Divertente comizio di Bossi, ieri, a Ponte di Legno,davanti a una folla debordante di 2000 persone.
Molti i temi affrontati e le cazzate sparate.
Leggi bene e poi vota l'europirlata che più ti ha divertito.
Corriere della Sera, 17.8.02
«Ostacoli alle riforme, la Lega torna in piazza»
Bossi: l’Europa ci lega le mani dietro la schiena se non lascia 4-5 anni per il rilancio economico
DAL NOSTRO INVIATO
PONTE DI LEGNO (Brescia) - Gli unici botti esplosi durante il tradizionale Ferragosto della Lega in terra camuna sono stati i fuochi d’artificio. Questa volta dal palco del palazzetto di Ponte di Legno (così come dal suo «castello») il senatur ha parlato da ministro: una rassicurazione che «nel governo non c’è nessuna crisi: si va fino alla fine della legislatura», un invito alla «saggezza» e alla «flessibilità politica» per dare ossigeno all’economia, un secco «no» al ddl Pittelli in materia di giustizia, un’anticipazione della tv di Stato che verrà forte di «telenovele e fiction milanesi». E poco importa se a mezz’ora dalla fine del comizio (quasi 4.000 militanti per gli organizzatori, la metà per le forze dell’ordine) sugli spalti del palazzetto ci sono posti vuoti e nel listì dei pres (il menù e listino dei prezzi) manca la polenta. E’ bastato un appello al popolo del Carroccio a riconquistare la piazza in nome delle riforme per ricordare che il «patto della Casa delle Libertà (quello che per un anno solo in quattro conoscevamo: io, Tremonti, l’Aurelio - il suo braccio destro, ndr - e il sottosegretario Brancher) viene dal popolo». Così come l’«economia» e anche l’«informazione»: «Quello che arriva - ha detto il ministro delle Riforme - sarà l’anno dei grandi cambiamenti. Ma vedo che ci sono ancora molte resistenze a cambiare e allora la Lega torna alla piazza per sostenere le riforme del cambiamento». Ma sia chiaro: «Niente violenza. La piazza è un luogo importante per la democrazia».
PATTO DI STABILITA' - E piazza sia. Le prove generali, del resto, il senatur le ha fatte durante la sua tradizionale vacanza montana (senza nessun rimpianto per il mare della costa Smeralda: «I miei figli, si trovano bene a "casa" loro»). «Scusi ministro e il patto di stabilità? », gli chiede la gente che lo incontra per strada. E lui giù, a improvvisare comizi nei prati come nelle hall degli alberghi fino a tirar notte. E fino a salire sul palco: «Non lo so se il patto di stabilità va rivisto. Credo che il problema sia quello di ottenere flessibilità politica, spostare il là di quei quattro o cinque anni perché le cose possano avvenire quando l’economia va bene». E con la faccia scura: «Insomma, occorre saggezza». Ricorda come già un mese e mezzo fa a Madrid «il patto si è allentato». E ribadisce: «Quattro o cinque anni finché l’economia viene rilanciata: se così non fosse sarebbe come se l’Europa ci legasse le mani dietro la schiena e ci mandasse a combattere contro i mercati internazionali». Dal patto di stabilità alla strada della ripresa. «Se il potere viene dal basso anche l’economia deve venire dal basso». Addosso quindi all’«economia della borsa», alla «new economy di Clinton» voluta dalla sinistra per «cancellare la proprietà»: «Peccato che le piccole imprese (che rappresentano il 75% del Pil di questo Paese) non vanno in borsa: l’unica via d’uscita è affiancare all’economia finanziaria quella delle grandi opere».
PRODUZIONE RAI - «Dal basso», «dal basso»: «patto», «economia». Ma anche «informazione». Se per strada al «scusi ministro» segue una domanda sulla Rai Bossi risponde con il comandamento del verbo leghista: «anche l’informazione deve venire dal popolo». Poi taglia corto. Liquidando il caso Bracalini e informazione con un «ah, io non so». Ma sui programmi della tv di Stato: «A Milano c’è un centro di produzione che produrrà. Ma sia chiaro: come a Roma o Napoli». E sul cosa il senatur ha le idee chiare: «Fiction alla milanese». Un esempio: una bella «telenovela». Non nel dialetto del Porta (anche perché la Lega guarda ormai a quello dei «Van De Sfroos capace di attirare anche i giovani»), ma che esprima un «modo di vedere alla milanese». Spiega il senatur: «I tempi sinistrorsi che portarono la cinematografia lontano da Milano sono finiti». E qualcuno parla già di una Cinecittà del Nord. Con buona pace di Storace e Veltroni: «Gente che deve fare la sua parte», ridimensiona Bossi.
GIUSTIZIA - Anche in fatto di giustizia dal ministro delle Riforme arriva un invito considerare fatti e parole in base ai ruoli. Il disegno di legge Pittelli: «Ho letto qualcosa sui giornali e sinceramente non capisco come si possano inviare informazioni di garanzia così», commenta. «Secondo me in questa cosa il governo non c’entra niente e non c’entrano neppure i partiti della coalizione». Tra una stretta di mano e una foto ricordo, ai «fedelissimi» in cerca di chiarimenti quindi spiega: «E’ una cosa che ha presentato un parlamentare». «Di Forza Italia, però». E lui ribadisce: «Un parlamentare».
IL SENATUR E I CENTRISTI - Guai però a parlargli di spaccature o crisi all’interno della Casa delle Libertà. «Nella coalizione c’è un rapporto forte perché c’è un progetto forte. Si arriva fino alla fine della legislatura perché noi dobbiamo fare le riforme». Primo passo: «La devoluzione». Ma mentre in ciascun discorso il ministro cita almeno cinque volte Tremonti e quattro Berlusconi, ai centristi non fa cenno se non rispondendo a precisa domanda. Casini? «Simpatico, mi sembra solido. Ci sono però altri che vogliono solo apparire». Guardando alla «divisione dell’atomo» aggiunge: «C’è poi chi spera che tornino i vecchi tempi che non tornano più». E a chi lo accusa di avere la «faccia dura» (vedi Giorgio Vittadini, presidente della Compagnia delle Opere): «Vogliono tenersi i soldi delle fondazioni. Prima, quando erano con la Dc la società civile gli faceva schifo, ora che sono stati esclusi gli fa schifo la politica».
FAMIGLIA E IMMIGRAZIONE - Quindi dal palco del palazzetto di Ponte di Legno: «Per il primo anno al Nord ci sono stati più nati che morti». Il merito: «E’ anche della Lega». E via a parlare della battaglia contro la fecondazione eterologa e degli sgravi fiscali. Con un annuncio: «Stiamo pensando di aumentare l’assegno di accompagnamento a tutte le famiglie che hanno in casa handicappati gravi». Il modello è quello delle pensioni minime: portarlo al milione di lire, dai 200 euro attuali ai 500. «In Italia abbiamo contato 35.000 disabili sopra i trent’anni. L’aumento si potrebbe dare a tutti». E i soldi? «Non abbiamo neppure bisogno di Tremonti, sappiamo dove trovarli». Un accenno quindi alla legge sull’immigrazione (ricordandone la «bontà» del primo articolo e come alla fine «metterà d’accordo destra e sinistra») per parlare di casa: «Ero distratto, mi hanno fatto saltare il limite del cinque per cento per l’assegnazione delle case Aler agli immigrati. Ma a settembre lo farò reinserire».
Alessandra Mangiarotti