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    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    Red face Conversioni impossibili? Nulla è impossibile a Dio ^__^



    Nando Bonini, chitarrista professionista, per oltre dieci anni ha condiviso con Vasco Rossi la realizzazione delle canzoni e le esibizioni nelle tournée in Italia e nel mondo. Ospite a Radio Padre Pio nel corso del programma “Di terra e di cielo” ha raccontato la sua dimensione di fede e di vita.


    Nando, com’è nata la tua passione per la musica ?



    'La mia passione per la musica inizia all’età di sei anni. Avevo l’abitudine di giocare, insieme ad alcuni amici, con la chitarra. Subito dopo la scuola ci si ritrovava insieme, in casa o nel giardino sotto casa con delle chitarrine e con una fantomatica batteria creata in casa con dei fustini di detersivi. Per noi era una grande divertimento. Da lì è iniziato il tutto….per poi arrivare ad otto anni e creare il primo complessino che animava le feste organizzate dalla scuola o in occasione dei compleanni dei nostri amici. Questo gioco è diventato una grande passione che ha accompagnato tutta la mia vita ed è ancora oggi una passione…”



    Hai fatto tutto ciò che nell’ambiente si può fare per uno che vuole fare questo mestiere...



    'Quotidianamente il mio era un cercare…. cercare di portare a casa qualcosa non solo a livello economico…ma soprattutto soddisfazione personale: fama, successo, notorietà, importanti contratti ….Lavorando sul campo conosci tanta gente, incontri tante proposte e così mi sono ritrovato a suonare con grandi artisti: Edoardo Bennato, Riccardo Fogli, Alberto Fortis, Righera…….e tanti altri ancora'.



    Dal 1991 al 2003 hai vissuto una “favola musicale” con Vasco Rossi. Cosa conservi di questa esperienza?



    'Conservo tante cose! Molto belle! Tu consideri questo bambino che ha iniziato a sei anni, per gioco, e che non è stato mai costretto a sgomitare per arrivare da qualche parte. Mi sono ritrovato su questi grandi palchi…con un grande artista della musica italiana... L’esperienza con Vasco è stata bella…grandi cose, grandi emozioni sotto l’aspetto professionale…Il mondo dell’artista è diverso però visto da fuori. Dentro tutto è bello: l’aspetto della musica, il suonare dal vivo davanti a migliaia di fans… è meraviglioso… ma il resto è pieno di problemi … per non dire pericoloso. Sotto certi aspetti sei davvero in una favola magica…Ho suonato dal vivo in grandi stadi: San Siro, San Paolo…Ho lavorato e alla fine ho ottenuto ciò che meritavo… ma poi ti rendi conto che è solo una favola… e il rapporto che si crea e ruota intorno è falso.. Tu sei quello che suoni per Vasco…ma perdi in un certo senso la tua vera identità…sei circondato da tantissime persone, di ogni tipo, che ti tengono su di un piedistallo…Ad un certo punto mi sono ritrovato a volare…Ero sospeso dalla gente…ricevevo tantissimi complimenti…e tutto ciò ti fa perdere il senso della realtà. Ho conosciuto il mondo dorato dello starsystem e la «vita spericolata». Poi ha deciso di darci un taglio'.



    Cosa è successo?



    'Ho scoperto molto tardi che la vita è un dono e che anche la musica è un dono. Caduto dalla giostra ho scoperto che c’è stato qualcuno dall’alto che mi ha preso e mi ha dato la spinta definitiva. Non mi ha preso dolcemente…ma mi ha dato uno scossone ancora più forte … e mi ha spinto verso giù. Una volta caduto mi sono reso conto che non avevo più amici…ero solo… Gli amici del mio mondo dorato erano tutti scomparsi…Mi sono ritrovato per terra con la paura di non essere raccolto da nessuno. Mi sono detto: “E ora che faccio? Sono perduto…” Così ho scoperto un mondo nuovo… quello vero…Ho scoperto di avere vicino proprio quelle persone che per tanto tempo avevo abbandonato… persone che con il loro amore mi hanno sempre aspettato e raccolto con amore e misericordia. Si sono presi cura di me e mi hanno aiutato a ritrovare il coraggio per camminare e mettermi di nuovo in gioco. Inizia così un periodo di forte crisi, nel quale mi riavvicino alla fede e rifletto sul senso della vita e del mio lavoro. Mi sono reso conto che la musica è un dono. Ho una capacità che non dipende da me, ma mi è stata data. Sembrerà banale, ma questo pensiero mi ha aiutato a riscoprire me stesso, a guardare tutto con occhi nuovi. E a decidere di mettere la mia esperienza musicale e le mie capacità a servizio del Vangelo'.



    Così hai scoperto che con il tuo lavoro puoi fare anche qualcosa per gli altri



    'Certo! La passione per la musica di cui ti parlavo continua ancora e accompagna la mia vita. Ho realizzato un musical che porto in giro per l'Italia. Nel 1995 su commissione ha scritto e composto l'opera rock 'Francesco il musical', la storia di S. Francesco d'Assisi su musiche inedite appositamente scritte. Un musical che ha avuto ottimi apprezzamenti da parte del pubblico e degli addetti alla critica e l'interpretazione della cantante Sara Trampetti nelle vesti di S. Chiara. Del 2002 il recital 'Una donna vestita di sole', la storia della Madonna accanto al Figlio Gesù, dall'Annunciazione fino ai giorni nostri. E' raccontata, suonata e cantata con brani dal melodico acustico al rock struggente e appassionato, suonato rigorosamente dal vivo con grande coinvolgimento emotivo del pubblico. I brani sono originali e raccolti in un cd omonimo edito da Edizioni Marna. Del 2004 “Marietta. Tutto per amore di Dio”, il musical sulla vita di Madre Francesca Rubatt fondatrice delle suore cappuccine. Una donna che ha affrontato molte prove nella vita e che ha saputo testimoniare giorno per giorno la sua fede in Dio'.



    Nando, quali sono i veri valori della vita?



    'Sono quelle cose che mi hanno buttato giù da questa giostra. Sono caduto e mi sono fatto molto male….avevo perso il senso dei veri rapporti: l’amicizia, la fede, la famiglia, le cose semplici e quotidiane che caratterizzano il cammino di tutti… il poter essere me stesso … per quello che sono e per quello che so dare a chi mi sta vicino'.



    Questa scelta di fede ha portato serenità nella tua vita?



    'Sì! Ho fatto una scelta nella mia vita, purtroppo tardi … La strada è ancora lunga e non smetto mai di mettermi in discussione. Ho scelto di seguire l’amore di Dio… Tutto ciò che faccio, lo faccio per amore di Dio'.




    Altri link:
    www.teleradiopadrepio.it

    Fraternamente Caterina
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  2. #2
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    Arrow Conversioni impossibili??? Nulla è impossibile a Dio

    http://www.solidarity-mission.it/testimonianze.htm

    è una testimonianza lunga....ma leggetevela e non vi pentirete......

    Il Gangster di Dio

    TESTIMONIANZA DAL CARCERE...........

    Sono cresciuto nell’East End. I miei genitori si separarono quando avevo 10 anni e io andai a vivere con mio padre. Io amavo mia madre a mio padre e fui addolorato dal loro divorzio. Avevo solo 10 anni, ma posso ricordare che presi la seria decisione di non amare più, solo così non avrei più sofferto.

