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  1. #1
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    Exclamation Un po' di rispetto ! ... a proposito di crisi irachena


    [mid]http://www.ekn.net/midi/Houston/the-greatest-love-of-all.mid[/mid]

    ansa 25 settembre - Giorgio La Malfa è visbilmente contrariato e appena Silvio Berlusconi esce dall'aula di Montecitorio e gli va incontro in Transatlantico, l'esponente repubblicano lo apostrofa così: "Io non parlo se non c'è il presidente del Consiglio". L'intervento di La Malfa è infatti tra quelli previsti nel dibattito sulla crisi irachena, ma il premier deve lasciare l'aula. "Ho un appuntamento con il presidente austriaco Klestil - spiega Berlusconi attorniato dai giornalisti - e non sono riuscito a spostarlo. Ma non posso assolutamente non essere la".

    Cavolo, un pò di rispetto: si parla di guerra, mica di Cirami o Ciromi.Non penso Blair o Schroder che mollano nel bel mezzo della discussione su un possibile intervento.
    saluti
    echiesa

  2. #2
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    Predefinito a 16 mesi dall'insediamento del governo Berlusconi

    gli riconosco un solo merito certo, quello per cui la sinistra l'accusa di avere posto l'Italia in una posizione di politica internazionale "adagiata" su quella Usa. Magari fosse così! Ma solo per il fatto che gli venga rivolta una simile accusa, Berlusconi merita il nostro sostegno. Nel senso che le pretese di autonomia dell'Italia nella politica internazionale, che so, Sigonella, il ruolo mediterraneo, hanno avuto effetti disastrosi. L'Italia stia sotto gli Usa. Meglio che star sotto il vaticano o sotto le farneticazioni dei socialisti nostrani, democratici o no che siano.
    Tra l'altro ho sentito Fassino in aula ieri. Le sue nobili preoccupazioni su un conflitto in Iraq che potrebbe avere conseguenze disastrose per la stabilità dell'area. Ma dove ha vissuto Fassino? E' dall'89 che ci sono le conseguenze disastrose, perchè l'Urss una funzione l'aveva svolta, quella di contenimento e di controllo dell'integralismo islamico. Dopo il crollo dell'Urss la situazione si è deteriorata ai massimi termini ed il medioeriente è già una polveriera e Saddam, il suo profeta. Cosa bisogna aspettare? Chi è poi che vuole l'intervento contro l'Iraq? Il laburista Peres esattamente come il conservatore Sharon - se mai mi leggesse Jan Hus, glielo ricordo: ecco un caso di alleanza fra la sinistra e la destra -. E non perchè Peres è un guerrafondaio, ma perchè la guerra è già stata dichiarata. La guerra c'è già in medioriente, - è chiaro? Ed è tale che ha colpito non solo Israele, e la continua a colpire, ma è arrivata a colpire New York. Ora, possiamo voltarci da un'altra parte, o anche negoziare con il mondo arabo le condizioni per la nostra sicurezza. Oppure ci rendiamo conto, onorevole Fassino, di una situazione internazionale abbondantemente compromessa, alla quale dobbiamo reagire. Bene il cavalier Berlusconi, a contrario dI quello che a loro tempo fecero e sostennero l'onorevole Andreotti, e l'onorevole Craxi, ha preso in merito una posizione ferma, netta e che io spero solo sia capace di mantenere, indipendentemente dal sentimento qualunquista e menefreghista che raccoglie sicuramente gli umori della maggioranza dei cittadine del nostro Paese.
    Detto ciò, il presidente del Consiglio ha degli obblighi precisi verso il Parlamento e naturalmente verso la sua maggioranza. Non può dunque permettersi di mandare a quel paese un ex capo dello Stato e tantomeno di non ascoltare, qualunque ragione formale potesse avere, coloro che erano iscritti a parlare e che sarebbero inntervenuti sulle sue comunicazioni. Nel nostro caso, poi, la cosa è doppiamente grave perchè già non siamo consultati, già non siamo informati sulle scelte e le strategia dell'esecutivo, già non siamo considerati un membro della coalizione a pari dignità degli altri membri. Per cui, se poi nemmeno ci si ascolta in aula, bene evidentemente questa maggioranza e questo premier non hanno bisogno del nostro contributo politico o per lo meno ritengono di poterne fare a meno. Insomma, se Berlusconi " ci pensa lui", che possiamo dire se non, bene che ci pensasse lui. Noi capiremo e vedremo di incominciare a pensare a qualcosa d'altro.

