User Tag List

Risultati da 1 a 9 di 9
  1. #1
    Hanno assassinato Calipari
    Data Registrazione
    09 Mar 2002
    Località
    "Il programma YURI il programma"
    Messaggi
    69,193
     Likes dati
    0
     Like avuti
    4
    Mentioned
    1 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Art 18, un salto di qualità per le piccole imprese

    Art. 18, un salto di qualità per le piccole imprese

    Una battaglia contro la devastazione dei diritti
    Per un attimo, dopo la notizia che quattro referendum su sei erano stati cassati, la sensazione che si fosse compiuto uno scippo si era fatta molto forte. Leggeremo le motivazioni ma l'idea che abbiano voluto impedire il dispiegarsi di una iniziativa complessa, che poneva le basi per un progetto di società alternativo, fondato sui diritti del lavoro, dell'ambiente, della scuola, non è proprio peregrina. Solo un attimo, però: poi è rapidamente cresciuta la consapevolezza che, comunque, siamo di fronte ad una opportunità straordinaria per dare uno sbocco reale, concreto, tangibile, alle lotte di questi ultimi tempi. Le lotte della Fiom, gli scioperi generali, Genova, Firenze.

    Si: il referendum sull'estensione dell'articolo 18 rappresenta la base per una riarticolazione degli obiettivi per un altro mondo possibile. E ciò è vero in quanto rappresenta l'unico argine oggi possibile contro la totale devastazione dei diritti del lavoro. Una devastazione che si manifesta sia sulla restaurazione della libertà di licenziamento che nei contenuti della famigerata Legge delega sul mercato del lavoro che, tra le tante nefandezze, contiene pure il ricorso al lavoro interinale per i disabili: una vera regressione di civiltà.

    Il referendum come nuova piattaforma sulla quale riedificare una architettura di diritti alternativi alla legge della giungla. Infatti esiste un legame intimo, fortissimo, tra diritti del lavoro e diritti universali di cittadinanza e di tutela: non è dato "in natura" godere dei primi, se i secondi sono cancellati, e viceversa. E sono ottimista. E' vero, sarà difficilissimo vincere ma possiamo farcela anche perchè sarà sempre più chiaro il discrimine politico, culturale, sociale, economico, dato da questo referendum e tutti saranno chiamato a sciegliere, con rigore e trasparenza, superando le ambiguità ed i cerchiobottismi di questi tempi. Anche la Cgil non potrà glissare. Anche il correntone Ds non potrà glissare. E penso che pure Sergio Cofferati, come ha già fatto sulla guerra (prima ha sostenuto la guerra contro la ex Jugoslavja definendola una "contingente necessità"), possa cambiare opinione schierandosi a favore del referendum. Quando, trentatre anni fa, è nato lo Statuto dei Lavoratori il peso della piccola e piccolissima impresa era incommensurabilmente più basso di oggi. Si ragionava sostanzialmente, e quasi esclusivamente, di lavoro artigiano nel senso proprio del termine (falegnami, fabbri, idraulici, tapezzieri…). Oggi non è più così: soprattutto in Italia e soprattutto nel falsamente mitico Nordest.


    Laboratorio Nordest

    Mentre le grandi economie mantenevano e rafforzavano il ruolo delle grandi imprese, trasformando addirittura le multinazionali in enormi Trans National Coorporate, mantenendo una forte capacità di investimento sulla ricerca e la innovazione di prodotto e, per questa via, affermando una totale egemonia su tutti i processi economici planetari, da noi - in Italia e nel Nordest - hanno scelto la strada della innovazione di processo, disarticolando, scomponendo, polverizzando il ciclo produttivo. E l'innovazione di processo, il decentramento, ha realizzato una riduzione dei costi che è rimasto l'unico "fattore di competitività" del sistema economico italiano ed anche nordestino, la riduzione dei costi, a partire da quello del lavoro. Il lavoro a tempo indeterminato è un costo, e allora vai con la precarietà diffusa, la sicurezza è un costo, lo stato sociale è un costo e allora via con la privatizzazione di tutto. Si sono moltiplicate le imprese (ed è nata una casta di borhesia industriale in troppi casi culturalmente rasoterra) ed oggi, queste, sono talmente piccole da essere tra le meno capitalizzate d'Europa, non in grado di sviluppare investimenti su ricerca e nuovi prodotti, e rappresentano, oggi, non tutte ma moltissime, il primo circuito del decentramento della grande industria, non solo di quella centroeuropea. Ciò che intendo dire è che la "filiera del valore" è unica; l'azienda madre, molto spesso una multinazionale estera, detiene il potere (i capitali, i brevetti), decide quali tecnologie usare, i costi di produzione per unità di prodotto e, molto spesso obbliga al rapporto di monofornitura. E così molti di quella "casta di imprenditori culturalmente rasoterra" si ritrovano ad essere esclusivamente dei "contoterzisti". Cosa accomuna tutto questo ragionamento al referendum sulla estensione dell'articolo 18?