    Cominciai a rubare a 11 anni (rubavo a mio padre). Rapidamente passai a rubare nei centri commerciali. Cominciai a rubare perché sentivo rabbia perché pensavo di non ricevere quell’attenzione che meritavo. Mi immagino che io solo volevo che qualcuno notasse il dolore che mi attanagliava

    A quindici anni fui mandato a un centro di detenzione dopo aver rubato nel centro sportivo della mia scuola

    Il regime era duro. Ore e ore di marcia, sveglia di mattino presto, senza parlare dei capelli corti.

    In realtà fui contento. Quello stile di vita portò una certa sicurezza e stabilità nella mia insicura e instabile vita. Lo presi come un papero prende l’acqua



    Abbandono della casa

    Uscito dal Centro di Detenzione decisi di lasciare la casa per sempre e così mi trasferii dal mio fratello più grande. Ottenni un lavoro in un negozio di radio a Walthamstow. Dopo non molto ritornai al mio antico “lavoro” - rubando addirittura al mio datore di lavoro. Cominciai a bere molto e trovai un mercato dove vendere la merce che stavo rubando. A sedici anni fui coinvolto in un incidente di moto; fui ricoverato in ospedale per vari mesi. Avevo questo vuoto immenso nel mio cuore che cercavo disperatamente di colmare. Pensavo che i soldi l’avrebbero colmato. Trovai una certa consolazione in una sorta di auto disprezzo. Avevo una immagine negativa di me stesso. Fui lasciato a me stesso troppo presto e come risultato avevo poca fiducia in me stesso.

    Uscito dall’ospedale continuai a rubare. Fumavo erba e sniffavo cocaina. Alla fine fui arrestato e accusato di rapina. Fui inviato in una prigione per minorenni.

    Fu un periodo terribile per me. Ero chiuso in cella 23 ore al giorno (perché non ero ancora guarito dall’incedente di moto e la mia gamba era infettata). Fui lasciato a me stesso per lunghi periodi. Non potevo sopportare più oltre questa situazione - Non mi piacevo e non sopportavo più me stesso.(Non mi piaceva la mia propria compagnia). Pensavo di uccidermi. Pensavo: qualsiasi cosa vuoi prendila, nessuno ti darà mai niente.




    La spirale dell'abisso

    Quando usci dalla prigione decisi di diventare un buttafuori nel West End. Ero impegnato nella sicurezza dietro le scene ai concerti al Queen e Simply Red.

    Non ero pagato abbastanza bene ma era un modo per entrare nel più lucrativo mondo della sicurezza.

    Lavorai per un anno lavorando ad ogni concerto e avvenimento— Springsteen, boxing nell’Albert Hall, Queen, Amnisty International e Run the World.

    Stavo cominciando a guadagnare più soldi. La regola era che gli scommettitori dovevano dare ai buttafuori dei soldi così che essi potevano andare dietro le scene.

    Dopo un anno Decisi che avrei fatto più soldi facendo il buttafuori nei clubs— da allora ebbi molti contatti. Il primo club nel quale lavorai era a Chingford. Ero alla porta da solo.

    Cominciai ad entrare nel mondo del crimine organizzato. Ero alle prese con fumo, cocaina exstasi e solfati. Mi occupai anche del mercato nero e della falsificazione di documenti (MOT’s, taxs discs). Cominciai a navigare nel mare del crimine. Entrai nel clan di un Boss dell’ East End e la mia reputazione come boss cresceva. Fui coinvolto in una serie di attività criminali. Portavo un machete, e barattoli di gas e ammoniaca. In qualche lavoro avevo con me anche la pistola, ma grazie a Dio non la usai mai. Una volta entrai in un club e il padrone disse qualcosa che non mi piaceva. Andammo e distruggemmo tutto.

    Cominciai a fumare crack (eroina). Guadagnavo un sacco di soldi (circa 5000 sterline a settimana), ma dentro di me ero una massa di contraddizioni. Conosci il vangelo di Giovanni dove Marta disse che il fratello Lazzaro non solo era morto ma già dava cattivo odore (Gv. 11,39) ? Bene Io non ero solo morto, ma già puzzavo.Una volta colpii un uomo sulla mascella con un pugno di ferri. Egli cadde per terra nel suo sangue.. L’unico pensiero che mi attraversò la mente fu che avrei potuto avere una condanna a dieci anni.

    Questo incidente segnò una svolta nella mia vita.

    Sapevo che c’era qualcosa di grave che non andava. Non mi piaceva quello che ero diventato ma non conoscevo un’altra strada. Io mi resi conto davvero quanto infelice fossi. Sentivo un profondo senso di vuoto. Ero bravo ad ingannare me stesso. Ero cosi bravo a convincere me stesso che ero felice. Ma non lo ero per niente. Avevo paura. Più paura tu hai più violento diventi. A livello materiale avevo tutto. Avevo una BMW, una Mercedes, Abiti firmati e denaro per giocare. Ero solito giocare anche 1000 sterline in un pomeriggio senza dare importanza. Appena ottenevo denaro lo buttavo.



    Conversione

    Io stavo cominciando a questionare seriamente il modo in cui stavo vivendo. Cominciai veramente a questionare tutta la mia vita. Una notte ritornai a casa. Niente di importante era successo. Era stato un giorno veramente monotono. Appena mi sedetti nel salone di casa mia fui cosciente di una voce che mi parlava dal profondo del cuore. La voce mi rimproverava delle azioni cattive che avevo commesso. Ricordo che mi alzai, come per distrarmi, ma la voce continuava a parlarmi. E’ difficile spiegare ma io capii che stava venendo da dentro, e io realizzai che era Dio non c’era nessun dubbio nella mia mente chi fosse Colui che stava parlando: era Dio. Mi inginocchiai e pregai Dio che mi desse un’altra chance. Io so che può sembrare stupido, ma pensavo che stessi morendo. Pregavo e piangevo domandando a Dio il perdono dei miei peccati.

    Fu un’esperienza incredibile. Dopo mi sentii risollevato e consolato. Uscii dal mio appartamento e dissi una preghiera dal profondo del mio cuore. Io dissi a Dio: “Fino ad ora tutto quello che ho ricevuto di buono l’ho preso da te, adesso voglio dare io qualcosa a Te in cambio. Appena ebbi pronunciata quella preghiera per la prima volta nella mia vita sentii la presenza dello Spirito Santo e contemporaneamente un gran senso di pace segno del perdono che avevo ricevuto. Andai subito da mia madre. Lei mi disse che aveva pregato per me fin dal primo momento della mia nascita.

    Dopo questo decisi di leggere la Sacra Bibbia. Cominciai a leggere il Nuovo Testamento. Mi sdraiai sul mio letto aprii a caso il Vangelo e la prima pagina che trovai fu quella della parabola del figliuol prodigo (Lc.15). Era la prima volta che la leggevo. Piansi per la prima volta da quando avevo 10 anni.

    Mia mamma mi disse che dovevo vedere un sacerdote il quale mi suggerì di andare a un ritiro a Aylesford Priory. Non sapevo cosa fosse un ritiro, ma produsse degli effetti incredibili nella mia vita.. Pregai, riflettei, lessi la Bibbia e piansi. Non volevo raccontare quello che mi stava succedendo ai miei vecchi compagni nella vita del crimine. Alcuni di essi tentarono di riportarmi nel giro della droga. Non avevo lavoro ma ne ottenni uno in un impresa di costruzioni. Volevo fare qualcosa per la comunità. Cominciai a fare del volontariato. Feci di tutto. Guidavo un minibus per invalidi, per gli anziani e per il club dei ciechi. Visitavo anche gli anziani che vivevano da soli e parlavo con loro. Lavorai con bambini disabili e cominciai a lavorare in un centro di accoglienza.