  3. #3
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    Predefinito Re: a 16 mesi dall'insediamento del governo Berlusconi

    Originally posted by calvin
    Detto ciò, il presidente del Consiglio ha degli obblighi precisi verso il Parlamento e naturalmente verso la sua maggioranza. Non può dunque permettersi di mandare a quel paese un ex capo dello Stato e tantomeno di non ascoltare, qualunque ragione formale potesse avere, coloro che erano iscritti a parlare e che sarebbero inntervenuti sulle sue comunicazioni. Nel nostro caso, poi, la cosa è doppiamente grave perchè già non siamo consultati, già non siamo informati sulle scelte e le strategia dell'esecutivo, già non siamo considerati un membro della coalizione a pari dignità degli altri membri. Per cui, se poi nemmeno ci si ascolta in aula, bene evidentemente questa maggioranza e questo premier non hanno bisogno del nostro contributo politico o per lo meno ritengono di poterne fare a meno. Insomma, se Berlusconi " ci pensa lui", che possiamo dire se non, bene che ci pensasse lui. Noi capiremo e vedremo di incominciare a pensare a qualcosa d'altro. [/B]

    saluti
    echiesa
    questo è mio cugino, è più inc..di me, non ne sono convinto, ma forse ci credeva

  4. #4
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    Predefinito

    Intervento del sen. Del Pennino sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio sulla questione irachena

    Onorevole Presidente del Consiglio,

    I repubblicani hanno vivamente apprezzato le sue dichiarazioni , e concordano con Lei sulla necessità di giungere rapidamente a una nuova risoluzione dell' O.N.U. sulla questione irachena, che non si presti ad equivoci e che definisca le condizioni per l'uso misurato della forza di fronte a un eventuale ulteriore sfida da parte dell'Iraq alla comunità internazionale .

    Ci riconosciamo anche in un'altra Sua affermazione: quella in cui ha sottolineato come, di fronte alla sfida terroristica e alle complicità che questa incontra in alcuni stati, il nostro destino di europei e di italiani sia legato a quello degli Stati Uniti .

    Nel momento in cui sembrano delinearsi all'interno della politica europea due differenti linee: una di distinguo nei confronti degli Stati Uniti, che trova il suo nucleo portante nel legame franco-tedesco, esaltato dal Presidente della Commissione Europea, e che pare diventare il collante della sinistra italiana ; l'altra favorevole, a uno stretto rapporto con gli Stati Uniti e a una concezione "atlantica" dell'Europa e della politica estera dell'Unione, che trova il suo riferimento nella Gran Bretagna di Tony Blair, i repubblicani non possono non condividere la scelta, che emerge chiaramente dalle sue dichiarazioni, di collocare il nostro paese su questo secondo versante.

    E ciò affermiamo non tanto perché questa è stata la logica che ha presieduto alle nostre alleanze in mezzo secolo di storia repubblicana, ma soprattutto per una riflessione squisitamente politica , relativa proprio alla questione irachena .

    Solo su questa linea il nostro Paese può esercitare un ruolo per contribuire a riavvicinare le posizioni dell'Unione Europea e quelle degli Stati Uniti, (riavvicinamento di cui gli stessi tedeschi all'indomani delle elezioni sentono la necessità come dimostra la visita di Schroeder a Tony Blair) e solo una posizione dell' Europa priva sbavature e di tentennamenti, nel rapporto con gli Stati Uniti, può indurre l'amministrazione americana a mantenere le sue azioni nel quadro dell' O.N.U.

    25 Settembre 2002

    --------------------------------------
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  5. #5
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    Uno parla ed uno sta zitto: chi commissariamo??
    saluti
    echiesa

  6. #6
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    Predefinito Mandiamoli a CASA.

    Chi ha detto che nel nostro partito, dopo i vari commissariamenti, non esiste l'autonomia ha sbagliato di grosso.
    Quì ognuno fà come meglio crede senza un minimo di programazione e di strategia politica, io credo che per far dispetto a La Malfa (Vittorio), il Segretario abbia detto a Del Pennastro di intervenire tanto per stemperare il clima in vista del congresso.

