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    Predefinito Chiedo notizie anche qua

    Vitantonio []
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    Ho ricevuto il seguente testo. Mi è sorta anche a me la curiosità.
    Se mi potete rendere edotto al rigurdo, mi farebbe piacere
    Grazie
    Vitantonio
    >Vorrei saperne qualche cosa in piu'. In particolare, non vorrei sbagliarmi,
    ma mi sembra di ricordare che, nel XX Secolo, Pio XI riprese in mano la
    materia e, finalmente, concesse i permessi desiderati da Matteo Ricci. Ne
    conseguirebbe, quindi, che a Formosa (scusatemi, ma io Taiwan mi sono
    abituato ad indicarla cosi' durante gli studi geografici dell'infanzia) e
    nella diaspora, icattolici cinesi avrebbero il premesso di frequentare i
    riti in onore di Confucio e degli antenati?
    Cosa ne sapete?

    Salutissimi
    A.



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  2. #2
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    Mi spiace, non sono informato sul punto.

    Aug.

  3. #3
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    La Congregazione «de Propaganda Fide» e lo sviluppo delle missioni cattoliche (ss. XVIII al XX)
    di Josef METZLE

    cap.3
    La questione dei riti cinesi e la sua soluzione

    La «querella dei riti» è stata una vera e propria tragedia della storia missionaria.
    È scoppiata nonostante le chiare direttive della Congregazione che aveva dato ai suoi Missionari nell’Estremo Oriente, inculcando loro con parole inequivocabili il
    rispetto per la cultura dei popoli, la stima per i loro costumi e riti, comprensione per
    la loro mentalità, come necessarie e insostituibili premesse di una sana ed efficace
    inculturazione del cristianesimo e quindi dell’evangelizzazione dei popoli. La «maledetta
    questione dei riti cinesi ha ritardato di due secoli l’evangelizzazione della
    Cina», ha detto Pio XI.
    Di che cosa si trattava allora? In Cina si trattava di riti o ceremonie che si
    compivano nei templi, nelle scuole ed in case private, dagli ufficiali dello Stato e dai
    latterati, dagli alunni e dai membri della familia, in onore di Confucio e degli antenati
    della famiglia. La ceremonie in onore degli antenati si compivano nelle case dinanzi
    alle tavolette con i nomi degli antenati, o dell’anniversario della morte. Si accendevano
    candele, si bruciava incenso, si facevano inchini e genuflessioni (il
    kotou), ecc. Le cerimonie in onore di Confucio erano prescrite dallo Stato, in occasione
    del giuramento degli ufficiali statali, di una promozione accademica e in certi
    giorni dell’anno civile. In Giappone invece si trattava soprattutto del cosidetto culto
    all’Imperatore ed ai Grandi della patria, da praticarsi nei Jinja, cioè templi o meglio
    monumenti nazionali.
    La liceità o meno di tali riti, ceremonie ed usanze per un cristiano dipendeva
    dal loro significato. Se si trattava solamente di riti civili, cioè di cortesia e di gratitudine per Confucio, il grande maestro dl popolo cinese, per l’imperatore giapponese
    o per gli antenati della famiglia, un cristiano poteva senz’altro svolgere tali riti o
    parteciparvi. Se invece i riti e cerimonie avevano un significato religioso, si trattava
    di superstizione ed un cristiano non poteva in nessuna maniera fare questi riti. La
    questione era tanto più grave inquanto si trattava di riti e cerimonie che stavano
    molto a cuore a quei popoli ed erano parte integrante della loro cultura, cosicché
    proibendoli ai cristiani, non era possibile inculturare il cristianesimo. C’erano in
    Cina di Missionari, anzitutto i Gesuiti, in relazione con la classe colta dei Mandarini,
    che giudicarono quei riti puramente civili, ed altri, specialmente gli Ordini mendicanti,
    in contatto prevalentemente con la gente incolta, che li qualificarono religiosi
    e quindi superstiziosi, vedendo il comportamento e la mentalità della gente
    nello svolgimento delle cerimonie. Similmente contrastante era lo «status quaestionis
    » presentato dai Missionari a Roma, e quindi apparentemente contraddittorie le
    decisioni del Santo Ufficio che, nel 1645, proibeva ai cristiani la partecipazione ai
    riti, nel 1656, invece, la permitteva8. Per mezzo secolo ogni Missionario seguiva
    l’una o l’altra decisione, secondo il suo giudizio intorno al significato dei riti,
    finch´all’inizio del secolo XVIII le autorità romane, provocate dalla lettera pastorale
    del vicario apostolico Carlo Maigrot MEP, si videro costrette a riesaminare la
    questione dei riti. Con un rigoroso decreto del 1704, la Santa Sede proibì ai cristiani
    i riti. In seguito alle turbulente conseguenze di tale decreto in Cina, Clemente XI
    pubblicò, il 19 marzo 1715, la costituzione apostolica «Ex illa die», confermando in
    forma solenne i decreti anteriore e imponendo a tutti i Missionari il giuramento di
    osservarli9. Finalmente Benedetto XIV pubblicò, 1’11 luglio 1742, la famosa costituzione
    apostolica «Ex quo singulari»10, con l’intenzione di far finire una volta per
    sempre la questione. D’ora in poi era pure proibita ogni discussione intorno a questo