    La grazia della confessione

    Un giorno entrai in una chiesa e presi una rivista e vidi un annuncio riguardo a come diventare missionario. Padre Michael Kelly uscii per vedermi. Mi disse di un ritiro chiamato Gioventù 2000, mi disse di andarci perché molti giovani avrebbero partecipato.

    Sentivo che dovevo confessare i miei peccati. Andai alla cattedrale di Westminster. Non potevo andare da un sacerdote che conoscevo. Così mi misi in fila e mi inginocchiai. Dissi al prete che non mi confessavo da 27 anni. La confessione durò solo tre minuti. Più gli raccontavo la mia storia più la sua faccia irradiava gioia e nel momento in cui mi diede l’assoluzione sentii nel mio cuore un sentimento traboccante di pace, avevo ricevuto la misericordia di Dio.

    Il prete mi disse: “ Per la tua penitenza che preghiera conosci?” L’unica preghiera che conoscevo era il Padre nostro. Egli disse: “ Dici un Padre nostro”. Mi sentivo completamente trasformato andai e mi inginocchiai ai piedi dell’altare della cappella della Vergine Maria e pregai il Padre nostro. E nell’uscire dalla cattedrale di Westminster mi veniva voglia di ballare perché mi sentivo realmente in pace.

    Venne il giorno di andare al ritiro della gioventù 2000. Era la domenica di Pentecoste e mi svegliai presto. Improvvisamente bussarono alla porta e nove poliziotti irruppero in casa mia e mi arrestarono. Dovevo 2700 sterline di multa. Essi mi portarono subito alla prigione di Leyton e mi misero in cella. Dopo poco fui portato alla corte del magistrato di Walthamstow. Ricordo che mentre mi sedevo nella cella della corte pensavo: “Sono certo che Tu penserai a tutto mio Dio”

    Ricordo che l’impiegato, che mi conosceva bene, mi disse: “ Ti è andata male John ti è capitato come magistrato una signora molto severa, non è nelle condizioni giuste è di malumore oggi. Era vero La signora magistrato non era in vena di discutere. Mi disse di alzarmi: “ Mr Pridemore, lei deve pagare 2700 sterline di multa, come pagherà? Continuò sarcasticamente: “ Noi costatiamo come lei ha preso la cosa visto che in dieci anni ha pagato solo 7 sterline!

    Io dissi: “ Vostro Onore Io ho incontrato Dio e sto facendo del volontariato quello che posso permettermi di pagare è una sterlina a settimana. Come supponevo lei non si impressionò: “ Io non sono disposta ad aspettare 2700 settimane perché lei paghi. Vuol dire che andrà in prigione per trenta giorni.

    Ero rovinato. Dissi: “ No lei non ha capito devo andare a un ritiro.” Lei disse: “ No Mr Pridemore è lei che non ha capito. Lei andrà nel penitenziario di Pentonville.” Capii allora che non sarei andato al ritiro.

    Scontai solo meta della sentenza (durante questo tempo un mio compagno si convertì a Cristo).

    Sapevo che il prete mi stava aspettando al ritiro, così gli scrissi e gli dissi che ero in prigione, che ero dispiaciuto di non poter partecipare al ritiro. Egli mi telefonò e mi disse : “ Non ti preoccupare, John C’è un altro ritiro in Agosto ad Aylesford”. Conoscevo Aylesford perché ero stato lì Così andai a questo ritiro. Non sapevo cosa mi aspettasse. C’erano 250 giovani e la prima cosa che ricordo fu che questi giovani che non avevo mai visto prima mi salutavano e mi abbracciavano e io non potevo credere ci fosse così tanto amore nel mondo.

    La prima predica che sentii fu: “ Dai a Dio il tuo cuore ferito” di Padre Slafter. Ricordo che guardavo alla croce mentre il padre predicava e per la prima volta nella mia vita capii che Gesù mi aveva amato così tanto da andare incontro all’agonia e la morte per me. Io dissi al Signore: “ Cosa vuoi che io faccia Signore? Mi sembrò di sentire una voce che mi dicesse: “ Vai a confessarti”. Andai immediatamente e mi svuotai interamente dei miei peccati. Il prete impose le mani su di me, sapevo che era Gesù in quel momento e che veramente venivo perdonato. Quelli che mi guardavano mi dicevano: “ Sei raggiante!”.



    Pastorale giovanile

    Ritornai alla mia parrocchia di S. Giuseppe in Leyton, e chiesi a Padre Dennis Hall se potevo dare la mia testimonianza. Tutti i fedeli della parrocchia mi vedevano entrare in Chiesa e partecipare alla S. Messa e pregare il rosario tutti i giorni e pensavano che meraviglioso e santo giovane dovessi essere. Io pensai: “ che pretesa la mia!” Volevo che sapessero chi ero stato. Padre Hall disse di si, che avrei potuto dare la mia testimonianza durante la cerimonia della confermazione di alcuni ragazzi la domenica successiva. Pensai: “Meglio così ci saranno solo alcuni ragazzi.”

    Ma quando venne la domenica c’erano 90 cresimandi, con i rispettivi 90 sponsor e i loro familiari, naturalmente, circa 350 persone.

    Ricordo che chiesi a mia madre se si fosse dispiaciuta nel caso avessi dato la mia testimonianza. E lei mi disse di no. Quando venne il momento mi alzai e diedi la mia testimonianza raccontando la mia vita. Ero come pietrificato. Come scesi dall’altare per raggiungere il mio posto una donna mi si avvicinò e mi salutò piangendo, fu straordinario.

    La prima cosa che padre Hall disse fu che mi invitava a guidare il gruppo giovanile. Così cominciai il mio lavoro di pastorale giovanile, c’era un incontro ogni giovedì. C’erano tanti ragazzi e dicevano che ero straordinario.

    Capii che Dio voleva che lavorassi nella pastorale giovanile. Andavo a un gruppo di preghiera a Canning Town: era veramente una sorgente di forza. Andavo anche ai ritiri, ma non ero impegnato in nessuna responsabilità. Andai per qualche tempo a New York, lavorando con ragazzi nel Bronx. Stetti qualche tempo con i francescani del rinnovamento dello Spirito. Quando ritornai mi fu offerto un Lavoro per la Campagna nazionale di pubblicità per la giornata mondiale della gioventù.

    Anche se ho i miei alti e bassi, la gioia e la pace sono sempre con me. Io so che ho il migliore amico che uno possa mai avere, Gesù Cristo, e il futuro è quello che Dio vuole per me. Fino ad ora la mia vita è stata, da quando ho incontrato Dio, una grazia dopo l’altra, miracolo dopo miracolo.

    ******************************
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  3. #3
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    Predefinito

    Dal sito di Eugenio Marrone:

    Una ex maga...si racconta



    La mia storia è molto triste, una storia che è difficile raccontare. Mi sento fortemente sporca, indegna, disgraziata.

    Vorrei dare la colpa di tutto quello che mi è accaduto ai miei parenti, ma non posso ritornare ad essere bugiarda e devo ammettere che potevo fermarmi nel compiere tanto male, ma era più forte di me, non riuscivo a bloccare il desiderio di essere cattiva e di godere che gli altri soffrissero.

