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Discussione: La lobby sionista

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    Predefinito La lobby sionista

    Per decenni Israele ha violato i principi codificati del diritto internazionale e sfidato numerose risoluzioni delle Nazioni Unite a proposito dei territori palestinesi occupati, delle uccisioni extra giudiziarie e dei suoi ripetuti atti d’aggressione militare. Gran parte del mondo considera la politica israeliana, e specialmente la sua oppressione dei Palestinesi, come vergognosa e criminale. Questa opinione comune internazionale è riflessa, per esempio, in numerose risoluzioni dell’ONU che condannano Israele e che sono state approvate da schiaccianti maggioranze.
    Solo negli Stati Uniti i politici ed i media sostengono ancora ferventemente Israele e la sua politica. Per decenni gli Stati Uniti hanno fornito ad Israele un cruciale sostegno militare, diplomatico e finanziario oltre ad un aiuto economico annuo di più di tre miliardi di dollari. Perché gli Stati Uniti restano il solo bastione di supporto per Israele? Il Vescovo del Sud Africa Desmond Tutu, che fu insignito nel 1984 del premio Nobel per la Pace, ha candidamente illustrato la ragione: “Il governo d’Israele è posto su di un piedistallo (negli Stati Uniti) e la sua critica è immediatamente sospettata d’antisemitismo. La gente di questo paese ha paura di dire pane al pane e vino al vino perché la lobby ebraica è potente, molto potente.” (2)
    Il Vescovo Tutu dice il vero. Sebbene gli ebrei costituiscano solo circa il tre per cento della popolazione degli Stati Uniti, essi controllano un immenso potere ed esercitano un’influenza molto maggiore di quella d’ogni altro gruppo etnico o religioso. Come l’autore ebreo e professore di Scienze Politiche Benjamin Ginsberg ha argutamente mostrato: “Dagli anni sessanta gli ebrei sono arrivati a detenere una considerevole influenza in America sull’economia, la cultura, la vita politica ed intellettuale. Gli ebrei hanno giocato un ruolo centrale nella finanza americana durante gli anni ottanta ed essi sono stati i maggiori beneficiari di fusioni e riorganizzazioni economiche. Oggi, sebbene appena il 2% della popolazione nazionale sia ebraica, quasi la metà dei suoi miliardari è ebrea. I vertici degli uffici esecutivi dei tre maggiori network televisivi e i quattro maggiori proprietari degli studios cinematografici sono ebrei come i proprietari dei più influenti giornali, il New York Times. Il ruolo e l’influenza degli ebrei nella politica americana è egualmente significativo.
    Gli ebrei sono meno del tre per cento della popolazione nazionale ma comprendono l’undici per cento di quello che gli studi definiscono l’élite nazionale. Inoltre gli ebrei costituiscono più del 25% delle élite giornalistica e editoriale, più del 17% dei leader d’importanti organizzazioni di volontariato ed interesse pubblico e più del 15% degli alti ranghi dell’amministrazione statale.” (3)
    Stephen Steinlights ex-direttore del National Affairs of the American Jews Committeee similmente rilevava “lo spropositato potere politico” degli ebrei che è “senza dubbio il più grande rispetto ad ogni altro gruppo etnico/culturale in America.” Egli proseguiva spiegando che “il potere e l’influenza economica degli ebrei sono concentrate in modo spropositato a Hollywood, nella televisione e nell’industria mediatica.” (4)
    Due ben noti scrittori ebrei, Seymour Lipset ed Earl Raab scrivevano nel loro libro Jews and the New American Scene del 1995: “Durante gli ultimi tre decenni, gli ebrei (negli Stati Uniti) hanno superato il 50% tra i maggiori 200 intellettuali, il 20% tra i professori nelle università più prestigiose, il 40% tra i soci dei maggiori studi legali a New York e a Washington, il 59% dei direttori, scrittori, e dei produttori delle 50 maggiori pellicole cinematografiche dal 1965 al 1982, e il 58% dei direttori, scrittori e produttori in due o più serie televisive di prima serata.” (5)
    L’influenza dell’ebraismo americano a Washington, notava il quotidiano israeliano Jerusalem Post “è largamente sproporzionata rispetto alle dimensioni della comunità, ammettono i leader ebrei ed americani. Ma così è l’ammontare della somma di denaro che essi elargiscono per le campagne (elettorali).” Uno dei membri dell’influente Conference of Presidents of Major American Jewish Organizations “stimava che gli ebrei hanno da soli contribuito con il 50% dei fondi per la campagna di rielezione del Presidente Bill Clinton del 1996.” (6)
    “E’ completamente privo di senso cercare di negare la realtà del potere ebraico ed il suo predominio nella cultura popolare” ammette Michael Medved un noto scrittore e critico cinematografico ebreo “Ogni lista dei più influenti produttori cinematografici produrrebbe una preponderante maggioranza di riconoscibili nomi ebraici.” (7)
    Una delle persone che ha più attentamente studiato questo argomento è Jonathan J. Goldberg, adesso editore dell’influente settimanale della comunità ebrea Forward. Nel suo libro Jewish Power del 1996 scriveva: “Nei settori chiave dei media, specialmente negli studi cinematografici di Hollywood, gli Ebrei sono così numericamente dominanti che definire questi affari sotto controllo ebreo è poco più che un’osservazione statistica, Hollywood alla fine del ventesimo secolo è ancora un’industria con una pronunciata coloritura etnica. Praticamente tutti i capi delle produzioni cinematografiche sono ebrei. Scrittori, produttori, e anche i meno evoluti direttori sono in larga maggioranza ebrei _ un recente studio ha mostrato come superino il 59% tra i produttori di film a budget più elevato. Il peso di tanti ebrei in una delle più lucrose ed importanti industrie americane conferisce loro uno straordinario potere politico. Essi sono la maggior riserva di denaro per i candidati Democratici.” (Specularmente alla loro forte presenza nei media americani gli ebrei sono abitualmente descritti come molto intelligenti, altruistici, degni di fede, compassionevoli e meritevoli di simpatia e sostegno. Mentre milioni di americani si adattavano prontamente a queste immagini stereotipate qualcuno non si lasciava impressionare. “Sono molto arrabbiato con qualcuno degli ebrei _ dichiarava l’attore Marlon Brando in un intervista del 1996 _ essi sanno perfettamente che tipo di responsabilità possiedono. Hollywood è governato dagli ebrei, ed essi dovrebbero manifestare una grande sensibilità per la gente che sta soffrendo.” (9)

