazie operaie" che per "un piatto di lenticchie" vendono la loro primogenitura rivoluzionaria integrandosi nel sistema. Il riformismo diventato dapprima da ala destra del proletariato ad ala sinistra della borghesia è ora sempre più un'arma formidabile della borgheisa imperialistica per inebetire la classe operaia e per promuovere l'adeguamento continuo dei rapporti sociali e della produzione agli interessi complessivi dell'imperialismo.
    La lotta armata diventa dunque, nel delirio "marxista-leninista" riformato dei comunisti combattent,i uno strumento della guerra di classe per ostacolare i processi di strutturazione del "potere borghese" (che sempre più impone una macelleria sociale al servizio dell'imperialismo con l'appoggio delle burocrazie riformiste, che anzi sono il principale sostegno del capitalismo in quanto ne assicurano la "copertura a sinistra" e il consenso di ampi strati popolari) ma anche un momento della guerra di classe in cui l'avanguardia rivoluzionaria si presenta come tale indicando alla classe apertamente i suoi nemici e stimolando uno scontro sociale sempre più radicale in cui gli spazi per il compromesso e il riformismo vengono irrimediabilmente bruciati. La prevedibile reazione borghese erode gli spazi di "democrazia formale" rappresentativa, mediante la quale la dittatura del capitale si esprime, e mostra al proletariato la reale natura dei rapporti sociali capitalistici e delle istituzioni dello Stato borghese. In questo quadro l'avangiuardia comunista può adempiere al compito di portare alla classe operaia la coscienza rivoluzionaria, divenendo stato maggiore dell'esercito proletario nella guerra mortale contro il capitalismo imperialistico.
    La democrazia falsa e fascistizzata dell'era dell'imperialismo non solo non è il terreno dello scontro fra il proletariato e la borghesia, non solo non può essere gradualmente spinta in avanti nei suoi contenuti sociali ("democrazia progressiva") come pensava il PCI togliattiano, ma diventa il nemico principale della classe operaia nella misura in cui non permette alla stessa di avere immediata coscienza della natura reale della dittatura capitalistica. La lotta armata è dunque anche un rimedio contro il "cretinismo parlamentare" e contro ogni superstizione democraticista, ed un modo per riprendere la Resistenza partigiana, tradita per l'essere stata fermata alla fase della lotta antifascista, senza essere spinta verso la rivoluzione comunista, e per non essere stata neppure in grado di costruire quella "democrazia progressiva" prevista da Togliatti, vista l'espulsione delle sinistre dal potere nel 1947 e il successivo allineamento dello Stato democratico italiano alle politiche imperialistiche occidentale, in posizione di sostanziale sudditanza verso gli Stati Uniti.
    Il comunista combattente è dunque, in questa visione delirante del terrorismo rosso,....il nuovo partigiano...l'erede politico e morale dello slancio rivoluzionario della "resistenza rossa", e il faro autocritico della coscienza comunista capace di riprendere il processo laddove fu interrotto, indicando ai lavoratori gli obiettivi concreti del processo di liberazione dal fascismo e dal capitalismo, che sono ormai indissolubilmente un tutt'uno nell'imperialismo.
    La folle coerenza di questa visione è del tutto indifferente all'umanità dei soggetti in campo, tanto dei propri "combattenti" quanto dei "nemici di classe" individuati come obiettivi da eliminari. Ciascuno non è più un essere umano vivente con la propria dignità insopprimibile, ma un simbolo o un esponente o una sinapsi dei rapporti e delle razioni sociali, interpretate in modo freddamente astratto e analizzate secondo schemi dogmaticamente impermeabili ad ogni diversa visione, come ad ogni critica morale, umana e umanistica.
    La politica rivoluzionaria terroristica non è più POLITICA, non si occupa della vita reale degli uomini concreti se non come manifestazione delle strutture economiche sociali individuate dalla dottrina marxista-leninista. Al più si occupa delle masse e delle classi, mai degli individui che sono insignificanti parti del tutto. Dunque... che cosa vale una vita umana?

    Cordiali saluti.