    Non era solamente il forte guadagno a darmi piacere, anche se l’idea stessa di guadagnare tanti soldi mi rendeva follemente felice, ma la mia realizzazione arrivava dalla sofferenza degli altri. Sì, perché più male causavo agli altri, più poteri ottenevo. Da chi, vi domanderete? Da colui che è l’avversario di Dio, il male personificato, l’odio vivente, la disgrazia di chi non sta con Gesù. Io, Francesca, ero al servizio di satana. Ogni notte rimanevo sveglia per incontrare il maligno nelle pratiche magiche, per preparare intrugli magici, per chiedergli di esaudire quanto mi veniva chiesto da coloro che venivano a trovarmi.

    Gli chiedevo di aiutarmi nel mio lavoro verso le persone che per rovinare altre persone, anche parenti, o per soddisfare la loro superbia, venivano a sollecitare il suo intervento.

    Anche se vorrei tanto maledire chi mi portò a praticare la magia, non posso più tornare a vivere come prima, perché sono rinata, sono un’altra persona, ho incontrato la Madonna a Medjugorje. Lì mi sono convertita.

    La mia infanzia fu normale fino a dieci anni circa. Non potevo capire cosa succedeva a casa mia, ma ricordo che c’era un ambiente pesante, tante discussioni e continui litigi tra i miei; non c’era pace e nessuno frequentava la Messa. Ricordo che mai si facevano preghiere a casa e sono cresciuta quasi senza sapere nulla del Signore e della Madonna.

    Cresciuta, compresi quello che facevano a casa mia con la magia ed io divenni una esperta fattucchiera chiaroveggente e sensitiva. I miei parenti mi passarono i libri dei segreti, sapevo molto sugli intrugli o preparati per legare persone, sfasciare matrimoni, causare disgrazie alle persone, arrecare fallimenti economici e personali. Avevo tra le mani la possibilità di distruggere e di "aiutare" quelli che venivano da me ad implorare il mio aiuto, ma questi non sapevano che non era a me che stavano chiedendo aiuto, ma al diavolo.

    Tutti coloro che frequentano maghi e fattucchiere non si rendono conto del tremendo legame che avviene con essi, frequentandoli anche per una sola volta. Solo le preghiere di liberazione dei Sacerdoti li libererà da questo micidiale legame, che significa dipendenza spirituale dal diavolo, influssi negativi e tristi sulla persona, sul lavoro, sugli affetti, su tutto. SUCCEDONO INCIDENTI STRANI, MALATTIE INSPIEGABILI, E NESSUNO PENSA CHE LA CAUSA E’ DA ATTRIBUIRE ALLA VISITA FATTA AL MAGO O ALLA FATTUCCHIERA. Mai e poi mai questi che operano nel mondo dell’occulto potranno liberarvi dalle fatture o da strane malattie, anche se per un certo periodo sembrerà che l’intervento del mago sia stato efficace. Invece, se non c’e’ più il sintomo di una malattia o il matrimonio ritorna in pace, succederà qualcosa di diverso. Ho capito solo dopo cosa significassero quelle parole di Gesù: Padre perdona loro non sanno quello che fanno! Ed è tanta la gente che non sa o finge di non sapere e noi cresciamo e ci moltiplichiamo, si! Crescocono e si moltiplicano i maghi perchè la gente crede che sia tutto un gioco, e noi glielo lasciamo credere. Il maggior alleato delle opere di Satana è proprio la persona che dice che in tutte queste cose non c'è alcun pericolo, non c'è alcun male, ma il male invece c'è ed è tanto, ma grazie alla Madonna ho anche capito che il Male è stato sconfitto e ho capito che Gesù può risanare ogni ferita, ma occorre abbandonare tutto ciò che il mondo e tutto quello che la cultura sta spacciando per innocuo.

    Mi piaceva molto quello che facevo, incontravo molta gente e guadagnavo molti soldi. Non provavo alcun dolore nel preparare polverine con sangue essiccato, testa di gallina tritata ed altro, che sarebbero servite a rovinare una coppia di sposi, a causare malattie, confusione mentale, squilibrio psichico, turbe mentali, sonnolenza, tristezza, fallimento nella vita, perdita dell’onore, allontanamento da Dio.

    La prima cosa che si cercava di fare era quella di infondere il rifiuto al sacro nelle persone colpite dalla fattura. Infatti, se la persona non prega più (se pregava), avrà pochissime possibilità di chiedere aiuto a Dio. Ma non ero io ad infondere il rifiuto al sacro, bensì colui che invocavo ogni notte. Lui doveva rimanere nella mente della persona colpita, ispirando continui pensieri contro Gesù e la Madonna, contro i Sacerdoti e la preghiera, contro il Catechismo ed ogni altra dottrina. Col tempo, la persona non avrebbe più creduto in Dio, aprendosi la porta verso l’abisso infernale. Sapeste quanti sono oggi quelli colpiti da queste fatture…

    Il motivo che quasi sempre spingeva tantissime persone a venire a chiedere il mio intervento per distruggere economicamente, fisicamente, mentalmente una persona, era dovuto all’invidia. Quante volte ho preparato fatture richieste dalle suocere per le nuore, dalle nuore per le suocere, da fratelli contro altri fratelli, da sorelle contro altre sorelle. A pensarci mi faccio schifo. Con la mia maledetta opera di fattucchiera ho distrutto, letteralmente distrutto, persone e famiglie. Dio mi potrà mai perdonare?!? Ero pazza, agivo come fuori di me, incapace di fermarmi a vedere cosa stavo procurando a famiglie intere. Sono sicura che Dio ha avuto pietà di me, ma non posso non domandarmi tutto il male che ho fatto.

    Non tutte le fatture che preparavo erano efficaci, perché se la persona che si doveva colpire aveva una Fede forte, non si poteva assolutamente disturbare, nessuna pozione può nulla contro chi prende con fede provata l'Eucarestia e il Rosario detto ogni giorno è uno scudo impenetrabile. E quando mi accorgevo che quella persona non poteva essere colpita, diventavo come un’ossessa e dicevo molte bestemmie, più di quelle che ripetevo come litanie, quando la notte preparavo le fatture ed invocavo il diavolo. Per preparare le fatture occorre essere amici del diavolo e lui è sempre presente quando si mescolano gli intrugli. Non sorridete leggendo queste parole, Dio solo sa che cosa si nasconde dietro questo nostro mondo che voi dite essere innocuo. Dio ha fatto scrivere nella Bibbia la tremenda condanna per chi ricorre ai maghi, vi prego, credete a Dio e non pensiate che i maghi e le cartomante o i sensitivi siano innocui, dietro vi è il mondo dell'occulto!