    Baci e abbracci. Gino

  7. #7
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    Leggiti un pò la relazione.........
    saluti
    echiesa

  8. #8
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    Predefinito

    Ogni intervento di Del pennino al Senato dall'inizio della legislatura mi pare un'apologia del Vate Berlusconi. Che tristezza...

  9. #9
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    Predefinito Il DOSSIER di BLAIR che smaschera il regime iracheno

    Tutti i trucchi con cui Saddam bara con l’Onu da più di 10 anni
    IL DOSSIER DI BLAIR E ALTRE TESTIMONIANZE RICOSTRUISCONO IL RIPETITIVO COPIONE IRACHENO PER EVITARE VERE ISPEZIONI

    Il rapporto che il Regno Unito ha reso pubblico nei giorni scorsi, a proposito delle “Armi di distruzione di massa dell’Iraq”, riepiloga le tattiche ostruzionistiche che Saddam Hussein ha messo in campo contro le ispezioni dell’Onu. Già il 15 agosto 1991, la risoluzione 707 accusa l’Iraq di non collaborare con gli ispettori dell’Onu e della Iaea. La richiesta di permettere il loro compito è reiterata in una serie di altre 11 risoluzioni. Alla fine, di fronte al sistematico ostruzionismo di Saddam, l’Unscom è stata addirittura smantellata e sostituita dall’Unmovic: United Nations Monitoring Verification and Inspection Commission. Ma il nuovo organismo in Iraq non riesce neanche a entrare.

    Come ha fatto Saddam a guadagnare tanto tempo?
    Il 3 marzo 1991, a 4 giorni dalla liberazione del Kuwait, Saddam accetta i termini del cessate il fuoco contenuti nella risoluzione 686 dell’Onu. In questo testo non si parla ancora delle ispezioni. Queste sono invece contemplate nella risoluzione 687 del 3 aprile ’91: l’Iraq deve rinunciare a ogni tipo di tecnologia bellica nucleare, biologica, chimica e missilistica. Il controllo delle armi biologiche e chimiche è affidato a una Commissione speciale dell’Onu (Unscom), di quelle nucleari si occupa l’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Iaea). “Quando abbiamo lasciato l’Iraq non restavano più fabbriche chimiche a rischio”, ha spiegato l’argentino Ricardo García Moritán, altro ex ispettore dell’Unscom. “Ma – ha aggiunto – nel campo delle armi biologiche la cooperazione irachena è stata quasi nulla, e trovare materiale è quasi impossibile, dal momento che un ceppo pericolosissimo può essere prodotto nella stanzetta di qualsiasi casa privata. C’era molto materiale a doppio uso: medicinale, ma anche letale. E loro non ci spiegavano che cosa ne volessero fare”. Sempre secondo questa testimonianza, “il livello degli scienziati iracheni e le possibilità finanziarie di cui disponevano erano tali che Saddam Hussein ha avuto tutto il tempo per ristabilire la capacità di cui disponeva all’epoca della Guerra del Golfo”. Dal 1998, epoca dell’espulsione dell’Unscom, “l’informazione di cui si dispone è zero”. “E’ stato tutto un gran gioco del gatto col topo”, è il parere dell’inglese Tim Trevan, portavoce dell’Unscom tra il 1992 e il ’95, che sulle tecniche usate da Saddam per “gettare fumo in faccia” agli ispettori ha scritto un libro. “Saddam’s secrets. The hunt for Iraq’s hidden weapons”, “I segreti di Saddam. La caccia alle armi nascoste irachene”. Trevan ricorda così la quarta ispezione nucleare: “Quando gli ispettori disarmati cercarono di entrare in un sito militare furono bloccati da guardie irachene armate. Potevano vedere chiaramente gli iracheni mentre caricavano freneticamente materiali su camion che poi partivano dalla porta sull’altro lato. Tentarono allora di raggiungere il convoglio e si videro sparare addosso”. E’ vero che “tutto il percorso di quei camion fu facilmente ricostruito dall’osservazione di aerei e satelliti”. Ma poi Saddam proibì l’accesso al nuovo sito, fino a quando non gli arrivò una minaccia di bombardamento da parte del Consiglio di sicurezza. Solo a quel punto l’ispezione potè essere effettuata, rivelando dispositivi per l’arricchimento dell’uranio. Saddam disse che servivano per “programmi civili”, senza spiegare perché si fosse cercato di nasconderli con tanto affanno.
    Nell’impianto di al-Mamoun, ad esempio, le strutture per la fabbricazione di propellente solido per i missili già smantellata dall’Unscom sono state rimontate di soppiatto, dopo che l’Unscom se n’è andata.