    A Well _ Entrenched
    Factor

    Il potere d’intimidazione della “lobby ebraica” non è un fenomeno recente, ma è stato da molto tempo un importante fattore della vita sociale americana. Nel 1941 Charles Lindbergh parlò della pericolosità del potere ebraico nei media e nel governo.
    Il timido trentanovenne _ famoso in tutto il mondo per il suo primo ed epico volo transatlantico del 1927 da New York a Parigi, - si rivolgeva a settemila persone a Des Moines, Iowa, l’undici settembre del 1941 illustrando il pericolo del coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra che si stava svolgendo in Europa. Egli spiegò che i tre più importanti gruppi di pressione che spingevano gli Stati Uniti verso la guerra erano i britannici, gli ebrei e l’amministrazione di Roosevelt. A proposito degli ebrei egli disse: “Il più grande pericolo per questo paese sta nelle loro immense proprietà e nella loro grande influenza nel nostro cinema, sulla nostra stampa, la nostra radio e il nostro governo.” E aggiunse: “Per ragioni che sono comprensibili dal loro punto di vista, che non è il nostro per il motivo che essi non sono americani, desiderano coinvolgerci nella guerra. Noi non possiamo biasimarli poiché essi perseguono quelli che ritengono essere i loro interessi ma dobbiamo difendere i nostri. Noi non possiamo seguire le naturali pulsioni e i pregiudizi degli altri popoli per condurre il nostro paese alla distruzione.”
    Nel 1978, l’autore ebreo americano Alfred M. Lilienthal scrisse nel suo dettagliato studio The Zionist Connection scrisse: “Come è stata imposta la volontà sionista al popolo americano? E’ la ŒJewish connection’, la solidarietà tribale tra correligionari, l’incredibile vantaggio sui non ebrei, che ha forgiato questo potere senza precedenti.
    Nelle grandi aree metropolitane la ŒJewish-Zionist connection’ pervade completamente gli influenti circoli finanziari, commerciali, sociali e ricreativi.” (10)
    Il risultato del dominio ebraico sui media, scriveva Lilienthal, è che la copertura informativa delle notizie sul conflitto Israelo _ Palestinese nella televisione e sulla stampa americana è inesorabilmente a favore d’Israele. Ciò si manifesta per esempio nel deformante ritratto del “terrorismo” palestinese. Come puntualizza Lilienthal: “ I reportage unilaterali sul terrorismo, in cui la causa non è mai relazionata all’effetto, sono possibili perché la più efficiente parte della ŒJewish connection’ è probabilmente il controllo dei media.”