    Ora mi rendo conto di aver ricevuto un grande miracolo, proprio grande, perché come dice Gesù: "Era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato" (Lc.15,24). Ero morta spiritualmente, ora gioisco grazie al mio Signore. Ma è stata la Madonna ad ottenermi questa Grazia, perché essendo stata invitata da una vicina di casa, ignara del mio lavoro ad andare a Medjugorje, pensai a rilassarmi e feci il viaggio, ma odiavo tutti quelli che nel pullman pregavano e auguravo loro del male, anche se quelle persone erano protette dalla loro fede e dalla loro preghiera. Facevo una grande fatica per non far emergere tutto il male che mi faceva nel sentire quelle Ave Maria, ero disgustata da quella devozione popolare e li giudicavo un gruppo di pecore stupide e bigotte. Arrivati lì, pensavo a tutto, tranne che ad entrare nella Chiesa di San Giacomo, ma spinta dalla mia amica vi entrai. Non volevo inginocchiarmi e non lo feci. Rifiutavo tutto il sacro che vi era dentro e volevo bestemmiare ad alta voce, sentivo che il diavolo si era scatenato dentro di me e mi spingeva a compiere qualche gesto folle. Mi allontanai dalla loro presenza, perché li odiavo e camminavo senza guardare dove andavo. Vidi la statua della Madonna, mi avvicinai e la guardai. Fissai i suoi occhi, Lei mi guardava, il suo sguardo mi penetrava dentro, mi rovistava, stava succedendo qualcosa di imprevedibile che non riuscivo a fermare.

    Cominciai ad avvertire strane sensazioni, la testa si alleggeriva da tanti pensieri, cominciai a pensare a tutto il male che avevo fatto, ma questo in pochi secondi, tutto si svolgeva molto velocemente e non ero io a guidare la mia mente. Forse in meno di un minuto mi resi conto che la mia vita era stata solo un fallimento, scoppiai a piangere, singhiozzavo, fiumi di lacrime mi cadevano dagli occhi e Lei lì, una statua che mi fissava e sentivo che mi chiedeva perché avessi compiuto tutto quel male. Perché ero stata così cattiva e chi aveva pregato così tanto per la mia conversione ? Sentivo dentro di me però una voce amica, sentivo una tenerezza che mi toglieva le armi della difesa.

    Dinanzi alla statua della Madonna mi sono sentita sporca, cattiva ed impura. Ho provato per la prima volta vergogna di me stessa, anche se ero sola e nessuno mi vedeva, a parte la Madonna che mi fissava con uno sguardo pieno di amore. Mi sono sembrata come Adamo nel giardino di Eden quando si rende conto di essere nudo: "chi ti ha detto che sei nudo"? gli dice Dio, allora ho iniziato a capire, ero nuda davanti a Dio.

    La statua, ferma e silenziosa, sembrava avere un cuore che vi batteva dentro. La verità è che il Cuore della Madonna in quei momenti l’ho avvertito dentro di me, sentivo pulsare dentro, l’amore che per la prima volta nella mia vita provavo e...piangevo, continuavo a piangere a dirotto.

    In quei momenti l’amore verso la Madonna aumentò in maniera impressionante, sentivo che l’amavo come niente e nessuna cosa prima, anche se non sapevo nulla di Lei.

    Non avevo mai pregato in vita mia, non avevo la Prima Comunione, perché i miei erano contrari a tutto ciò che riguardava il sacro.

    Dinanzi la statua della Madonna ho provato momenti di dolore per tutto il male che ho fatto nella mia vita. Ho provato anche momenti di grandissima gioia, perché avevo scoperto che ero ancora capace di amare. Sentivo in quel momento che veramente "qualcuno" mi stava amando di un amore per me impossibile e lo sguardo scivolò verso il Crocifisso e sentivo un forte dolore dentro al petto, sembrava dovesse scoppiare, lo sguardo con il Crocifisso non permise al mio cuore di fermarsi dal battere tanta era l'emozione che stavo vivendo.

    Mi sembrava di avere un cuore, mi accorgevo finalmente della sua esistenza, lo sentivo battere nel mio petto, lo seguivo con commozione ed in silenzio interiore.

    Ero stata amata dalla Madonna, Lei mi ha insegnato ad amare. La mia vita era stata sempre piena di inquietudini, di invidie, di tristezza. Ho solo odiato nella mia vita, ma cosa ne avevo guadagnato ? Niente riguardo la vera gioia che si prova rimanendo a guardare la statua della Madonna. Davanti al Crocifisso cade ogni velo e la Verità ti copre con tutta la sua misericordia.

    Il male che facevo prima era per me lo scopo della vita, e più procuravo del male agli altri, più cresceva in me il desiderio di compiere del male.

    Parlando con un Padre francescano, mi spiegò che ognuno di noi si sente fortemente attratto da ciò che compie, di buono e di cattivo.

    Chi fa del bene, sente il desiderio di farne ancora; chi fa del male, prova un forte piacere, aumentando la sua malizia. Non mi rendevo conto, ma ero una vera strega. Una indiavolata. Si pensa che per essere indiavolati bisogna essere posseduti, che grave errore insegnare queste cose! Padre Amorth che poi ho imparato a leggere, dice bene che la possessione non è avere dentro di se il diavolo, ma agire secondo le sue istruzioni, assecondarlo e questo fanno tutti coloro che lavorano nel mondo dell'occulto e tutti quelli che lo servono, che ci vanno chiedendo favori pagandoli profumatamente, quando basterebbe ricorrere a Dio, gratis, per ottenere quello che Lui decide essere la nostra vera felicità.

    Chi compie del male, non riesce più a controllarsi, diventa schiavo della sua malvagità e l’influenza del diavolo aumenta a dismisura.

    E’ facile fare del male, soprattutto senza essere visti, ma interiormente ti svuoti sempre di più, non senti più emozioni, non hai più la consapevolezza della realtà, sembri vivere in un altro mondo, ed è il mondo infernale. Tutto diventa relativo, sei convincente del tuo male e diventi ingannatore.

    Che tristezza.

    Chi compie del male, si rallegra per i danni causati agli altri, ma dovrà darne amaramente conto a Dio. Finché uno vive come fuori di sé, accecato dall’invidia e dalla cattiveria, non si rende conto dei danni morali, economici e fisici che causa agli altri, anzi, prova grandi piaceri, gioisce delle disgrazie altrui. Spesse volte non è neppure necessario che chi pratica la magia odi qualcuno, l'importante è non curarsi dei danni che infliggi.

    Proprio come fa il diavolo.

    E chi fa questo genere di male, diventa come un diavolo, perché si riempie del suo spirito, si lascia guidare, diventa una persona posseduta dalla volontà del diavolo, anzichè diventare Tempio santo di Dio, anzichè fare la volontà di Dio.

    Provo orrore quando penso al male che ho compiuto, alle persone innocenti che hanno sofferto, alle coppie che si sono separate, ai disastri economici causati. Anche se non me ne rendevo conto, so adesso che la mia responsabilità è enorme. Anche se non ho ricevuto un’educazione corretta, mi accorgevo delle sofferenze che causavo, mi rendevo conto che la mia opera era disonesta e perfida. Non posso ora coprirmi con queste scuse. Non posso dare la colpa agli altri, liberamente eseguivo le richieste dei clienti.

    Il ricordo dei clienti mi turba ancora, perché nessuno veniva per fare del bene agli altri (d’altronde non sarebbero venuti da me), in ognuno era visibile nel volto una cattiveria e una crudeltà spaventosa, e alla base di ogni richiesta c’era l’invidia verso qualcuno. Erano meno coloro che chiedevano qualcosa di personale, mentre i più venivano per arrecare danno ai familiari, parenti e conoscenti.

    Parlerò anche di quali richieste facevano contro i familiari (madre contro figlia,sorella contro sorella...).

    Non ho mai conosciuto veramente la felicità cristiana, non ho mai gioito e non ho mai amato. Perché Gesù ha usato Misericordia con me?