    Aggirando le sanzioni, Saddam è riuscito a importare fibra ottica per usi militari. Camion per usi civili arrivati nell’ambito del Programma Oil for Food sono stati riconvertiti in camion militari. Ma Baghdad ha soprattutto condotto una guerra di logoramento nervoso contro gli ispettori che si è rivelata finora vincente. Il copione più volte ripetuto inizia con l’accusa a qualche ispettore di essere una spia, continua con la minaccia di cessare ogni cooperazione, e si conclude con un appello al jihad. Una buona sintesi di com’è andata è stata fatta dal presidente dell’Unscom, l’australiano Richard Butler: “Gli iracheni ci hanno mentito sistematicamente”. “Sul programma atomico dell’Iraq la Iaea si è fatta prendere in giro”, ha a sua volta riconosciuto lo svedese Hans Blix, che dopo aver diretto la stessa Iaea è ora alla testa della Unmovic.

    Nella “scatola dei trucchi” di Saddam, come la chiama Trevan, ci sono almeno sette tecniche, confermate dal rapporto di Blair.

    Prima: la pedanteria.
    Attaccarsi alla lettera delle risoluzioni per sabotarne lo spirito. Trevan nota che nella lettera del 16 settembre Saddam ha fatto riferimento alla risoluzione 687 del ’91. Quel documento, infatti, prevedeva che le ispezioni dovessero iniziare “entro 90 giorni”. Un termine scaduto da oltre un decennio.

    Seconda: le restrizioni.
    L’ultima ispezione fallì dopo la richiesta irachena di comunicare l’obiettivo per iscritto prima di compiere il sopralluogo.
    Su questo punto la Lega Araba ha fatto da sponda alle manovre di Saddam con la proposta di escludere dalle ispezioni i siti civili, malgrado la convinzione anglo-americana che tra i principali nascondigli ci siano proprio i suoi otto palazzi. E’ una convizione maturata anche in seguito al sistematico rifiuto di Saddam di permettere agli ispettori di visitarli. Un analogo divieto è stato opposto anche a ispezioni nella sede del partito di regime Baath. Come ricorda il dossier del governo Blair, citando il rapporto di Butler al Consiglio di sicurezza, gli iracheni cercavano d’imboscare sistematicamente materiale bellico, denunciando solo quello più obsoleto, alterando la documentazione e cercando di mantenere le linee di produzione in efficienza. La categoria dei siti “presidenziali” e “sovrani” fu tirata fuori all’improvviso da Saddam nel dicembre ’97. Il dossier britannico mostra la foto dall’alto di uno di questi siti e vi inserisce dentro la sagoma, piccola al confronto, di Buckingham Palace, per mostrare come la struttura sia spropositata per ogni esigenza di “rappresentanza”: “Molti di questi cosiddetti palazzi sono vasti recinti che costituiscono parte integrante delle contromisure irachene volte a nascondere materiali”.

    Terzo: la sorveglianza.
    E’ stato Blix a porre l’esigenza che le nuove ispezioni non siano più pesantemente scortate dai militari iracheni. A parte la possibilità di prevenire i movimenti degli ispettori, lo spiegamento di gente armata aveva un sottofondo implicitamente o esplicitamente intimidatorio. Una volta sul quartier generale degli ispettori caddero granate. Altre volte, gli ispettori furono presi a fucilate. La lista di queste intimidazioni è elencata nel dossier britannico: 10 episodi, tra il giugno ’91 e il settembre ’97. Ma l’intimidazione maggiore era nei confronti degli stessi iracheni. Osserva l’esperto nucleare americano David Albright, ispettore nel ’96: “Uno degli errori maggiori che abbiamo fatto è stato quello di permettere che fossimo sempre accompagnati da funzionari iracheni. A volte c’era perfino un’équipe tv che riprendeva tutto. E’ necessario che gli ispettori possano parlare
    da soli con gli iracheni senza controlli di mezzo, anche imponendo a scienziati e funzionari interviste fuori dal paese”.

