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    Predefinito Lomborg, l'ambientalista scettico

    Che ne pensate di questo personaggio in controtendenza?
    Come mai i catastrofisti non lo prendono in considerazione?

    Dallo speciale di Ideazione a lui dedicato:

    Tutta la verità, nient'altro che la verità
    di Andrea Mancia

    "The Skekptical Environmentalist", scritto dal danese Bjørn Lomborg per la Cambridge University Press (e di prossima pubblicazione in Italia), non sembra - a prima vista - un libro capace di accendere le passioni e spaccare in due la comunità scientifica. Questo libro di quasi 500 pagine pieno di numeri, grafici (162) e note bibliografiche accuratissime (2900) è invece riuscito dove pamphlet propagandistici costruiti con ben altre pretese avevano miseramente fallito. E ha finalmente gettato un po' di luce su quella "grande truffa" della litania ambientalista che inquina, ormai da decenni, il nostro pianeta.

    Lomborg - professore associato di statistica, ecologista, ex attivista di Greenpeace, vegetariano e vicino (per sua stessa ammissione) alle idee della sinistra scandinava - è diventato un "ambientalista scettico" quasi per caso, soggiogato dalla forza dei fatti e dal potere persuasivo dei numeri. Era partito per dimostrare che la Terra era moribonda, insomma, e si è ritrovato a raccontare una storia del tutto diversa, fatta di una malattia in avanzato stadio di guarigione e di una pletora di medici pronti a giurare il falso pur di ottenere qualche finanziamento in più. Una storia triste, senza dubbio, ma molto meno tragica di quanto la lobby internazionale degli scienziati-verdi abbia voluto farci credere negli ultimi anni, anche grazie alla criminale complicità di un poderoso network massmediatico.

    "The Skekptical Environmentalist" parte dalle stesse fonti utilizzate dalle Cassandre egologiste per gridare al disastro imminente, ma le analizza con rigore scientifico-matematico da una prospettiva di lungo periodo. E bastano poche pagine per accorgersi della differenza: sulla deforestazione, la fame nel mondo, l'inquinamento dell'aria, le specie animali in via d'estinzione... Perfino il Sacro Testo del Protocollo di Kyoto finisce per essere ridimensionato dalla fredda analisi di Lomborg che, in punta di penna e senza alzare la voce, si sbarazza di una serie infinita di petulanti luoghi comuni travestiti da para-scienza.

    Naturale, dunque, che il Gotha ecologista si sia sentito toccato, nel profondo, dal lavoro del ricercatore danese. Ma la reazione scomposta degli ambientalisti è andata oltre, dimostrando una violenza ed un'arroganza dimenticate dai tempi della Terza Internazionale. "Scientific American", che ormai da tempo è diventata una Bibbia dei pasdaran verdi, ha dedicato un numero speciale alla distruzione sistematica del libro di Lomborg, non andando oltre - per la verità - ad una meschina raccolta di insulti gratuiti. Anche Greenpace, WWF e Worldwatch Institute si sono lanciati in una serie impressionante di attacchi che molto spesso sono scivolati nel campo delle offese personali. Quasi nessuno, invece, ha avuto il coraggio di affrontare Lomborg sul suo campo, quello dell'analisi statistica dei dati. E questo è un vero peccato, perché la scienza avrebbe bisogno di discussione e confronto tra idee per progredire. Al contrario, l'isteria e la demonizzazione dell'avversario o di chi, semplicemente, la pensa in maniera diversa, servono soltanto a chi - in perfetta malafede - ha bisogno di continuare a coltivare il proprio orticello moribondo (o presunto tale). Ma tutto questo con la scienza e la ricerca della "verità" non ha nulla a che fare.