  2. #2
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    Predefinito Comunismo combattente e Riformismo

    torniamo ad affrontare il problema della struttura ideologica del comunismo combattente, generalmente inteso, e provando a capire il perchè il medesimo tenda molto spesso ad individuare i suoi bersagli (in senso purtroppo...letterale) preferibilmente fra uomini del campo riformista, sia di centrodestra che di centrosinistra, anzi...spesso dell'area politica e/o culturale della sinistra democratica .
    Come abbiamo visto sopra... la matrice ideologica del comunismo combattente si nutre di "analisi" politiche fortemente condizionate dalla visione classista, ove i comportamenti politici dei soggetti in campo sono analizzati in relazione a quelli che vengono ritenuti gli interessi concreti delle classi e frazioni di classe e del "sistema" del capitalismo imperialistico inteso nel suo complesso, con le sue esigenze di riproduzione e continuo adeguamento.
    In questa visione astratta e "materialistica" dei rapporti sociali il riformismo è il primo nemico del proletariato e dei suoi interessi storici, sia perchè rappresenta al meglio i tentativi della "borghesia imperialistica" di ristrutturare continuamente le forze produttive al fine di adeguarle alle crescenti esigenza di competitività economica, promuovendo altresì l'adeguamento dei rapporti sociali agli obiettivi della classe dominante, sia perchè rappresenta la formazione ideologica che più facilmente riesce a "inebetire" la coscienza di classe delle masse lavoratrici.
    Il riformismo in quanto "agente borghese" penetra nella "classe operaia", disarmandola ideologicamente, e questo è ritenuto tanto più nocivo e pericoloso per la causa della "emancipazione dei lavoratori" quanto più le forze riformiste si collocano alla testa del movimento operaio organizzato "ufficiale".
    Fin qui si potrebbe dire che il "comunismo combattente" non propone ne' promuove nulla di nuovo rispetto al comunismo moderno delle origini (leniniano), sorto dalla "spinta propulsiva" della rivoluzione bolscevica.
    Nella prima fase della direzione staliniana del Komintern fu promossa, come è noto, la teoria del "socialfascismo" secondo la quale, nella sostanza, le forze socialiste e socialdemocratiche avevano oggettivamente un ruolo "controrivoluzionario" paragonabile a quello di Hitler e Mussolini.
    La fazione bordighiana della sinistra comunista italiana, che ebbe un ruolo egemonico nella formazione del PCd'I nel 1921, sostenne sempre una posizione di durissima e settaria contrapposizione non solo verso il riformismo ma anche verso ogni "cedimento" ideologico rispetto alla purezza rivoluzionaria del marxismo.
    Nessuno tuttavia aveva mai pensato che la lotta contro il riformismo si potesse combattere attraverso amazzamenti terroristici di suoi esponenti.
    Questo non appartiene affatto alla tradizione rivoluzionaria, neppura delle formazioni più settarie del comunismo storico.
    Ma questo ci riporta al fatto che i comunisti combattenti ritengono volontaristicamente di incidere nei processi storici attraverso le loro azioni di "guerra di classe", tanto "destrutturando" il campo avversario quando stimolando la "coscienza di classe" ovvero...favorendo situazioni per le quali si rendano sempre meno sostenibili i "pregiudizi opportunistici" dei "traditori" del movimento operaio.
    Al tempo stesso sembrano voler imporre una sorta di "giustizialismo" rivoluzionario secondo il quale l'esecuzione di un personaggio che opera per favorire, ad esempio, la "ristrutturazione imperialistica del mercato del lavoro", erodendo persino le conquiste storiche del precedente riformismo, debba essere punito con la violenza più barbara. Questo non soltanto per scoraggiare altri dall'intraprendere la medesima strada ("colpiscine uno per educarne cento"), ma per indicare alle "avanguardie" più coscienze del proletariato la via della guerra di classe come via anche di immediato riscatto, anche attraverso azioni esemplari di "giustizia proletaria".
    Questi ultimi elementi rappresentano senza dubbio un punto di discontinuità con l'impostazione classica dell'estremismo rivoluzionario, e un salto di qualità verso il delirio criminale e omicida.

    Saluti liberali.