    Quarto: la dispersione.
    Gli alloggi per inuovi ispettori – ha detto Blix – non dovranno più essere in luoghi lontani dalle basi dei loro elicotteri, in modo che ogni loro mossa non sia più lenta e previdibile come in passato. Butler ha spiegato che “le armi batteriologiche irachene erano montate su missili posti su rampe mobili in grado di spostarsi rapidamente per evitare di essere colpite da bombe”. E dalle ispezioni.
    E’ più sottile, ma va nella stessa direzione l’altro pacchetto delle ultime richieste irachene: gli ispettori dovrebbero essere in maggioranza europei ed essere accompagnati da “osservatori neutrali”: religiosi, sindacalisti, giornalisti.
    Il 29 ottobre ’97 Saddam boicottò l’Unscom, espellendo i membri americani della commissione e, dopo essere stato costretto a riammetterli il 20 novembre, il 13 gennaio ’98 sospese ogni cooperazione col team dicendo che “c’erano dentro troppi inglesi e americani”.
    La polemica sulla nazionalità degli ispettori, però, quasi occulta l’altro obiettivo: rendere le delegazioni il più pletoriche possibile per rallentarne ulteriormente i tempi di spostamento. Paradossalmente, sull’idea di accrescere il numero di ispettori è d’accordo anche l’americano David Kay, predecessore di Butler alla testa dell’Unscom. Ma per motivi opposti. “Gli iracheni nascondono tutto. Gli iracheni muovono, militarizzano, spostano le cose da una parte all’altra, in strutture che sono di per sé difficili da ispezionare”. Per lui, la Unmovic, ora forte di 63 ispettori di 17 paesi integrabili da altri 220 esperti di 44 paesi, dovrebbe essere portata ad almeno 1.000 esperti. Con piena disposizione di un centinaio di elicotteri: una media di un elicottero ogni 10 ispettori.

    Quinto: lo spionaggio telefonico.
    Stando alle denunce degli ispettori, i Servizi di Saddam non si sono limitati a mettere dappertutto “cimici” per intercettare, ma hanno disturbato direttamente le chiamate ai quartier generali di New York e Vienna, rendendole faticose e poco frequenti.

    Sesto: il “divide et impera”.
    Saddam ha tenuto aperto il dialogo con ben tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu: Cina, Russia e Francia. E così il blocco tra Stati Uniti e Regno Unito si è trovato sempre in minoranza ogni volta che sorgeva una discussione sul sistematico sabotaggio delle ispezioni.