    ---------------------------------

    “Non è colpa dei ricercatori, ma di chi divulga la Litania"
    intervista a Bjørn Lomborg di Carlo Stagnaro

    Ha appena 36 anni, Bjørn Lomborg, ma già è una delle persone più discusse sulla faccia della terra. Docente di statistica presso l’Università di Aarhus (Danimarca), egli è l’autore del libro che ha fatto rodere il fegato a tutti gli ambientalisti del mondo: “The Skeptical Environmentalist”, edito nell’estate del 2001 da Cambridge University Press e giunto già alla sesta ristampa – e di prossimo arrivo in Italia per Mondadori. Tale volume è una raccolta di dati, crudi numeri e studi effettuati dai più accreditati enti di ricerca (dall’Organizzazione mondiale della sanità alle varie branche dell’ONU, fino alle più prestigiose università). Gli stessi dati di cui dispongono gli ambientalisti, dunque. Lomborg, però, mostra come le cose stiano assai meglio di quanto ci venga abitualmente detto. La maggior parte delle politiche ambientali, inoltre, rappresentano – secondo l’autore – altrettante ingiustificate e inefficaci occasioni di sperpero del denaro pubblico. Se si focalizza l’attenzione sull’ambiente, infatti, la si distoglie dall’uomo; si perdono di vista i grandi problemi che, in ultima analisi, possono essere riassunti in una sola parola: povertà. La vera via da percorrere, allora, è quella dello sviluppo e della sperimentazione, non quella della paura e dell’ostilità verso la scienza. Se lo dice Lomborg, ambientalista sì (ha alle spalle anche una militanza in Greenpeace), però scettico, bisogna crederlo.

    Professor Lomborg, cosa significa essere un “ambientalista scettico”?

    Significa che io sono un ambientalista, perché – come la maggior parte della gente – mi preoccupo per la nostra Terra e per la salute e il benessere delle generazioni a venire. Ma sono anche scettico, poiché me ne preoccupo abbastanza da non voler agire sulla base di semplici miti, ottimisti o pessimisti che siano. Al contrario, gli uomini dovrebbero utilizzare le informazioni più accurate di cui dispongono per perseguire, tutti insieme, l’obiettivo comune di rendere migliore il domani.

    Lei ha definito le tendenze pessimistiche come “la Litania”. Ha qualcosa da aggiungere?

    La Litania ha pervaso il dibattito così profondamente e così a lungo, che affermazioni chiaramente false possono essere dette e ripetute, senza alcun riferimento preciso, e ciò nonostante essere prese per buone. Questa non è la conseguenza del fallimento della ricerca accademica sui problemi ambientali, che anzi è bilanciata e competente. Piuttosto, ci troviamo di fronte alla disfatta della divulgazione delle conoscenze ambientali, che tocca insistentemente la corda delle nostre credenze fatalistiche.

    In effetti, quello ambientalista viene presentato abitualmente come un punto di vista oggettivo. Lei non la pensa così?

    Diciamo le cose come stanno. Quanto peggio viene ritratto lo stato di salute dell’ambiente, tanto più facile è per gli ambientalisti convincerci a spendere denaro su di esso anziché in ospedali, asili, eccetera. E, per favore, tenga presente che io ero fino a poco tempo fa il tipico uomo di sinistra, tranquillo e impegnato. Se me lo avesse chiesto nel 1980, non avrei mai potuto immaginare che, ai giorni nostri, non vi sarebbe stato alcun pericolo di esaurimento delle risorse. Allora partecipavo a manifestazioni e cortei, ma solo a quelli: non facevo nulla di illegale, insomma. Sono troppo provinciale e accademico per questo genere di cose.

    Mi scusi, professore, davvero lei pensa che non stiamo esaurendo le nostre risorse?

    Certamente. I dati mostrano che il cibo probabilmente continuerà a diventare più economico e meno scarso e che saremo in grado di nutrire un numero sempre maggiore di persone. Le foreste non sono scomparse, anzi. L’acqua è una risorsa abbondante e rinnovabile, sebbene possa essere localmente scarsa (in parte poiché non è stata considerata prima una risorsa limitata e di valore). Non sembra esservi alcun serio problema per quanto riguarda le risorse non rinnovabili, come l’energia e le materie prime. In particolare, il nostro consumo di energia non ha un limite superiore, né nel breve né nel lungo termine.