    One - sided
    ŒHolocaust’ History

    Il controllo ebraico della vita culturale ed accademica ha avuto un profondo impatto sul modo in cui gli americani guardano al loro passato. In nessun posto più che nella campagna mediatica sull’Olocausto e sul destino degli ebrei in Europa durante la seconda guerra mondiale la visione giudeo-centrica della storia è più radicata.
    Lo storico israeliano Yehuda Bauer professore all’università ebraica di Gerusalemme ed esperto dell’Olocausto ha notato: “Sia se presentato realisticamente o in modo inautentico, sia se compatibile con i fatti storici o in contraddizione con questi, sia se rappresentato con empatia e comprensione o come un monumento al kitsch, l’olocausto è diventato un simbolo dominante della nostra cultura, Difficilmente trascorre un mese senza una nuova produzione televisiva, un nuovo film, un nuovo spettacolo, dei nuovi libri di prosa o poesia commercializzino il tema, e il flusso è in crescita più che in diminuzione.” (11)
    Le sofferenze dei non-ebrei non meritano le stesse attenzioni. Fuori dal focus della vittimizzazione ebraica sono, per esempio, i dieci milioni di vittime americane nella seconda guerra mondiale, quelle della Russia stalinista, più di dieci milioni di vittime del regime maoista in Cina e dai 12 ai 14 milioni di tedeschi, vittime della fuga e delle espulsioni dal 1944_ 1949 in cui circa due milioni persero la vita.
    La ben finanziata campagna mediatica ed “educativa” sull’Olocausto è di cruciale importanza per gli interessi di Israele. Paula Hyman professore di storia ebraica moderna all’università di Yale ha osservato: “Con i ringraziamenti d’Israele, l’Olocausto può essere usato per prevenire le critiche politiche e sopprimere il dibattito; esso rinforza il senso degli ebrei di essere un popolo assediato che può difendersi solo facendo affidamento solo su se stesso. L’invocazione delle sofferenze patite dagli ebrei sotto i nazisti, spesso, occupa il posto delle argomentazioni razionali ed è usato per convincere i dubbiosi della legittimità dell’attuale politica del governo d’Israele.” (12)
    Norman Finkelstein, autore ebreo che insegna scienze politiche all’università di New York (Hunter College), scrive nel suo libro, The Holocaust Industry (ed. italiana “L’industria dell’Olocausto” Rizzoli 2002, 16 euro): “invocare l’Olocausto è un espediente per delegittimizzare ogni critica rivolta agli ebrei.
    Attraverso il conferimento delle totale impunità degli ebrei, il dogma dell’Olocausto immunizza Israele e l’ebraismo americano da ogni legittima censura.
    L’ebraismo organizzato ha sfruttato l’olocausto nazista per deviare le critiche rivolte ad Israele e la sua moralmente indifendibile politica.” Egli scrive della vergognosa “estorsione di denaro” fatta alla Germania, alla Svizzera e ad altri paesi da Israele e dalle organizzazioni ebraiche “per estorcere miliardi di dollari.”
    “L’Olocausto - predice Finkelstein _può trasformarsi nella più grande rapina della storia del genere umano.” (13)
    “Gli ebrei in Israele si sentono liberi di effettuare ogni atto di brutalità contro gli arabi”- scrive il giornalista israeliano Ari Shavit - “credendo con certezza assoluta, che ora, con la Casa Bianca, il Senato e molti dei media americani nelle loro mani, la vita degli altri non conta come quella ebraica.” (14)
    L’Ammiraglio Thomas Moorer, ultimo presidente del US Joint Chiefs of Staff, ha parlato con schiettezza esasperata della supremazia ebraico-israeliana negli Stati uniti: “Non ho mai visto un presidente _ non importa chi egli sia _ che li abbia contrastati (gli israeliani). E’ difficile anche solo immaginarlo. Essi hanno sempre ottenuto quello che vogliono. Gli israeliani sanno sempre quello che succede. Arrivai al punto che mi era impossibile scrivere qualcosa sull’argomento. Se il popolo americano capisse che tipo di dominio questa gente ha sul nostro governo insorgerebbe in armi. I nostri cittadini certamente non hanno nessun idea di quello che succede.” (15)
    Oggi il pericolo è più grande che mai. Israele e le organizzazioni ebraiche, in collaborazione con le lobby filo-sioniste di questo paese stanno incitando gli Stati Uniti _ la maggior potenza mondiale militare ed economica _ ad una nuova guerra contro i nemici d’Israele. Come ha recentemente riconosciuto l’ambasciatore francese a Londra, Israele _ che egli ha definito “that shitty little country” _ è una minaccia per la pace mondiale. “Perché il mondo dovrebbe rischiare a causa di questa gente la terza guerra mondiale?” (16)
    Riassumendo: gli ebrei controllano un immenso potere ed esercitano una pesante influenza negli Stati Uniti. “La lobby ebraica” è un fattore decisivo per il sostegno statunitense ad Israele. Gli interessi ebraico_sionisti non sono identici agli interessi americani. Nei fatti, spesso, sono in conflitto. Fino a che la potentissima lobby ebraica rimarrà al suo posto non ci sarà fine alla sistematica distorsione degli avvenimenti presenti e della storia, alla dominazione ebraico -sionista del sistema politico degli Stati Uniti, all’oppressione sionista in Palestina, al sanguinoso conflitto tra ebrei e non-ebrei nel Medio Oriente e alla minaccia israeliana alla pace.