    L'estensione dei diritti

    Oggi questo modello ha raggiunto un limite quantitativo non superabile, a partire dalla insostenibilità della occupazione del territorio ormai totalmente devastato. Oggi, se si vuole mantenere un trend di sviluppo accettabile, si deve piegare la quantità verso la qualità; qualità della ricerca, dell'innovazione, ma anche qualità del lavoro: e questa non è data solo dalla formazione ma, anche e soprattutto, dai diritti del lavoro. Il modello veneto (un insieme di sottosistemi) deve riorientarsi. Per farlo deve riappropiarsi della filiera del valore delle aziende. Per riappropiarsi della filiera del valore deve riaggregarsi: "piccolo è bello ma grande è meraviglioso" sosteneva un noto economista significando il grande decide e orienta, mentre il piccolo, al massimo, può ritagliarsi degli spazi negli interstizi del sistema. L'estensione dell'articolo 18 non solo rende giustizia, realizza realmente un diritto (che se non è di tutti non è) ritornando allo spirito originario della legge che non poteva prevedere, trentatré anni fa, l'esplosione - anche strumentale - della piccolissima impresa, rende i lavoratori realmente dei cittadini e non dei soggetti dimezzati nei loro diritti. Paradossalmente, l'estensione dell'articolo 18, riduce la convenienza a rimpicciolire le aziende, obbliga gli imprenditori ad essere "meno pigri" cercando la competitività nella qualità e non nella precarietà, può aumentare la propensione a riaggregare le aziende e, per questa via, a riqualificare un modello economico che avrà certamente arricchito qualcuno ma ha pure devastato l'ambiente, ridotto i diritti, sviluppato un egoismo senza freni che sta compromettendo anche le coscienze come è dimostrato dalle derive razziste, xenofobe, che attraversano il Veneto. E' allora per davvero una bella cosa, questo referendum. Una cosa alta che può scompaginare e riaggregare, che può ridare speranza in tutti quelli che, ad esempio a Firenze, hanno sostenuto che un altro mondo è possibile e per realizzarlo si deve ripartire dalla dignità degli esseri umani. E non c'è dignità possibile se i diritti vengono negati.

  2. #2
    Hanno assassinato Calipari
    Data Registrazione
    09 Mar 2002
    Località
    "Il programma YURI il programma"
    Messaggi
    69,193
     Likes dati
    0
     Like avuti
    4
    Mentioned
    1 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Senza il 18 immigrati indifesi

    Piccole aziende del nord. Per non pagare i contributi,
    gli imprenditori licenziano centinaia di lavoratori in
    attesa del permesso di soggiorno