    In ogni caso, vi è chi dice che dovremmo comunque riciclare le materie: in caso contrario, arriverà un giorno in cui non sapremo più dove mettere i rifiuti. Pensa che dobbiamo pagare questo prezzo?

    La credenza sottesa a gran parte delle argomentazioni a favore del riciclaggio è che stiamo esaurendo le risorse. Si tratta, questo, di un esempio spettacolare in cui i vecchi ambientalisti, molto semplicemente, avevano sbagliato. Ma molte persone ancora ne sono convinte. Il riciclaggio talvolta ha senso, ma non dovremmo prenderlo per un dogma di fede. Non stiamo esaurendo le risorse e non stiamo esaurendo lo spazio per stoccare i rifiuti. Anche se gli Stati Uniti aumentassero la loro produzione di spazzatura pro capite del 15 per cento all’anno e raddoppiassero la loro popolazione, l’intera produzione di rifiuti del ventunesimo secolo potrebbe essere sistemata in un cumulo alto una trentina di metri su una superficie a base quadrata di 28 Km di lato. Rispetto all’intero Nord America, si tratta di un’estensione irrisoria: un puntino sulla carta geografica degli USA. Trovare un sito per stoccare i rifiuti è una questione politica – nessuno li vuole nel proprio cortile. Ma non è un problema di spazio.

    Se le cose stanno come dice lei, dovremmo sentirci davvero bene…

    Sarebbe irrealistico dire che tutto stia migliorando. Ma dobbiamo sviluppare la capacità di costruire una scala di priorità. Per esempio, il livello di inquinanti sta diminuendo rapidamente nei paesi industrializzati. L’aria di Londra è oggi più pulita di quanto lo sia mai stata fin dal 1585. Il londinese medio stava nel passato molto peggio di oggi.

    Quindi, lei non pensa che noi dovremmo investire in politiche che, si suppone, possano aiutare il Terzo Mondo. Cosa pensa, per esempio, del protocollo di Kyoto?

    Penso che potremmo aiutare il Terzo Mondo assai di più facendo altre cose, per esempio fornendo loro acqua potabile e servizi sanitari. Con la spesa di 200 miliardi – che è il costo di Kyoto per un solo anno – potremmo garantire acqua potabile a chiunque e per sempre. Questo salverebbe ogni anno due milioni di persone dalla morte e mezzo miliardo di persone da una grave malattia. In ogni caso, il fatto è che, per quel che riguarda tutti i nostri problemi principali, gli uomini, in media, sono più ricchi, godono di una migliore salute, hanno una più lunga aspettativa di vita e si nutrono meglio che in qualunque altro momento nella storia dell’umanità. Tra vent’anni, ci volteremo indietro e ci meraviglieremo di esserci preoccupati così tanto. L’ambientalismo non sarà più una forma di religione, ma semplice buonsenso.

    Lei è giovane quanto famoso – alcuni si sono innamorati del suo lavoro, altri la vedono come l’Anticristo. Come ci si sente in queste condizioni?

    Essere famosi non è bello, ma è bello essere nel giusto.

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    Il vero ambientalismo è la crescita economica
    di Stefano Da Empoli

    Finalmente anche i pro-global hanno trovato la loro Naomi Klein. Bjørn Lomborg è giovane e di bell’aspetto, è disinvolto con la lingua inglese ma, Dio sia lodato, non proviene dal paese più odiato del mondo (gli USA, naturalmente) bensì dalla discreta Danimarca, la nazione che ha il primato di aiuti al Terzo Mondo (rispetto al prodotto interno lordo). Insomma, una bella svolta per uno schieramento percepito fino all’altro ieri come polveroso e retrò. Soltanto che Bjørn Lomborg avrebbe il diritto di querelarci qualora lanciassimo un simile paragone. Mentre Naomi Klein scorrazzava piacevolmente per il mondo, Lomborg lavorava sodo in biblioteca. Risultato: il suo bestseller internazionale “The Skeptical Environmentalist” contiene quasi tremila note e settanta pagine di bibliografia. Dati che la dicono lunga sulla serietà di Lomborg, statistico di professione dell’Università di Aarhus.

