La chiesa di S. Elena Imperatrice presenta una cupola a otto spicchi sovrastante il presbiterio che conclude l'unica piccola navata grava, infatti, su di un tamburo ugualmente ottagonale; otto lati presenta anche la luce che si apre nella terza facciata, sovrastata però da un terminale a duplice inflessione quale si adottò, ai primi del Seicento, nelle chiese di Santa Chiara e di Santa Restituta a Cagliari. Nel 1775, un incendio distrusse il tetto ligneo della navata della chiesa parrocchiale di Sant'Elena. Benché i danni fossero stati riparati in breve tempo, se pur sommariamente, per consentire lo svolgersi regolare delle funzioni religiose, il fatto determinò la volontà di realizzare un sogno accarezzato da anni: la costruzione di un altro tempio, imponente e moderno, che rappresentasse degnamente Quartu, ormai di circa 4.000 abitanti, e costituisse un esempio da emulare per i più poveri e piccoli paesi vicini. Il progetto di ampliamento e restauro venne eseguito dall'ingegnere militare piemontese Cochis. I lavori furono interrotti a causa di una serie di tumultuose vicende storiche.
Cenni:
Nel 1793, infatti, nella vicina località di S. Andrea, ebbe luogo il tentativo di sbarco dei francesi decisi a diffondere le conquiste della loro rivoluzione;
nel 1794, la cacciata dei piemontesi dall'isola e la rivolta popolare;
nel 1795, i moti antifeudali.
La ripresa dei lavori
Il disegno venne ripreso in esame intorno al 1804, con molte difficoltà finanziarie e dubbi, non ultimo quello sull'opportunità di conservare l'antico sito della chiesa, la cui dislocazione in periferia causava problemi sia al clero di Sant'Elena che ai quartesi, poiché il villaggio, composto da case con ampie corti, era già molto esteso. D'altra parte, la realizzazione di una chiesa nel centro, tutto abitato, avrebbe comportato l'acquisto di case private e, quindi, un'ingente spesa. Si optò, infine per l'ampliamento e la ristrutturazione del vecchio tempio, pressoché una ricostruzione, seguendo in linea di massima il progetto del Cochis.
I lavori si protrassero sino al 1825, quando si ultimò la facciata. La nuova parrocchiale venne dotata di una sola aula, sei cappelle intercomunicanti, un ampio transetto (parte che incrocia la navata centrale) con cupola ottagonale alla crociera ed un bel presbiterio. Rispetto agli edifici religiosi costruiti in Sardegna sul fine del settecento (vedi ad esempio, la Sant'Anna di Cagliari e la Verine delle Grazie a Sanluri, entrambe dell'architetto piemontese Giuseppe Viana), mostra una semplificazione di linee, dovuta non solo al primo affermarsi del neoclassicismo, ma forse, anche ad un revival locale imperniato sulle opere dell'ultimo Seicento, in particolare sulla Cattedrale di Cagliari. Il campanile a canna ottagonale, a sinistra della facciata, invece sopraelevato e modificato, perché si adattasse al nuovo tempio, tra il 1868 ed il 1875, su progetto del muratore del Genio civile Agostino Loi. Oltre ad esigenze estetiche, il motivo che indusse i quartesi ad innalzare la torre fu il fatto che l'imponente mole della cupola della Chiesa ostacolava il diffondersi verso l'abitato del suono delle campane, che allora scandiva il ritmo della giornata.