    tema.
    Bisogna aggiungere che la questione sul significato dei riti cinesi, già in sé
    molto grave, fu aggravata ancora di più dalla rivalità tra gli Ordini religiosi che si
    adoperavano nell’evangelizzazione cella Cina e, peggio ancora, dalle rivalità politiche
    delle due grandi potenze del Patronato Missionario, Portogallo e Spagna, che
    mandarono il maggior numero di Missionari in Cina. E —last not last— la lotta
    giansenistica in Europa inasprì la querela dei riti. I giansenisti, infatti, ne fecero un
    nuovo campo di battaglia nella loro accanita lotta contro i Gesuiti, rinfacciando le
    loro idee eretiche ed evidenziando la propria fedeltà alla Chiesa e la propria ortodossia.
    Anche le Università europee si immischiarono indebitamente nella questione
    dei riti. Il problema, all’inizio puramente missionario, divenne così sempre più un groviglio di problemi politici, di dispute e lotte religiose e ideologiche europee
    ed internazionali e di bisticci universitari.
    La costituzione «Ex quo singulari» aveva proibito ogni discussione intorno a
    riti cinesi. Ma nel 1934 il Prefetto della Congregazione, Fumasoni-Biondi (1933-
    1960) permise in una lettera ai vicari apostolici del nuovo Stato Manciucuo, di riesaminare
    e di discutere la questione. Era un permesso coraggioso. Quei vicari apostolici
    previdero una rinascita del culto confuciano, e perciò avevano chiesto alla
    Congregazine, come dovettero comportarsi. Fumasoni-Biondi quindi autorizzava ed
    incoraggiava i vicari apostolici a riesaminare tutta la questione dei riti cinesi e a proporre
    nuove e concreti aspetti della questione, che potessero permettere di rivedere
    le anteriori decisioni romane contro i riti.
    Già il 25 marzo 1935 i vicari apostolici potevano fornire la desiderata documentazione.
    Essi si erano informati presso le autorità statali del significato del culto
    confuciano. Per evitare ogni possibile equivoco, avevano precisato la loro domanda
    in questi termini: si tratta di un culto religioso che si rende ad una divinità, oppure
    di onori civili che si rendono ad una celebre persona umana? Altrettanto inequivocabile
    era stata la risposta del governo; si tratta unicamente di onori civili che «non
    hanno assolutamente alcun carattere religioso».
    In seguito la Congregazione scrisse, con l’espressa approvazione di Pio XI,
    la lettera del 28 maggio 193511, con la quale si permetteva ai cattolici il culto civile
    confuciano e di appendere anche nelle scuole cattoliche l’immagine di Confucio e
    renderle gli onori prescritti dallo Stato. Pio XI si augurava la massima divulgazione
    di questa lettera, che si può veramente qualificare como «lettera del secolo». La
    conseguenza fu immediata. Un vicario apostolico dopo l’altro della Cina scrisse alla
    Congregazione che riguardo al culto di Confucio la situazione nel suo vicariato sarebbe
    proprio la stessa come in Manciucuo, ed ottenne da Roma lo stesso permesso.
    Finalmente la Congregazione pensò bene di estendere ufficialmente a tutta la Chiesa
    missionaria in Cina le decisione del 28 maggio 1935 e di dispensare i Missionari
    dal giuramento prescritto da Benedetto XIV nella costituzione apostolica «Ex quo
    singulari» dell’11 luglio 1742, volendo finire una volta per sempre con la «maledetta
    » questione dei riti cinesi. Lo fu fatto con la importantissima Istruzione dell’8 dicembre
    193912. Essa va alla radice del problema e toglie ogni ansietà ai Missionari
    ed ai fedeli. Gli onori a Confucio ed agli antenati, quali si praticano in Cina, sono
    senza ambagi dichiarati puramente civili, in conformità con le assicurazioni date ripetutamente
    dal governo, e quindi permessi ai fedeli.
    L’importanza di questa Istruzione non si può sopravvalutare. Ma sarebbe del
    tutto errato credere che con essa siano state revocate le decisioni anteriori della Santa
    Sede nella questione dei riti cinesi o addirittura condannate. Tutti i decreti e tutte
    le costituzioni apostoliche conservano la loro piena validità storica per il tempo in
    cui furono emanati.
    Negli stessi anni trenta la Congregazione esaminò pure la questione dei riti
    giapponesi, che, già all’inizio del secolo furono oggetto di molta discussione. Ora, sotto
    l’influsso della mentalità occidentale, né il governo né il popolo giapponese attribuivano
    più alcun senso religioso ai riti e cerimonie per l’Imperatore. Perciò, la Congregazione,
    in una Istruzione del 1936 permise ai cattolici la partecipazione alle
    celebrazioni shintoistiche, convinta, che si tratta soltanto di riti civili e patriottici, con
    cui i Giapponesi esprimono il loro amor di patria. Celso Costantini, il Segretario della
    Congregazione (1935-1953), andò con questa Istruzione dal Papa e la fece approvare.
    C’è da notare un interessante particolare, che Costantini riferì dopo l’udienza. Originariamente
    l’Istruzione terminava così: «Gli Ordinari del Giappone possono con sicurezza
    seguirle». Ma Pio XI disse a Costantini: «non possono soltanto, ma devono»13.