    ANTONIO SCIOTTO

    Articolo 18 nelle piccole aziende? Sicuramente
    potrebbe difendere dalle ingiustizie centinaia di
    immigrati in via di regolarizzazione che lavorano nel
    ricco nord, e che dopo diversi anni di sfruttamento al
    nero stanno avendo il ben servito dai loro
    «padroncini» spazientiti dalle lungaggini della
    Bossi-Fini. La nostra storia si svolge a Reggio
    Emilia, ma è facile immaginare che certi meccanismi
    non si limitino a una sola provincia. Imprese
    edilizie, ristoranti, alberghi, industrie
    metalmeccaniche che si mantengono sotto la soglia dei
    15 dipendenti, ma dove lavorano in realtà anche 20 o
    più persone. Il meccanismo è semplice: assumo 12
    dipendenti italiani, e prendo 8 immigrati in nero.
    Tanti vantaggi, dato che produco e guadagno come
    un'azienda con 20 persone, e nessuno svantaggio: i
    regolari non hanno la tutela della giusta causa, agli
    irregolari non pago i contributi e lavorano solo
    quando mi fa comodo. La Bossi-Fini dovrebbe fare
    giustizia (secondo il governo) ma l'inghippo sta
    proprio qui: senza l'articolo 18, gli immigrati privi
    di permesso di soggiorno non hanno modo di farla
    valere. A denunciare i gravi problemi che stanno
    affrontando gli extracomunitari è Amabile Carretti,
    della segreteria Cgil di Reggio Emilia: «Nella
    provincia hanno fatto domanda di regolarizzazione 8
    mila immigrati, ma dall'inizio dell'anno si sono
    rivolte a noi già oltre cento persone che i datori di
    lavoro hanno deciso di licenziare prima ancora che
    ottengano il permesso di soggiorno. Il pretesto
    addotto dagli imprenditori è la lentezza della
    prefettura: al ritmo attuale di circa 20 permessi a
    settimana, l'ultimo immigrato dovrebbe essere
    regolarizzato tra due anni e mezzo. E il sindacato, da
    parte sua, può difficilmente far valere i diritti dei
    lavoratori perché pur essendo ormai inquadrati a tutti
    gli effetti come dipendenti non possono godere
    dell'articolo 18». Una volta presentata la domanda,
    infatti bisogna subito emettere la busta paga, versare
    i contributi a Inail e Inps, applicare il contratto di
    categoria: unico particolare, gli extracomunitari non
    possono firmare un contratto finché non hanno un
    permesso di soggiorno, e dunque non figurano nel
    conteggio dei dipendenti della ditta. Questo vuol dire
    che anche gli imprenditori che hanno firmato
    l'autodenuncia possono da un giorno all'altro
    licenziarli e decidere a loro piacimento se
    presentarsi o meno in prefettura quando verranno
    chiamati per la conferma.

    Succede così che proprio in questa fase di
    transizione, quando i lavoratori immigrati sono già
    riconosciuti dallo Stato perché versano i contributi,
    per un altro verso siano ricattabili. Chokri
    Abdelkabir, dell'ufficio immigrati Cgil reggiano,
    spiega che molti imprenditori, una volta riconosciuta
    la busta paga al lavoratore, in realtà gliene
    consegnano mezza, vendicandosi così della
    regolarizzazione cui sono stati controvoglia
    costretti: «Chi ha in busta paga mille euro, spesso ne
    prende solo 500: l'imprenditore tiene l'altra metà per
    sé, per il pagamento dei contributi e per l'alloggio
    che offre loro. E gli immigrati non possono fare
    nulla, perché se parlano rischiano non solo il
    licenziamento, ma anche che il padrone dell'azienda
    non li accompagni al momento della regolarizzazione».

    Eppure la voglia di difendersi c'è. Carretti racconta
    che negli ultimi 5 giorni concessi per la consegna dei
    kit Bossi-Fini, quando il governo ha finalmente
    concesso agli extracomunitari di denunciare i datori
    di lavoro che non volevano firmare, davanti alla Cgil
    si è formata una fila lunghissima, e al sindacato
    hanno dovuto fare gli straordinari: «Abbiamo tenuto
    aperto anche sabato e domenica». «L'articolo 18
    sarebbe fondamentale per questi lavoratori - aggiunge
    la sindacalista - Basti pensare che nelle aziende
    sopra i 15 dipendenti gli imprenditori non si sognano
    neppure di licenziare dopo aver presentato
    l'autodenuncia. Sanno benissimo che il sindacato
    pertirebbe subito con un procedimento legale. Diverso
    è per le piccole aziende, dove gli imprenditori, pochi
    giorni dopo aver compilato il kit, lasciano a casa
    lavoratori che sono stati con loro anche per due o tre
    anni, e ne cercano altri in nero. Noi stiamo
    considerando l'ipotesi di costituirci parte civile,
    per poter costringere perlomeno i datori di lavoro a
    presentarsi in prefettura». «Dopo tanti anni di
    sfruttamento, questi lavoratori avrebbero diritto
    almeno al permesso di soggiorno - conclude Abdelkabir
    - Chi ha perso il lavoro, ma ha avuto il tempo di far
    presentare l'autodenuncia al titolare, ha diritto a un
    permesso di 6 mesi, durante i quali deve trovare un
    impiego regolare, altrimenti sarà espulso. Ma prima
    della convocazione in prefettura, cosa farà per
    vivere? L'unica strada che gli verrà offerta sarà un
    nuovo impiego in nero».