    Non trovo una spiegazione, devo solo ripetermi che Gesù è buono e vuole salvare tutti. Forse Gesù ha considerato che la mia attività di maga era dovuta all’ambiente della mia famiglia? Ma ci sono tante persone come ero io e forse migliori di me, eppure, non ho mai sentito dire che qualche fattucchiera si sia convertita a Dio.

    Parlo di me come una ex maga senza provare vergogna, adesso sono una creatura nuova, rinata nell’amore di Gesù e desiderosa di riparare il male fatto a tante persone. Ho provveduto, dove potevo, a risarcire i danni, ho provveduto ad avvisare chi di dovere, ho provveduto dove potevo a chiedere il perdono.
    Non so quanti potranno credere alla mia esperienza, non potrei dire nulla perchè l'inganno è tanto ed è dilagato. Vi imploro però a credere a Dio, a credere a Lui quando condanna il mondo dell'occulto e tutte le manifestazioni che si fanno, credendo che tutto sia innocuo, non credetegli, vi prego, credete a Dio!
    Chiedo perdono a tutti.

    Ho chiesto al mio Padre spirituale il permesso di entrare in un monastero di clausura. Aspetto la sua risposta.

    Grazie a Laura

    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  4. #4
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    Sempre per restare in tema di storie di conversionae vorrei introdurre la figura di Jacques Fesch:


