TRIBUTATE AL SIGNORE, FIGLI DI DIO, TRIBUTATE AL SIGNORE GLORIA E POTENZA, TRIBUTATE LA GLORIA DEL SUO NOME; PROSTRATEVI DAVANTI AL SIGNORE, ALLA SUA SANTA APPARIZIONE.
IL DIO DELLA GLORIA TUONO'
Sal.29 (28) 2-3
PORTA SOCCORSO O SIGNORE, POICHE' SFINITO E' IL FEDELE, SCOMPARSI SONO I GIUSTI DI MEZZO AI FIGLI DEGLI UOMINI
Sal.12 (11)
Due anni fa il sacrificio di 19 tra soldati e civili italiani
Dolorosa memoria e profonda riconoscenza per i caduti di Nassiriya
GABRIELE NICOLÒ
Un ricordo segnato dal pianto. Un dolore che si fa riflessione sulle conseguenze di ogni conflitto armato. Due anni fa veniva perpetrato l'attentato di Nassiriya. L'esplosione di un camion-bomba davanti alla base dei Carabinieri provocava la morte di dodici militari dell'Arma, di cinque soldati, di due volontari civili italiani, facendo strage anche di inermi iracheni, tra cui alcuni bambini. Un lutto che ha colpito l'intera Nazione italiana; un lutto causato dalla disumana logica della guerra, che fa scempio della vita umana e della sua dignità. In un telegramma di cordoglio fatto pervenire al Presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, Giovanni Paolo II sottolineava che le vittime dell'attacco terroristico erano morte nell'adempimento generoso della loro missione di pace. "Esprimo - si legge nel telegramma - la più ferma condanna per questo nuovo atto di violenza che, aggiungendosi agli altri efferati gesti compiuti in quel tormentato Paese, non ne aiuta la pacificazione e la ripresa".
Dopo due anni da quel tragico avvenimento, alla luce dei progressi, seppur limitati, compiuti lungo il cammino della libertà e della ricostruzione in Iraq, il sacrificio dei caduti di Nassiriya assume un valore ancor più pregnante. Gli attacchi e gli agguati continuano senza tregua, ma sul piano politico - anzitutto con la formazione di un Governo e con l'approvazione della nuova Costituzione - si registrano quei passi avanti che hanno, indubbiamente, il sapore della libertà. Quella libertà che, durante la spietata dittatura di Saddam Hussein, fu soppressa e negata; quella libertà per la quale sono andati in missione, nella piena consapevolezza dei pericoli che correvano, i soldati italiani. Un sacrificio, dunque, che con il tempo, in virtù degli sviluppi intervenuti sulla scena politica irachena, acquista rinnovato valore. Il popolo italiano non ha mai smesso di rivolgere un commosso ricordo ai caduti di Nassiriya, tenendo nel proprio animo sempre vivo quel sentimento di solidarietà che subito, con grande forza, si manifestò quel terribile 12 novembre.
In quella lunga, dolorosa giornata - che resterà per sempre incisa nella memoria storica dell'Arma dei Carabinieri - al Comando generale, in viale Romania, in Roma, oltre agli attestati di solidarietà dei rappresentanti delle istituzioni, delle forze politiche e sociali e di varie associazioni, furono numerosi anche quelli di tanti semplici cittadini, di ogni età e condizione.
Essi sommersero di fiori, accompagnati da scritte toccanti, l'atrio dell'edificio ed il selciato antistante. "Che Dio vi accolga nel Paradiso, giovani soldati d'Italia", vi era scritto in uno dei tanti biglietti.
Il dolore, la commozione, la preghiera di tutto un popolo si unirono, in esemplare sintesi, in occasione dei solenni funerali di Stato delle vittime dell'attentato terroristico, celebrati nella Basilica di san Paolo. In precedenza, tanti, tantissimi cittadini avevano reso omaggio alle diciannove bare nel sacrario delle bandiere all'Altare della Patria.
Nell'omelia il Cardinale Camillo Ruini sottolineava "la grande e nobile missione" dei caduti di Nassiriya, che hanno accettato di rischiare la vita "per servire la nostra Nazione e per portare nel mondo la pace". Il Porporato poi affermava: "Questa tragedia ha sollevato in tutta Italia una grande onda di commozione e ci ha fatti sentire tutti più vicini, ma ha anche instillato in noi una sensazione di freddo e di paura, di fronte all'incertezza della vita e alla ferocia che può annidarsi nell'animo umano".
Lo stesso giorno in cui venivano celebrati i solenni funerali di Stato, Giovanni Paolo II - nel Messaggio ai Vescovi italiani riuniti ad Assisi per la cinquantaduesima Assemblea Generale - affidava al Signore "gli Italiani che sono caduti in Iraq". Così si legge in un passo del Messaggio: "Mi unisco spiritualmente a voi per invocare il dono della pace sull'umanità tormentata da tanti sanguinosi conflitti. Insieme a voi affido al Signore gli Italiani che sono caduti in Iraq, compiendo il loro dovere al servizio di quelle popolazioni".
Il ricordo dei caduti di Nassiriya si carica anche di tenerezza in considerazione del fatto che i Carabinieri di stanza nella città irachena erano riusciti, nonostante il clima di tensione, a stabilire buoni e sereni rapporti con la popolazione locale. A testimonianza di ciò, una volta appresa la notizia del sanguinoso attacco, giunsero immediatamente le manifestazioni di cordoglio della popolazione irachena ai militari italiani. Molti iracheni, per dimostrare la loro solidarietà in un momento così difficile e doloroso, si recarono all'Ambasciata italiana. Alcuni avevano portato con sé anche dei mazzi di fiori.
Quel 12 novembre, in quella tragica circostanza si è specchiato il sacrificio degli operatori di pace. Il loro sangue è stato versato nell'adempimento di un nobile servizio, diretto a promuovere la pace in un territorio segnato dalle piaghe della dittatura, sfregiato dalla logica della guerra e scosso, con inquietante costanza, dalle violenze del dopoguerra.
Tanti motivi hanno caricato la tragedia di una vibrante commozione. Alcuni Carabinieri avrebbero dovuto raggiungere le proprie famiglie dopo pochi giorni; per altri, il momento di riabbracciare le famiglie era stato fissato nel dolce momento del Natale: la disumana logica delle armi ha impedito quell'abbraccio. Ma il motivo sul quale tutti hanno il dovere di riflettere, da quel 12 novembre, è il fatto che le vittime innocenti di Nassiriya erano andate in missione in Iraq per ristabilire la pace, per aiutare la popolazione locale a voltare pagina, verso la prospettiva di una serena quotidianità.
Nel momento del ricordo si vogliono richiamare le parole che il vicebrigadiere Giuseppe Coletta, tra le vittime del massacro, ha scritto in una cartolina inviata proprio da Nassiriya: "Vi giungano i miei più cordiali saluti da questi luoghi pieni di storia, ma che la pochezza dell'uomo rende infelici".
Parole dal valore di esemplare memento.
(©L'Osservatore Romano - 12 Novembre 2005)