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    Predefinito Teoria e pratica della Dittatura del Proletariato nella storia del comunismo

    Nel suo libro contro il comunismo bolscevico ("Comunismo e Terrorismo"), il teorico marxista della Socialdemocrazia Tedesca e della II Internazionale, il famoso Karl Kautsky, rilevò, circa l'abrogazione, tra tutti gli altri diritti politici e civili negati, della libertà di stampa da parte del governo del Commissari del Popolo, guidato da Lenin e Trotzky : “La giusitificazione di questo sistema poggia esclusivamente sull'ingenua idea che vi sia una verità assoluta e solo i comunisti la posseggano. Tale giustificazione può anche ridursi ad un altro punto di vista che tutti gli scrittori [anticomunisti] siano mantitori nati, e che soltanto i comunisti siano fanatici della verità (..) D'altra parte il governo dei Soviet si è privato esso stesso del solo rimedio contro la corruzione: la libertà di stampa (..) “.
    Dobbiamo dire che il marxista socialdemocratico Kautsky conosceva bene i comunisti.....e la loro pretesa di essere gli unici depositari della verità, nonché la loro insopprimibile tendenza ad jjpojj, dileggiare e denigrare (e una volta saldamente al potere....reprimere) ogni voce anticomunista, foss'anche socialista, foss'anche fondata su presupposti marxistici.
    La struttura ideologica del comunismo moderno è, fin dalle sue origini, indubitabilmente arrogante e intollerante, talmente convinta di possedere il Vero e il Giusto, da non poter concepire le opinioni contrarie se non derivate da biechi interessi o i da gnoranza o addirittura... da inconfessabili tendenze criminali condite con corruzione morale.
    Sebbene Kautsky ( come teorico del “centro” ortodosso marxista della II Internazionale contro il riformismo revisionistico di Bernstein e soci), non fosse stato affatto alieno dall'utilizzo di concetti come “ rivoluzione” e come “dittatura del proletariato”, appartenenti alla teoria marxista e alla tradizione del socialismo radical tedesco, le interpretazione che già dagli inizi del XX secolo dava di questi termini erano estremamente diverse da quelle che saranno parte integrante dell'ortodossia leninista, tanto nelle varianti più democraticiste (trotzkysmo), quanto in quelle più apertamente totalitarie (“marxismo-leninismo” staliniano).

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  2. #2
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    continuazione ...

    Già durante la polemica contro Bernstein nel 1899 Kautsky precisa che la “ dittatura del proletariato è l'utilizzazione del potere di classe del proletariato nel quadro delle libertà democratiche ”. E nel 1911 Kautsky, ancora più esplicitamente, affermerà che il moderno parlamentarismo può essere la base “tanto della dittatura borghese che della dittatura del proletariato”.
    Su fondamenti teorici decisamente più radicali, ma su questi punti non trippo dissimili, persino una rivoluzionaria come Rosa Luxemburg, accuserà Lenin e Trotzky di “soppressione della democrazia” ricordando loro che “ la libertà è pur sempre la libertà di chi la pensa diversamente ”. La Luxemburg si opporrà invano al cambiamento del nome del partito rivoluzionario tedesco in partito comunista e all'edesione del medesimo alla Terza Internazionale, finendo assassinata dalla polizia dopo l'arresto avvenuto nel corso di un tentativo insurrezionale.
    Un altro socialdemocratico di estrema sinistra, tal Otto Bauer (con Renner ed Hilferding e altri, uno dei massimi teorici dell'austromarxismo e dell'Internazionale 2 e mezzo) , affermerà che la concezione comunista (leninista) della dittatura proleraria era fondata sullo stato di estrema arretratezza della società russa, e che la stessa idea marxiana della dittatura rivoluzionaria non era che un residuo borghese, determinato dall'esperienza delle rivoluzioni “giacobine” e “liberali” del XVIII e XIX secolo, e non aveva più alcuna utilità per il socialismo moderno. Pur difendendo la rivoluzione d'ottobre come forma locale della rivoluzione prolateria mondiale, Bauer si contrapporrà al comunsmo e alla Terza Internazionale proprio per il rifiuto dell'uso acritico universale che dell'esperienza bolscevica veniva fatto dai comunisti, che così si separavano, a suo avviso, da una corretta concezione della rivoluzione nelle società sviluppate e democratiche dell'occidente, in cui il valore della democrazia non poteva più essere minimamente messo in questione. Compito del proletariato era semmai quello di allargare e sviluppare ulteriormente la democrazia che era rimasta monca in epoca borghese.