    (1) citato da Forward (New York City), 19 Aprile 2002, p.11.
    (2) D. Tutu, “Apartheid in the Holy Land”, The Guardian (Gran Bretagna), 29 Aprile 2002.
    (3) Benjamin Ginsberg, The Fatal Embrace: Jews and the State (Università di Chicago, 1993), pp.1, 103.
    (4) S. Steinlight, “The Jewish Stake in America’s Changing Demography: Reconsidering a Misguided Immigration Policy”, Center for Immigration Studies, Novembre 2001. Http://www.cis.org/articles/2001/back1301.html
    (5) Seymour Martin Lipset e Earl Raab, Jews and the New American Scene (Harvard Univ. Press, 1995), pp. 26-27.
    (6) Janine Zacharia, “The Unofficial Ambassadors of the Jewish State”, The Jerusalem Post (Israele), 2 Aprile 2000. Ristampato in “Other Voices” , Giugno 2000, p. OV-4, un supplemento al The Washington Report on Middle East Affairs.
    (7) M. Medved, “Is Hollywood Too Jewish?”, Moment, Vol. 21, No. 4 (1996), p. 37.
    ( Jonathan Jeremy Goldberg, Jewish Power: Inside the American Jewish Establishment (Addison _ Wesley, 1996), pp. 280, 2, 288. Vedi anche pp. 39-40, 290-291.
    (9) Intervista con Larry King, CNN network, 5 Aprile 1996. “Brando Remarks”, Los Angeles Times, 8 Aprile 1996, p. F4 (OC). Poco tempo dopo Brando fu obbligato a chiedere scusa per le sue considerazioni.
    (10) A. Lilienthal, The Zionist Connection (New York: Dodd, Mead, 197, pp. 206, 218, 219, 229.
    (11) Da una conferenza del 1992, pubblicata in: David Cesarani, ed., The Final Solution: Origins and Implementation (London e New York: Routledge, 1994), pp. 305, 306.
    (12) Paula E. Hyman, “New Debate on the Holocaust”, The New York Times Magazine, 14 Settembre 1980, p. 79.
    (13) Norman G. Finkelstein, The Holocaust Industry (London, New York: Verso, 2000), pp.130, 138, 139, 149 ed. italiana: L’industria dell’Olocausto, Milano, Rizzoli, 2002.
    (14) The New York Times, 27 Maggio 1996. Shavit è un giornalista di Ha’aretz, un quotidiano israeliano in lingua ebraica, “da cui questo articolo è adattato.”
    (15) Intervista con Moorer, 24 Agosto 1983. Citata in: Paul Findley, They Dare to Speak Out: People and Institutions Confront Israel’s Lobby (Laurence Hill, 1984, 1985), p. 161.
    (16) D. Davis, “French Envoy to UK: Israel Threatens World Peace”, Jerusalem Post, 20 Dicembre 2001. L’ambasciatore francese citato è Daniel Bernard.