  3. #3
    SENATORE di POL
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    Predefinito Terrorismo e Revisionismo

    Tra i nemici principali del comunismo più estremistico, fin dalla fine degli anni 70 fu individuata la direzione politica del Partito Comunista Italiano. La critica al "revisionismo del PCI" ha, nell'estrema sinistra marxista, diverse fonti:
    a) la sinistra comunista antistalinista di matrice bordighista, che considera fin dagli anni trenta il PCI un partito oggettivamente "antirivoluzionario", legato all'URSS di Stalin in cui era in corso una feroce controrivoluzione;
    b) la sinistra comunista trotzkysta per la quale il PCI era, sempre almeno dagli anni trenta, un "partito operaio burocraticamente degenerato" e stalinista, così come l'URSS era uno "Stato operaio burocraticamente degenerato";
    c) i gruppi marxisti-leninisti anti-togliattiani che durante la Resistenza Armata avevano duramente criticato la politica "Ciellenista" del PCI e la sua rinuncia a trasformare da subito la lotta antifascista in lotta per il comunismo;
    d) i gruppi marxisti-leninisti che non accettarono il krhushovismo e l'abbandono formale dello stalinismo da parte dell'URSS e del PCI, ritenendo questo come un tradimento "revisionistico"
    e) i gruppi marxisti-leninisti-maoisti che saldandosi con l'ideologia neo-stalinista di quelli precedenti faranno riferimento alla CINA di Mao come alla nuova guida rivoluzionaria internazionale del comunismo, laddove l'URSS era ormai ritenuta una potenza "socialimperialista";
    f) i gruppi operaisti e radicali che criticavano l'abitudine inveterata della dirigenza del PCI alla politica riformatrice e legalitaria, pensando che il lavoro nelle istituzioni e la formazione delle burocrazie d'apparato, tanto nel partito che nel sindacato, avessero snaturato e "imborghesito" il partito nominalmente comunista, la cui natura sociale prevalente era del resto sempre meno operaia e sempre più "inquinata" dai ceti medi e dalla loro ideologia opportunista e gradualista;
    g) i gruppi spontaneisti che riterranno superata la vecchia politica di partito facendo appello alla spontaneità rivoluzionaria delle masse, e alle forme politiche dalle stesse generate che devono sostituire le organizzazioni sclerotizzate tradizionali.

    Non tutti i dirigenti del PCI erano messi sullo stesso piano, nei confronti della sinistra ingraiana e di quella vetero-leninista secchiana ci saranno tentativi di dialogo.....e la rottura degli igraiani dissidenti de "il Manifesto" con il partito poteva in un primo momento alimentare le speranze di una ricomposizione delle forze rivoluzionarie. Speranze ben presto deluse.


    Il comunismo combattente ha radicalizzato la critica al PCI comune all'estrema sinistra extraparlamentare, in tutte le sue tendenze, inserendo la variante dell'intervento nel processo determinato dalle sue strategie politiche.

    Quando dopo il GOlpe Cileno Enrico Berlinguer lancerà la strategia del compromesso storico, inziando il processo di revisione "euro-comunista" dell'ideologia del partito, pur nella continuità dell'impianto togliattiano profondo, l'ultrasinistra risponderà che la lezione del Cile non additava la necessità di una unità interclassista delle "forze popolari", bensì l'inevitabilità della via armata e rivoluzionaria al socialismo.

    La linea di Berlinguer era perciò considerata un'accelerazione del processo di trasformazione del Partito Comunista Italiano in un partito apertamente socialdemocratico, riformista e occidentalizzato. Tanto più che erano crescenti le critiche provenienti dalla dirigenza berlingueriana del PCI verso l'Unione Sovietica e i paesi del blocco socialista, Cina maoista compresa.

    Con la crisi petrolifera e il successivo avvio dei giganteschi processi di ristrutturazione del capitalismo internazionale, e di quello italiano innanzi tutto, il PCI e il sindacato collaterale inaugurarono una politica riformatrice "della moderazione", della "responsabilità" e "dell'austerità", in cui si tendeva a dimostrare concretamente l'indispendabilità della partecipazione delle organizzazioni del movimento operaio alla gestione della crisi e quindi, necessariamente, al governo del paese.