    Al di là di qualsiasi giudizio sui contenuti, il libro merita alcune osservazioni metodologiche. Le sue tesi anti-conformiste (in sintesi, la terra non sta male come si dice) non sono una novità assoluta. Molti economisti si erano cimentati sugli stessi argomenti, arrivando a conclusioni simili. Quel che impressiona è la ricchezza di dati e l’agilità con la quale Lomborg li domina. Il check-up della salute del pianeta è completo: si passa dalla prosperità al cibo, dai pesticidi alla spazzatura, dall’energia al surriscaldamento terrestre. Il bilancio è sostanzialmente positivo: contrariamente a quanto sostiene l’affollato club dei catastrofisti la terra non è mai stata bene come oggi. Questo non vuol dire, sostiene Lomborg, che ci si debba sedere sui risultati acquisiti. Ricordandosi, però, che l’ottimo è nemico del bene. Qualsiasi misura pro-ambiente deve passare attraverso una seria analisi costi-benefici. Analisi che boccia inesorabilmente il Protocollo di Kyoto, che, a fronte di una diminuzione poco più che infinitesimale della temperatura del globo, metterebbe a rischio il nostro benessere economico. Del quale forse noi occidentali ci possiamo tutto sommato disinteressare. Non così il Terzo Mondo, per il quale un punto di crescita in più degli scambi mondiali significano milioni di poveri in meno (nonché di vite salvate).

    Il nemico principale del libro di Lomborg, attivista pentito di Greenpeace, sembra essere proprio l’elitarismo di sinistra che, sotto le simpatiche vesti del movimento ambientalista e no-global, se ne infischia delle sorti dei più poveri del pianeta. Invocando, in assenza di prove scientifiche a sostegno delle tesi ambientaliste, il principio di precauzione, secondo il quale dovremmo adottare tutte le cosiddette misure “ecocompatibili” per semplice cautela. Il problema è che la cautela costa. Peraltro in modo selettivo. Chi sta avanti può permetterselo, chi sta indietro no. La migliore precauzione, conclude Lomborg, è la crescita economica, il più possibile libera da lacci e lacciuoli ambientalisti e no-global.

    ------------------------------------

    Cassandre ecologiste in fuga
    di Nicola Iannello

    Nel 1980 due studiosi che si confrontavano in un dibattito sulle pagine della “Social Science Quarterly” fecero una scommessa sui prezzi di cinque metalli: da lì a dieci anni sarebbero aumentati o diminuiti? Non si trattava di una sfida economica ma ecologica; infatti il prezzo è il principale indicatore della scarsità o abbondanza di una risorsa. Per Julian Simon tutti i metalli del paniere (cromo, rame, nichel, stagno e tungsteno) sarebbero diventati meno cari, ovvero più abbondanti; per Paul Ehrlich sarebbe accaduto il contrario. Nel 1990 il primo vinse la scommessa. Il nome di Simon – professore di economia all’Università del Maryland, morto nel 1998 – ha rappresentato per lungo tempo lo spauracchio del catastrofismo ecologista, dell’ambientalismo anti-capitalista e statalista. Proprio per questo, un professore universitario di statistica, danese, militante di Greenpeace, tempo fa si prese la briga di studiare le opere di Simon con lo scopo di confutarle. Ma come ben sa la Chiesa, è pericoloso leggere testi eretici. Infatti Bjørn Lomborg è diventato un eretico, e da quando il suo “The Skeptical Environmentalist” è uscito l’anno scorso, la “chiesa” ecologista grida “al rogo” (basti vedere il comico avviso ai giornalisti diffuso su internet da WWF e World Resources Institute, in cui si avvertono i recensori della pericolosità del libro). Basandosi sulle stesse fonti statistiche cui attingono gli ambientalisti di maniera, il professore danese ribalta i luoghi comuni più diffusi: la disponibilità di risorse non diminuisce ma aumenta, gli effetti negativi del “riscaldamento globale” sono ben lungi dall’esser dimostrati, la qualità dell’aria migliora invece di peggiorare, ecc...