  3. #3
    Hanno assassinato Calipari
    Data Registrazione
    09 Mar 2002
    Località
    "Il programma YURI il programma"
    Messaggi
    69,193
     Likes dati
    0
     Like avuti
    4
    Mentioned
    1 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    «Ti licenzioperché sei biondo»

    Nel far west delle micro imprese puoi perdere il
    lavoro per un capriccio del titolare. Storie di
    ordinaria ingiustizia dall'Italia dei «senza articolo
    18»

    AN. SCI.

    Quando lavori in una piccola azienda ci pensi due
    volte prima di rivendicare i tuoi diritti. E se metti
    di mezzo il sindacato? Apriti cielo. Il padrone potrà
    vendicarsi anche solo due giorni dopo la chiusura
    della vertenza: sei licenziato. Tanto, al massimo
    dovrà pagarti 6 mensilità di risarcimento, il tetto
    più alto previsto dalla legge 108/90, quella che
    tutela i lavoratori di imprese sotto i 15 dipendenti.
    Seppure poco protetti, comunque, gli addetti di bar,
    negozi, piccole aziende metalmeccaniche hanno comunque
    una dignità da difendere - e più di un bisogno
    materiale da soddisfare - e dunque non esitano ad
    affollare le sale del sindacato per chiedere consigli,
    informarsi sui propri diritti, fare causa ai titolari.
    Ne sa qualcosa Michele Di Bari, coordinatore uffici
    vertenze Cgil di Torino, oltre 3800 casi trattati nel
    2002, il 70% dei quali nel far west delle piccole
    imprese. «I lavoratori sono ricattabili - spiega Di
    Bari - perché sulla loro testa pende sempre la spada
    di Damocle del licenziamento. La busta paga di un
    addetto di una piccola azienda è spesso una giungla:
    nessun rispetto delle paghe contrattuali, scatti di
    anzianità non ricevuti, trasferte non riconosciute,
    mancati riposi e straordinari non retribuiti. C'è chi
    rimane al primo livello per 4-5 anni. Il primo
    consiglio che diamo è di segnare tutti gli abusi su un
    quaderno, perché non essendoci prescrizione, ci si può
    rivalere anche 10-15 anni dopo. Molti preferiscono
    dunque cambiare lavoro prima di fare causa». E di
    abusi da segnare sul quadernetto ce ne sarebbero
    centinaia, basta ascoltare qualcuna delle storie che
    quotidianamente vengono portate all'attenzione della
    Cgil.

    «Di recente - racconta Di Bari - è venuto da noi un
    lavoratore extracomunitario assunto da poco in una
    piccola azienda edile. Contratto regolare, era già in
    possesso del permesso di soggiorno. I problemi sono
    sorti quando, dopo aver ricevuto per parecchi mesi la
    retribuzione, il lavoratore ha chiesto di avere anche
    la busta paga, fino ad allora mai consegnata. Gli era
    necessaria per rinnovare il permesso di soggiorno. Ha
    protestato più volte, e alla fine è stato licenziato.
    Il motivo? L'azienda è "in crisi", ha scritto il
    titolare. D'altra parte, anche se avesse scritto "non
    ci piace perché non ha gli occhi azzurri", o "perché
    si è fatto biondo", poco sarebbe cambiato. Non è
    previsto il reintegro, e le 6 mensilità di
    risarcimento massimo vengono concesse dal giudice solo
    quando il lavoratore ha una lunga anzianità
    nell'impresa e se l'azienda è vicina alla soglia dei
    15 dipendenti».