    Jacques Fesch

    Testimoni

    Saint-Germain-en-Laye, Parigi, 6 aprile 1930 – Parigi, 1° ottobre 1957



    Nell’esteso panorama della santità del Novecento, fra tante figure di grandi apostoli della fede, fondatori e fondatrici, moderni martiri, laici impegnati, operatori di pace o votati al sollievo della sofferenza e dei disagi sociali, ci sono state anche figure chiamate alla santità nella quotidianità, capaci di far risplendere la luce della fede nella vita di ogni giorno, spesso in circostanze difficili o addirittura drammatiche.
    E certamente una delle più sconvolgenti testimonianze, di quanto Dio può operare nella conversione di un’anima e nella sua elevazione spirituale, è la figura di Jacques Fesch, giovane francese di 27 anni, ghigliottinato il 1° ottobre 1957.
    Egli nacque a Saint-Germain-en-Laye presso Parigi, il 6 aprile 1930, da genitori belgi di nobili origini, trasferitasi a Parigi una decina d’anni prima.
    Purtroppo i genitori non seppero tenere unita la famiglia e col tempo questa divisione diede i suoi frutti nefasti; il padre, direttore di banca, era colto, avventuriero, amante della musica, pianista, ma anche cinico, donnaiolo, dichiaratamente ateo; dei figli si interessava quel tanto che bastava.
    La madre, buona di carattere ma introversa, in disaccordo con il marito, non riusciva a neutralizzare la sua nefasta influenza; il tenore di vita era alto, con cambio di case lussuose ma prive di calore umano e il piccolo Jacques cresceva bello, simpatico, ma chiuso.
    Fortunatamente venne ducato per tutta la fanciullezza in un collegio di religiosi cattolici, acquistando una “fede sensibile”, cioè una fede che si amalgama con gli affetti, con la vita.
    Nel difficile periodo dell’adolescenza, cresceva troppo in fretta e quanto più avrebbe avuto bisogno di una guida, tanto più si trovava abbandonato a sé stesso; cominciò ad andare male negli studi, diventò pigro, ostentò a sua volta del cinismo.
    Il padre cominciò a diventare un ideale per il ragazzo, anche se lui per primo si sentiva disprezzato. In una sua lettera, ne scriverà tante dal carcere, Jacques diceva: “A casa nostra c’era tanta religione quanta ce n’era in una scuderia, ed eravamo tutti dei mostri di egoismo e di orgoglio”.
    Alla ricerca di uno scopo nella vita, Jacques Fesch cresceva disorientato, inquieto, molto infelice, corteggiato dalle ragazze, ma senza amore; metteva nel letto un manichino al suo posto, per trascorrere le notti fuori casa, ma forse non era necessario, perché i suoi genitori non volevano accorgersene.
    Aveva 19 anni quando interruppe gli studi, si impiegò in banca, ma per poco tempo, non sopportava il lavoro subordinato; continuò ad appassionarsi al suo amato jazz, ai racconti di viaggi, alla mineralogia; di Dio non si interessava più, anzi copiando il padre, diceva a chi gli poneva domanda a riguardo: ”Dio è una graziosa leggenda, la consolazione di coloro che soffrono, la religione dello schiavo e dell’oppresso”.
    Da quando aveva 17 anni cominciò un’amicizia con Pierrette Polack, primogenita di una numerosa e ricca famiglia di origini ebraica; erano così diversi fra loro, ma si sentivano attratti proprio per questa diversità.
    A vent’anni nel 1950 fu chiamato al servizio di leva e venne inviato tra le truppe francesi operanti ancora in Germania.
    Pierrette allora convinse il padre di poter andare a lavorare a Strasburgo, più vicino a Jacques, che così poté passare le sue licenze nell’appartamentino di lei. La tenerezza di quei momenti, intrisi da un’evidente povertà, sfociò inevitabilmente nell’attesa di un bambino.
    Il conseguente desiderio di sposarsi, fu necessariamente accantonato, perché il matrimonio era osteggiato dal padre di lei ebreo e da suo padre antisemita arrabbiato. Attesero così la maggiore età e poi si sposarono civilmente (con la sola presenza del padre di Pierrette), un mese prima della nascita della piccola Véronique.
    La loro luna di miele fu spezzettata secondo le licenze di Jacques, con qualche bella vacanza in Svizzera, nella villa di montagna di proprietà dei Polack.
    Nell’aprile 1952 ebbe finalmente il congedo militare con l’attestato di buona condotta; fu necessario mettersi a lavorare, con nuove divisioni della famigliola, Pierrette con la bambina a Strasburgo e Jacques a Nancy nell’industria di carbone del suocero, vivendo in un albergo.
    La vita della giovane coppia si svolgeva senza un minimo di organizzazione, in pratica alla giornata, dando libero sfogo ai divertimenti e i soldi non bastavano per tutto il mese.
    Scriverà Jacques alla moglie: “Mia Minou, a Strasburgo io non ti amavo, avevo solo un vivissimo affetto per te, rafforzato dai legami di intimità; è tutto”.
    E alla fine il matrimonio infatti non durò; in parte erano fragili i due ragazzi, in parte si misero di mezzo le famiglie, ci furono dei pasticci economici nella fabbrica del suocero provocati da Jacques, il quale si disaffezionò dal lavoro progressivamente.
    Pierrette tornò dai genitori e Jacques licenziatasi dalla ditta del suocero, andò a vivere con la madre (ormai anch’essa separata dal marito); la mamma gli diede un milione di vecchi franchi per aiutarlo ad intraprendere un’attività in proprio, egli ne spese subito la metà per comprarsi un’auto di lusso e per l’impresa che voleva aprire, essa fallì prima di cominciare, consumando i pochi soldi rimasti.
    La madre a questo punto, infastidita, si disinteressò di lui; allora ritornò dalla moglie Pierrette, la cui lontananza insieme alla bambina lo tormentava, ma per l’opposizione delle famiglie si vedevano di nascosto, a volte in albergo, con atteggiamenti più da fidanzati che da sposi, illudendosi di rivivere i bei tempi della prima giovinezza.
    Ma nel suo intimo Jacques Fesch era disorientato, inquieto, insoddisfatto e di conseguenza molto infelice; tutto sommato una situazione personale e sociale, comune a molti giovani, poi di solito interviene provvidenzialmente un incontro, un’opportunità, un consiglio giusto, ecc. e la maggior parte trova prima o poi una soluzione per uscirne.
    Ma a Jacques, solo, senza lavoro, senza un vero scopo della vita, mancò questo salutare apporto, poi in quegli anni di dopoguerra, i giovani cercavano evasioni, desiderando intraprendere viaggi per conoscere il mondo, e la fantasia di Jacques galoppava sui viaggi fatti dal padre nelle lontane isole del Pacifico, da cui aveva portato ricordi, souvenir, esperienze, amori.
    Per questo gli occorrevano almeno due milioni di franchi per comprare una barca e prendere a viaggiare da solo verso quelle isole sognate.
    Tutti gli chiusero la porta in faccia compreso il padre, e i soldi diventarono la sua ossessione, alla fine decise che bisognava rubarli. E venne il giorno fatidico, il 24 febbraio 1954 con l’appoggio di due delinquenti abituali, armato di una pistola che doveva servire a spaventare il derubato, si recò a sera nel negozio di un cambiavalute ebreo, conosciuto dal padre, a ritirare dell’oro che aveva ordinato la mattina stessa.
    Mentre l’uomo girato, tirava fuori dalla cassaforte l’oro, egli lo colpì alla testa col calcio della pistola, ma partì un colpo e si ferì lui stesso alla mano.
    A questo punto, preso dal panico, scappò a piedi senza prendere nemmeno la macchina parcheggiata lì vicino, sanguinante alla mano, perse anche gli occhiali che portava per la forte miopia.
    I complici per distogliere l’attenzione della polizia da loro, furono i primi a descriverlo; fu inseguito e lui si infilò in un grosso caseggiato salendo le scale fino al tetto, dove rimase finché ritenne che la caccia si fosse interrotta, ma all’uscita dal caseggiato fu riconosciuto.
    Gli fu intimato di fermarsi, ma Jacques in preda al panico, non riconoscendo per la miopia, chi gli stava davanti, sparò attraverso l’impermeabile, uccidendo così un agente; scappando disperatamente ormai in preda al terrore, sparò ancora ferendo di striscio un’altra guardia e sparando all’impazzata contro chiunque gli si parasse davanti, fortunatamente senza colpire altre persone; fu alla fine disarmato e catturato da un anziano ispettore di polizia.
    Percosso a sangue, strattonato, venne condotto piangente e in manette in una cella de “La Santé”, il carcere di Parigi, dove naufragarono i suoi sogni di mari sconfinati ed isole tropicali.
    Cominciò così la seconda fase della disordinata vita di Jacques, con la scoperta, la riflessione, la sofferta risalita, verso le vette della spiritualità più alta, che solo Dio può donare all’anima che lo cerca.
    Mentre la giustizia degli uomini, faceva il suo corso con i processi, gli interrogatori, le accuse della Procura, i piani di difesa dell’avvocato, Jacques Fesch nella solitudine della sua cella, prese a leggere libri, riviste, classici, romanzi, che passava il carcere, altri libri gli pervenivano dalla famiglia, dai genitori in parte rappacificati, dai suoceri e poi dal cappellano e dall’avvocato Baudet, un convertito e Terziario carmelitano; non mancarono opere di un certo livello spirituale, le vite di s. Francesco d’Assisi, s. Teresa d’Avila, s. Teresa del Bambin Gesù.
    Attraverso la lettura dei numerosi libri (250 il primo anno), cominciò a conoscere la vita, i caratteri, le passioni, i desideri, le possibilità di peccare e di raggiungere la santità, la grandezza e la miseria del genere umano, le altezze e le volgarità del pensiero; lesse fra l’altro la “Divina Commedia”.
    Davanti al figlio carcerato, stranamente i genitori trovarono il modo di andargli a far visita e consolarlo e quando la madre seppe con terrore, che rischiava la ghigliottina, giunse ad offrire a Dio la propria vita, affinché il tanto trascurato figlio potesse almeno “morire bene”.
    Dopo un anno di detenzione, una sera che era a letto, avvenne il momento cruciale della sua definitiva conversione, lo raccontò lui stesso nel suo “Giornale intimo”, scritto per comunicare la sua fede alla figlia.
    “Quella sera ero a letto con gli occhi aperti, e soffrivo realmente, per la prima volta in vita mia con un’intensità rara, per ciò che mi era stato rivelato riguardo a certe cose di famiglia. E fu allora che un grido mi scaturì dal petto ‘Mio Dio!’ e istantaneamente, come un vento impetuoso che passa, senza che si sappia donde viene, lo Spirito del Signore mi prese alla gola”.
    Gli sarà di aiuto e conforto nella salita della difficile via della conversione totale, un amico convertito anche lui, Thomas, diventato frate benedettino, a lui verranno scritte le lettere più intime e al quale racconterà l’itinerario spirituale per cui Dio lo conduceva.
    Alle otto del mattino leggeva in un messalino la Messa del giorno, perché era l’ora in cui vi assisteva l’amico frate, poi faceva la meditazione su quanto letto, a sera concludeva la giornata con la “Compieta” della domenica.
    Meditava attentamente la ‘Via Crucis’ e quando ormai capì che la sua vicina condanna era quella capitale, offrì la sua vita per placare la giustizia divina irritata, riteneva che la pena inflittagli fosse ingiusta, nonostante questo egli volle accettarla cooperando all’esecuzione, sembrandogli così di morire meno indegnamente.
    Pregava per la conversione del padre; scoprì l’amore perduto e sciupato per il suo comportamento per la moglie Pierrette, il 7 giugno 1956 morì la madre che aveva offerto la vita per la sua redenzione.
    Il 6 aprile 1957, giorno del suo 27° compleanno, giunse la sentenza definitiva del tribunale, a cui aveva concorso l’agitazione della Polizia, che richiedeva una condanna esemplare; fu trasferito nella ‘cella 18’, quella riservata ai condannati a morte.
    Da qui vincendo la naturale paura e l’odio che vorrebbe invadergli il cuore, perché la pena era sproporzionata alle sue reali intenzioni nell’aver commesso il delitto, intensificò lo scrivere delle lettere piene di fede indirizzate all’amata figlia Véronique, a sua moglie Pierrette, all’avvocato Baudet, all’amico Thomas, alla suocera considerata ormai come una madre, al cappellano del carcere; sempre compilando ogni giorno il “Giornale intimo”.
    Questi scritti sono la testimonianza di una conversione e di una dirompente, genuina, sublime fede che in una situazione drammaticissima, lo accompagnò alla morte mediante la ghigliottina, trasfigurando l’orrore in gioia, per l’imminente incontro con il suo Dio.
    Voleva che fosse celebrato il matrimonio religioso con Pierrette, la quale però era chiusa in un circolo vizioso senza sbocchi spirituali; scriveva Jacques alla suocera: “In fondo, lei aspetta la fede per pregare e non vuole pregare per avere la fede. Allora, ecco, quando sarò lassù, toccherà a me pregare a mia volta per voi, e nell’ora della vostra morte…”.
    Il Presidente della Repubblica Francese René Coty, pur respingendo la domanda di grazia, gli mandò a dire: “Dite che gli stringo la mano per ciò che egli è diventato”.
    Il giorno prima della sentenza, ebbe la consolazione di sapere che Pierrette si era confessata e ricevuto la Santa Comunione, e a sera tramite l’amico Thomas, fu celebrato per procura il loro matrimonio religioso.
    La sentenza era fissata per il 1° ottobre 1957 e Jacques qualche giorno prima disse: “Io tendo una mano alla Vergine, e l’altra alla piccola Teresa; in tal modo non corro alcun rischio, ed esse mi attireranno a sé per consegnarmi al piccolo Gesù per l’eternità”.
    All’alba del 1° ottobre, si avviò all’orribile macchina, con dignità, compostezza e perfino con una certa serenità, baciando il crocifisso, chiedendo perdono a tutti; al punto che la cinquantina di persone presenti e lo stesso boia rimasero scossi.
    A conclusione, si riporta alcuni brani dalle tante lettere scritte, in quei tre anni di tormentata attesa e di felice riscoperta di Dio e dei valori umani e cristiani.
    “Per la prima volta io piango lacrime di gioia, nella certezza che Dio mi ha perdonato e che ora Cristo vive in me, nella mia sofferenza, nel mio amore. Poi è venuta la lotta, silenziosamente tragica, tra ciò che sono stato e ciò che sono divenuto… bisogna che io abbatta, adatti, ricostruisca, e non posso essere in pace che accettando questa guerra” (A Thomas, 14.5.55).
    “A due riprese Dio mi ha detto: ‘Tu ricevi le grazie della tua morte!’. Dio si è impadronito della mia anima. Un velo si è squarciato, e se continuassi a vivere, non potrei mai rimanere sulle vette che ho raggiunto. È meglio che io muoia” (All’avvocato, che tenta di fargli ottenere la grazia).
    “Una cosa sola conta agli occhi del Signore, salvare le anime!… La vita è un cammino stretto che fa capo a una porta piccola che si apre sulla vita vera. Per passare, bisogna prima lasciarsi crocifiggere sulla croce che sbarra l’entrata. Se la sofferenza e la paura ti fanno indietreggiare, non entrerai.. Ma con la prova viene la fede e con la fede i doni, non sono distribuiti grettamente, bensì a profusione.. E questa morte è nient’altro che dona la vita…” (Alla suocera, 3/8/57).
    “Quando Cristo dirige un’anima, è a Maria che in primo luogo la indirizza. Ma chi potrebbe crederlo, se non gli è stato dato dall’alto?… Gesù mi manda da sua Madre, ed è lei che ha in mano la mia salvezza. Nessuna preghiera mi apporta maggior consolazione delle ‘Ave Maria’ e della ‘Salve Regina’, prego ogni giorno per te, bambina mia Veronique, che ti colmi di grazie e ti prenda sotto la sua protezione” (‘Giornale intimo’, 4, 9.8.1957).
    “Mi sono unito con tutta l’anima a Pierrette, che ora è mia moglie in Dio… Reciterò il mio rosario e delle preghiere per i moribondi, poi affiderò la mia anima a Dio. Buon Gesù, aiutami!… Sono più tranquillo di un momento fa, perché Gesù mi ha promesso di portarmi subito in paradiso…Non sono solo, ma il Padre mio è con me. Solo più cinque ore da vivere! Fra cinque ore vedrò Gesù!..
    La pace è svanita per dar posto all’angoscia! È orribile! Ho il cuore che salta nel petto. Santa Vergine, abbi pietà di me! Addio a tutti e che il Signore vi benedica” (‘Giornale intimo’, 30/9/57).