    Un libro pieno di numeri questo “ecologista scettico” che adotta il punto di vista più proficuo per gli economisti avveduti, quel lungo periodo così disprezzato da Keynes. Da questo angolo di osservazione – che non si lascia confondere da temporanee crisi di panico – si può constatare come l’umanità non se la passi poi così male; i problemi certo non mancano – nessun osservatore serio nega l’inquinamento nei paesi industrializzati, le carestie in quelli poveri, la desertificazione di vaste aree del pianeta – ma vanno compresi con categorie concettuali scientifiche. L’economia ci insegna a non restare alla superficie delle cose; le risorse naturali significano qualcosa solo perché c’è l’uomo a dar loro valore (il petrolio prima della scoperta del suo uso per produrre energia, per le popolazioni arabe era un inquinante dei pozzi d’acqua). Non a caso l’opera più famosa di Julian Simon si intitola “The Ultimate Resource”, che potremmo tradurre con la “risorsa fondamentale”, dove questa risorsa è appunto l’uomo.

    Il libro di Lomborg si inserisce nella tradizione economica liberale che ha contribuito a spazzar via le cassandre ecologiste. Ricordiamo che quest’anno ricorre il trentennale della pubblicazione dello sciagurato “The Limits to Growth”, il rapporto per il Club di Roma di Donella e Dennis Meadows, Jorgen Randers e William W. Behrens (“I limiti dello sviluppo”, Mondadori, 1972). L’opera conteneva la quintessenza del catastrofismo anti-capitalista: “Nell’ipotesi che l’attuale linea di sviluppo continui inalterata nei cinque settori fondamentali (popolazione, industrializzazione, inquinamento, produzione di alimenti, consumo delle risorse naturali) l’umanità è destinata a raggiungere i limiti naturali dello sviluppo entro i prossimi cento anni. Il risultato più probabile sarà un improvviso, incontrollabile declino del livello di popolazione e del sistema industriale”.

    La scienza economica ci fornisce un altro esempio di teoria applicata a un caso storico. Il premio Nobel Friederich von Hayek racconta di come nell’immediato dopo guerra si voleva far fronte a una forte scarsità di rame sul mercato mondiale, dove il prezzo schizzò alle stelle; alle Nazioni Unite si pensò di razionarlo, ma per fortuna la misura non venne adottata e il mercato – ovvero le persone che fanno scelte – trovò la soluzione. L’alto prezzo del metallo non solo incoraggiò un uso più parsimonioso e il riciclo, non solo rese convenienti investimenti per la ricerca di nuovi filoni e miniere, ma incentivò a trovare sostituti. Il risultato fu una maggior disponibilità di rame (il cui prezzo infatti nel lungo periodo è calato) e l’invenzione delle fibre ottiche. Lo stesso si potrebbe dire del petrolio, spesso portato a esempio dai catastrofisti che dimenticano come il prezzo al consumo sia artificiosamente tenuto alto da un cartello di stati. Questo l’economia e il libro di Lomborg ci insegnano. L’ambiente – per parafrasare Clémenceau – è una cosa troppo seria per lasciarlo nelle mani degli ambientalisti. Chi ha a cuore il futuro del pianeta deve contribuire a spezzare il monopolio degli ecologisti nella cultura e nella politica ambientale.

  2. #2
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    Sai se è quello che hanno intervistato ad Excalibur?