    La concezione della democrazia del giovane Partito Comunista d'Italia, tanto nelle formulazione più idealistiche gramsciane, che nel dottrinarismo materialistico bordighiano, erano strettamente collegate con le formulazioni teoriche del bolscevismo di Lenin, Trotzky , Bucharin e Zinoviev.
    Nell'articolo sull'ORDINE NUOVO del 30 ottobre 1921 dal titolo “Le Masse e i Capi”, ad esempio, Antonio Gramsci così esaltò la dittatura comunista: “ La Dittatura del Partito Comunista non spaventa le masse, perchè le masse comprendono che questa terribile dittatura è la massima garanzia della loro libertà, è la massima garanzia contro i tradimenti e gli imbrogli “[Avevi visto giusto signor Kautsky! : nota di pfb].

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  3. #3
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    Nel marzo 1924 sul quindicinale “Ordine Nuovo”, nell'articolo “Capo”, Antonio Gramsci ritorna sull'argomento : “ Ogni Stato è una dittatura. Ogni Stato non può non avere un governo, costituito da un ristretto numero di uomini, che a loro volta si organizzano intorno a uno dotato di maggiore capacità, e di maggiore chiaroveggenza. Finchè sara' necessario uno Stato, fincheè sarà storicamente necessario governare gli uomini, qualunque sia la classe dominante, si porrà il problema di avere dei capi, di avere un *capo *. (..) Nella quistione della dittatura proletaria il problema essenziale non è quello della personificazione fisica della funzione di comando. Il problema essenziale consiste nella natura dei rapproti che i capi o il capo hanno col Partito della classe operaia, dei rapporti che esistono tra questo partito e la classe operaia: sono essi puramente gerarchici, di tipo militare, o di caratere storico e organico? Il capo, il partito sono elementi della classe operaia, sono una parte della classe operaia, ne rappresentano gli interessi e le aspirazioni più profonde e vitali (...). Il problema diventa quello di tutto lo sviluppo storico della classe operiaia (..) Il problema diventa quello della vitalità del marxismo, del suo essere o non essere la interpretazione più sicura e profonda della natura e della storia, della possibilità che esso alla intuizione geniale dell'uomo politico dia anche un metodo infallibile , uno strumento di estrema precisione per esplorare il futuro, per prevedere gli avvenimenti di massa, per dirigerli e quindi padroneggiarli (..). La dittatura del prolerariato è espansiva, non repressiva [verso la propria classe]. Un continuo movimento si verifica dal basso in alto, un continuo ricambio attraverso tutte le capillarità sociali, una continua circolazione di uomini (..) ”.

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  4. #4
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    Sulla rivista del Partito, “Rassegna Comunista” del 28 febbraio 1922, nel pezzo "Il Principio Democratico” un anonimo articolista, probabilmente il Bordiga, si dilungava nel riassumere i principi fondamentali del comunismo di scuola marxista e leninista nei confronti della democrazia:
    La critica marxista ai postulati della democrazia borghese si fonda infatti sulla definizione dei caratteri della presenta società divisa in classi, e dimostra l'inconsistenza teorica e l'insidia pratica di un sistema che vorrebbe conciliare l'uguaglianza politica con la divisione della società in classi determinate dalla natura del sistema di produzione. La libertà e uguaglianza politica contenute secondo la teoria liberale nel diritto di suffragio non hanno senso se non su una base che contenga disparità di condizioni economiche fondamentali: ecco perchè noi comunisti ne accettiamo l'applicazione nell'interno degli organismi di classe del prolatariato, al cui meccanismo sosteniamo si deve dare un carattere democratico.