    Non solo, dopo un iniziale indecisione, sempre più apertamente la linea politica del PCI fu portata da Berlinguer al rifiuto dell'estremismo e, ancor più, del terrorismo criminale di sinistra.
    L'emergenza della crisi economica e quella del terrorismo indussero il PCI a proporre una nuova "ciellenista" politica di unità nazionale, che sfociò nell'ingresso progressivo del partito nell'area di governo, fino al governo delle astensioni e fino all'appoggio esterno al gabinetto Andreotti.

    Il comunismo combattente non poteva non ritenere questo processo come il principale nemico ed ostacolo per la "guerra di classe" e per la prospettiva rivoluzionaria dell'abbattimento dello Stato Imperialistico delle Multinazionali.

    Un partito nato rivoluzionario che diventava "complice" dei processi di ristrutturazione del capitalismo, un partito e un sindacato che offrivano al padronato "moderazione salariale", aumento dei ritmi e della produttività...in cambio di "sedie" nelle amministrazioni, e in prospettiva.....nel governo, era ormai sicuramente da considerarsi, una formazione politica di "traditori" di classe, comunista a parole e borghese e controrivoluzionaria nei fatti.

    Fermare questo processo divenne dunque uno degli obiettivi stategici principali per le formazioni comuniste combattenti.

    Cordiali saluti.

  4. #4
    SENATORE di POL
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    Predefinito Terrorismo e ideologia rivoluzionaria

    Terrorismo ed ideologia rivoluzionaria
    La concezione marxista-leninista dello Stato individua questo ultimo come il prodotto dell'antagonismo insanabile delle classi, come organizzazione della classe socialmente ed economicamente dominante che per mezzo suo si propone anche come classe POLITICMENTE dominante, ed infine, in regime capitalistico, come "comitato d'affari" della borghesia e come "capitalista collettivo ideale".
    Questa dottrina rivoluzionaria sullo Stato giunge alla conclusione che "il proletariato non può ne' infrangere ne' modificare il sistema dei rapporti capitalistici di produzione, da cui deriva il suo sfruttamento, senza l'abbattimento violento del potere borgehse" (tesi n° 3 del Programma del Partito Comunista Italiano, livorno 1921), e che "tra la società capitalistica e quella comunista vige il periodo della trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra, la cui forma politica può essere soltanto la dittatura rivoluzionaria del proletariato" (Marx).
    Anche la forma rappresentativa e democratica dello Stato, fondata sulle "libertà borghesi" e sul "suffragio universale" non sfugge a questa concezione. Per Lenin la "repubblica democratica è il migliore involucro politico possibile per il capitalismo" (Stato e Rivoluzione) e "un paradiso per i ricchi e una trappola ed un inganno per i poveri e gli sfruttati" (Il rinnegato Kautsky), e per Gramsci "ogni Stato è una Dittatura", per cui la democrazia borghese è una forma "della dittatura del capitale".
    Per non dire del Bordiga per il quale non è neppure lecita la tattica leniniana dell'utilizzo rivoluzionario della tribuna parlamentare borghese nell'ambito della "combinazione del lavoro legale e quello illegale", secondo gli insegnamenti della maggioranza dell'Internazionale Comunista diretta dai bolscevichi.
    Il terrorismo comunista tuttavia, pur partendo da questi presupposti giunge a analisi e concezioni strategiche e tattiche non solo "più esasperate", non solo "più violente", non solo senz'altro criminali, ma protese a una diversa visione della funzione dello Stato nel processo moderno di riproduzione dei rapporti sociali capitalistici nell'epoca dell'Imperialismo.
    Nella sostanza per il terrorismo la natura di classe della democrazia borghese, nell'epoca dell'imperialismo, si è addirittura accentuata, e non esistono possibilità di utilizzarne gli spazi politici per politiche rivoluzionarie tese a spostare a vantaggio della classe proletaria gli equilibri, in attesa del colpo di mano finale dell'insurrezione rivoluzionaria nell'epoca della "crisi finale" del capitalismo.
    La democrazia imperialista è un demone che manifesta capacità di concentrazione della violenza e della repressione tanto più pericolose per la classe operaia tanto più sono mascherate da parvenze di libertà politica e di legalità.
    La legalità dello Stato borghese è infatti una "legalità di classe" che si rivolge sempre e comunqe a protezione dello sfruttamento e dell'imperialismo e contro le lotte di classe proletarie e contro le forze rivoluzionarie.
    Contro lo Stato democratico borghese sono pertanto leciti gli strumenti di lotta armata che altrimenti si ritenevano giustificate, da parte non solo dei marxisti, contro le tirannidi fasciste.
    Il deliro terrorista non distingue quindi tra potere democratico e dittatura fascista. La democrazia imperialista è una democrazia repressiva, violenta e "fascistizzata", in cui le fazioni in lotta sono tutte espressioni degli interessi borghesi, e rappresentano soltanto diverse frazioni sociali della classe dominante e diversi interessi particolari comunque subordinati a quello generale del capitalismo imperialistico.
    Dei riformisti e dei "comunisti ufficiali" abbiamo già parlato, e abbiamo visto che per i terroristi ultracomunista sono soltanto "agenti borghesi" nel movimento operaio e traditori di classe. Dunque non vi è motivo per no ritenerli dei bersagli, anzi, in certe circostanze sono i bersagli privilegiati.
    Per certi versi il terrorismo preferisce i governi della destra autoritaria, in quanto attraverso questi la classe operaia può più facilmente rendersi conto del fatto che lo Stato democratico "è un nemico da abbattere".
    La concezione criminale della lotta armata del comunismo combattente giunge, come visto, a colpire individui inermi in quanto rappresentanti e simboli del "potere di classe" della borghesia imperialistica.
    Contro il terrorismo non ci possono essere distinzioni di schieramento fra destra, centro e sinistra, anche perchè il terrorismo azzera da parte sua queste differenze ed è pronto a colpire spietatamente chiunque, con lo scopo ultimo di abbattere lo Stato democratico per distruggere il capitalismo e darci la schiavitù comunista.

    Saluti liberali.


  5. #5
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    Predefinito Domande sul terrorismo

    In che senso il terrorismo rosso interviene o pretende di intervenire nei processi e nei cicli delle lotte di classe? In che modo i flussi e riflussi dei conflitti sociali e i "climi" che i medesimi generano favoriscono o inibiscono la lotta armata terroristica?
    E, infine, in che modo un clima sociale particolarmente teso e la diffusione di posizioni massimalistiche ed estremistiche in strati crescenti della popolazione possono favorire il reclutamento di nuove generazioni di terroristi o di .....forze collegate con il terrorismo?
    Non è facile rispondere a queste domande, anche perchè le risposte credo che debbano variare a seconda delle varie fasi storiche.
    In altre parole il 2002 non è il 1969, non esistono più le condizioni economio-sociali e politiche di quegli anni, e la stessa composizione sociale dell'Italia e dell'occidente è profondamente mutata, così come sono cambiate le fabbriche.
    Cercherò di affrontare comunque questi temi, per quanto sinteticamente, nei prossimi giorni, servendomi dell'analisi delle ideologie e dei processi sociali per poter abbozzare alcune seppur provvisorie e problematiche risposte.

    Cordiali saluti

  6. #6
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    Predefinito Lotta e Guerra di Classe

