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E' il Parlamento al centro della democrazia dell'alternanza
Il notista politico del "Corriere della Sera", Paolo Franchi, in uno scritto dal titolo "Le regole e gli errori" apparso mercoledì 27 marzo, a commento della decisione del governo di andare avanti con le riforme, ha osservato che "possiamo archiviare serenamente anche la democrazia dell'alternanza assieme a tante altre illusioni perdute" se dovesse venir meno il principio secondo il quale "chi ha vinto detiene il diritto-dovere di governare e che il Parlamento è la sede primaria del confronto". Il Parlamento.
Certo, in democrazia esistono altri spazi dove si elaborano idee e si fanno proposte che diventeranno leggi. Perché, come diceva un grande intellettuale spagnolo degli anni trenta, le proposte che non diventano leggi finiscono per essere "soltanto chiacchiere da osteria". I sindacati, i partiti, le chiese, i giornali, la radio e la televisione, le organizzazioni imprenditoriali e professionali, tutti i luoghi di lavoro concorrono a formare e ad orientare l'opinione pubblica.
Ma è il Parlamento che trasforma in leggi il verdetto popolare espresso con il segno sulla scheda che si depone nell'urna. Questa è la democrazia. E non altro.
Si possono non condividere le decisioni della maggioranza parlamentare. Ma non demonizzarle come un attentato alle regole della democrazia. Ci sono due strade per modificare quelle decisioni: il referendum abrogativo (da usare con parsimonia, pena il suo scadimento) e la verifica nelle legislative successive.
Sono le due strade codificate dalla nostra Costituzione, cui i repubblicani restano ancorati. Non ce ne sono altre.
Roma, 28 marzo 2002
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tratto dal sito web:
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