    Autore: Antonio Borrelli





    A chi volesse approfondire meglio l'esperienza spirituale di Jacques, consiglio la lettura del seguente libro:

    A.-M. Lemonnier
    LUCE SUL PATIBOLO
    Elledici

  5. #5
    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    ....stupenda testimonianza.....grazie ragazzosemplice....mi ha veramente commossa.........
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  6. #6
    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    Il chitarrista dei Korn battezzato nel fiume Giordano

    La conversione religiosa di Brian Head Welch, fino a poche settimane fa chitarrista dei Korn, pare completa. Si è battezzato nel fiume Giordano. Prima era 'arrabbiato', ora 'vuole abbracciare la gente'

    La conversione religiosa di Brian Head Welch, fino a poche settimane fa chitarrista dei Korn, pare completa. Il musicista, che nei giorni scorsi aveva annunciato la sua uscita dalla band dopo tredici anni, si è recato in Israele con altri venti pellegrini della sua città, Bakersfield, e si è fatto battezzare nel fiume Giordano. Ai pellegrini cristiani è stato impartito il sacramento nei pressi del kibbutz Kinneret, nella parte settentrionale di Israele. Dopo il battesimo Head ha affermato: “Prima ero arrabbiato, adesso che sono stato battezzato ho voglia di mettermi ad abbracciare la gente”. Alla fine dello scorso febbraio, avuta la notizia della conversione mistica, il gruppo di Jonathan Davis emise un breve comunicato in cui si affermava che rispettava la scelta del musicista.

    "Voglio bene a tutti nella band - ho avuto paura nell'abbandonarli. Era un anno e mezzo che volevo dire basta, ma qualcuno arrivava sempre a parlarmi e a convincermi di rimanere. Il sapere che avrei ferito i ragazzi, se me ne fossi andato, mi rattristava molto. Ma il mio problema risale a parecchio tempo fa, fin dopo "Life Is Peachy". Abbiamo fatto cose che...gli altri definivano metal, stile di vita rock'n'roll...ma dentro di me, io pensavo che era tutto un po' troppo crudo, un po' oltre il limite. Ho una bimba di 6 anni e voglio che sia in grado di guardarmi negli occhi. Sono un ragazzo-padre e i Korn mi sono sempre venuti incontro nei momenti di bisogno...'porta tua figlia in tour con noi' mi dicevano...ma andare in tour non è vita per una bambina di 6 anni: sarebbe stata seduta nel backstage a contare dollari, perchè Fieldy le avrebbe detto 'ogni volta che senti una parolaccia, avrai un dollaro. Ci aiuterà a non dirne più, di parolacce'.

    Credo che i ragazzi siano ora confusi...ho lasciato nel momento peggiore. Abbiamo lasciato la Sony , siamo diventati proprietari delle nostre canzoni...ma io dovevo provare a me stesso di non essere dipendente dal Dio Denaro. Ho parlato a Jonathan e lui mi ha detto 'non capisco, tu ora stai bene e noi siamo qua a disperarci perchè la band è in difficoltà'...avrei voluto rispondergli 'be', per anni voi avete fatto migliaia di party, mentre io me ne stavo seduto nel tourbus a voler morire'".

    Welch ha anche parlato di un suo progetto solista, il quale rifletterà la sua crescita spirituale. Il materiale, che verrà pubblicato sotto il monicker HEAD, non sarà Christian music, bensì 'un'estensione della KORN family': 'Mi è sempre piaciuto il fatto che la musica dei Korn abbia aiutato i ragazzi a tirar fuori la propria aggressività. Ma con la mia nuova musica, ora, vorrei far capire loro che c'è anche dell'altro là fuori. Voglio mostrare loro che c'è una luce alla fine del tunnel del dolore, che non c'è solo aggressività. Voglio dire loro 'ehi, ragazzi, preghiamo e divertiamoci assieme”.


    Simona Santi di Korazym.org

    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

 

 

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