    Come ho già detto in un precente post vi è una divergenza di fondo fra concezione marxista-leninista classica del partito e del suo ruolo nel portare al movimento operaio la coscienza politica "socialista" nel corso delle lotte sociali, e quella del comunismo combattente. Il partito combattente è sempre più un esercito, un'organizzazione militare e sempre meno un organismo politico che interviene nella politica quotidiana.
    La strategia della "guerra di classe" promossa dai vari fautori della lotta armata, siano essi "militarsti" o "movimentisti" deve tuttavia tenere conto del "contesto" e della fase delle lotte di classe e di quello che oggi si usa chiamare..."il clima sociale".
    Il presupposto della scelta della lotta armata è però quello secondo il quale,ormai, non esistono altri concreti terreni di lotta, per il proletariato, che quelli connessi con l'esercizio della violenza di classe, di cui la lotta armata è il necessario punto d'approdo. Per il comunismo combattente il moderno imperialismo è caratterizzato dall'estrema violenza dei rapporti sociali e dalla brutalità della borghesia, che si dimostra in tutti i suoi effetti nei paesi del terzo e quarto mondo, mentre è appena mascherata, nelle metropoli imperialistiche dalla finzione della democrazia formale borghese, e dalla corruzione sistematica degli strati superiori della classe sfruttata e della sua rappresentanza ufficiale, politica e sindacale.
    L'azione terroristica è reputata pertanto quale l'unica espressione genuina della straegia rivoluzionia e dell'attività progandistica del partito armato.
    Colpire "il cuore dello Stato" non significa soltanto eliminare coloro che garantiscono alle istituzioni il migliore funzionamento e la capacità di adattamento alle esigenze della classe dominante , significa anche indicare nemici, obiettivi e rendere possibile l'epifania della realtà concreta dello sfruttamento capitalistico e del depredamento imperialistico. La lotta armata produce, secondo il deliro ideologico dei terroristi, una crescita della coscienza di classe, e surroga in questo in modo imponente le normali e quotidiane lotte politiche e sindacali del movimebto operaio, altrimenti condannate al piccolo cabotaggio e al riformismo, ossia al costante e progressivo cedimento nei confronti del Capitale.
    Tutto questo non significa che le contraddizioni del capitalismo non producano spontaneamente lotte sociali dure. Queste però vengono contenute e deviate dal riformismo, e nella fase "putrescente" e tarda dell'imperialismo, nell'epoca della globalizzazione, sono necessariamente lotte "difensive" e "conservative" nei confronti dell'offensiva della classe dominante che, giorno per giorno, erode le concessioni che fu costretta a fare in precedenti fasi della storia del conflitto internazionale fra capitale e lavoro.
    Dunque per il comunismo combattente, anche nell'immediato, l'espressione normale di una lotta di classe proficua contro il capitalismo imperialistico e il suo Stato risulta essere senza alternative possibili.....la lotta armata.
    Quando i terroristi parlano di avanzata o riflusso delle lotte rivoluzionarie, di necessità di organizzare l'offensiva o la "ritirata strategica", si riferiscono perciò non solo e non tanto ai conflitti sociali reali che si verificano nella politica concreta e nelle "relazioni industriali" fra le parti sociali, ma appunto alle fasi di organizzazione ed attuazione della lotta armata.
    Nella visione allucinata dei comunisti combattenti la lotta di classe è dunque ormai sostanzialmente GUERRA di classe, scontro militare, che inizia ad attuarsi con azioni dimostrative e con l'eliminazione di obiettivi che per il ruolo che ricoprono possano rappresentare dei "gangli vitali" dell'organizzazione nemica.
    Il fatto che vengano uccisi uomini non famosissimi, che ricoprono ruoli defilati (rispetto alla grande opinione pubblica) ma comunque importantissimi non deve ingannare.
    Il comunismo combattente indica gli obiettivi con l'azione armata, e del resto colpisce quegli obiettivi la cui eliminazione può essere in grado di contribuire a disarticolare la politica della borghesia imperialistica, offrendo alla classe operaia, inoltre, la dimostrazione concreta della natura "reazionaria" e "imperialistica" del riformismo, che è sempre più incondizionatamente un'arma della borghesia rapace.
    L'analisi brigatista sulla fase "neo-corporativa" della politica "controrivoluzionaria" delle classi dominanti, vuole vedere nel sindacato non solo un organismo che tende naturalmente ad essere "reazionario" (già Lenin, come è noto ai conoscitori del marxismo, la pensava così), ma che nelle politiche di concertazione (e di "pompieraggio" verso le lotte spontanee dei lavoratori e le loro istanze profonde), diventa di fatto - seppur in modo extra/istituzionale - parte integrante di quello "Stato Imperialista delle Multinazionali" che è compito dei combattenti comunisti "colpire al cuore".
    Quegli uomini che per le loro funzioni svolgono il ruolo di "intermediazione" e "proposta" nel dialogo neo-corporativo fra le "parti sociali" e le istituzioni borghesi sono, in questa fase della "guerra di classe" condotta dai criminali brigatisti, obiettivi particolarmente importanti, soprattutto se rivelano intelligenza e capacità propositiva per le vie da intrapredere, da parte del governo e della classe dominante, per adeguare le istituzione e i quadri normativi alle esigenze della competitività capitalistica e dello sfruttamento imperialistico.