    Mark Weber è il direttore del Institute for Historical Review. Ha studiato storia all’università dell’Illinois (Chicago), all’Università di Monaco di Baviera, alla Università statale di Portland e all’Indiana University (M.A.,1977). Per nove anni è stato editore della prestigiosa rivista dell’IHR il Journal of historical Review. Per informazioni: Institute for Historical Review, Post Office Box 2739, Newport Beach, California 92659 U.S.A.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    For a list of United Nations resolutions against Israel and Iraq, see below:


    IRAQ:

    UN Resolutions violated, ignored: 16
    Countries attacked, invaded, violated: Iran, Kuwait
    Countries occupied for years: NONE
    Countries currently occupying: NONE
    Territory illegally annexed: NONE
    Wars started: 1980, 1990
    Possesses weapons of mass destruction: To be determined
    Possesses nuclear weapons: No
    Most notable atrocity against civilians: 5,000 Kurdish civilians were killed in the village of Halabja, March 1988
    Currently under a regime of UN sanctions: Yes



    ISRAEL

    UN Resolutions violated, ignored: 68
    Countries attacked, invaded, violated: Egypt, Jordan, Iraq, Lebanon, Syria, Tunisia
    Countries occupied for years: Egypt, Lebanon, Syria
    Countries currently occupying: Syria
    Territory illegally annexed: Golan Heights, Jerusalem, Palestinian Territories
    Wars started: 1956, 1967, 1982
    Possesses weapons of mass destruction: Yes
    Possesses nuclear weapons: Yes
    Most notable atrocity against civilians: 17,500 Lebanese civilians killed in 1982 invasion of Lebanon
    Currently under a regime of UN sanctions: No

  3. #3
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    PREMESSA – l’ONU, erede della società delle Nazioni, è stata fondata - a detta degli organizzatori – per risolvere le controversie internazionali su un tavolino invece che sul campo. Quest’organizzazione soprannazionale, dovrebbe così essere arbitra imparziale delle parti contendenti, facendo rispettare le risoluzioni come altre decisioni che possano stabilizzare la situazione instabile fra due o più nazioni. Questo in teoria. In realtà, è la longa manus del governo mondiale americano, l’ONU, funzione se gli SUA lo vogliono, e dorme se gli SUA lo vogliono. Sarebbero tanti i casi che si potrebbero citare. Basta pensare che quando l’Iraq fu attirato dagli Stati Uniti nel tranello d’invadere il Kuwait, l’ONU non perse tempo a condannare “l’invasione” e a mettere in piedi una squadra militare che non c’era dalla seconda guerra mondiale. Gli SUA in prima fila condussero l’operazione, bombardando qualunque cosa si muovesse, in territorio iracheno, ma senza dimenticare i resti dell’antica civiltà babilonese. Questa operazione demonizzò totalmente l’Iraq e Saddam Hussein, gli SUA si levarono a paladini del mondo, instauratori del Nuovo Ordine Mondiale, oltre che a far crescere in maniera smisurata la vendita dei mezzi da guerra ai paesi alleati degli SUA. Israele non ha mai rispettato nessuna risoluzione ONU, non è mai stato minacciato nessun embargo, nonostante è certo che possiede armi nucleari, al contrario dei continui e pretestuosi controlli che vengono fatti a Baghdad, non ha mai ricevuto nessuna ritorsione per non aver messo a disposizione. Due pesi e due misure, insomma, anche la NATO, sempre pronta a difendere i diritti umanitari, non ha mai preso in considerazione l’ipotesi di bombardare israele. Questo elenco si commento da solo.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  4. #4
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    Consiglio di sicurezza delle nazioni unite, risoluzioni dal 1952 al 1992.