    (..) Come un errore dottrinale è sempre alla base di un errore di tattica politica, o né è, se si vuole, la traduzione nel linguaggio della nostra coscienza critica collettica, così un riflesso di tuta la politica e la tattica perniciosa della socialdemocrazia si ha nell'errore di principio che il socialismo ereditu una parte sostanziale del contenuto che la dottrina liberale ha affermato contro quello delle vecchie dottine politiche a base spiritualista. Invece nelle sue prime formulazioni il socialismo marxista distrugge appunto, e non accetta per completarla, tutta la critica che liberlismo democratico aveva edificato contro le aristocrazie e le monarchie assolute dell'antico regime
    (...) La divisione in classi nettamente distinge dai privilegi economici fa sì che il valore di un pronunziato maggioritario perda ogni valore. La nostra critica confuta l'inganno che il mecanismo dello Stato democratico e parlamentare uscito dalle costituzioni liberali moderne sia una organizzazione di tutti i cittadini nell'interesse di tutti i cittadini. Essendovi interessi contrastanti e conflitti di classe non vi è possibile unità di organizzazione, e lo Stato resta malgrado l'esteriore apparenza della sovranità popolare l'organo della classe economicamente superiore e lo strumento della difesa dei suoi interessi (...).
    Chiarito così che il principio di democrazia non ha alcuna virtù intrinseca, e che non vale nulla come principio, essendo piuttosto un semplice meccanismo di organizzazione fondato su una semplice e banale presunzione aritmetica, che i più abbiano ragione e i meno abbiano torto, vediamo se e in quanto questo meccanismo è utile (..).
    Lo Stato proletario, come organizzazione di una classe contro altre classi che devono essere spogliate dai loro privilegi economici, è una forza storica reale che si adatto allo scopo che persegue, ossia alle necessità per cui è nata. Essa potrebbe in dati momenti prendere impulso salle più vaste consultazioni di massa come dalla funzione di ristrettissimi organismi esecutivi muniti di pieni poteri: l'essenziale è che a questa organizzazione di potere proletario si diano i mezzi e le armi per abbattere il privilegio economico borghese e le resistenze politiche e militari borghesi, in modo da preparare poi la sparizione stessa delle classi, e le modificazioni sempre più profonde dello stesso uo compito e della sua struttura
    (...) Nel periodo di inizio della dittatura proletaria questa ha un compito enormemente gravoso e complesso, che si può dividere in tre sfere d'azione: politica, militare ed economica. Il problema militare della difersa interna ed esterna contro gli asslti della controrivoluzione, come quello della ricostruzione dell'economia su basi collettive, hanno come loro fondamento l'esistenza e l'applicazione di un piano sistematico e razionale di utilizzazione di tutti gli sforzi, in una attività che deve riuscire a essere fortemente unitaria pur utilizzando, anzi priprio per utilizzare con maggior rendimento, le energie di tutta la massa (..) Da queste considerazioni si giunge a conchiudere che nel periodo iniziale della dittatura proletaria, se i consigli dei vari gradi devono dar luogo contemporaneamente a designazioni di ordine legislativo per i gradi superiori e a designazioni esecutive per le amministrazioni locali, bisogna lasciare al centro la gestione responsabile in senso assoluto della difesa militare, e in senso meno rigido della campagna economica, mentre gli organi locali valgono ad inquadrare politicamente le masse per la lor partecipazione all'attuazione di quei paini e il loro consenso all'inquadramento miltare ed economico, creando il terreno di una loro attività più larga e continua che sia possibile intorno ai problemi della vita collettiva, incanalandola nella formazione della organizzazione fortemente unitaria che è lo Stato proletario
    ”.
    Dunque conclude il teorico comunista italiano del 1922 : “ Il criterio democratico è finora per noi un accidente materiale per la costruzione della nostra organizzaizone interna e la formulazione degli statuti di partiti (..) La democrazia non può essere per noi un principio, il centralismo lo è indubbiamente “.
    Il Partito Comunista d'Italia nasce dunque con un patrimonio teorico e ideologico strettamente derivato dall'interpretazione radicale del marxismo operata da Lenin e dai bolscevichi russi.

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  5. #5
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    La democrazia viene rifiutata come principio e valore, rimane un “metodo” di cui il partito si può o meno avvalere a seconda delle circostanze, fermo restando che la democrazia rappresentativa liberale, come sorta in occidente dalla società civile capitalistica, pur in dialettico rapporto con lo sviluppo del movimento operaio, non è che una forma della dittatura politica di classe della borghesia e in quanto tale va abbattuta e sostituita dalla dittatura proleraria, che al di là delle forme giuridiche che si darà, siano queste fondate o meno sul “metodo” democratico (escluso comunque per i “nemici di classe” e della dittatura), è ritenuta socialmente più democratica della più democratica delle repubbliche borghesi, operando nell'interesse della grande maggioranza della popolazione (i proletari innanzi tutto e gli altri ceti popolari) contro un'esigua minoranza di sfruttatori.
    Questo impostazione nasce direttamente dalla concezione marxista (particolarmente sviluppata in Engels) dello Stato come organizzazione della violenza e del dominio di classe, come comitato d'affari della classe dominante e, in epoca borghese, come “capitalista collettivo ideale”.
    Già in “Glosse critiche in margine ad una articolo” , del 1844, il giovane Marx scriveva che “ L'esistenza dello Stato e l'esistenza della schiavitù sono inseparabili “ , concetto ribadito in “La Sacra Famiglia” in modo dialetticamente più articolato laddove questa schiavitù è ricondotta, per lo Stato moderno, alla schiavitù verso “l'interesse privato” (“lo schiavo del lavoro per il guadagno, lo schiavo sia del bisogno egoistico che del bisogno egoistico altrui”).
    Ne “L'ideologia tedesca” si afferma finalmente da parte di Maarx ed Engels che “ poiché lo Stato è la forma in cui gli individui di una classe dominante fanno valere i loro interessi comuni e in cui si riassume l'intera società civile di un'epoca, ne segue che tutte le istituzioni comuni passano attraverso l'intermediario dello Stato e ricevono una forma politica. Di qui l'illusione che la legge riposi sulla volontà strappata dalla sua base reale, sulla volontà Libera. Allo stesso modo, il diritto a suo volta viene ridotto alla legge. Il diritto privato si sviluppa contemporaneamente alla proprietà privata dalla dissoluzione della comunità naturale (..) Nel diritto privato i rapporti di proprietà esistenti sono espressi come risultato della volontà generale (..) ”.
    L'interpretazione marxista dello Stato e della sua relazione con la “società civile” è una interpretazione di tipo “materialistico economico”, fondata cioè sull'idea che lo Stato, con tutto il suo apparato giuridico e politico, altro non sia, nella sua essenza, che una istituzione sovrastrutturale, espressione dei rapporti sociali di produzione. Un prodotto storico, dirà Engels, della scissione della società in classi contrapposte, ed un'espressione dei rapporti sociali ed economici fra queste classi, che ne determinano l'insanabile antagonismo.
    Come è scritto già nella stessa “Ideologia Tedesca”: “ La vita materiale degli individui, che non dipende affato dalla loro pura *volontà *, il loro modo di produzione e la forma di relazioni che si condizionano a vicenda, son la base reale dello Stato e continuano ad esserlo in tutti gli stadi nei quali sono ancora necessarie la divisione del lavoro e la proprietà privata, del tutto INDIPENDENTEMENTE dalla VOLONTA' degli individui. Questi rapporti non sono affatto creati dal potere dello Stato; essi sono piuttosto il potere che crea quello “.