  3. #3
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    Sì, certo che è lui.
    Infatti ho apprezzato molto Socci per il coraggio di mostrare al grande pubblico un opera storica.
    Avrai visto come anche lì gli ambientalisti lo abbiano deriso, senza neanche provare a confutare le sue teorie.
    Gli si rinfaccia di privilegiare sempre, in caso di dati discordanti, il più ottimistico. La critica inversa si potrebbe rivolgere agli ambientalisti stessi, se è per questo, ma sarebbe politicamente scorretto.
    I nuovi dei (la natura e lo stato) è vietato contestarli, e il miglior modo per evitare contestazioni è far credere che l'Apocalisse sia imminente.

  4. #4
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    Imminente o meno (più probabilmente la seconda) comunque la stiamo preparando, e di sicuro stiamo peggiorando le condizioni dell'ecosistema. Nascondersi, peraltro maldestramente, dietro a un dito come fa Lomborg cosa risolve?

  5. #5
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    Lomborg va preso sul serio finchè qualcuno non dimostra che ha torto.
    Senza affidarsi all'"evidenza", please, che è una tattica vincente (vedi truffa del fumo passivo) ma scorretta.

  6. #6
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    In effetti Lomborg cita dati dell'Onu...e i catastrofisti presenti in studio (primo tra tutti un sorprendente Tozzi) Ex-cathedra sono riusciti solamente a sentenziare "non è uno scienziato specialista della materia!"...che pena

  7. #7
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    Originally posted by ARI6
    Lomborg va preso sul serio finchè qualcuno non dimostra che ha torto.
    Lo stesso dicasi degli ambientalisti. Il giorno che qualcuno mi dimostrerà che il danno ambientale che stiamo provocando è sostenibile (in base a quali criteri poi, lo sa solo Dio, se c'è) mi ricrederò.
    Ma poi a che servono ste querelle? Quale sarebbe il ruolo di questo Lomborg? E quello degli ambientalisti? Le attività umane saranno sempre condizionate dalle ragioni dell'economia, gli ambientalisti parlano a vuoto (chiedono un braccio per ottenere un dito, e alla fine non avranno neppure quello), e i personaggi stile Lomborg servono solo a placare le coscienze di chi si fa qualche scrupolo ma sta troppo comodo nell'attuale situazione per voler cambiare qualcosa.

  8. #8
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    Originally posted by Schopenhauer
    Lo stesso dicasi degli ambientalisti. Il giorno che qualcuno mi dimostrerà che il danno ambientale che stiamo provocando è sostenibile (in base a quali criteri poi, lo sa solo Dio, se c'è) mi ricrederò.
    Lomborg lo ha fatto. Almeno così dicono coloro che quel libro lo hanno letto. Io finchè non uscirà in italiano, non avrò il piacere...

    Ma poi a che servono ste querelle? Quale sarebbe il ruolo di questo Lomborg? E quello degli ambientalisti? Le attività umane saranno sempre condizionate dalle ragioni dell'economia, gli ambientalisti parlano a vuoto (chiedono un braccio per ottenere un dito, e alla fine non avranno neppure quello), e i personaggi stile Lomborg servono solo a placare le coscienze di chi si fa qualche scrupolo ma sta troppo comodo nell'attuale situazione per voler cambiare qualcosa.
    Mi sembri come i no-global, che accusano l'occidente di aver ceduto al capitalismo, quando in realtà l'unica tragedia è la mancanza di capitalismo libero dalle ingerenze statali.
    Gli ambientalisti parlano a vuoto? e di colossali sese inutili tipo il protocollo di Kioto che mi dici?
    I "personaggi stile Lomborg" servono a dimostrare l'efficacia (in un mondo che ragiona solo in termini utilitaristici è essenziale) dell'ecologia di mercato e la mancanza di motivazioni alla base del collettivismo ambientalista. Non servono a placare le coscienze, ma a scacciare le superstizioni!