    Numero risoluzione
    Motivazione
    risoluzione num. 106
    Condanna i. per i raid su Gaza
    risoluzione num. 111
    Condanna i. per i raid sulla Siria che hanno provocato 56 vittime

    risoluzione num. 127
    Raccomanda a i. di non interferire nella zona di nessuno, a Gerusalemme

    risoluzione num. 167
    Esorta i. al rispetto delle risoluzioni ONU

    risoluzione num. 171
    Dichiara flagranti violazioni di i. durante l’attacco in Siria

    risoluzione num. 228
    Censura i. per il suo attacco a Sammou, nella West Bank

    risoluzione num. 237
    Raccomanda i. il ritorno dei profughi palestinesi del 1967

    risoluzione num. 248
    Condanna i. per il massiccio uso della forza a Karameh, in Giordania

    risoluzione num. 250
    Chiede a i. di evitare le parate militari a Gerusalemme

    risoluzione num. 251
    Deplora fermamente la parata militare i. a Gerusalemme, a dispetto della ris. 250

    risoluzione num. 252
    Dichiara “nullo” il tentativo di unificare Gerusalemme come capitale

    risoluzione num. 256
    Condanna i raid i. in Giordania come “pesanti violazioni”

    risoluzione num. 259
    Deplora fermamente il rifiuto d’i. di una commissione d’indagine sull’occupazione

    risoluzione num. 262
    Condanna i. per il raid sull’aeroporto di Beirut

    risoluzione num. 265
    Condanna i. per gli attacchi aerei a Salt, in giordania

    risoluzione num. 267
    Censura i. per gli atti amministrativi volti a mutare lo status di Gerusalemme

    risoluzione num. 270
    Condanna i. per i suoi attacchi sui villaggi libanesi.

    risoluzione num. 271
    Condanna il rifiuto d’i. di obbedire alle risoluzioni UNO su Gerusalemme

    risoluzione num. 279
    Chiede l’evacuazione delle forze i. dal Libano

    risoluzione num. 280
    Condanna gli attacchi d’i.contro il Libano

    risoluzione num. 285
    Chiede l’immediato ritiro di i. dal Libano

    risoluzione num. 313
    Deplora la variazione dello status di Gerusalemme da parte di i.

    risoluzione num. 316
    Chiede la cessazione degli attacchi d’i contro il Libano

    risoluzione num. 317
    Deplora il rifiuto di i. di rilasciare i prigionieri rapiti in Libano

    risoluzione num. 332
    Condanna i ripetuti attacchi di i. contro il Libano

    risoluzione num. 337
    Condanna i per la violazione della sovranità territoriale del Libano

    risoluzione num. 347
    Condanna gli attacchi d’i. sul Liano

    risoluzione num. 425
    Chiede a i. di ritirare le sue forze dal Libano

    risoluzione num. 427
    Chiede ad i. di completare il suo ritiro dal Libano

    risoluzione num. 444
    Deplora I. per il suo rifiuto a collaborare con le forze di pace delle Nazioni Unite
    risoluzione num. 446
    Afferma che gli insediamenti ebraici sono un serio ostacolo alla pace e chiede ad I. il rispetto della Convenzione di Ginevra

    risoluzione num. 450
    Chiede ad I. di fermare gli attacchi sul Libano

    risoluzione num. 452
    Chiede ad I. di fermare la costruzione degli insediamenti nei Territori

    risoluzione num. 465
    Deplora gli insediamenti d'I. e chiede agli stati membri di non sostenere la politica degli insediamenti ebraici

    risoluzione num. 467
    Deplora fortemente l'intervento militare d'I. in Libano

    risoluzione num. 468
    Chiede ad I. di revocare l'espulsione illegale di due sindaci e di un giudice palestinesi e di facilitarne il rientro

    risoluzione num. 469
    Deplora con fermezza la mancata osservanza, da parte di I. degli ordini del Consiglio riguardo le espulsioni

    risoluzione num. 471
    Esprime profondo rincrescimento per la mancata osservanza, da parte di I. della Quarta Convenzione di Ginevra

    risoluzione num. 476
    Ribadisce che le pretese israeliane su Gerusalemme sono nulle e non valide

    risoluzione num. 478
    Censura I. nei termini piu' fermi I. per la sua pretesa su Gerusalemme, inserita nelle Basic Law

    risoluzione num. 484
    Dichiara imperativo il ritorno dei due sindaci palestinesi espulsi da I.