    In *Miseria della Filosofia *, Marx in polemica con Proudhon scrive : “ Una classe oppressa è la condizione vitale di ogni società fondata sul conflitto di classe. La liberazione della classe oppressa comporta dunque necessariamente la creazione di una nuova società (..) Condizione della liberazione della classe lavoratrice è la soppressione di ogni classe (..) La classe lavoratrice, nel corso del suo sviluppo, sostituirà alla vecchia società civile un'associazione che scluderà le classi e il loro antagonismo, e non ci sarà più un potere politico propriamente detto , poiché il potere politico è precisamente il compendio ufficiale dell'antagonismo esistente nella società civile ”.

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  6. #6
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    Tuttavia questo processo rivoluzionario che porta all'estinzione dello Stato e del potere politico, non può avvenire senza che il proletariato si costituisca transitoriamente in classe dominante, distruggendo il vecchio Stato borghese e i suoi apparati, sostituendoli con nuovi apparati e nuove istituzioni.
    Tra la società capitalistica e la piena e matura società comunista, senza Stato e senza classi, vi è la prima fase della società comunista, o socialismo:
    Questo socialismo – scrive Marx in *Le lotte di classe in Francia * - è la dichiarazione del carattere permanente della rivoluzione, la dittatura di classe del proletariato come momento di sviluppo necessario per la soppressione delle differenze di classe in generale, per l'abolizione di tutti i rapproti di produzione su cui esse riposano , per l'abolizione di tutti i rapporti sociali relativi a questi rapporti di produzione, per il rivolgimento di tutte le idee espresse da queste relazioni sociali “.
    Nella sua famosa letera a Weydemeyer del 5 marzo 1852, Marx negando di essere lo scopritore del principio scientifico della lotta di classe fra borghesi e proletari, già scoperto a suo avviso dagli studiosi liberali, afferma : “ Ciò che io ho fatto di nuovo è stato dimostrare : 1) che l'esistenza delle classi è semplicemente legata a determinte fasi storiche di sviluppo della produzione 2) che la lotta di classe conduce necessariamente alla dittatura del proletariato 3) che questa dittatura stessa costituisce soltanto il passaggio alla abolizione di tutte le classi e a una società senza classi. ”.
    Del resto per Marx la democrazia rappresentativa moderna, come andava prefigurandosi nelle società più evolute dell'occidente, con la tendenza verso il suffragio universale, con le “libertà borghesi”, era palesemente una sovrastruttura dello sviluppo storico dei rapporti sociali capitalistici.

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  7. #7
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    Uguaglianza e libertà – scrive Marx in *Lineamenti fondamentali per la critica dell'economia politica * - presuppongono rapproti d i produzione non ancora realizzati nel mondo antico, e nemmeno nel medioevo “. Infatti “ Non solo dunque uguaglianza e libertà sono rispettati nello scambio basato sui valori di scambio, ma lo scambio di valori di scambio – scrive Marx – è anzi la base produttiva, reale di ogni uguaglianza e libertà “.
    Le merci si scambiano al loro valore tra eguali, e anche la merce forza-lavoro si vende al suo valore in cambio di un salario sulla base del principio di euglianaza. Il lavoratore salariato è formalmente e giuridicamente un libero venditore della propria forza lavoro, contro un equo prezzo. Lo sfruttamento è dato dal fatto che il lavoratore produce un valore superiore a quello che riceve in cambio. Ma il valore che riceve in cambio è il prezzo equo della propria forza lavoro, determinato come quello di ogni altra merce dal “tempo socialmente necessario per la sua produzione”. Per Marx la democrazia è quindi “ il miglior sistema per il migliore affare “ del capitalista.
    Sebbene non vi sia una relazione di necessità rigida fra capitalismo e democrazia politica “borghese”, Marx individua senz'altro una relazione di necessità dialettica, nel contesto della sua concezione matarialsitico storica.
    La democrazia è pertanto, per Marx ed Engels, da un lato una sovrastruttura giuridica dei rapporti sociali di produzione borghesi, dall'altro una forma politico-istituzionale e giuridca dello Stato borghese,ossia dell'organo del dominio politico della classe economicamente dominante.
