L' Europirla colpisce ancora.
Corriere, 13.10.2002
«Se i centristi tradiscono li chiamerò ladri»
Bossi all’attacco: c’è ancora tutto un mondo che faceva affari e che ora non può più
DAL NOSTRO INVIATO
PIACENZA - Non li teme. Anzi, li sfida: «Basta una parola per fermarli, una parola che viene dal Nord, di cinque lettere: ladri». Dal palco di Piacenza, alla festa della Lega, il ministro per le Riforme Umberto Bossi lancia l’affondo ai centristi, gli alleati più «scomodi» per il Carroccio. È tranquillo, il senatur , convinto com’è che non esista il «pericolo di un ricompattamento dei democristiani». Talmente tranquillo che davanti al suo popolo fa sapere che, nel caso di un «tradimento» dell’Udc alle prossime elezioni «basterebbe un manifesto per far crollare tutto, con una sola parola - e ai lumbard raccolti sotto il palco urla - ladri».
Si rafforza, dunque, ancora di più l’asse con il vicepremier Gianfranco Fini. Le prime parole dopo la lite tra centristi e An durante il voto sulla Cirami a Montecitorio, il leader della Lega sceglie di dirle pubblicamente qui a Piacenza.
GLI AFFARISTI - «Non esiste un’aggregazione di centro - ribadisce il ministro per le Riforme -, ci possono essere collegamenti a forze esterne al mondo politico». Ma per il senatur «c’è tutto un mondo che faceva affari e oggi non può più farne». Quindi attacca con l’elenco dei governi precedenti:«Il governo Prodi è stato affarista, il governo D’Alema è stato affarista e oggi c’è ancora gente che vuole i beni dello Stato, ma il governo non glieli dà perché li considera beni dei cittadini». E raccogliendo l’applauso della platea: «Questo è il primo governo che non fa affari».
Il pericolo non c’è. Ma per Bossi «un’aggregazione di centro comunque sarebbe pericolosa perché gestirebbe tutto quanto dallo Stato. Questo in passato ha dato risultati quasi nefasti». Il senatur inizia la sua lettura del passato: «Fino agli anni ’70 i Comuni avevano un’imposizione fiscale, allora tale Moro e tale Berlinguer lanciarono le loro idee avanzate: portar via loro tutti i soldi per concentrarli nelle mani dello Stato». E tornando al presente «federalista»: «Oggi mi sembra che stiamo andando in senso contrario». Il leader del Carroccio risponde poi all’accusa di razzismo da parte della Caritas: «Io passerei al ministero delle Finanze il problema degli aiuti ai Paesi poveri così da poter mandare i finanzieri in casa di chi gestisce quei soldi, visto che vengono destinati ad altro».
IL REGALO DI BERLUSCONI - Passati indenni ai traballamenti sulle rogatorie, quindi sulle fondazioni, quindi sulla legge dell’immigrazione, il ministro anche questa volta non teme per la solidità del governo Berlusconi. Del resto, «i voti dei cosiddetti democristiani sono del signor Berlusconi che ha voluto collocare alcune persone». E spiega: «Gli ex dc non hanno voti, non li hanno soprattutto al Nord». Le elezioni non sono poi così lontane, tuttavia per il leader leghista l’unico rischio non è quello di un tradimento, semmai di un autogol: «Non giudico, ma se loro vogliono sgambettarsi da soli, non c’è nessun problema, vadano avanti». E tuona: «Non esistono. Del resto cosa potrebbero fare, vanno in giro a dire alla gente del Nord che ritornano quelli che hanno portato via tutti i soldi per concentrarli a Roma?». E ripete: «Basterebbe un manifesto per far crollare tutto, sì con una sola parola: ladri».
DUELLO SUL FRIULI - Tensione nella Casa delle Libertà anche sul candidato del centrodestra alle elezioni regionali del Friuli, che si terranno nella primavera del prossimo anno. Berlusconi, ieri a Muggia (Trieste) perché invitato al battesimo della figlia di Roberto Antonione, sottosegretario agli Esteri e coordinatore di Forza Italia, ha chiarito che la corsa per la guida della giunta regionale spetta all’attuale presidente Renzo Tondo, «tutti si riconosceranno felicemente e volentieri in lui». L’investitura non è però piaciuta a Beppino Zoppolato, segretario leghista del Friuli: «Io ubbidisco a Bossi, che è il mio segretario, non a Berlusconi, e il mio segretario non ha mai detto che il candidato è Renzo Tondo, se Bossi lo dirà, allora faremo un ragionamento e la Lega dirà che lui è il candidato».
Alessandra Mangiarotti
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