    risoluzione num. 487
    Condanna fermamente I. per il suo attacco all' Iraq

    risoluzione num. 497
    Dichiara che l'annessione delle alture del Golan da parte di I. e' nulla e chiede che I. receda dalla sua posizione

    risoluzione num. 501
    Chiede ad I. il ritiro dal Libano

    risoluzione num. 509
    Chiede ad I. di fermare gli attacchi e ritirare le sue truppe dal Libano

    risoluzione num. 515
    Chiede che I. si ritiri immediatamente e incondizionatamente dal Libano

    risoluzione num. 517
    Chiede che I. metta fine all'assedio su Beirut e lasci passare viveri in citta

    risoluzione num. 518
    Censura I. per il suo rifiuto a obbedire alle risoluzioni ONU per il Libano

    risoluzione num. 520
    Esige che I. collabori pienamente con le forze delle N.U. in Libano

    risoluzione num. 573
    Condanna l'attacco di I. a Beirut ovest

    risoluzione num. 587
    Condanna vigorosamente I. per l'attacco aereo al quartier generale dell'OLP a Tunisi

    risoluzione num. 592
    Prende nota dei precedenti richiami ad I. riguardo l'evacuazione del Libano

    risoluzione num. 605
    Deplora fortemente I. per l'uccisione degli studenti palestinesi all'Universita' di Bir Zeit

    risoluzione num. 607
    Deplora fortemente I. per negare I diritti umani dei palestinesi

    risoluzione num. 608
    Chiede ad I. di fermare le deportazioni e di rispettare la IV Convenzione di Ginevra

    risoluzione num. 636
    Si duole profondamente del fatto che, ignorando le ingiunzioni delle N.U., I. continua a deportare civili palestinesi

    risoluzione num. 641
    Deplora I. per le continue deportazioni

    risoluzione num. 672
    Condanna I. per le violenze contro I palestinesi ad Haram el Sharif

    risoluzione num. 673
    Deplora I. per il suo continuo rifiuto a collaborare con le Nazioni Unite

    risoluzione num. 681
    Deplora la ripresa da parte di I. della pratica delle deportazioni

    risoluzione num. 694
    Deplora la deportazione di civili palestinesi e chiede il loro immediato ritorno

    risoluzione num. 726
    Condanna fortemente I. per le continue deportazioni

    risoluzione num. 799
    Condanna con decisione la deportazione di 413 intellettuali palestinesi e chiede il loro rientro immediato
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    Der Wehrwolf

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    Pilger: “la lobby filo-israeliana intimidisce i giornalisti”