    ....continua....


    Cordiali saluti.

  7. #7
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    Predefinito Lotta e Guerra di Classe

    ....continuazione...

    Da tutto ciò si potrbbe ricavare la falsa convinzione che nel loro delirio "rivoluzionario" i terroristi non abbiano rapporti e/o non cerchino di averne con i movimenti sociali e le loro dinamiche, che non cerchino collegamenti con le formazioni e i militanti che in detti movimenti assumono spontaneamente le posizioni più estreme e politicamente più "mature" dal punto di vista eversivo.
    Non significa neppure che il comunismo combattente rinunci ad infiltrare le organizzazioni "nemiche", sia a fini asserviti agli obiettivii "militari" che, laddove dette organizzazioni abbiano una buona presenza nel proletariato, allo scopo di un sotterraneo lavoro politico di "propaganda rivoluzionaria" e di reclutamento in strutture politiche parallele ai nuclei combattenti, in una sorta di stazioni di transito in grado di fornire il necessario supporto logistico ai combattenti e di formare politicamente le nuove leve di terroristi.
    E' in questa area che la correlazione fra radicalizzazione del conflitto sociale e crescita della simpatia verso le posizioni terroristiche diventa probabile e può determinare l'espansione e il radicamento del comunismo combattente a dispetto dei tentativi di..."isolarlo".
    La barriera fra il radicalismo massimalistico delle frage più estreme delle formazioni tradizionali della sinistra e del movimento operaio sindacale è non solo ideologica ma anche morale. Tuttavia una concezione della realtà del capitalismo imperiastico tesa alla sua demonizzazione, secondo schemi vetero-marxisti, contornati da denunce moraleggianti portate ad individuare un pretesa natura intrinsecamente violenta e criminale della società borghese in quanto tale, permette, accanto alle analisi della natura dello Stato e dei suoi apparati, al comunismo combattente di penetrare la suddetta barriera.
    La mitologia dell'esisteza di un "doppio Stato" permanente, autore e ispiratore di ogni nefandezza, e la rappresentazione delle forze dell'ordine come apparati intrinsecamente "reazionari" ....costituisce uno dei possibili canali di comunicazione fra massimalismo, estremismo e terreno di cultura del terrorismo.
    Per converso nel campo delle forze terroristiche, o decisamente fiancheggiatrici del terrorismo rosso, la varietà delle tattiche messe in campo è più ampia di quanto non si possa sospettare. Il gruppo di "Iniziativa Comunista", ad esempio, se sono vere le ipotesi della magistratura, combina in modo interessante, per dirla con Lenin...il "lavoro illegale" della lotta armata, con quello "legale" della presentazione di liste locali alle elezioni degli "organi rappresentativi borghesi".
    La comunanza della maggior parte del patrimonio ideologico e della maggior parte delle analisi sui rapporti economico-sociali esistenti e sulla loro evoluzione, non implica automaticamente una complicità politica fra estremismo radicale di sinistra e terrorismo rosso.
    E' però da rilevare quello che in tempi e modi diversi hanno detto tanto l'ulivista Massimo Cacciari, quanto l'ex fiancheggiatore del terrorismo e teorico della viiolenza proletaria Oreste Scalzone: se si è davvero convinti che in Italia sta risorgedo il regime fascista ad opera di un governo di squadristi e di farabutti, bisogna essere conseguenti, impugnare le armi e....salire in montagna. Chi sostiene seriamente una simile premessa o "analisi" catastrofica, e ce ne sono non pochi, anche fra i cosiddetti intellettuali, è stato definito cretino da Cacciari in un'intervista tv del febbraio 2002.
    Da parte sua Oreste Scalzone ha detto, dopo l'omicidio Biagi, che per trarre le conseguenze ineludibili di certe rappresentazioni della politica italiana....bisogna "avere le palle" e non solo la lingua.
    Insomma, per essere dei catttivi maestri, a certi propagatori di odio.. non manca tanto il furore ideologico quanto la consequenzialità del proprio pensiero e fra il proprio dire e il proprio fare.
    La tesi della fascistizzazione strisciante dello Stato democratico era infatti ben conosciuta nella vecchia ultrasinistra violenta di trenta anni fa.

    continua....