  9. #9
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    Originally posted by ARI6

    Lomborg lo ha fatto. Almeno così dicono coloro che quel libro lo hanno letto. Io finchè non uscirà in italiano, non avrò il piacere...
    Mi sembri come i no-global...
    Lo stesso vale per me. Quando uscirà, però, avrò solo il piacere di leggere migliaia di grafici e statistiche che non posso verificare. L'unica cosa che posso verificare è l'incompatibilità dell'ambiente umano con quello naturale. Dove c'è l'uomo l'ambiente è modificato in maniera più o meno evidente, fino all'estremo nei centri urbani.
    La logica del: "le risorse naturali significano qualcosa solo perché c’è l’uomo a dar loro valore" mi da sinceramente fastidio, ma a dire questo vengo liquidato come misantropo tanto dai global quanto dai no-global.

    ... l'unica tragedia è la mancanza di capitalismo libero dalle ingerenze statali.
    Vabbè, questa è la tua opinione, che conosco.

    Gli ambientalisti parlano a vuoto? e di colossali sese inutili tipo il protocollo di Kioto che mi dici?
    Che ti devo dire? Che se certi argomenti sono stati discussi significa che molta gente, autorevole, ha fatto sentire la propria voce. Il che mi porta più che altro ad essere scettico (non prevenuto però!) nei confronti di Lomborg che può essere un genio, ma anche uno che cavalca la tendenza del momento facendo leva sul suo punto forte, la statistica. (un sacco di gente non aspettava altro che parole rassicuranti contro il catastrofismo degli ambientalisti più estremi).

  10. #10
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    Originally posted by Schopenhauer
    Lo stesso vale per me. Quando uscirà, però, avrò solo il piacere di leggere migliaia di grafici e statistiche che non posso verificare.
    E perchè non puoi?

    L'unica cosa che posso verificare è l'incompatibilità dell'ambiente umano con quello naturale. Dove c'è l'uomo l'ambiente è modificato in maniera più o meno evidente, fino all'estremo nei centri urbani.
    E allora? sostenere che la natura debba essere lasciata intatta mi sembra al minimo un fondamentalismo neopagano.
    La si lascia intatta se è un vantaggio per l'uomo, altrimenti a che serve?

    La logica del: "le risorse naturali significano qualcosa solo perché c’è l’uomo a dar loro valore" mi da sinceramente fastidio, ma a dire questo vengo liquidato come misantropo tanto dai global quanto dai no-global.
    In effetti l'ambientalismo ha un senso solo se parte da una visione antropocentrica. Ma, lo ripeto, a meno che non si creda nella dea Natura è più che logico.

    Vabbè, questa è la tua opinione, che conosco.
    Non è solo la mia opinione, se è vero che anche Lomborg col suo lavoro ha evidenziato come l'ecologia di mercato soddisfi anche un criterio di "utilità". E prima di lui molti altri lo hanno fatto, penso ai saggi di Lottieri e Piombini su "Privatizziamo il chiaro di luna".

    Che ti devo dire? Che se certi argomenti sono stati discussi significa che molta gente, autorevole, ha fatto sentire la propria voce. Il che mi porta più che altro ad essere scettico (non prevenuto però!) nei confronti di Lomborg che può essere un genio, ma anche uno che cavalca la tendenza del momento facendo leva sul suo punto forte, la statistica. (un sacco di gente non aspettava altro che parole rassicuranti contro il catastrofismo degli ambientalisti più estremi).
    La statistica sarà anche il suo punto forte, ma i dati sono dati.
    Per quanto il suo lavoro possa risentire delle sue vedute ottimistiche (ma quali poi, dato che prima di intraprenderlo era membro di Greenpeace?) i dati elencati sono reali e verificabili, anche se ottnuti da fonti meno "ortodosse" (laddove ortodossia fa rima con catastrofismo più cupo).

 

 
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Permessi di Scrittura

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