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COFFERATI e l'Art.18
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le recenti prese di posizione del segretario nazionale del PRI , prima al consiglio nazionale , poi, con il messaggio al congresso nazionale della UIL ed infine con la nota a commento della decisione della UIL di aderire allo sciopero generale mi sembravano molto esplicite rispetto alla condivisione dell'atteggiamento del governo. Ma siccome queste si fermavano al 15/3/2002 non si capisce se siano attuali o meno visto che il 16/03/2002 Lauro Biondi, responsabile nazionale delle politiche sociali del Pri ha diramato un comunicato, apparso in alcuni giornali locali nel quale si afferma "il Governo sbaglia e rischia un conflitto senza senso sull'art. 18...giovedì scorso il governo ha riproposto la posizione pressochè uguale a quella iniziale. Tale conclusione esclude la possibilità di un confronto senza pregiudiziali con quelle parti sociali che avevano ritenuto di non assumere posizioni ideologiche e che ha fatto precipitare l'ipotesi di realizzare una riforma senza conflitto sociale".
Nel merito ,io credo che l'autonomia del sindacato sia un valore che occorre rispettare senza tentativi di strumentalizzazioni a fini di lotta politica, quali che siano le scelte compiute. Questo valeva quando sembrava che la UIL si dissociasse dall'atteggiamento della CGIL e deve valere oggi se ha maturato la convinzione dello sciopero generale. Il problema ha assunto una valenza politica che va al di là delle vere ragioni di merito, perchè il governo vuole dimostrare che riduce il peso del sindacato e delle tutele, e il sindacato vuole ribadire il suo peso contrattuale.
Credo che i casi realmente sottoposti all'art. 18 siano poche centinaia a livello nazionale ogni anno, quindi non si aggiungerebbe grande flessibilità al mercato del lavoro, ma è diventata una prova di forza ,dopo la decisione di liquidare qualsiasi politica concertativa.
La sinistra si appiattisce sulle posizioni dei sindacati e la destra su quelle della confindustria, riproponendo una sorta di lotta di classe e sociale che sarebbe stato meglio evitare.
Il professor Modigliani ,che non mi pare sia accusabile di essere filo Berlusconi, in questi giorni ha invitato la sinistra ad essere più disponibile ad una concezione di maggiore flessibilità del mercato del lavoro e a non irrigidirsi nella difesa dell'art. 18.
Quindi, occorre entrare più nel merito del problema, sapendo che la stessa ricetta non è proponibile in zone del paese dove la disoccupazione è praticamente zero ,anzi c'è carenza di personale, come in Romagna o nel Triveneto, e in zone, dove ci sono cifre di disoccupazione giovanile e femminile che rasentano il 50%o addirittura, come la Calabria, dove si parla di un 70% di disoccupazione. Nelle prime, l'elemento di flessibilità è relativo, perchè essendoci la piena occupazione è difficile sostituire forza lavoro, ma questa situazione tutela anche i lavoratori perchè, in un mercato così ricettivo, la garanzia della stabilità del lavoro è dato dall'andamento dinamico del mercato e non dalla tutela statica di quel posto di lavoro.
Nelle zone a disoccupazione alta non è l' abolizione dell'articolo 18 il rimedio vero, tuttavia, un minimo di flessibilità in più può aprire per i lavoratori del futuro qualche prospettiva maggiore, e questo va valutato serenamente.
Se invece il superamento dell'art. 18 assume la caratteristica di scontro politico che mette in discussione il ruolo del sindacato, è evidente che si costringe il sindacato, tutto, a reagire duramente contro il governo.
Sono convinto che il superamento del ruolo del sindacato che qualcuno insegue sarebbe una sciagura per il paese, perchè aprirebbe a forme di sindacalismo autonomo non certo più rispondenti all'interesse generale.
Così come forme di eccessivo garantismo rischiano di penalizzare l'ammodernamento e l'occupazione e quindi costituiscono forme di conservatorismo, che la tradizione lamalfiana del pri ha sempre denunciato.
Rimane il problema interno : il dissenso del responsabile nazionale del settore nei confronti delle posizioni del segretario non è un qualcosa che è riconducibile ad un dissenso personale di un dirigente o di un iscritto , il che sarebbe legittimo e plausibile , ma rimane un conflitto che sarebbe meglio chiarire : o con le dimissioni di Biondi dall'incarico , visto la contraddizione anche del suo atteggiamento , favorevole in consiglio nazionale ed apertamente in dissenso oggi sulla stampa ,oppure- ma sarebbe pretendere troppo- correggendo le posizioni del consiglio nazionale, come voleva Riscossa.
Widmer Valbonesi