    Settimo: la solidarietà araba.
    Alcuni Stati arabi, che magari ospitano basi americane che sarebbero utilizzate in caso di attacco all’Iraq, cercano di distrarre l’opinione pubblica interna ostentando appoggio a tutte le richieste di Saddam volte a “reintepretare” le ispezioni per aggirarle. Saddam ha ripetutamente insistito sul concetto che gli ispettori erano “un nido di spie in collusione con Israele”.
    Ma i trucchi di Saddam non riguardano solo le ispezioni. L’Iraq doveva “rilasciare i prigionieri detenuti durante la Guerra del Golfo… restituire le proprietà kuwaitiane rubate durante la Guerra del Golfo… accettare di pagare indennizzi secondo la legge internazionale per i danni provocati dalla sua invasione illegale dell’Iraq”. Ci sono almeno 16 mila persone della cui sorte l’Onu ha chiesto a Saddam delucidazioni, e sulle quali il dittatore continua a rifiutare ogni collaborazione. Per lo più sono kuwaitiani, ma ci sono anche sauditi e cittadini di altri 12 paesi, desaparecidos durante l’occupazione dell’Emirato. Ci sono almeno 5.000 prigionieri iraniani della “Guerra dei Sette Anni”. La Commissione tripartita sugli scomparsi della Guerra del Golfo ha a sua volta chiesto lumi su 609 nomi, ottenendo collaborazione solo per l’individuazione di 4. Tra questi “missing” c’è un pilota americano. Amnesty International ha certificato che Saddam ha il record mondiale in materia di sparizione di persone. Il dittatore da una parte dice di non saperne niente, dall’altra si rifiuta di restituire al Kuwait gli archivi nazionali, compresi quelli dell’anagrafe che permetterebbero di capire quanta gente manchi all’appello. La richiesta di liberazione dei prigionieri e di avere informazioni sugli scomparsi, formulata nella risoluzione 686 è stata poi reiterata nelle risoluzioni 687, 707 del 15 agosto ’91, 1060 del 12 giugno ’96, 1284 del 17 dicembre ’99. Nel bottino kuwaitiano, tuttora non restituito, ci sono anche opere d’arte trafugate dai musei.
    In più, obbligate dall’Onu a rinunciare ad avere armi proprie, le Forze armate irachene trattengono materiale bellico sottratto all’esercito e all’aviazione dell’Emirato durante l’invasione: 8 Mirage F-1, 245 veicoli da combattimento di fabbricazione russa, 90 veicoli trasporto truppe M113, una batteria Hawk, 3750 Tow e missili anticarro, 675 batterie di missili terra-aria sempre di fabbricazione russa. Sono state usate anche queste armi nella repressione delle rivolte curda e sciita?
    Il 5 aprile 1991 le Nazioni Unite votano la risoluzione 688, che condanna le repressioni sulla popolazione irachena e dice che l’Iraq deve permettere “immediato accesso alle organizzazioni internazionali umanitarie per coloro in condizioni di assistenza”. Una richiesta ripetuta nella risoluzione 1285 del 17 dicembre ’99: “Chiediamo all’Iraq di distribuire i beni umanitari e le forniture mediche al suo popolo e di venire incontro alle necessità degli iracheni vulnerabili senza discriminazione”. Ecco che si coglie la contraddizione tra l’immagine del “paese alla fame” per effetto dell’embargo e il particolare che Saddam sia stato indicato dalla rivista Forbes nella lista degli uomini più ricchi del mondo, con un patrimonio stimato in 6.000 miliardi di dollari. L’embargo infatti, per Baghdad, non è servito solo a rovesciare sull’America la colpa per la situazione di stagnazione economica in cui il paese è precipitato, ma anche a fornire a Saddam il modo di rimpinguarsi le tasche, facendo pure circolare qualche sostanziosa briciola ai suoi protetti.

    Il programma “Petrolio per Cibo”, introdotto dopo l’accordo del 20 maggio ’96, che pone i proventi di queste limitate vendite di greggio iracheno in un fondo speciale per evitare che siano spesi in armi o materiale bellico. Poiché però è il governo di Baghdad che contratta le vendite, ha il modo di concordare sovrapprezzi non dichiarati del 10 per cento, che finiscono direttamente nelle casse dello Stato o nelle tasche di prestanome. Tenendo presente che il memorandum permette la vendita di petrolio pari a un valore di 2 miliardi di dollari al semestre, si può avere un’idea del giro d’affari che questo 10 per cento in più significa.
    Quanto al cibo e ai medicinali che arrivano nel paese in cambio del petrolio, gran parte è poi rivenduta di contrabbando all’estero. Le risorse così reperite sono poi reinvestite in “stipendi” a giornalisti, scrittori, cantanti e artisti sparsi nel mondo arabo, perché difendano la causa irachena. Pure di contrabbando esce un fiume di petrolio non autorizzato. In parte passa per la Siria, molto di più per la Giordania. C’è poi il Qatar, che da una parte ospita i soldati americani, dall’altra fornisce al greggio iracheno quel “certificato” di origine fasullo che gli permette di finire sul mercato internazionale. Le petroliere dichiarano di dirigersi verso l’Iran, per poi infilarsi di soppiatto fino ai terminali iracheni, e tornare poi in Qatar dopo essere passate di nuovo attraverso le acque iraniane, previa mazzetta da 50 rial per tonnellata metrica in transito concessa a Teheran.
    ----------------------------------------------


    tratto da
    Il Legno Storto

  10. #10
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