    Note.
    8. Collectanea S. Congregationis de Propaganda Fide, I, Romae 1907, pp. 38-39.
    9. Iuris Pontificii de Propaganda Fide, Pars Prima, II, pp. 306-310.
    10. Collectanea, I, pp. 130-141.
    11. Sylloge praecipuorum documentorum recentium Summorum Pontificum et S. Congregationis de
    Propaganda Fide, Città del Vaticano 1939, pp. 479-482.
    12. Acta S.S., 32, 1940, pp. 24-26; Altre pubblicazioni e bibliografia cf. Bibliotheca Missionum,
    XIV/3, pp. 336-337.
    13. Acta S.S., 28, 1936, pp. 406-409; Sylloge, pp. 537-540.

    da: dialnet.unirioja.es/servlet/fichero_articulo?articulo=244451&orden=22185
    “Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero”

    Proverbio arabo

  4. #4
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    Un saluto ad Augustinus e a tutti. Spero di ritrovarvi nelle migliori condizioni fisiche e spirituali.

    Visto che, prima di ripartire, avrò per un mesetto internet a mia disposizione, ho pensato di tornare ad importunarvi per questo breve periodo .
    “Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero”

    Proverbio arabo

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    Originally posted by Talib
    Un saluto ad Augustinus e a tutti. Spero di ritrovarvi nelle migliori condizioni fisiche e spirituali.

    Visto che, prima di ripartire, avrò per un mesetto internet a mia disposizione, ho pensato di tornare ad importunarvi per questo breve periodo .
    Ben ritrovato, caro Talib. Spero di rileggerti di nuovo in questo mese.

  6. #6
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    Ben tornato servitore dell'unico.
    Maurizio.

  7. #7
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    Scusate, volevo scrivere Servitore dell'Unico.
    Maurizio.

  8. #8
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    Originally posted by Augustinus
    Ben ritrovato, caro Talib. Spero di rileggerti di nuovo in questo mese.
    Penso proprio di si. Ho ancora un sacco di cose da imparare
    “Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero”

    Proverbio arabo

  9. #9
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    Originally posted by mauditos
    Ben tornato servitore dell'unico.
    Maurizio.
    Grazie, un saluto.

    Originally posted by mauditos
    Scusate, volevo scrivere Servitore dell'Unico.
    Maurizio.

    O meglio ancora: servitore dell'Unico
    “Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero”

    Proverbio arabo

  10. #10
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    OK, servitore dell'Unico.

 

 
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