  8. #8
    SENATORE di POL
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    Predefinito Lotta e Guerra di Classe

    La penetrazione del comunismo combattente nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, negli atenei, era riuscita benino alle formazioni terroristiche di trenta anni fa. Intendiamoci, non sono mai riuscite a raccogliere consensi apprezzabili, ma una minoranza, non inconsistente, di "militanti" operai e studenti... hanno a diversi livelli espresso consenso, o addirittura collaborazione, se non direttamente con i gruppi armati, almeno con le loro "strutture di massa" fiancheggiatrici.
    La lotta armata inoltre non era e non è l'unica forma di "violenza di classe" teorizzata dalle formazioni del comunismo combattente.
    L'intimidazione e la violenza verso i "capetti", i "capi reparto", i "quadri", in quanto "strumento della disciplina capitalistica" nei luoghi di lavoro fu largamente praticata. Pestaggi, minacce, piccoli attentati contro la proprietà di questi "servi del capitale" erano all'ordine del giorno in molti grandi complessi industriali nella prima metà degli anni settanta. E anche il sabotaggio della produzione, il neo-luddismo, fu teorizzato, predicato e praticato dalla "sinistra di classe" più vicina alle formazioni del comunismo combattente.
    "Autonomia Operaia Organizzata" teorizzava appunto questo tipo di "lotta di classe", che implicava necessariamente l'utilizzo della violenza, vista "l'intrinseca crescente violenza presente nei rapporti di produzione capitalistici". Non mancavano anche soluzioni più "pacifiche". Qualcuno teorizzò che se tutti i lavoratori del mondo industrializzato capitalistico, per un mese di fila anzichè andare a lavorare fossero andati....a spiaggia, l'imperialismo capitalistico sarebbe....caduto sa solo!
    Infatti l'assenteismo cronico fu teorizzato da "intellettuali" neo-marxisti dell'area dell'autonomia operaia, quale idoneo strumento della lotta contro il capitale, accanto alle forme di violenza sopra descritte.
    Violenza e illegalità (ricordiamoci che "la legalità è borghese") erano dunque mezzi leciti per condurre la guerra ai padroni e allao Stato Imperialistico delle Multinazionali. L'assassinio politico e gli attentati terroristici, inclusi gli espropri di autofinanziamento, facevano parte del più alto livello dello "scontro di classe".
    Oggi in gran parte la situazione del mondo di lavoro è cambiata, profondamente cambiate sono le fabbriche, tuttavia non è da escludersi affatto che simili fenomeni, seppur "aggiornati" ai nostri tempi possano tentare di riprodursi.
    Sicuramente il fronte "di lotta" oggi si sposta di più sul fronte "internazionale" della "guerra di classe alla globalizzazione neo-liberale" e alla "ristrutturazione produttiva del capitalismo imperialistico" con la "erosione dei diritti e dei livelli di vita conquistati dalla classe operaia delle metropoli imperialistiche".

    continua...

  9. #9
    Ospite

    Question

    ti scrivi e ti rispondi da solo.che gioco è, ex trozkysta ora liberal-conservatore?

    potremmo mettere la pena di morte per i comunisti.cosa ne pensi?

  10. #10
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    Predefinito

    originally posted by...Cicciolino:

    ...potremmo mettere la pena di morte per i comunisti...cosa ne pensi?...

    Caro il mio Cicciolino
    devi sapere che il nostro moderatore, sua signoria Pierfrancesco, è un poco in difficoltà quando deve fornire una risposta che non si trova nell'enciclopedia di marxismo-leninismo che consultava da giovane, e quindi mi proverò a rispondere io al tuo interessante quesito.

    Se devo essere sincero non penso sia nè utile nè indispensabile introdurre la pena di morte da noi, sia pure applicata ai soli comunisti. Del resto il signore qui sotto rappresentato ha saputo risolvere assai bene il problema dei comunisti nel suo Paese senza dover introdurre la pena di morte, della quale i Cileni, animati da forti e radicati sentimenti cattolici, molto probabilmente non avrebbero compreso la necessità.



    cordiali saluti!...

    --------------

    Nobis ardua

    Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

 

 
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