Risultati da 1 a 5 di 5
  1. #1
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    Predefinito I padri italiani... 33enni

    Due anni dopo il resto del mondo... a 33 anni, è questa l'età in cui in media gli uomini italiani mettono al mondo il loro primo figlio.

    http://www.repubblica.it/2005/j/sezi...apavecchi.html

    Ho sentito diversi commenti, tutti autorevoli: italiani mammoni, la pastasciutta fatta in casa è la migliore, italiani comodosi, poco inclini alle responsabilità... pensando al livello televisivo attuale ed agli pseudo sociologi che fanno le comparse nei programmi da televendita, non ho alcuna difficoltà ad affermare che sono una massa di panzane.

    Stiamo parlando di padri che mettono al mondo dei figli, nel paese ormai più vecchio del mondo... e li prendiamo pure per il culo ? (scusate il francesismo...)
    Io sono appena sotto la media 32 anni... di tutti i commenti che ho sentito l'unico convincente è stato quello di Vittorio Zucconi su RadioCapital.. la teoria è quella dei lupacchiotti:
    Mamma Lupo e Papà lupo mettono al mondo i cuccioli solo quando c'è da mangiare... solo cioè quando le condizioni lo permettono. E' evidente che sia così, ed è evidente che tali condizioni in Italia arrivino mediamente 2 anni dopo gli altri paesi (se non di più)...

    E attenzione perchè adesso arriverà la generazione degli stagisti perenni, ma non preoccupiamoci, qualche solerte sociologo del tg1 o del tg2 o della gran cassa mediatica di regime mediaset, ci racconterà che va bene così... siam mammoni.

  2. #2
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    Un benvenuto a Zadig su questo forum

  3. #3
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    Originally posted by Franzele
    Un benvenuto a Zadig su questo forum
    Grazie, molto gentile...

  4. #4
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    Congratulazioni a Zadig e quanto al topic trovo molto convincente la teoria di Zucconi. Non vale obbiettare il fatto che in paesi più poveri dell'Italia il fenomeno dell'invecchiamento non sia così forte, perché in condizioni di stabilità sociale si tende ovviamente a fare figli e ad avere una famiglia quando le prospettive future permettono di vedere almeno la possibilità, se non di un miglioramento, almeno non di un decadimento delle condizioni di vita.
    E' per questo motivo infatti che in un paese in via di sviluppo, o in economie agrarire, si tende a creare più presto famiglie (ma non più solide o felici) e a fare più figli: perchè la famiglia d'origine non è in grado di sostenere altre bocche e spesso ne fanno le spese le donne, che sono le prime ad essere espulse e consegnate ad uno sposo con cui genarare filgli che saranno fonte di sostentamento per la famiglia. Il bel trattato umoristico di Johnathan Swift "a modest proposal" è tutt'ora validissimo per molti paesi in via di sviluppo (fare figli per mangiarli, o, che è quasi lo stesso, per consegnarli ad un mercato del lavoro schiavistico).
    In Italia per lo stesso motivo i figli non si fanno, infatti tra precariato, lavori mal pagati, esasperata divaricazione della distribuzione dei redditi, la maggior parte della popolazione giovanile non è semplicemente in grado di emanciparsi dalla famiglia d'origine.
    In quali case poi dovrebbe andare a vivere la nuova famiglia? Fare un muto trentennale, con l'aiuto dei genitori, sennò non basta neanche quello, per inchiodare gli eventuali figli ad una erdità di rate?
    Chi parla di mammismo, magari chiudendo gli occhi sull'impoverimento relativo di gran parte del paese è spesso un sostenitore di quella nuova ideologia, caricatura di globalizzazione, che va sotto il nome di neoliberismo e che, se non fosse una costruzione ideologica, si dovrebbe meglio chiamare neoprotezionismo dei ricchi contro i poveri. Al'esterno verso i paesi meno favoriti, all'interno verso stari di popolazione da tenere il più possibile fuori dalla fruizione di servizi di base, immobilizzando la società ed evitando che i privilegiati debbano meritare ogni giorno quel privilegio, che le loro capacità non gli consentirebbero di conquistare a parità di condizioni di partenza.
    Pazienza, ci penserà Piersilvio a fare figli per tutti e ne saremo edotti dalla libera informazione berlusconiana.

  5. #5
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    In genere per avere una "misura" del benessere di una nazione, si fa riferimento al PIL inteso non tanto come valore assoluto, ma come grandezza pro-capite.

    In ogni caso la distribuzione della ricchezza varia molto tra nazione e nazione a seconda dei sistemi economici e sociali adottati, può essere quindi fuorviante utilizzare il PIL come unico parametro di riferimento.
    E' buona regola cercare quindi di incrociarlo con quanti più indici e dati possibili, per poter avere una esatta fotografia, oltre che dello stato di salute, anche del livello di benessere dei cittadini di una determinata nazione.

    Tutto questo preambolo per dire cosa ? che probabilmente il dato segnalato dall'istat potrebbe essere considerato tra quegli indici che ci permettono di avere un dettaglio più completo dello stato di salute e di benessere dei cittadini di una nazione. Credo infatti che Nelson abbia ragione assoluta quando scrive che "In Italia per lo stesso motivo i figli non si fanno, infatti tra precariato, lavori mal pagati, esasperata divaricazione della distribuzione dei redditi, la maggior parte della popolazione giovanile non è semplicemente in grado di emanciparsi dalla famiglia d'origine." Quoto in pieno.

 

 

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