    In molti casi si preferisce andare al patteggio - lo
    stesso titolare risparmia le spese legali - o conviene
    di più fare causa per altri motivi. «E' accaduto con
    un lavoratore licenziato a soli due anni dalla
    pensione. Lavorava in una ditta di manutenzione di
    macchinari, ed essendo anziano non ce la faceva più a
    reggere il lavoro che spesso il titolare gli imponeva
    di fare anche il sabato e la domenica. Licenziato
    anche lui: pure in questo caso, colpa di una presunta
    "crisi". A questo punto abbiamo fatto causa per i
    mancati riposi: la cifra era più alta del risarcimento
    che avrebbe ottenuto per il licenziamento». Un altro
    lavoratore è stato licenziato per aver partecipato
    allo sciopero generale di novembre: il telegramma con
    la notizia del licenziamento gli è arrivato nello
    stesso giorno, nel primo pomeriggio. In questo caso
    gli veniva contestato di «arrivare spesso in ritardo»,
    anche se fino a quel momento l'impresa non aveva mai
    mandato nessuna lettera disciplinare. E proprio il
    giorno dello sciopero qualcuno si è ricordato
    improvvisamente delle sue negligenze.

  4. #4
    brescianofobo
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Località
    Bergamo, Italy
    Messaggi
    138,547
     Likes dati
    3,197
     Like avuti
    12,876
    Mentioned
    2496 Post(s)
    Tagged
    7 Thread(s)
    Inserzioni Blog
    1

    Predefinito

    Insomma, il mondo dei barbieri e dei baristi è pieno di aguzzini che licenziano per puro sadismo l'indifeso lavoratore e tirano fuori allegramente 6 mesi di stipendio per risarcirlo, tanto cosa volete che sia per un barbiere 10 milioni, in confronto al divertimento.

  5. #5
    Forumista storico
    Data Registrazione
    16 Apr 2009
    Località
    vicino Roma
    Messaggi
    30,163
     Likes dati
    1,248
     Like avuti
    3,744
    Mentioned
    181 Post(s)
    Tagged
    1 Thread(s)
    Inserzioni Blog
    1

    Predefinito

    [i]Originally posted by brunik
    Insomma, il mondo dei barbieri e dei baristi è pieno di aguzzini che licenziano per puro sadismo l'indifeso lavoratore e tirano fuori allegramente 6 mesi di stipendio per risarcirlo, tanto cosa volete che sia per un barbiere 10 milioni, in confronto al divertimento.
    Ma se il barbiere ti fa lavorare anche nelle festività e non tele le paga, se non ti paga il giusto, se ti tratta male, cosa fai?
    Protesti? Se hai delle rate da pagare od un mutuo o una famiglia sulle spalle sottostai o protesti?

    Suvvia Brunik! Ti stai schierando in modo sbagliato.

    Se il barbiere od il barista è una persona onesta non ha paura del reintegro del dipendente, che avviene solo se non ci sono delle ragioni valide per il licenziamento.
    Se sono onesti non licenzieranno mai un loro dipendente senza una ragione valida, per puro capriccio o ripicche! Lo dici anche te!
    Per cui il problema non sussiste!

  6. #6
    ITALIANO ROZZO
    Data Registrazione
    28 Oct 2002
    Località
    Cecina (Li)
    Messaggi
    1,147
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    1 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Originally posted by brunik
    Insomma, il mondo dei barbieri e dei baristi è pieno di aguzzini che licenziano per puro sadismo l'indifeso lavoratore e tirano fuori allegramente 6 mesi di stipendio per risarcirlo, tanto cosa volete che sia per un barbiere 10 milioni, in confronto al divertimento.
    Come sarebbe bello se il centrosinistra ti assomigliasse in toto, Brunik!

    Ma se alle prossime elezioni l'ulivo si presenta assieme a rifondazione, tu che fai?

  7. #7
    Registered User
    Data Registrazione
    21 May 2002
    Messaggi
    2,191
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Queste cose sono piccolezze.