    Monday September 23, 2002
    The Guardian

    La lobby filo-israeliana intimidisce i giornalisti per assicurarsi che la “copertura” da parte dei media rimanga a suo favore. Una minaccia mai vista prima alla liberta’ di espressione e’emersa la settimana scorsa nei media britannici. Essa e’ stata scatenata dal mio documentario, “La Palestina e’ ancora l’argomento”, sulla ITV. Il film raccontava una verita’ basilare che viene nascosta di routine, e persino soppressa - cioe’ che il popolo palestinese e’ vittima di una ingiustizia storica e finche’ non sara’ messa fine alla brutale ed illegale occupazione israeliana, non potra’ esservi pace per nessuno, Israele incluso.
    In gran parte del film la gente, sia palestinesi che israeliani, racconta le sue testimonianze. Cio’ che e’ insolito e’ che il film mostra senza veli le umiliazioni quotidiane e la repressione culturale subite dai palestinesi, inclusa una sequenza che mostra gli escrementi lasciati dai soldati israeliani in una stanza di disegni di bambini. Il film e’ accurato, obiettivo e giusto. L’intervista piu’ lunga e’ con un portavoce del governo israeliano. Ogni parola e’ stata minuziosamente esaminata per garantirne l’accuratezza legale e per assicurarci di rispettare in pieno le regole del Broadcasting Act. Il nostro consigliere storico, il professor Ilan Pappe’, e’ un rinomato storico israeliano. Egli ha scritto che il documentario e’ “integro nella sua descrizione storica e pungente nel suo messaggio”. Cio’ non ha impedito al direttore della Carlton Television, Michael Green, un supporter delle politiche israeliane, di denigrare il programma nello “Jewish Chronicle”, dichiarandolo “inaccurato”, “storicamente non corretto” e “una tragedia per Israele”.
    Nessuna di queste accuse e’, ne’ potra’ essere, dimostrata. Il professor Pappe’ ha definito l’attacco “un tentativo di delegittimare ogni critica a Israele”.
    Cio’ che e’ piu’ sorprendente e’ il fatto che Green, in realta’,ha visto il film prima che esso fosse trasmesso e non ha allertato nessuno dei produttori del programma, aspettando prima che la Jewish Board of Deputies, gli Amici Conservatori di Israele e l’ambasciata israeliana esprimessero il loro “oltraggio” per un film trasmesso ad un’ora in cui gran parte della gente era a letto.
    Green e questa gente adesso chiede un film “pro-Israele”. Questo che significa? Il mio film non era pro-palestinesi, era pro-giustizia. Molti degli intervistati erano israeliani, incluso un veterano padre di una ragazza perita in un attentato. Tutti gli intervistati sottolineano la falsita’ della pretesa sionista secondo cui ogni critica ad Israele e’ segno di anti-semitismo, un’affermazione che e’ un insulto per tutti coloro, ebrei e non, che rifiutano le azioni di Sharon e dei suoi pari.
    In questo caso cosa significa “bilanciamento”? Un film che sia approvato dalla lobby ebraica? Questa lobby sta attualmente orchestrando una campagna e-mail contro il mio film; una curiosita’: gran parte delle e-mail arrivano dall’America, dove, in realta’, il film non e’ stato trasmesso.
    Al centro di tutto cio’ vi e’ il mancato riconoscimento di quanto, in realta’, i media britannici siano sbilanciati a favore di Israele. Bisogna dare atto all’ITV di aver avuto coraggio a trasmettere il mio film. La BBC non avrebbe mai osato incorrere nelle ire della piu’ influente lobby del paese, come Tim Llewellyn, corrispondente della BBC dal Medioriente per molti anni, ha sottolineato in una lettera scritta oggi sul Guardian.
    Tim accusa la BBC di “continuare a tradire” il suo dovere di servizio pubblico evitando di spiegare “la vera natura del disastro [dell’occupazione] e la terribile responsabilita’ di Israele in tutto cio’”. Questo sbilanciamento generale e’ stato verificato da un importante studio riguardo la copertura delle notizie dal Medioriente in televisione, condotto lo scorso maggio dal Glasgow University Media Group.
    Le conclusioni dovrebbero far vergognare i direttori dei media. La ricerca mostra che il pubblico non conosce le cause e l’origine del conflitto a causa delle omissioni dei media. Gli spettatori non vengono a conoscenza del fatto che i palestinesi sono vittime di una occupazione militare illegale. Il termine “territori occupati” viene sottaciuto. Solo il 9% dei giovani intervistati sapevano che gli israeliani sono sia gli occupanti che i coloni illegali.
    L’uso selettivo del linguaggio e’ terrificante, spiega lo studio.
    Termini come “assassinio”, “atrocita’ “ e “terrorismo” sono usati esclusivamente in relazione alle morti di israeliani. Lo scopo per il quale i giornalisti assumono la prospettiva israeliana, dice il professor Greg Philo, “puo’ essere ben chiaro se le frasi vengono invertite ... Non troviamo mai nessuna notizia che ci dica che “Gli attacchi palestinesi sono la risposta per l’assassinio di coloro che resistono contro l’illegale occupazione israeliana”.
    Da anni i giornalisti soffrono a causa delle mail di odio inviate dai sionisti e delle pressioni di “regolari chiamate da parte delle ambasciate israeliane” agli editori. Cio’ puo’ prendere delle forme sottili: la pressione viene esercitata, ad esempio, sui corrispondenti da Gerusalemme, i quali devono dare le notizie secondo gli interessi di cio’ che gli viene detto sia “equilibrato”, ma questo e’, in effetti, una censura per omissione.
    Se Michael Green ed i suoi vocianti amici riusciranno ad intimidire l’ITV e la Commissione Televisiva Indipendente, la liberta’ dei direttori TV di essere qualcosa in piu’ di semplici veicoli della “verita’ ufficiale” sara’ distrutta, come pure la possibilita’ di offrire agli ascoltatori una vera diversita’ di prospettiva e di far loro conoscere fatti che vengono solitamente tenuti nascosti. Non importa quanto grandi, forti e potenti siano le corporazioni dei media: i giornalisti ed i direttori dei media hanno il dovere di resistere per l’interesse di quel pubblico che dovrebbero servire.

    www.johnpilger.com
    traduzione a cura di www.arabcomint.com
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  8. #8
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    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  9. #9
    Totila
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    Originally posted by Der Wehrwolf

    Azz... Ma questa è una vignetta antisemita!

  10. #10
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