    Perciò Marx ridicolizza le rivendicazioni sullo “Stato Popolare Libero” del partito operaio tedesco (il “lassaliano” programam di Gotha) osservando inoltre come le rivendicazioni politiche di questa formazione socialista “ Non contengano nulla oltre all'antica litania democratica: suffragio universale, legislazione diretta, diritto del popolo, armamento del popolo ecc.. Esse sono una pura eco del partito popolare borghese, della Lega per la pace e la libertà. Esse sono tutte rivendicazione che, nella misura in cui non sono esagerate da una rappresentazione fantastica, sono già realizzate “.
    Marx precisa ancora una volta che la repubblica democratica non è affatto “il regno millenario”, ma la * ultima forma statale della società borghese [dove] si deve decidere definitivamente con le armi la lotta di classe *. In questo contesto Marx ribadisce ancora che : “ Tra la società capitalistica e la società comunista vi è il periodo della trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra. Ad esso corrisponde anche un periodo politico transitorio , il cui Stato non può essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato *.

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  8. #8
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    Scrivendo contemporaneamente sullo stesso argomento, Engels in una lettera aggiunge : * Non essendo lo Stato altro che un'istituzione temporanea di cui ci si deve servire nella lotta, nella rivoluzione, per schiacciare con la forza i propri nemici , parlare di uno 'Stato Popolare Libero' è una pura assurdità: finchè il proletariato ha ancora bisogno dello Stato ne ha bisogno NON nell'interesse della libertà, e quando diventa possibile parlare di libertà, allora lo Stato come tale cessa di esistere *. Interpretando in modo coerente e radicale queste formulazioni teoriche marxiste, Lenin, respingendo ogni revisionismo aperto (alla Bernstein) o ogni interpretazione “liberaleggiante” della dittatura proletaria e della democrazia “in generale” del “centrismo socialdemocratico” (Kautsky), sosterrà con decisione che:
    La repubblica democratica è il migliore involucro politico possibile per il capitalismo; per questo il capitale dopo essersi impadronito di questo involucro – che è il migliore – fonda il suo potere in modo talmente saldo, talmente sicuro, che NESSUN cambiamento, ne' di persone, ne' di istituzioni, ne' di partiti nell'ambito della repubblica democratica borghese può scuoterlo “ (Stato e Rivoluzione).
    Riprendendo le idee di Marx ed Engels, Lenin formulerà con decisione la sua dottrina della dittatura del proletariato, fondata al contempo sulla propria concenzione della formazione della coscienza politica di classe (che non sorge affatto spontanemante della lotta di classe, ma è portata all'operaio dall'esterno ad opera del partito, come è speficato in “Che Fare?”) e del partito rivoluzionario come partito-avanguardia, partito-scienza, partito-pedagogo, che sorge sulla base della teoria rivoluzionaria e la incarna nella concretezza delle lotte di classe, attraverso la formulazione di una strategia rivoluzionaria articolata nelle varie tattiche contingenti, che devono essere duttili e intelligenti.
    La natura transitoria della dittatura del proletariato, che è essenzialmente in Lenin e nei comunisti dittatura del partito comunista o quanto meno, sotto la direzione del partito comunista, è strettamente connessa all'idea marxiana dello Stato come frutto dell'antagonismo di classe e come formazione storica determinata.

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  9. #9
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    Nella misura in cui le classi vengono abolite dal processo rivoluzionario di trasformazione della società in senso socialista, dalla ferrea dittatura proletaria, con le sue istituzioni formali di democrazia proletaria (nella rivoluzione russa...I Soviet) lo Stato si estingue , e con esso si estinguono anche la dittatura e la democrazie proletarie. Il risultato è una società senza stato e senza classi, come quella paventata dall'anarchismo collettivista e comunistico .
    Scrive Lenin : “ Ragionando sullo Stato si commette abitualmente l'errore contro il quale Engels mette (..) in guardia (..): si dimentica cioè che la soppressione dello Stato è anche la soppressione della democrazia, e che l'estinzione dello Stato è anche l'estinzione della democrazia (..) “, il che è invece naturale se si pensa che per il marxismo la democrazia non è che una forma di Stato , che nel suo contenuto è una dittatura di classe, e che lo Stato è destinato ad estinguersi con la soppressione di ogni antagonismo di classe e di ogni classe.
    L'idea leninista della “democrazia proletaria” è del resto del tutto illiberale e sostanzialmente totalitaria, nonostante l'uso di espressioni, almeno formalmente “semi-anarchice” o “libertarie”, e non potrebbe essere diversamente.
    Per Lenin quello che è deicisivo non è l'opinione o la volontà espressa daii singoli individui che formano la classe operaia. La volontà di classe NON è la somma delle volontà degli individui che la compongono, quanto piuttosto qualcosa di simile alla rousseuaina “volontà generale”, rapportata alla propria visione rigidamente classista.
    Per quanto sia importante per il partito rivoluzionario conquistare la maggioranza del proletariato, la sua fiducia, il suo consenso, questa maggioranza non è indispensabile per determinare le decisioni fondamentali che il partito deve assumere nel guidare la rivoluzione e soprattutto, lo Stato rivoluzionario, soprattutto nelle fasi di maggiore conflitto sociale.

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  10. #10
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    Il partito conosce sulla base della scienza marxista quali sono gli interessi reali della classe, ed è in grado di determinarlo momento per momento, anche a dispetto dell'opinione della maggioranza degli operai e dei lavoratori, che possono essere vittime dell'influenza dell'ideologia di altre classi, della loro debolezza, della lor insufficiente coscienza politica di classe.
    Al tempo stesso per Lenin “ ogni allontanamento dall'ideologia socialista rapparesenta un rafforzamento dell'ideologia borghese ” che è quella che “ spontanemante si impone all'operaio “ ( Che Fare?). La lotta rivoluzionaria del partito è anche una lotta ideologica radicale, contro “ogni allontanamento dall'ideologia socialista” e per portare alla classe operaia “la coscienza politica rivoluzionaria”.
    Lo Stato della dittatura proletaria, nel fuoco della guerra contro i nemici controrivoluzionari interni ed esterni, scriverà Lenin, “ è un potere durissimo che non si fonda su nessuna legge “ (L'Estremismo), un potere che non esita a far ricorso al Terrore, ad ogni forma di lotta contro il nemico, e non esita a reprimere elementi e parti della stessa classe operaia se questa si dimostra indisciplinata, non all'altezza dei propri compiti. L'idea leninista della dittatura proletaria, a dispetto di alcune formulazioni semi-anarchiche sulla “democrazia diretta” comunarda, come espressione della dittatura, conduce alla “soppressione della democrazia “ (Rosa Luxemburg), proprio perchè per i comunisti moderni la democrazia non è un principio, non è un valore, ma è un metodo, una forma, un rapporto sociale.
    Agendo sempre quasi infallibilmente nell'interesse del proletariato, ossia dell'unica classe rivoluzionaria che guida l'immensa maggioranza della popolazione, Lenin è convinto che la dittatura proletaria sia sempre e comunque, di fatto, più democratica della più democratica repubblica borghese.
    La democrazia della repressione della rivolta di Kronstandt, la democrazia del Gulag che in embrione in epoca leniniana si esprimerà in modo tremendo durante lo stalinismo.
    Contro le dure critiche del socialdemocratico Kautsky alla dittatura terroristica dei comunisti in Russia, Lenin e Trotzky risponderanno con due durissimi opuscoli : “Il Rinnegato Kautsky” (lenin), e “Terrorismo e Comunismo” (Trotzky). Questi due scritti documentano l'abissale distanza che si andava costituendo fra la socialdemocrazia rivoluzionaria classica (per non dire della socialdemocrazia revisionista e riformista) e il comunismo. Lenin accusa Kautsky di trasformare Marx in un “liberale volgare” a suon di “mostruose assurdità” e di “menzogne”, ribadendo che in regime capitalistico la democrazia “ è un paradiso per i ricchi e una trappola ed un inganno per i poveri e gli sfruttati “.

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