    Conosco una proprietaria di un bar-paninoteca che ha licenziato il cuoco perchè non gli credeva che era rimasto a casa perchè si sentiva male. E, per fargli capire che non la si può prendere pel culo, non gli ha pagato l'ultimo mese di lavoro.
    Il poveretto era un marocchino in nero, e non ha potuto farci niente.
    Tra reintegro o risarcimento la differenza è la stessa. Il punto è che a nessuno frega niente dei più deboli: quelli che non hanno NESSUNA protezione.
    Il governo ha fatto la sanatoria per i lavoratori in nero? Per me la cosa dovrebbe funzionare così:
    3 mesi per mettere in regola i lavoratori in nero.
    3 mesi di controlli, con multe di 500.000 di Euro per ogni dipendente in nero non ancora regolarizzato. Pubblicizzazione dei casi in cui le ditte vengono chiuse. (Colpirne 1 per educarne 1000)
    di nuovo 3 mesi per mettere in regola chi è ancora in nero
    3 mesi di controlli, con multe di 1 milione di Euro per ogni dipendente in nero...
    e così via....

    Saluti, GP

  8. #8
    Roderigo
    Ospite

    Predefinito

    Originally posted by brunik
    Insomma, il mondo dei barbieri e dei baristi è pieno di aguzzini che licenziano per puro sadismo l'indifeso lavoratore e tirano fuori allegramente 6 mesi di stipendio per risarcirlo, tanto cosa volete che sia per un barbiere 10 milioni, in confronto al divertimento.
    No, infatti non ha motivo di aver paura dell'articolo 18.
    D'altra parte, stabilire un codice della strada, non significa affermare che tutti gli automobilisti sono ubriaconi.

    R.

  9. #9
    Hanno assassinato Calipari
    Data Registrazione
    09 Mar 2002
    Località
    "Il programma YURI il programma"
    Messaggi
    69,193
     Likes dati
    0
     Like avuti
    4
    Mentioned
    1 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Originally posted by GionataPacor
    Queste cose sono piccolezze.

    Conosco una proprietaria di un bar-paninoteca che ha licenziato il cuoco perchè non gli credeva che era rimasto a casa perchè si sentiva male. E, per fargli capire che non la si può prendere pel culo, non gli ha pagato l'ultimo mese di lavoro.
    Il poveretto era un marocchino in nero, e non ha potuto farci niente.
    Tra reintegro o risarcimento la differenza è la stessa. Il punto è che a nessuno frega niente dei più deboli: quelli che non hanno NESSUNA protezione.
    Il governo ha fatto la sanatoria per i lavoratori in nero? Per me la cosa dovrebbe funzionare così:
    3 mesi per mettere in regola i lavoratori in nero.
    3 mesi di controlli, con multe di 500.000 di Euro per ogni dipendente in nero non ancora regolarizzato. Pubblicizzazione dei casi in cui le ditte vengono chiuse. (Colpirne 1 per educarne 1000)
    di nuovo 3 mesi per mettere in regola chi è ancora in nero
    3 mesi di controlli, con multe di 1 milione di Euro per ogni dipendente in nero...
    e così via....

    Saluti, GP
    Sei il solito comunista che vuol farci invadere dagli islamici per avere i loro voti, poi fanno + figli di noi e ci islamizzano!!!



























    Come cambiano i tempi!

 

 

Discussioni Simili

  1. Salto di qualitá nella politica italiana
    Di Abdullah nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 1
    Ultimo Messaggio: 29-12-10, 11:04
  2. Il salto di qualità della lega
    Di jotsecondo nel forum Padania!
    Risposte: 2
    Ultimo Messaggio: 02-11-09, 19:03
  3. Finiscono gli ammortizzatori, crisi verso il salto di qualità
    Di Imperium nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 25
    Ultimo Messaggio: 19-08-09, 18:28
  4. chi sarebbe pronto al salto di qualita?
    Di "Il Ventennio" nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 36
    Ultimo Messaggio: 23-01-09, 08:54
  5. Salto di qualità nelle rivolte dei sobborgi parigini!
    Di Roberto Mime nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 07-11-05, 10:49

Tag per Questa Discussione

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito