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    Predefinito Il lato oscuro della storia

    L'ESSENZA DELLA MASSONERIA ITALIANA: IL NATURALISMO



    1) LA RELIGIOSITÀ MASSONICA

    Nei discorsi e nelle pubblicazioni massoniche si parla, a volte, di "religiosità massonica", con un senso, a prima vista, abbastanza piano e in modo apparentemente plausibile. Ma chi voglia approfondire l'argomento troverà che le parole "religione" e "religiosità" sono usate dai Massoni con un senso particolare e con significati talvolta diversi.

    È noto come nelle adunanze massoniche sia fatto divieto di discutere di religione e di politica. Evidentemente, in questo caso, la parola "religione" è usata nel senso di credo o specifica fede positiva.

    È frequente e dichiarato, d'altra parte, il proposito di emancipare gli spiriti da ogni forma di coercizione religiosa. E tuttavia, ecco la Massoneria proporsi tutta piena di spirito religioso e dichiarare che la religiosità è la sua essenza: "l'essenza della Massoneria è tutta nell'anelito dell'anima a sollevarsi verso la perfezione, ad ascendere verso la Luce, a mettersi in contatto con Dio. Ogni atto del Massone - in quanto Massone e vero Massone - è impregnato di cotesta essenza" (ERNUM, gen. 1947, 6). Anzi alla sua scuola, come scriveva Giordano Gamberini, "di un reale sacerdozio è investito il Libero Muratore, di un carattere indelebile che lo costituisce in eterno sacerdote secondo l'ordine della verità e della virtù. Un sacerdozio di spirito ben distinto e superiore a quello che riposa sulla legge". (ACMA, 1948, 40).

    Può parlarsi, dunque, di "religiosità massonica"?

    Nel consultare le fonti massoniche, la prima impressione che se ne riporta non è certamente quella della chiarezza d'idee.

    Non sono pochi gli scrittori recisamente decisi a considerare la Massoneria come una religione vera e propria:
    "... vien fatto di chiedersi se la Massoneria non sia una religione: rispondo nettamente che la Massoneria è la Religione" (GORMA, 27). "La Massoneria vera... è una Scuola, una Religione, un modo di vita... cui bisogna conformarsi in pensieri ed opere" (RAMA, mar. mag. 1949, 27-28). E ancora: la Massoneria è "una religione laica" (LASP, 99), una "religione di pensiero" (Adriano Lemmi, in LV, 1955, 224), "è una istituzione profondamente religiosa" (Ugo Lenzi, in BGO; 1951, 50), "la più grande, la più bella, la più nobile, la più civile di tutte le religioni!" (Ugo Lenzi in BGO, 151, 51), anche perché chi "ha chiesto di entrare in questo Tempio, ha compreso che è uscito da un altro Tempio, dove si adoravano gli dei falsi e bugiardi" (Ugo Lenzi, in BGO, 1951, 50) e dove non trovava, quindi, la propria soddisfazione del bisogno religioso.

    Fermiamo ora, brevemente, la nostra attenzione in materia su un'affermazione fatta dal Prof. Lino Salvini attuale Gran Maestro dal 21 marzo 1970, a Roma, il 5 ottobre 1970, in una conferenza stampa "organizzata in tutta fretta".

    Alla domanda d'un giornalista, per quale ragione le donne non siano ammesse alla Massoneria Giustinianea, pur rendendosi conto dell'importante ruolo che la donna ha oggi nella società moderna, riteneva che l'esclusione è dovuta al fatto che la massoneria è un "rito religioso di tipo solare" e quindi (?) nessuna donna può partecipare (LA NAZIONE, 16 ott. 1970, 8).

    Questa che, a prima vista, potrebbe sembrare una... battuta, ha, massonicamente, un significato tutto particolare.

    "Il neofita (in qualunque Loggia sia ricevuto Apprendista) è nominato membro attivo della Rispettabile Loggia di S. Giovanni" (FLR, 94).

    Quindi "i Massoni in molte circostanze e particolarmente in questa hanno usato la parola Giovanni per rappresentare allegoricamente il sole" (FLR, 95).

    Il Farina, prescindendo del tutto dal significato ebraico del nome Giovanni - Ieocanan, "Il Signore è propizio, il Signore ha fatto grazia" - si sforza di ritrovare l'etimologia del nome Giovanni e pensa di averla trovata in "Giano", nome sotto il quale i Romani adoravano il sole (FLR, 36).

    Quindi si permette di "concludere che in un'epoca in cui il cattolicesimo era ad un tempo fede dominante e dominatrice, gli adoratori del sole abbiano nascosto il nome del loro Dio sotto quello di un santo, per celebrarne più liberamente le sue feste. Infatti le feste di Janus e del sole corrispondono esattamente alle due feste di S. Giovanni" (FLR, 36), cioè nel Solstizio d'Estate, 24 giugno, e in quello d'Inverno, 27 dicembre, particolarmente solennizzate dai Massoni.

    "L'esaltazione e la rinascita dell'astro del giorno non potevano necessariamente non essere le principali feste dei Figli della Vera Luce" (FLR, 37).

    La posizione stessa dei Dignitari di Loggia si richiama al sole. Il 2° Sorvegliante siede al sud "per meglio osservare il sole al suo meridiano" (FLR, 52); il 1° Sorvegliante siede all'occidente "per osservare il sole quando perviene al suo tramonto" (FLR, 52); il Venerabile invece siede all'oriente perché "come il sole appare in Oriente per dar principio al giorno ed illuminare la Terra, così il Venerabile siede all'Oriente per dirigere i lavori ed illustrare la Loggia istruendo i Fratelli con il lume della sua scienza" (FLR, 52).

    Lo stesso Gran Maestro Salvini, del resto, comincia così una sua recente Balaustra (= Lettera): "Il Solstizio d'Estate ci trova soddisfatti del lavoro compiuto" (RIMA, lu. 1971, 413).

    Come vedremo meglio in seguito, secondo il Machey, citato da Arthur Preuss (A Study in American Freemasonry, pg. 120 ss.), "al sole, come rigeneratore e vivificatore di tutte le cose, si deve attribuire il culto fallico che formava una parte principale dei misteri".

    Forse è questa la ragione per cui il Grande Oriente d'Italia (Palazzo Giustiniani) "inizia solamente uomini" (Costituzione 1968, art. 13).

    Ci rimane solo una curiosità: vorremmo sapere di che "tipo" sia il "rito religioso" praticato dal Capitolo Mediterraneo n. 1 dell'Ordine della Stella d'Oriente di Napoli (RIMA, 1967, 143 e 1970, 44), dal Tirrenia Chapter n. 2 di Livorno (RIMA, 1971, 48) dal Capitolo Minerva di Roma (RIMA, 1971, 223), dal Capitolo Sirio di Pesaro (RIMA, 1972, 320) e dal Capitolo Beatrice di Firenze (RIMA, 1973, 43), associazioni paramassoniche composte di sole donne e dipendenti da Palazzo Giustiniani.

    Ma continuiamo l'argomento del quale stavamo trattando e vediamo che non meno recise sono le affermazioni di autorevoli Massoni, perfettamente contrarie a quelle sopra riportate.

    "... La Massoneria in quanto è istituzione umanitaria non risale fino a Dio - non è una religione; è una istituzione puramente umana" (Ulisse Bacci, in RIMA, sett. 1876, 4); "La Massoneria non è una religione... Essa ammette nel suo seno uomini professanti tutti i culti e tutte le religioni educandoli alla tolleranza e allontanandoli dal fanatismo e dalla superstizione" (FLR, 14); "Agli uomini per i quali la religione è la consolazione suprema, la Massoneria dice: Coltivate la vostra religione senza ostacolo, seguite le aspirazioni della vostra coscienza. La Massoneria non è una religione, non è un culto;... la sua religione riposa tutta intera in questa bella massima: Ama il tuo prossimo" (FLR, 34).

    Interviene, con piglio chiarificatore, il prof Lucio Lupi: "Se per religione deve intendersi soltanto confessione positiva, dogmatica e fideistica in senso stretto ... noi non siamo certamente in questo caso una religione e non siamo dotati di spirito religioso. Ma dovrebbe essere noto ... come ... esiste altresì un libero teismo o teismo naturale che si incentra e risolve in un non meno fervoroso spirito di religiosità ... Non si può misconoscere come la religione naturale, il libero teismo, il teismo stesso, se si voglia, si elevino alla più alta spiritualità, alla più alta soggettivazione dell'esperienza del divino" (LURG, 51-53).

    Come si vede, il Lupi non chiarisce nulla: espressioni come "religione naturale", "teismo naturale" e "libero teismo" sono solo espressioni fumose.

    Più che cercare lumi in dichiarazioni di comodo, è opportuno esaminare di quali contenuti venga riempita questa pretesa religiosità.

    L'esame, anche superficiale, delle fonti massoniche, chiarisce il perché di tanta incertezza e genericità in tema di religione e di religiosità. Innanzi tutto, la religiosità massonica non è ancorata a canoni e principi fondamentali che consentano salde convinzioni; poi, motivo ancor più valido, è che tale genericità è voluta per permettere una comodità di manovra ed un'elasticità di convinzioni che torna a vantaggio solamente di chi la propugna.

    Per religione, diceva Ugo Lenzi, deve intendersi "non solamente l'atto di fede in un corpo di dottrine e di credenza ben definite e rivelate, ma anche l'anelito che rilega insieme le anime desiderose di penetrare, con libera indagine, quest'immenso mistero dell'universo, e conoscere la ragione delle cose ... ; quest'interno affanno (che) chiede al raziocinio della mente e alle scoperte delle scienze naturali gli elementi atti a squarciare il velo che copre i grandi misteri dell'universo" (Citazione da CAP, 3, 38: Commemorazione di G. Carducci. Bologna 1952, 12-13). Dunque il fulcro della religiosità massonica starebbe nel "raziocinio della mente" che "con libera indagine" penetra il mistero dell'universo e che con le "scoperte delle scienze naturali" squarcia il velo che copre "i grandi misteri dell'universo".

    Col Lenzi è d'accordo, sostanzialmente, l'oratore della Loggia Ausonia di Torino che, il 25 nov. 1963, teneva una conferenza sul "Carattere religioso della Massoneria".

    L'oratore passava "più che a definire a considerare che cosa debba intendersi per religione; egli si è dichiarato propenso ad accedere alle seguenti concezioni: la coscienza del mistero dell'universo; questo mistero che avvolge l'esistenza di tutta l'umanità, che né la scienza né la filosofia né la ragione hanno spiegato, rappresenta nello stesso tempo l'aspirazione ad una elevata contemplazione dell'infinito e dell'assoluto" (BGO, feb. 1964, 10).

    Così la religione "é manifestazione squisitamente soggettiva", per cui l'uomo solo mediante la ragione "e non già attraverso la fede e la immaginazione" apprende la verità e la volontà di Dio (Citaz. da CAP, 3, 38; P. Astuni Messineo, La Massoneria svelata al popolo, Roma, 1944, 61; VF, 27 dic. 1946, 37).

    S'intendono ora meglio certe dichiarazioni massoniche per le quali la religione ha da essere "Religione umana" (LV, 1955, 404), "religione radicata nella natura e quindi razionale e universale" (LV, feb. 1954, 14) o, come si esprimono le Costituzioni di Anderson del 1717, quella "sulla quale tutti gli Uomini sono d'accordo" (GORCF, 16). La Massoneria, infatti, "quantunque non prescriva dogmi, suppone tuttavolta certe verità fondamentali che sono nell'umana natura, riconosciute dalla ragione, senza che sia perciò obbligata a sottomettersi ad una autorità fuori di lei" (MRAI, 15).

    I passi riportati fanno già chiaramente intendere come, dai Massoni, la ragione ed il razionale siano considerati l'unico criterio di verità, persuasi, come dicono di essere, che "la Massoneria ha in sé tutti gli elementi più puri ed elevati, per la soddisfazione delle brame spirituali" (LV, 1957, 17).

    Tale persuasione scaturisce agevolmente dalle dichiarazioni degli scopi che la Massoneria si propone: "Fine ultimo della Massoneria è che le frontiere si abbassino davanti alla ragione umana" (FLR, 15); "Il Libero Muratore ritiene perciò fondatamente che il dovere dell'uomo e della donna di pensiero sia di porsi al di fuori e al di sopra della posizione asofa e preconcetta e di raccogliersi con tutte le sue forze, spirituali e mentali, sul terreno della ricerca, che è per lui la sola, vera prassi di religione" (LURG, 41).

    È naturale che, con un simile orientamento e, soprattutto, con un'accezione del concetto di "religione" così poco ortodosso, l'atteggiamento della Massoneria verso le religioni positive in genere e verso il Cattolicesimo, in particolare, non sia precisamente quello d'una benevola comprensione.

    Tale atteggiamento, che, in pratica, è di stizzoso ed ottuso disprezzo, viene, in teoria, giustificato, con amene argomentazioni: "Qual è il carattere universale di ogni religione?", si chiede il Farina, che risponde: "È di rispondere allo stato intellettuale dell'epoca. Ogni religione rimpiazza un culto più grossolano ed essa è rimpiazzata a sua volta ... ... Tutte sono state concepite per rispondere allo stato sociale di un'epoca: tutte sono state passeggere: una sola forza è costante: il lavoro dell'intelligenza. È per questo lavoro che i governi e le religioni ed ogni altra istituzione sono stati adoperati e poi scacciati" (FLR, 242).

    Così, apocalitticamente, afferma un non meglio identificato "Joannes" nell'editoriale della Rivista del Gruppo Gnostico di Firenze: "Stiamo vivendo la drammatica fine dell'Era Cristiana ed è urgente per tutti noi affrontare la responsabilità della nostra evoluzione..." (CONOSCENZA, mag. giu. 1970, 3 - corsivo nostro).

    Anche il Prof. Tommaso Palamidessi, fondatore e direttore di "Archeosofica" - Scuola esoterica di alta iniziazione - scrive da Roma, il 12 novembre 1970: "L'Archeosofo e l'Archeosofa sono autentici apostoli del terzo millennio, l'Era del Cristianesimo esoterico, del Cristianesimo totale, e questo è il momento giusto per iniziare il nostro incarico che viene a noi dal Graal" (corsivo nostro),

    Ci tornano in mente, e ci sia permesso ripeterle, le parole del monatto a Renzo: "Và, và, povero untorello ... non sarai tu quello che spianti Milano" (Pr. Sp., c. 34). Ma è molto più importante il fatto che i suddetti signori hanno dimenticato quanto disse, ai suoi Apostoli, Uno più grande di tutti noi, Gesù Cristo: "Oramai io sono con voi sino alla fine del mondo" (Mt. 28, 20).

    Per tornare al Farina, ed alle sue concezioni già citate, si notano quegli appellativi e quelle definizioni di cui, spesso, vengono gratificati il Cattolicesimo e le altre religioni: "pregiudizi", "fanatismi" "superstizioni" e "idolatrie intorno all'idea di un Dio unico". La Massoneria "non può restare indifferente agli innumerevoli mali provocati dal fanatismo religioso". Perciò, "in materia religiosa, considera come migliore la religione che realizza di più i suoi principi, unendo gli uomini a Dio con dei sentimenti di amore e di venerazione e le creature tra loro con dei sentimenti di fratellanza, di stima e di amicizia" (FLR, 216).

    Tuttavia il neofita, sottoposto all'iniziazione, viene subito avvertito: "Nel campo religioso ognuno che professi una confessione dogmaticamente definita non può fare a meno di non sentire la inibizione di entrare in comunione spirituale con chi esercita la propria libertà di pensiero e di coscienza nella libera ricerca del Vero senza apriorismi, senza fabulazioni mitologiche, ma con la sola guida del buon senso, della ragione, delle scoperte delle scienze naturali" (Ugo Lenzi, in ACMA, 1949, 271).

    La religione, qualsiasi religione, è, per la Massoneria, l'oppio delle coscienze. Viene pur detto che la Massoneria "prescrive ai suoi adepti di rispettate la religione nella quale sono nati" (FLR, 216), ma senza che ciò debba implicare l'asservimento e la persecuzione del libero pensiero: "Porre al di sopra del libero arbitrio le imposizioni della Chiesa non è dichiararsi pronto ai peggiori tradimenti, quando Roma comandasse lo spergiuro?" (FLR, 402).

    Questa è la risposta quando, dalle parole ad uso dei profani, si passa alle parole del Rituale massonico.

    Sul trattamento che la Massoneria riserva alle religioni non crediamo si possano nutrire altri dubbi; del resto, essa afferma che le religioni sono tutte eguali e che le differenze "riguardano soltanto alcuni particolari" (Citazioni varie in CAP, 3, 42, nota 23).

    Tanta grossolanità non nasconde certo soverchio rispetto.

    Non va, infine, taciuto che il veleno massonico destinato alla Chiesa ed alla religione, è giustificato o, meglio, mascherato con il carattere rigidamente antidogmatico del pensiero e della pratica massonica.

    La milizia massonica postula, infatti, "libertà di tutti i culti e di tutte le fedi (che) si risolve in quella di pensare e di credere secondo la propria ragione e la propria coscienza" (MASFI, 130), già "libera da dogmi scientifici e religiosi" (Citazioni varie in CAP, 2, 369, nota 60). Il Massone, infatti, attende le proprie conquiste dalla indagine spregiudicata e sciolta da ogni vincolo di postulato e di dogma e non condivide affatto l'atteggiamento della Chiesa che sottoporrebbe i suoi fedeli a costrizioni che impediscono ogni reale progresso sulla via della verità e si rivelerebbe, quindi, "negatrice assoluta e più d'ogni altra intollerante della libertà di coscienza e, per ciò stesso, negatrice della verità, di cui vieta ogni ricerca al di là dei suoi dogmi, nei quali soltanto le coscienze cattoliche debbono riconoscere l'ultima parola della Verità" (ACMA, 1949, 211).

    La preoccupazione che il pensiero massonico possa essere, in qualche modo, "dogmatico", sembra turbare molto i Massoni; si ricorda, nei primi gradi dell'iniziazione, che il dogma è una limitazione posta alla libertà di pensare e, nelle pubblicazioni massoniche, si ribatte sul medesimo tasto: "È assiomatico che un dogmatista non può essere vero Massone" (MRAI, 19); "La Massoneria deve essere irriducibilmente antidommatica" (ACMA, 1949, 8).

    Potremmo continuare l'elenco delle citazioni che attestano il deciso ed inequivocabile antidogmatismo ostentato dalla Massoneria. Tuttavia sono dichiarazioni che non convincono. Non convince soprattutto né si comprende come possa conciliarsi, con il dichiarato antidogmatismo, il culto, anzi la venerazione tributata dalla Massoneria alla ragione umana, che costituisce "la sua fede immutabile, universale"; perciò il Massone non deve rinunziare mai "al suo principio superiore ad ogni altro, che è quello di restare fedele alla sala fede nel progresso dell'umana ragione" (FLR, 303). A noi, francamente, paiono affermazioni apodittiche, indimostrate e, in ultima analisi, dogmatiche, come quella che afferma che le "nozioni basate sulla natura ... sono divine" (FLR, 132).

    E neanche si comprende come possa conciliarsi, con l'antidogmatismo, il valore che la Massoneria attribuisce ai vari gradi dell'iniziazione che, "attraverso la simbologia e la filosofia massonica", formerebbe uomini completi nei quali si opererebbe quella "trasformazione interiore dell'uomo", designata, significativamente, come "palingenesi ... morte mistica (LV, luglio 1954, 18; 1956, 150) ... rigenerazione ... rinascita" e assomigliata perfino "allo stato di grazia divina" (Citazioni varie in CAP, 2, 362, nota 25).

    Sono affermazioni, queste, che non solo vengono fatte senza alcuna dimostrazione, ma sono dette con un tono ispirato che, per autentici antidogmatici, come vogliono essere i Massoni, dovrebbe riuscire quasi insopportabile.

    Ma le incongruenze e le contraddizioni non si fermano qui. Lasciamo pure da parte l'affermazione, trinciata con troppa sicumera, che non esiste alcuna certezza superiore all'intelligenza umana. I Massoni, che rifiutano qualsiasi Rivelazione divina, si piegano, tuttavia, a riconoscere il valore di verità all'iniziazione, cioè alla "rivelazione dei Grandi Iniziati" ed a quelle verità che essi suppongono comuni ad ogni uomo, tanto da poter parlare di "religione universale". Vien fatto subito di pensare, nell'un caso come nell'altro, come i Massoni prestano fede ciecamente a "dogmi" non rivelati ma creati dall'intelligenza umana. Se la Rivelazione divina è un "insulto" alla ragione, come definiremo la rivelazione umana, sia pure di Grandi Iniziati, ma sempre uomini come noi?

    Ce n'è abbastanza per diffidare dell'antidogmatismo massonico, che potrebbe definirsi antidogmatismo di comodo, o, meglio, come "la dogmatica degli antidogmatici".

    Una piccola appendice a proposito sempre della religiosità massonica: la "Rivista Massonica" del gennaio 1971, nella rubrica "Recensioni" se la prende col supplemento letterario del Times (9.10.1970) perché "recensisce con molta sufficienza" (p. 42) due volumi di occultismo britannico: "Rituale magico in Inghilterra dal 1887 ai giorni nostri" e "Il più profondo insegnamento dell'Alba d'Oro".

    "Fornisce informazioni, non sappiamo quanto esatte, su certi filoni dell'occultismo britannico" (p. 42).

    La recensione termina così: "Nonostante gli scismi, scandali, assurdità, suicidi e stoltezze, i rituali magici fioriscono oggi in una società in cui la religione, la fede, sono considerate anacronistiche" (p. 44).

    Si parla, naturalmente, dell'Inghilterra ma, guarda caso!, l'editrice massonica "Atanòr" di Roma, ha ammannito per il pubblico italiano due "novità" in materia: "Filippo Teofrasto Paracelso - I Sette Libri dei Supremi Insegnamenti Magici" e "Enrico Cornelio Agrippa - Le cerimonie magiche" e, proprio nel 1972, la ristampa anastatica dell'opera di Joseph Peladan: "Introduzione alle scienze occulte".

    Queste "novità" però erano state precedute dalla pubblicazione di "I primi elementi di occultismo" di J. Bricaud, di "Il Grande Arcano" e "La storia della Magia" di Eliphas Levi, di "Piante e profumi magici" di Leo Kaiti.

    Che non si tenti di sostituire la ... magia alla religione e alla fede anche in Italia?

    Ecco, infatti, come viene reclamizzata (Bollettino Editoriale Ed. Atanòr, n. 16; giu. 1972) l'opera di M. Scaligero: Magia Sacra: "Una via per la reintegrazione dell'uomo, sintesi delle tecniche d'Oriente e d'Occidente, secondo l'esigenza di un potenziamento magico dell'"uomo interiore", automatico e agnostico mitizzato" (sottolineatura nostra).

    Per comodità, poi, degli acquirenti, è stata costituita a Roma una nuova "Libreria di Hiram", in Viale Medaglie d'Oro, 48/b - "specializzata in soggetti massonici, psicologici ed occultistici". (RIMA, nov. 1971, 544 - sottolineatura nostra).
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    2) IL GRANDE ARCHITETTO DELL'UNIVERSO

    È opportuno continuare a completare l'esame dei "contenuti" della religiosità massonica.

    La Massoneria, com'è a tutti noto, professa il culto del "Grande Architetto dell'Universo".

    Già nella prefazione agli Statuti Generali del 1820 era detto: "Essa (la Massoneria) ha per principio la esistenza di un DIO, che adora e rispetta sotto il convenuto titolo di Grande Architetto dell'Universo" (Ediz. Civelli, Roma 1908, V - corsivo nostro). Uno dei "Landmarks", dei princìpi cioè che costituiscono le pietre fondamentali dell'edificio massonico, è il seguente: "Ogni Libero Muratore deve credere nell'esistenza di Dio come Grande Architetto dell'Universo" (GORCF, 102 - XIX Land. di Mackey, 1858).

    Come si vede, è credenza accettata da tutta la Massoneria. Le difficoltà cominciano quando si tratta di stabilire che cosa si nasconda sotto la formula "G.A.D.U.", giacché, neanche in questo caso, le fonti massoniche sono chiare e concordi.

    È lo stesso Farina a farci notare le prime incertezze: "Nel grande trattato di alleanza firmato a Losanna nel 1875 tra i Supremi Consigli di Rito Scozzese Antico ed Accettato, il Convento approvò uno dei sette punti principali della dottrina Massonica in questi termini:

    "Il riconoscimento di una Forza superiore della quale essa proclama l'esistenza sotto il nome di Grande Architetto dell'Universo".

    Immediatamente delle proteste si elevarono da diverse nazioni, specialmente dall'Inghilterra e dall'America, rimproveranti il Convento di avere attribuito alla Massoneria la dottrina indicata dalla parola "Forza" ad esclusione di ogni altra.

    Tuttavia una dichiarazione di principio seguì immediatamente l'ammissione dei sette punti e cioè: "La Massoneria proclama ciò che ha proclamato fino dalla sua origine: l'esistenza di un principio Creatore sotto il nome di Grande Architetto dell'Universo" (FLR, 304).

    Il termine "Creatore" implica una nozione che il termine "Forza" non racchiudeva.

    Ciò sarebbe stato fonte di nuove contestazioni, se il Convento non avesse avuto cura di formulare immediatamente quest'altro principio: "La Massoneria non impone alcuna limitazione alla libera ricerca della Verità ed è per garantire a chiunque tale libertà ch'essa esige da tutti la tolleranza" (FLR, 303-304).

    Abbiamo citato così a lungo questo brano, perché esso rivela come in Massoneria, non esista una dottrina del G.A.D.U. Non comprendiamo, infatti, quale sia la "dottrina" che la parola "Forza", di per sé sola, è capace d'implicare. È poi curioso ed indicativo notare come se la cavi il Convento di Losanna dinanzi al rumoreggiare di qualche Grande Oriente, lasciando che ciascuno pensi del G.A.D.U. quel che gli aggrada. Il che conferma il sostanziale disinteresse della Massoneria per una precisa formulazione. Ma la genericità e la confusione non si limitano solamente al Convento di Losanna. Guido Laj, Gran Maestro di Palazzo Giustiniani, nel suo "Discorso all'Assemblea Nazionale Massonica" del 19 novembre 1945 (pagg. 12-13), ricordava le parole del Gran Maestro Ernesto Nathan del 21 aprile 1901, quando inaugurava la sede massonica in Roma: "Se voi guardate un nostro diploma massonico, un foglio di carta intestata, se entrate in una Loggia Massonica, voi vedrete sovraneggiare queste lettere A.°.G.°.D.°.G.°.A.°.D.°.U.°.; significano semplicemente: A Gloria Del Grande Architetto Dell'Universo. È Zeus, Giove, Jave, Dio? La causa prima, l'infinito creatore noi intendiamo affermarlo, non interpretarlo. È. Com'è, qual è, riveli la fede di ogni individuale coscienza; a noi, collettivamente suffraga il pensiero del creatore nella manifestazione complessiva del creato. Per noi ogni fede, sinceramente professata e seguita, che guida e mantiene onesto l'uomo attraverso la vita è degna di ogni rispetto. In una parola, se la religione del dovere, eretta a legge morale e rimontando oltre alle brevi percezioni nostre alla causa prima, si riveli sotto l'una o l'altra forma, si chiama materialismo, abbrutimento, potremo, violando pensiero e parola, classificare la regola nostra come tale: ma badate, invece di stare in terra vola in alto: l'ente massonico non determina privilegiati interpreti fra Dio e l'uomo; questo abitua al sacrificio, al senso del dovere civile, ed, educandolo alla coscienza del progresso individuale e collettivo, lo affina, lo eleva, per avvicinare, nell'infinita scala dell'essere, l'anima sua a quella che racchiude in sé l'universo". (Roma, Civelli, 1901, pag. 12 - corsivo nostro).

    Così, nel 1969, scriveva l'attuale Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico ed Accettato, Giovanni Pica: "Le religioni hanno tre aspetti: Il primo ad uso del credente; il secondo filosofico (simbolico); il terzo spirituale (scientifico)".

    Così, per esempio, la Bibbia ha tre aspetti: morale, sociale e spirituale. Le parti che sono state esaminate dai vari commentatori sono la morale e la sociale, mentre solo l'iniziato conosce la parte spirituale e scientifica. (Tale la ragione della presenza della Bibbia nelle Logge). Così egli non crede, come il religioso, ad un Dio trascendente e personale, né come il filosofo ad una astrazione, ma conosce Dio come Legge che regola nell'equilibrio più perfetto l'Universo e prima sostanza intelligente universale che scaturisce da tutte le cose visibili ed invisibili: il Grande Architetto dell'Universo" (CONOSCENZA, Firenze, lu. ag. 1969, 8-9 - corsivo nostro). Verrebbe quasi voglia di ripetere la frase del Duca d'Este all'Ariosto, nell'ascoltare la lettura dell'"Orlando Furioso" alla moglie, ma ... lasciamola nella penna!

    Sono pure giustinianee quelle altre voci che parlano di Dio come "dell'Assoluto che comprende il tutto, cioè L'Unità universale", e che "può essere intesa tanto da un punto di vista spiritualistico (lo spirito, l'idea, il pensiero), religioso (Allah, Jehowah, Dio), materialistico (la Materia, l'Energia, la Sostanza)" (LV, 1956, 184).

    All'interrogativo posto dal Gran Maestro Gamberini alla Gran Loggia Nazionale Francese, a proposito dell'affermazione del Mellor che essa fosse una Massoneria cristiana, questa ha risposto: "Il Grande Architetto dell'Universo, non è né cristiano, né israelita, né maomettano, né Parsi, né buddista". (RIMA. 1966-230 - traduzione nostra).

    Quanto a genericità non sono da meno gli Scozzesi del Gruppo Ghinazzi i quali, negli Statuti Generali aggiornati nel novembre 1965, asseriscono come prima cosa: "La Libera Massoneria ha il suo fondamento essenziale nella fede in una Potenza Suprema che onora sotto il nome di Grande Architetto dell'Universo (pag. 3 - corsivo nostro). Una rappresentanza di questo Gruppo prendeva parte il 25-26 ottobre 1969, a Ginevra, all'Assemblea generale del CLIPSAS (Centro di collegamento e d'informazione delle Potenze Massoniche firmatarie dell'appello di Strasburgo del 22 gennaio 1961). Il Gran Maestro del Grande Oriente di Francia, Jacques Mitterrand (da non confondere col noto uomo politico della sinistra francese), rilasciava al quotidiano "La Suisse" alcune dichiarazioni sull'argomento in questione. Il CLIPSAS contesta la Gran Loggia d'Inghilterra tanto reazionaria da aver stabilito che la prima qualità per diventare Massone è quella di credere in Dio. Jacques Mitterrand sostiene invece che la credenza del Grande Architetto dell'Universo "non è affatto una conditio sine qua non: Esistono in seno al Grande Oriente di Francia - come pure presso tutte le Logge del CLIPSAS - le scelte più diverse che vanno dalla religione all'ateismo e al marxismo. Io stesso sono materialista ateo ... diciamo che la maggioranza dei nostri membri sono agnostici". (La Suisse, 26 ott. 1969, 45).

    C'è poi chi concepisce il G.A.D.U. in chiave panteistica: il fine ultimo dell'iniziazione massonica è la conquista e l'applicazione pratica di una cognizione del Sé individuale ed universale, in virtù della quale i Massoni dovranno "cercare Iddio non fuori di (loro), ma dentro di (essi) e nell'Umanità, che ne è la manifestazione e l'interprete, come scrisse il nostro grande Mazzini". (GORGS, 308). Così pure il Gran Maestro Aggiunto Roberto Ascarelli, commemorando Ottorino Maggiore, diceva: "Siamo tutti parte di un anello che né si apre né si chiude e che è parte integrante di quell'Ente Supremo che noi chiamiamo Grande Architetto dell'Universo". (RIMA, 1968, 536). Ancora più ... chiaramente, il Venerabile della Loggia Sabazia, a Savona, il 14 giugno 1969, alla presenza del Gran Maestro Gamberini, affermava: "Noi crediamo in Dio quale intelligenza e principio attivo dell'Universo; principio generante e riproduttore, insito in ogni uomo che è parte della stessa monade". (MASSV, 60 - corsivo nostro).

    Il Lupi tenta di giustificare la genericità che finora abbiamo denunciata, sostenendo che si tratta di un'oscurità voluta e necessaria: "Dottrina in senso specifico e sistematico, mille volte no; richiamo iniziatico per ciascuno di noi affinché ritroviamo il nostro dio nel profondo del cuore come meglio sapremo o potremo. ... Dall'estremo duale e personale della divinità, sino alla molteplice gamma dei panteismi e dei monismi, ognuno intende e risponde per sé". (LURG, 70).

    Vero è che, accanto alle voci citate, le quali finiscono, nella loro genericità, per essere la negazione di un Dio unico, trascendente e creatore, se n'è fatta sentire qualche altra, per quanto isolata. Così si parla del G.A.D.U. quale "Dio, essere universale, eterno, increato, creatore e sovrano Maestro di tutto ciò che esiste" (FLR, 175) e di Dio "personale, unico creatore, eterno increato, trascendente il mondo" (VF, 1954, n. 6-7),

    Ma sono voci che quando non vengono accolte con lo sdegno con cui il Bacci accoglieva il Decreto di Pike da Charleston - "È chiaro come luce meridiana - vuolsi far sottoscrivere un credo religioso a tutti coloro che entrano nella Massoneria - E l'universalismo di questo nostro sodalizio dove è più? Non esiste di certo dal momento che diventa una setta! - Noi non daremo ai cattolici il gusto di chiamarci settari!" (RIMA, 3 sett. 1876, 3) - vengono considerate (e presto dimenticate) come accettabile e tollerabile espressione del libero convincimento di ciascun affiliato.

    Insomma la formula del G.A.D.U., adottata dalla Massoneria, non è altro che una locuzione a doppio fondo che, come dice la Rivista della Massoneria, può "acconciarsi a tutti i gusti, ancora a quelli d'un ateo" (RIMA, 1 ag. 1874, 9).

    Questa non è una malignità clericale, osserva il Luzio (LCAM, 496) ma è una frase testuale confermata sempre dalla stessa Rivista, nel 1878, quando una buona parte del mondo dei Fratelli era a soqquadro per la brusca decisione presa dalla Massoneria francese nel settembre 1877 di mettere in soffitta la formula stessa del G.A.D.U.

    Già, precedentemente, la Rivista aveva preso bellamente in giro il Grande Oriente Egiziano che aveva rotto le relazioni col Grande Oriente di Francia perché il 14 settembre 1876 aveva "presa in considerazione (la) più antimassonica fra le proposte: quella cioè di eliminare dai propri Statuti la credenza in Dio" (RIMA, genn. 1877, 5).

    La ragione portata dal Grande Oriente Egiziano potremmo sottoscriverla anche noi: "Se noi ci onoriamo, e ben giustamente, di chiamarci fratelli, egli è perché ci consideriamo figli dello stesso Padre: rinnegata la paternità Divina, la fratellanza e l'unità dell'uman genere, riescono affatto problematiche ed il vagheggiato perfezionamento del mondo morale, unico obbiettivo cui mira l'Arte Reale, rendesi umanamente impossibile". (RIMA, genn. 1877, 5).

    Malgrado queste giuste proteste, nel settembre 1877, come dicevamo, il Grande Oriente di Francia cancellava, dal 2° paragrafo del 1° articolo dello statuto, il G.A.D.U.

    Come si regolò la Massoneria Italiana prima e dopo questa decisione?

    Prima asseriva: "Nelle Costituzioni che reggono la Massoneria Francese, come tutti sanno, è scritto che la Massoneria professa il principio dell'esistenza di Dio e dell'immortalità dell'anima. ...

    La Massoneria Italiana che non ha nelle generali Costituzioni un'affermazione di principio che possa offendere in alcun modo la libertà di coscienza dei suoi affiliati vedrà, ne siamo certi, con vivo piacere, che anche la consorella Famiglia massonica francese si liberi da cosiffatte pastoie.

    A noi basta l'invocazione mondiale al G.A.D.U., perché non è contraria a nessun sistema filosofico, perché può associarsi a qualunque opinione e credenza, perché altro non rappresenta che la sintesi di qualsivoglia scuola o religione. Ed è perciò che i Massoni francesi - come alcuni di essi erroneamente credono - non avranno nulla a temere per parte della Massoneria Italiana, se deliberano, come forse fanno a quest'ora, la modificazione delle loro Costituzioni. ...

    Ed infatti bisognerebbe essere proprio più intolleranti dei Cattolici per proibire che la Massoneria Francese rovesciasse quella barriera che può impedire l'ingresso nelle sue Logge ad uomini distintissimi che però non credono in Dio né nella immortalità dell'anima.

    La Massoneria estera potrebbe a ragione commuoversi se in Francia si facesse professione di Ateismo in Massoneria "ma non può darsi coscienziosamente questa interpretazione alla modificazione desiderata, la quale inspirata da un concetto profondamente massonico di fratellanza e di uguaglianza, non ad altro tende che a togliere alla Massoneria Francese il carattere di una scuola deista" (RIMA, 31 ag. 1877, 236-237).

    E dopo?

    La Rivista della Massoneria deprecava quella improvvida risoluzione per il solo opportunistico motivo che s'era danneggiata l'Istituzione mondiale, provocando la rottura dei rapporti tra la Massoneria anglo-americana-tedesca e la francese, mentre la vecchia formula, stiracchiabile in tutti i sensi, tornava tanto utile a mantenere la pace in famiglia.

    "Noi protestiamo", scriveva Ulisse Bacci, sia pure sotto la sua "unica e personale responsabilità" (RIMA, mag. 1878, 131), ma sempre "Con licenza scritta del Potentissimo Gran Maestro"!, contro "le deliberazioni delle Grandi Logge d'Inghilterra e d'Irlanda", del 4 dicembre 1877 (RIMA, mar. apr. 1878, 100, nota 1) "che non riconoscevano il Grande Oriente di Francia" perché aveva "eliminato un paragrafo della propria Costituzione, il quale imponeva a chiunque volesse entrare nella Massoneria la credenza in Dio e nell'immortalità dell'anima". (RIMA, mag. 1878, 129).

    "Noi protestiamo" contro tale deliberazione "perché contraria ai principi fondamentali della Massoneria, e facciamo caldissimi voti, affinché di una questione puramente ed esclusivamente metafisica non si voglia fare un pomo di discordia nella famiglia dei Liberi Muratori, i quali hanno oggi ben altro da fare che perdersi in discussioni arcadiche, le quali lasciano sempre il tempo che trovano, e non fanno avanzare di un passo solo il progresso morale, civile, ed economico dell'umanità". (RIMA, mag. 1878, 132 - corsivo nostro).

    "L'opera consumata dai Fratelli inglesi" continua il Bacci, "è anche opera eminentemente inconsulta".

    "Essi gettano il pomo della discordia nel cuore della Massoneria" (RIMA, mag. 1878, 131); "una fra le ragioni addotte è perché questa guerra bisognava farla molto prima, quando cioè gli uomini come Proudhom (sic! - n.d.A.) e come tutti quelli dell'Enciclopedia entravano nell'Ordine e vi portavano il contingente della loro sapienza: oggi è frutto fuor di stagione, è assurdo, è follia". (RIMA, mag. 1878, 132).

    Quale fosse il contingente della sua sapienza, ce lo dice lo stesso Pierre Joseph Proudhon (1809-1865) nella sua opera: "De la justice dans la Révolution et dans l'Eglise" (Garnier, 1858, II, 206) che riportiamo in una nostra traduzione: "L'8 gennaio 1847, fui ricevuto Massone in grado d'apprendista, nella Loggia "Sincérité, parfaite union et constante amitiè" all'Oriente di Besançon".

    "Come ogni neofita, prima di ricevere la Luce, dovetti rispondere alle tre domande d'uso: - Cosa deve l'uomo ai suoi simili? - Cosa deve alla sua patria? - Cosa deve a Dio?".

    "Giustizia a tutti gli uomini - Dedizione alla propria patria - Guerra a Dio".

    "Questa fu la mia professione di fede" (corsivo nostro).

    Onde evitare simili professioni di ... fede, il Consiglio dell'Ordine, nell'aprile del 1878, agitava "la questione se fosse permesso domandare ai profani che cercano la luce che cosa dovessero a Dio. Il Consiglio ispirato sempre al concetto della più ampia libertà e tolleranza ... decise che quella domanda non potesse essere rivolta agli iniziandi.

    "Questa decisione", scrive la Rivista della Massoneria, "ci sembra inspirata alla più stretta logica ed alla più scrupolosa osservanza delle leggi votate nelle nostre Costituenti. Infatti la Massoneria Italiana che ha conservato sempre e conserva, in testa ai propri atti, l'antichissima ed universale formula: A.G.D.G.A.D.U., ha in ogni occasione solennemente dichiarato che quella formula non rappresentava la sintesi di nessun sistema filosofico o religioso, ma che anzi si adattava fortunatamente a qualunque opinione. E il fatto ha dato ragione a coloro che così la pensavano, poiché a nessun iniziando, fosse deista, fosse materialista, fosse ateo, quella formula impedì di entrare nelle nostre officine. Ciascun sistema filosofico può facilmente considerarla come la sintesi del proprio principio regolatore della vita armonica dell'universo. Quando però nelle Logge, in seguito a domande inopportune e mal formulate, si promuovono discussioni sopra questo tanto spinoso e tanto controverso argomento, allora l'attrito delle opinioni diventa ardentissimo, ed una questione molto astratta genera molto concreti e molto dolorosi perturbamenti. ... La domanda: cosa dovete a Dio? costituisce una violazione della libertà di coscienza - perché ammette implicitamente che Dio esista, ciò che, se per molti è una verità, per molti altri è un errore - e perciò se l'iniziando risponde che nulla gli deve perché non crede che esista, lo oppugnano subito i deisti - i materialisti e gli atei lo difendono, e così avvengono sempre dispiacevolissime contestazioni. - È adunque eminentemente saggia - oltre all'essere legale - la decisione del Consiglio dell'Ordine - e noi, pregando le Logge ad uniformarvisi scrupolosamente, non crediamo che di compiere uno dei nostri più sacri doveri. - Le domande che uniche si devono dirigere agli iniziandi chiusi nel gabinetto di riflessione ed alle quali devono rispondere in iscritto, sono le seguenti: - Che cosa dovete all'umanità? - Che cosa dovete alla patria? - Che cosa dovete a voi stesso? In questo campo si restringe l'azione della Massoneria, e noi non abbiam diritto di chieder più oltre". (RIMA, mar. apr. 1878, 115-116).

    Quest'uso si segue ancora oggi ed è abbondantemente documentabile.

    Per finire: leggevamo recentemente nella Rivista Massonica: "... È anche vero che il Grande Oriente d'Italia si rifiutò di seguire il Grande Oriente di Francia nella sua avventura ideologica che lo recise dal corpo della Massoneria universale quando volle abolire la invocazione del Grande Architetto dell'Universo..." (RIMA, 1969, 386).

    Per essere più esatti, forse, bisognava dire non che "si rifiutò di seguire" ma che "lo precedette" almeno nell'Intenzione.

    Infatti la Rivista della Massoneria notava. "Qui cade in acconcio osservare che anche in Italia fu più volte proposta l'abolizione della formula tradizionale cosmopolita A.G.D.G.A.D.U.".

    Ma le nostre assemblee sempre - ad enorme maggioranza - la vollero mantenuta.

    La prima proposta di abolizione fu presentata nella Costituente del 1869. Il Fratello Bartolommeo Ortolani, dottissimo ed eloquentissimo Venerabile della Loggia Goffredo Mameli all'Oriente di Sassari, propose che fosse sostituita con l'altra: Alla Gloria del Progresso Infinito; ma dopo una meravigliosa orazione del Fr. Floriano Del Zio, la vecchia formula fu conservata, dichiarandosi e riconoscendosi che essa, nel linguaggio simbolico, rappresentando la espressione grafica di ciò che è, poteva essere accettata da qualunque credenza. Così la Massoneria Italiana con una decisione di cui non è possibile disconoscere la profonda, sensata e pratica abilità // non sarà: "utilità"? //, poté conservare le sue relazioni cordialissime con tutte le Potenze Massoniche della terra e permettere a tutti gli uomini - qualunque fossero le loro opinioni filosofiche o religiose - "di entrare e di rimanere nell'Ordine senza nessun vincolo alla libertà del loro pensiero e della loro coscienza". (RIMA, 31 sett. 1889, 184).

    Lo stesso accadde nell'Assemblea Costituente tenuta al Teatro Argentina di Roma il 28 aprile 1872, con discussioni "assai scomposte e qualche volta tumultuose" (BAC 330) perché si doveva ratificare il Concordato, firmato fin dal 5 ottobre 1871, fra i vari Orienti italiani in lotta tra loro.

    Tra gli altri argomenti c'era un "Articolo riservato alla discussione del Congresso Massonico Internazionale - Abolizione dell'attuale intestazione degli atti: A.G.D.G.A.D.U." (BAC, 332).

    Ma non se ne fece nulla, tranne la lettura di una lettera di Garibaldi al Gran Maestro Giuseppe Mazzoni, da Caprera, in data 24 aprile 1872: "... E chi prima (se non la Massoneria) lanciossi nel glorioso sentiero del razionalismo, combattendo le grette idee delle mille sette in cui divisero gli uomini i furbi ed i birbanti speculatori sulla credulità degli ignari? E chi chiamolli ad affratellarsi sotto le insegne del martello e del compasso e sotto quelle morali del Grande Architetto dell'Universo? Il vostro Architetto dell'Universo, Massoni, non è forse il Dio di Mazzini e l'Infinito di Filopanti? E voi tutti non siete decisi non d'imporli, ma di lasciare alla ragione, alla scienza la cura di investigare nelle regioni ancora vergini dell'Infinito morale - ove almeno l'intelletto umano ardisca di avventurarsi - ciocché forse giammai troveranno? ..." (BAC, 335-336 - corsivo nostro).

    "Nell'era atomica - scrive il Ventura - non c'è posto per un Dio persona, creatore e giudice, qual'è configurato dalle religioni, dalla rivelazione delle religioni positive" (VENMS, 83).
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    3) L'ATEISMO MASSONICO

    Dopo aver descritto, a grandi linee, i caposaldi della "dottrina" massonica s'impone qualche conclusione in merito alla domanda che ci ponevamo all'inizio: è possibile parlare di "religiosità massonica"?

    Abbiamo veduto come il pensiero massonico intorno al G.A.D.U. sia vago, nebuloso, incerto e contraddittorio: ciò dipende dalla nessuna incidenza pratica del G.A.D.U. nella vita dei Massoni. Le dispute che talvolta abbiamo viste accendersi tra le varie correnti massoniche (con conseguente rottura di relazioni tra un Grande Oriente e l'altro) non hanno alcun carattere speculativo, ma nascondono quasi sempre scopi assai più concreti.

    Che il G.A.D.U. non abbia nessuna ingerenza nella vita morale può desumersi anche da quel concetto di "morale autonoma" di cui i Massoni sono sostenitori da sempre.

    Che la Massoneria si rifaccia al Grande Architetto per orientare l'azione dei "credenti", da nessuno è stato mai sostenuto; egli non è concepito quale ultimo termine della moralità, come il portatore e l'ispiratore di ogni legge morale.

    Infatti, "perché l'uomo informi - secondo i principi massonici - bene la sua condotta, non deve cercare il comando fuori o sopra della ragione ... ; non deve prospettare la legge morale come un comando dall'alto, da una esistenza extramondana, soprannaturale, a cui debba inchinarsi".

    "Il comando, a cui l'uomo deve obbedire, in quanto muove dalla ragione, fa sì che l'uomo da nulla possa essere turbato, da nulla possa essere deviato, perché, se può rovinare una morale fondata su di un'autorità esterna, non cade quella che sia tratta dalla coscienza umana.

    "In siffatta obbedienza l'uomo sente la pienezza e la serena dignità della sua natura ragionevole; non si sente mai servo, ma signorilmente suddito, cioè libero, perché svolge coscientemente la sua natura e si fa consapevole artefice del suo destino.

    "Eliminato il soprannaturale, la morale massonica è prettamente naturalistica: i diritti e i doveri umani, i fini e le lotte umani sono legati alla terra; il destino dell'uomo è un semplice frammento del destino universale, la storia delle nazioni è un capitolo completivo della storia naturale" (VENMS, 87).

    Ed il Bovio ne suggerisce anche il motivo: "La sola ragione può comandare a se stessa, essendo essa autogenetica" (A. G. Bovio nel 50° della sua morte, p. 14 - LV, 1957, 64 - citato da CAP, 4, 42).

    Uno dei pilastri della Massoneria sarebbe appunto quella "forza morale, che, per la sola autorità della ragione, porta i suoi adepti ad eseguire le sue prescrizioni" (FLR, 94). L'uomo diviene, così, il giudice di se stesso: "Questo regno dello Spirito, voi (cattolici) lo ponete in una sfera soprannaturale dove le anime saranno pesate sulla bilancia del vostro Dio; noi lo collochiamo nella ragione dell'Uomo, che non deve sperare altro giudice che gli imperativi della propria coscienza" (LASP, 192 - trad. di CAP, 4, 42).

    È evidente, infine, che detta concezione morale è completamente svincolata dall'idea di premio o di castigo. Il cielo e l'inferno sono risibili "postume preoccupazioni" (FLR, 401): "Noi non andremo nel cielo, noi vi siamo poiché la terra è nel cielo. Vi si è parlato dell'inferno, ma l'inferno non esiste in nessuna parte se non è nella coscienza dei cattivi" (Eliphas Levi, in ACMA, 1949, 187).

    Oltre quella di essere lasciata alla determinazione personale, un'altra caratteristica dichiarata della morale massonica è quella di essere una morale laica: "L'etica universale e laica (di Mazzini) che noi, a buon diritto, identifichiamo nell'etica Massonica ... pone alla base di ogni progresso l'Uomo, in tutta la sua dignità, la sua pienezza e la sua libertà" (LV, 1955, 69). È dunque evidente il distacco dai precetti di qualunque religione positiva: "La morale massonica non è né cristiana, né ebraica né maomettana. La Massoneria proclama determinati principi sui quali i moralisti di tutti i paesi e di tutte le religioni sono d'accordo e si sforza di armonizzare le opinioni che a volte sono contrastanti solo in apparenza" (FLR, 13).

    Dove la Massoneria riesca a reperire quei, sia pur pochi, principi sui quali tutti gli uomini sarebbero d'accordo, è un mistero! E come, poi, una morale che, nella sua formulazione come nella sua attuazione, prescinde completamente da mezzi soprannaturali (come il ricorso a Dio, la preghiera, i sacramenti), riesca a giungere alla "comunione della natura con Dio" (MRAI, 10), è un mistero non meno insondabile.

    Con questi presupposti non fa meraviglia che si parli di andare "verso una nuova religione" (LV, 1956, 213); una "religione superiore che fa intendere l'universo quale fonte eterna ed infinita di bellezza e di amore, di giustizia e di libertà (Citazioni di CAP, 3, 42, nota 23) per l'umanità che "dopo un'esperienza più volte millenaria d'innumerevoli religioni, non ne ha trovata ancora una che abbia placata e soddisfatta la sua ansietà religiosa" (LV, 1956, 213).

    Ed ecco la Massoneria, in armonia con gli scopi ambiziosi che si propone, gettare le sue linee maestre di questa "nuova religione": "Le religioni sopravvissute, pur conservando la loro forma storica, si considereranno reciprocamente come dei semplici riti di una medesima chiesa, la comunione universale di tutte le persone dabbene, quali che siano i simboli con i quali ciascuna di esse si rappresenterà l'Assoluto, l'Infinito e l'Universo" (FLR, 444). Sono evidentemente prospettive vaghe, come è nello stile massonico, ma indicative: "Domani verrà trovato un nuovo termine conciliativo fra cielo e terra" e così "nascerà una nuova religione per le masse" (RAMA, feb. 1949, 29). Per le masse, si badi! Perché per i Massoni, uomini (dicono loro) di pensiero, questa è la formula: "I progressi della tecnica (come sempre è stato per il progresso scientifico) sono altrettanti colpi bassi per le soprastrutture confessionali che gli uomini hanno costruito nel tempo attorno ai concetti filosofici fondamentali, per cui è legittimo attendersi che le limitazioni dogmatiche, che hanno diviso ed ancora dividono l'umanità in compartimenti stagni di pensiero e costume, tanto diversi fra loro, proprio dalla tecnica saranno demolite, facilitando, nel tempo, il ricongiungimento di tutta l'umanità nel minimo denominatore comune - che si identificherà allora nella "verità" - formato da ciò che in ogni religione insegna all'uomo di essere buono, giusto e savio, amando il prossimo come se stesso e facendo agli altri ciò che vorrebbe fosse fatto a sé" (LV, luglio 1954, 3).

    Siamo, dunque, dichiaratamente e senza veli, alla società scientifico-materialista ed atea.

    Ci pare, infatti, dimostrato che non solo la religione massonica è inconsistente e di religiosità massonica, quindi, non può parlarsi, ma che anzi la Massoneria pratica un sostanziale ateismo.

    È vero che la Massoneria ha sempre rifiutato l'accusa di ateismo e, dal canto suo, non ha mai fatto aperta professione di esso.

    Già nella prima stesura delle Costituzioni di Anderson. nel 1717, si esigeva che il Massone non fosse mai "uno stupido Ateo, né un Libertino senza Religione" (GORCF, 16); anzi uno dei gruppi che si ostina a considerarsi vicino alla Chiesa di Roma, protesta che "a rigore, la sola religione, incompatibile con la Massoneria, è l'ateismo" (ERNU, sett. 1956, 7). Perfino il Lupi, della Massoneria di Palazzo Giustiniani, in polemica con la "Civiltà Cattolica", afferma: "L'ateismo pratico non può essere se non l'ateismo di chi viva ed operi ignorando dio e la sua legge: siamo dunque esattamente all'antitesi degli intendimenti che animano il Libero Muratore quando varca la soglia del tempio e ricerca appassionatamente, nella sua misterica e nella sua simbolica, una luce ed una guida" (LURG, 72). Abbiamo già visto quale peso abbia Dio nella vita e nelle opere del Libero Muratore.

    Ma, al di là di queste affermazioni puramente formali, cosa rimane della "religione massonica"? Non si ha il diritto di chiamare atea una setta il cui Dio è un'astrazione così nebulosa, così incerta? È un Dio "inconoscibile", "indefinibile", "ineffabile", totalmente avulso dal mondo e dalla sua pratica quotidiana; un G.A.D.U. che non si manifesta mai, non si fa conoscere, non "rivela" nulla agli uomini, non detta e non presiede alla legge morale; una misteriosa Entità di cui tutto si può affermare e tutto negare, tutto predicare e tutto escludere; un Dio che non si sa dove sia, al quale gli uomini non debbono nulla e dai quali Egli nulla pretende!

    Non debbono chiamarsi atei coloro il cui Dio è ridotto a mera comparsa? Atei, non a parole, ma nella sostanza e nei fatti!

    E non siamo noi a dirlo: è quanto, sia pure a denti stretti e parzialmente, ammette lo stesso Gorel Porciatti: "... nel 1912, ... le autorità massoniche internazionali giudicarono ... irregolare (la Massoneria di Palazzo Giustiniani), ritenuta non senza qualche ragione, prevalentemente ateistica" (GORAV, 45 - corsivo nostro).

    Parlando poi dei vari Gruppi massonici sorti dopo la seconda guerra mondiale, parla così, lui Giustinianeo, di Palazzo Giustiniani: "... da un lato la Massoneria Giustinienea, erede della Massoneria irregolare, anticlericale e con qualche sfumatura ateistica ..." (GORAV, 46 - corsivo nostro).

    Salvatore Spadaro, Scozzese, pur lodando, dopo il 1946, Palazzo Giustiniani perché guidato "da capi di effettivo valore" e organizzato "con severi criteri di selezione", pure dice: "Coerente alla tradizione del periodo aureo della Massoneria Italiana, è nettamente anticlericale, professa un panteismo razionalista di vecchia maniera ..." (SP, 152, - Corsivo nostro).

    Dall'argomento trattato ci sembrava di poter escludere, in un certo senso, per la dizione non del tutto precisa, lo sparuto Gruppo della Serenissima Gran Loggia d'Italia, istituita a Milano dal Dr. Goffredo Sollazzo il 12 luglio 1951, "sovrana ed indipendente da qualsiasi altro Corpo Massonico o Rito, ancorché regolare" (GLIMB, 1), approvata dalla Gran Loggia d'Inghilterra che lo stesso Mellor mette, da sola, in un Gruppo a parte "con le Massonerie che le sono infeudate" (MELFS, 298).

    Il Sollazzo, Gran Maestro di questo Gruppo che Palazzo Giustiniani, falsamente, diceva essere passato tutto alla sua Obbedienza (RIMA, 1969, 48), in una lettera del 21 marzo 1970, puntualizzava così le loro fondamentali discordanze rispetto al Grande Oriente Giustinianeo: "Noi chiediamo ad ogni neofita la fede nell'esistenza di DIO: diciamo Dio, poiché se esso è, come è, unico, non possiamo dargli nome: ogni religione lo chiama come vuole: per questo abbiamo preferito la dizione di Grande Architetto dell'Universo".

    E gli domandiamo di credere nell'immortalità dell'anima, vale a dire nella "vita eterna". Con ciò si viene a riconoscere anche l'esistenza di una "giusta" o "non giusta" vita terrena, quindi un criterio di "giudizio", la "giustizia di Dio" (ESPBO, 154).

    E continua: "Sono convinto che a tutti Dio parla continuamente: il fatto è che quasi sempre noi siamo sordi: ma Dio e la Vergine ci sono sempre vicini ... E molto vi sarebbe da dire sulla formula A.G.D.G.A.D.U. ... La Gran Loggia Inglese, noi e molte altre Grandi Logge regolari non usano tale formula: ma quella: "In Deo Mea Spes" e "Spes Mea in Deo Est" che viene apposta sui timbri e sigilli" (ESPBO, 155-56).

    Questa quasi professione di... fede è stata, sembra, vanificata dal fatto che la Gran Loggia d'Inghilterra ha dichiarato "regolare" per tutto il territorio italiano il solo Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani (13 sett. 1972 - RIMA, ott. 1972, 449).
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    4) I PRESUPPOSTI DEL NATURALISMO MASSONICO

    Abbiamo già accennato come la presunta religiosità massonica sia permeata di naturalismo, un naturalismo di cui sono facilmente individuabili le matrici.

    L'esaltazione della natura e una visione del mondo che tutto subordina all'uomo e alla fede nelle sue capacità "naturali", non è nuova ed è, comunque, più antica della Massoneria. Ciò che però caratterizza l'Istituzione è il costante servirsi di princìpi filosofici, che, sconfinando nell'arbitrio più indifferenziato, le permettono di muoversi con una certa disinvoltura per il raggiungimento concreto dei suoi scopi.

    Una prima matrice del naturalismo massonico è nell'Umanesimo del Rinascimento. Il fondamentale paganesimo rinascimentale, tutto teso a sostituire l'uomo a Dio, a proclamare l'innata bontà della natura, a proporre il cammino terrestre verso la felicità, a limitare su questa terra tutti gli ideali della vita, finiva per deificare l'uomo.

    È evidente come la Massoneria attinga a piene mani dall'Umanesimo la sua avversione alla fede, in nome dell'autonomia della ragione, e faccia suoi tutti i moti di insofferenza e di ribellione all'autorità della Chiesa in nome del libero pensiero, dell'anticlericalismo e della libera ricerca del vero. Quanto la Massoneria affondi le sue radici nell'Umanesimo, è essa stessa a dichiararlo, come si può riscontrare nel volume di Ludovico Keller: "Le basi spirituali della Massoneria e la vita pubblica" (Roma, Atanòr, IV ed., 1970).

    Altra evidente derivazione del credo massonico è quel legame che lo unisce all'Illuminismo razionalistico del secolo XVIII.

    Ci sia permesso citare, in una nostra traduzione, un'opera del gesuita Giuseppe Berteloot che fu, invano, un vero prudente iniziatore d'un tentativo di "dialogo" con la Massoneria.

    Il deismo naturale si rifà al concetto di "religione" di Voltaire: "La religione di Voltaire si risolve in un vago deismo, senza rivelazione, senza credenze dogmatiche. Col Dio che lui immagina, si pensa e si fa tutto quel che si vuole" (BEFMEC, 1, 58).

    Sulla scia degli Enciclopedisti, Diderot, d'Alembert ecc. "le Logge sognano di sostituire, alla civiltà cristiana, basata sulla fede, una civiltà puramente umana, basata sulla ragione. Nel loro pensiero, il cristianesimo che ha prevalso fino allora non è più ammissibile. I suoi tre dogmi fondamentali: il peccato originale, la redenzione, la vita eterna nell'al di là, sono insieme irrazionali e demoralizzanti, perché costituiscono un ostacolo al progresso" (BEFMEC, 1, 63-64).

    Il massone Lorenzo Fusi, in un suo discorso sul tema: "Supremazia della dottrina massonica" (Ed. L.E.D.A. - Roma, 1950), pronunziato nella Loggia "Roma" di Roma, in seduta d'istruzione massonica, nel 1950, conferma quanto abbiamo citato dal Berteloot: parlando del peccato originale lo chiama, insieme agli altri dogmi della Chiesa "leggende mitologiche", "imposture", "piedistallo, sia pure d'argilla", sul quale poggia tutta la fede giudaico-cristiana. Si tolga questo mito alla credenza cattolica e si vedrà crollare di colpo tutta l'impalcatura dogmatica del cattolicesimo ... (perché) il dogma del peccato originale postula logicamente il dogma della redenzione; la redenzione postula la venuta di un messia redentore, proclamata e preannunziata da una serie di grandi profeti giudaici le cui profezie gli evangelisti trassero ad avvalorare il messianismo cristiano.

    "... Ma queste verità assolute e immutabili di santa madre chiesa, non sono la Verità verso la quale ci incamminiamo noi. Ben altre verità ci rivelò e ci viene rivelando il progresso del pensiero svincolatosi dai ceppi della tradizione: basti mentovare, per limitarci al solo Evo Moderno, alcuni dei più famosi nomi quali Giordano Bruno, Campanella, Galilei, Keplero, Spinoza, Leibniz, Loke, Vico, Voltaire, per vedere in quali nuovi profeti si proiettò quell'altra non meno divina ispirazione e illuminazione, che fece crollare tutte le pretese verità bibliche" (pag. 13-14 - corsivo nostro).

    La verità cattolica, in materia, ce la dice Paolo VI nel suo "Credo" del Popolo di Dio, del 30 giugno 1968: "Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all'inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l'uomo non conosceva né il male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, "non per imitazione, ma per propagazione", e che esso pertanto è "proprio a ciascuno".

    Noi crediamo che nostro Signor Gesù Cristo mediante il Sacrificio della Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che - secondo la parola dell'Apostolo - "là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia".

    A questi princìpi "dogmatici", continua il già citato Berteloot, "essi (i Massoni) sostituiscono dei princìpi detti "filosofici", diametralmente opposti: quello della felicità nel progresso indefinito, quello della bontà naturale dell'uomo e quello della sua finalità sulla terra.

    Questi tre princìpi fanno corpo, sono solidali gli uni con gli altri. Se l'uomo non ha che un destino terrestre, è solo quaggiù che deve raggiungere la sua piena felicità; se è nato buono, gli basta lasciarsi guidare dal suo libero pensiero e di lasciarsi andare alla sua libera via, per realizzare automaticamente questa felicità e quella degli altri; finalmente, se il progresso è indefinito, l'uomo è assicurato di raggiungere l'età dell'oro nell'avvenire che egli stesso costruisce.

    Ed eccoci quindi in piena emancipazione di spirito e presto in pieno "libertinaggio" (nel senso che questa parola aveva nel sec. XVII) (BEFMEC, 1, 64).

    Le conseguenze di queste premesse filosofiche si fanno sentire in campo morale. "Quale la filosofia, tale la morale: ordinariamente vanno insieme", continua il Berteloot. "Il deismo professato da filosofi e Massoni non è altro che una divinizzazione della natura e più specialmente una divinizzazione dell'uomo, il re della natura. Ora, una volta divinizzato, decretato "naturalmente buono", l'uomo non sa più che farsi dei grandi dogmi cristiani: caduta originale, malizia fondamentale, fine ultimo al di là di questo mondo... Per realizzare la sua felicità e quella dei propri simili, gli basta lasciare libero corso ai suoi desideri, alle sue ambizioni, alle sue passioni, specialmente a quelle che gli daranno i godimenti più forti" (BEFMEC, 1, 67).

    Il Berteloot cita poi Gaston Martin (Chaine d'Union, février 1936, 254): "Mentre nel sec. XVII un libertino non è altro che un libero pensatore, diventa, all'inizio del sec. XVIII, anche un libertino nel senso moderno della parola; e, a misura che si indebolisce l'idea di una sanzione divina ed esterna, s'indebolisce proporzionatamente la morale". E conclude: "Nessuna meraviglia. Divinizzando la natura, si è logicamente portati a divinizzare tutte le inclinazioni della natura. Chi pretende vivere secondo la virtù, non vivendo che secondo la natura, fa molto presto a chiamare virtù quello che, in fondo, non è che vizio" (BEFMEC, 1, 69).

    Se questi sono i riconosciuti fondamenti della dottrina massonica, stupisce vedere il rifiuto del termine "naturalismo" attribuito alla dottrina ed all'ambiente massonico, da parte del già citato Lupi in polemica con il Padre Caprile: "Ché se per naturalismo si vuole intendere l'aver noi rigettato la trascendenza del fideismo dogmatico e rivelazionistico, non v'è chi non veda come questo sia il nostro migliore e più genuino titolo di distinzione e di carattere. Ognuno è filosofo come può e come sa e il fratello Libero Muratore non pretende di avere in mano le chiavi dello scibile né quelle dei valori eterni; egli però si accosta reverente a questi problemi con la certezza di avere abbracciato, almeno metodologicamente, l'unico cammino possibile" (LURG, 25).

    Ma al Lupi, come a chiunque altro voglia dubitare del "naturalismo" massonico, sarà sufficiente por mente a qualche citazione di fonte massonica che qui facciamo seguire:

    La Massoneria "difese il valore dell'intelletto umano, e ne appoggiò la sua evoluzione e la sua affermazione nel dominio della natura; proclamò il diritto di vivere secondo le leggi morali immutabili della natura stessa, contro una ipocrita etica negatrice dei valori morali universali" (PON, 67); "La natura rivela alla Ragione tutto ciò che si deve credere e sperare" (MASFI, 69); "La Massoneria, identificando l'opera dei Rosa Croce, ha proclamato lo studio della natura, istrumento di ogni progresso, ma determinando che la natura non è soltanto nella materia, ma anche nelle leggi morali, la cui sede si trova nella nostra coscienza e la cui realtà è dimostrata dal fatto della società umana, come le leggi fisiche sono dimostrate dal fatto dei fenomeni fisici" (FLR, 321-322).

    Ma non basta, perché non manca chi interpreta il naturalismo in chiave panteistica: "È tempo ormai che l'uomo cominci a comprendere che la Divinità, dalla quale si sente attratto,... non è una persona... ma è dentro il proprio cuore... È tempo che l'uomo cerchi Iddio in tutta la Natura ma entro la Natura e non fuori di essa. Finora si è divinizzato tutto quello che non può essere Iddio. Si son fatti di certi uomini altrettanti Dei... come è avvenuto in varie religioni e particolarmente nel Cristianesimo, in cui si è rimpicciolito l'Essere Supremo fino a farne un uomo, con la Deificazione sia pure di un Grande iniziato come Gesù... Dio è onnipresente e immanente nell'uomo come in tutta la Natura... Da questa grandiosa visione della presenza del Divino. in tutta la Natura come nella coscienza dell'uomo, sorge appunto il concetto di quella religione umana che colloca Iddio nel cuore dell'uomo; la religione dell'uomo che avrà trovato il Dio che gli è adeguato..." (Lorenzo Fusi, in BGO, giugno 1952, 36).

    Ed a coronamento inequivocabile del naturalismo massonico, ecco un pensiero ad ogni livello e ad ogni grado del pensiero massonico: "Mentre la religione umanizza il Dio, la Massoneria divinizza l'uomo" (Citato da CAP, 2, 364).

    Finalmente la Natura divinizzata è il Tutto e sostituisce Dio! "La Massoneria, data la sua essenza umanistica, non può professare che la razionale religione della Natura" (VENMS, 81). Essa perciò non è né "deista" né "atea". "Non è deista, in quanto, credendo nella unità delle leggi inerenti alla Natura,... non crede né può credere nella esistenza di un Dio premondano ed ultramondano, che è stato oltrepassato dalla scienza; di un Dio, spirito infinito, superiore ed estraneo alla Natura, creatore della Natura.

    Nulla di più assurdo è l'ammettere la esistenza di un Essere, che sia indipendente dalla Natura, che sia causa della Natura e che abbia influenza sulla Natura...

    Ammessa siffatta ipotesi, impossibile sarebbe il progresso, ch'è legge fondamentale dell'Umanesimo e quindi della Massoneria, perché per un solo atto della volontà di questo Dio si potrebbe indietreggiare di secoli; la storia non avrebbe più legame e sarebbe costituita dalle manifestazioni della volontà di questo Dio.

    La Massoneria non crede né può credere ad un Essere soprannaturale, non credendo né potendo credere ai fenomeni "innaturali", che sarebbero le sole prove che potrebbero dimostrarne la esistenza...

    D'altra parte la Massoneria non è "atea", perché crede... nella esistenza di una Legge immanente nella Natura, Legge che denomina "Grande Architetto dell'Universo"...

    Il "Grande Architetto dell'Universo", che nel rituale massonico s'invoca, non è indipendente dalla natura: esso è immanente nella natura, ed è quella condizione eterna, assoluta, universale, ch'è perciò "legge" e che, connettendo le cose, le ordina, ed ordinandole le architetta in modo da costituire quel tutto armonico, che chiamasi Universo...

    Nell'èra atomica non c'è posto per un Dio persona, creatore e giudice, qual'è configurato dalle religioni, dalla rivelazione delle religioni positive...

    Tutt'una con la natura, la detta necessità e legge è "immortale", ed è tale immortalità, non altra, quella nella quale crede e deve credere la Massoneria, non comportando la sua dottrina umanistica, ch'è "naturalismo", un mondo fuori e sopra di quello, di cui l'uomo fa parte" (VENMS. 81-84)

    E il Ventura, già abbondantemente citato, conclude: "Rammenteremo quello che fu il più celebre solenne documento antimassonico la Humanum genus...

    In questa enciclica infatti il papa Leone XIII... disse: ... I Framassoni tendono - e tutt'i loro sforzi hanno questo unico fine - a distruggere dalle fondamenta qualsiasi disciplina religiosa e sociale, che sia nata dalle istituzioni cristiane, per sostituirla con una nuova conforme alle loro idee, ed i cui principii fondamentali e le leggi sono improntati al "Naturalismo".

    "... Ora, il primo principio del "Naturalismo" - continuò a dire Leone XIII nella enciclica - è che in tutte le cose la natura e la ragione umana debbano essere padrone sovrane. Posto questo principio, quando si tratta dei doveri verso Dio, o non ci annettono nessuna importanza, o ne alterano la essenza con opinioni vaghe o con sentimenti erronei. Essi negano che Dio sia autore di una qualsiasi rivelazione. ...Per essi, al di fuori di quello che la ragione umana è in grado di comprendere, non esiste alcun dogma religioso, né alcun maestro, nella parola del quale si debba avere fede in nome del suo mandante ufficiale".

    Il papa Leone XIII VIDE MOLTO GIUSTO; COMPRESE CHE COSA FOSSE LA MASSONERIA; NE SVELÒ LA FISIONOMIA PRECISA; NE DENUDÒ LE ASPIRAZIONI IN TERMINI INEQUIVOCABILI...

    La Massoneria autentica, sprezzante del dogma, non è una religione, e non è una corporazione, un'accademia, una setta, un partito. Essa insegna e guida; RIVELA UNA VISIONE NUOVA DELLA STORIA; è la umanità rinnovellantesi, che equilibra le classi, consocia le nazioni, e PORTA LA REDENZIONE DI TUTTI, NON IN CIELO MA IN TERRA". (VENMS, 113-114 - maiuscolatura nostra).

    Al Ventura fa eco Alec Mellor: "La parte dottrinale dell'enciclica è luminosa. Leone XIII definisce il programma delle logge italiane con una obiettività che, nel segreto, esse non dovettero certo contestare...

    A questo naturalismo, deleterio per lo spirito soprannaturale, sarà consacrata in seguito le parte essenziale dell'enciclica...

    Lo spirito di Humanum genus fu ricordato vigorosamente da Leone XIII in parecchi documenti. Nella lettera Inimica vis, indirizzata l'8 dicembre 1892 all'episcopato italiano, egli sottolinea che "lo spirito comune a tutte le sette anteriori ha ripreso vita nella setta massonica". Medesimo richiamo nella lettera apostolica Praeclara (20 giugno 1894).

    Leone XIII è l'ultimo Papa che abbia promulgato un'enciclica dottrinale contro la Libera Muratoria. Nel condannare il naturalismo, Humanum genus FA PARTE DELLE GRANDI DECISIONI DI PRINCIPIO RESE DALLA CHIESA, CHE NON PASSANO CON IL TEMPO. Tutta una parte dell'enciclica, invece, è impregnata di storia e come tale deve essere letta. "Coloro che, nel secolo XIX, avevano formulato l'insensato disegno di far seguire alla presa di Roma anche la distruzione della Chiesa, si sono collocati con gli innumerevoli suoi persecutori del passato. Nel senso proprio della parola sono essi i morti". (MELFS, 277-278 - maiuscolatura nostra).

    Dopo tante autorevoli citazioni non crediamo che possano nutrirsi dubbi sul fatto che il "Naturalismo" sia il cemento della cosiddetta filosofia massonica.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    5) IL CULTO DELLA RAGIONE

    Secondo la dottrina cattolica, i fondamenti razionali della fede sono: 1) Dio esiste; 2) Cristo è Dio; 3) la Chiesa è divina.

    Per il Naturalismo, invece, come dice Leone XIII nella "Humanum genus", "le stesse verità, che si conoscono per lume naturale di ragione... non hanno più per essi consistenza e certezza".

    Così pure "Tutti sanno", scriveva Pio XII nell'Enciclica "Humani generis" del 12 agosto 1950, "quanto la Chiesa apprezzi il valore della ragione umana, alla quale spetta il compito di dimostrare con certezza l'esistenza di un solo Dio personale, di dimostrare invincibilmente per mezzo dei segni divini i fondamenti della stessa fede cristiana; di porre inoltre rettamente in luce la legge che il Creatore ha impressa nelle anime degli uomini; ed infine il compito di raggiungere una conoscenza limitata, ma utilissima, dei misteri".

    Anche per l'uomo moderno è impossibile sfuggire al problema religioso e far capire al naturalismo d'ogni sorta la propria autosufficienza insufficiente, per "aprire" la filosofia verso la religione, verso il trascendente, che non apparirà più come qualcosa di superfluo o di assurdo, ma come sommamente perfettivo della natura umana, come l'unica realtà capace di colmare il vuoto che la ragione scopre in se stessa.

    Già abbiamo invece accennato che il punto centrale del naturalismo massonico è la Ragione; essa costituisce il vero "dogma" della Massoneria, la sua unica "fede" che le impone, come dice il Farina, di "venerare la ragion pura" (FLR, 367).

    Insieme alla libertà, la ragione è, per la Massoneria, quasi oggetto di un vero culto.

    E si capisce: perché, escluso il trascendente dalla sua dottrina, la Massoneria può ritrovare solo nella ragione e nella libertà "naturale" la possibilità d'un qualsiasi progresso.

    "La Massoneria è una Istituzione che ha il suo principio nella ragione" (FLR, 59); infatti, scrivono, "per noi Massoni... il CRITERIO più alto (unico) è la RAGIONE" (ERNUM, mar. 1947, 30 - maiuscolato nel testo), che è al centro della realtà massonica.

    Così dunque il Dio trascendente, creatore, autore della Rivelazione (che non è certo, come dicevamo, il G.A.D.U.), viene sostituito dalla ragione che ha una sua dignità trascendente; addirittura "divine" sono le nozioni che su di essa si basano (FLR, 132), come "divini" sono i poteri latenti nella mente umana.

    La Ragione diventa non solo la protagonista di una pseudoreligione, ma è l'assoluta dominatrice della conoscenza, l'unico tramite tra l'uomo e la realtà. Infatti "ci fa distinguere il vero dal falso... dissipa i pregiudizi, i vani terrori, sostituisce le credenze false, assurde ed insensate, con nozioni sane, chiare, intelligibili..., nozioni basate sulla natura ed è superfluo aggiungere che esse sono divine" (FLR, 132).

    Anzi, in contrapposizione tra una visione del mondo basata sulla fede e quella fondata sulla ragione, questa viene ribadita senza equivoci: "Svanita la ingenua fede che alla maggior parte di noi venne inculcata nei teneri anni dell'infanzia; affermatasi nell'età matura l'esigenza imperativa di sottoporre i più ardui problemi della vita, i più reconditi misteri del mondo, all'indagine e al vaglio del libero esame, il Muratore divenuto veramente affrancato da ogni giogo, deve muovere alla ricerca di una nuova luce che gli derivi dal felice connubio della ragione e delle nozioni scientifiche naturali (Ugo Lenzi, in OUL, 26).

    Dunque la "fede dell'infanzia" è stata sostituita da una nuova "fede"; ed è proprio con accento mistico che il Gran Maestro Lenzi indica la via maestra della ragione: "Io spero che ognuno di noi, che ha chiesto di entrare in questo Tempio, ha compreso che è uscito da un altro Tempio - dove si adoravano gli dei falsi e bugiardi - ed è entrato qui dove si venera il trinomio e si sente, in modo fraterno, l'amore... Usciti dai Templi dedicati a dei falsi e bugiardi, entrati nel Tempio della luce e della verità, voi non potete essere degli indifferenti; voi avete una religione... Il legame fraterno che ci unisce insieme è, appunto, il legame che deriva da un alto principio. È nella ricerca del vero, nel dubitare quotidianamente, nel volere ogni giorno accrescere il patrimonio delle nostre cognizioni, è - come dicono gli antichi - nel togliere il velo alla misteriosa dea Iside la nostra religione! Religione che la Massoneria professa e che istilla nell'animo dei propri adepti, perché essi - apostoli di luce e di verità - escano dal chiuso dei templi, vadano in mezzo ai profani, illuminino il cammino di coloro che sono ancora nelle tenebre, portino la fiaccola di questa fede antica e nuova, basata sulla scienza, basata sulla ragione, basata sulla intuizione esoterica degli alti misteri dell'Universo" (Ugo Lenzi, in BGO, 1951, 50).

    Quest'ultima affermazione richiama il contenuto iniziatico del credo massonico, ed indica in modo sufficientemente chiaro verso quali mete la ragione debba essere impiegata, e quale grado di razionalità scientifica vi possa essere nella "intuizione esoterica". Gli è che la Massoneria si rifà, per questa via allo Gnosticismo.

    Si sarebbe potuto dire, con fondamento, che un'altra matrice della filosofia massonica sia da ravvisarsi nell'antico Gnosticismo. Ma più che i riferimenti storico-filosofici, che non scolpirebbero questo aspetto della realtà massonica, interessa qui rilevare che la Massoneria è e si sente continuatrice e compagna di viaggio del moderno Gnosticismo.

    Lo Gnosticismo, può in generale, definirsi un conato del pensiero filosofico del II secolo per trasformare il cristianesimo in una filosofia religiosa, oppure un conato del pensiero religioso per dare ai misteri una spiegazione filosofica più profonda di quella suggerita dalla fede. La gnosi (scienza) si sostituisce alla fede e tenta, anzi, di surrogare i dati della Rivelazione.

    Se la razionale Gnosis deve sostituirsi alla inconcludente Pistis (la fede, destino dei semplici fedeli, mentre la Gnosis sarebbe appannaggio e premio dei soli iniziati!), non c'è dubbio che la Massoneria professa lo Gnosticismo.

    E non siamo noi a dirlo.

    C'è un documento ultrasegreto, redatto nell'euforia della rinascente Massoneria Italiana, un volume litografato, fuori commercio, destinato agli Alti Gradi Amministrativi dell'Istituzione, edito a Firenze nel 1945.

    Questo volume conferma il vero carattere della Massoneria e dimostra che i suoi difensori cattolici sono per lo meno imprudenti nell'associarsi alla strategia che essa ha elaborato per l'attuale mondo profano.

    Eccone alcuni passi.

    Parlando della "Nascita dell'attuale Massoneria", dice: "Il Rosacroce Giovanni Teofilo Desaguliers, naturalista, e Giacomo Anderson, ministro protestante, ed altri, convocarono nel 24 giugno 1717 in Londra i membri delle quattro Logge che ivi si trovavano in attività, in quel tempo.

    Questa riunione aveva per scopo di fondere la Fratellanza dei Muratori Liberi ed Accettati con la Società Alchimistica dei Rosacroce, di permettere ai Rosacroce di porre al sicuro le loro ricerche alchimistiche e le loro idee gnostiche e razionalistiche, sotto la veste rispettata della Fratellanza, e di procurare ai Muratori Liberi ed Accettati i vantaggi che solamente gli adepti ricchi, influenti ed ambiziosi dei Rosacroce potevano loro apportare, data la reale decadenza che minacciava la primitiva Fratellanza.

    L'assemblea accettò all'unanimità questa fusione. Così nacque la Massoneria, il 24 giugno 1717, da questo compromesso.

    Così la Fratellanza dei Costruttori, la Fratellanza dei Muratori Liberi ed Accettati disparve per sempre, e la Massoneria, officina del gnosticismo puro prese posto contro la Chiesa cristiana, officina del gnosticismo falsato e adulterato .....

    Nel 1723 Anderson redasse e fece approvare le Costituzioni dei Muratori Liberi ed Accettati. Questa denominazione di Liberi e Accettati, che ricordava la Chiesa di S. Paolo, fu conservata per togliere ogni sospetto sul vero scopo della Massoneria nascente. Esso rimase sempre quello della propaganda per il trionfo del gnosticismo puro e del liberalismo razionalista in tutto il mondo...

    Per dare l'impressione che la nuova Massoneria non era che la continuazione della Fratellanza dei Muratori Liberi ed Accettati, i titoli, le cerimonie e le particolarità che la stessa aveva ricevuto dalla Fratellanza dei Costruttori, furono rigorosamente rispettate. Una sola modifica fu adottata: i Maestri formarono un Grado separato dai Compagni, e sotto la classifica di Apprendisti, Compagni e Maestri, l'armata del gnosticismo puro si lanciò alla conquista del mondo". (MASFI 14-15 - corsivo nostro).

    "... il dovere del Cavaliere Rosacroce è di combattere il gnosticismo bastardo racchiuso nel Cattolicesimo, che fa della fede un accecamento, della speranza un piedistallo, della carità un egoismo...

    La sola Massoneria possiede la vera religione, il gnosticismo. Tutte le altre religioni, specialmente il cattolicesimo, hanno preso dalla Massoneria ciò che potevano avere di vero. Esse non possiedono in proprio che teorie assurde e false" (MASFI 69 - corsivo nostro).

    E, più solennemente ancora, il Gorel Porciatti afferma: "Si tratta... di una direzione, di una "tonalità" che non può essere che unica per tutti i massoni... È la dottrina della Gnosi integrale... La Gnosi è la Dottrina della Umanità, è la subcoscienza dell'Uomo che lo accompagna attraverso le età senza mai appoggiarsi ad altra legge che non sia quella del Naturalismo Italico, (Pitagora), senza richiamarsi ad altra testimonianza che non sia l'Augusta Tradizione e senza aver bisogno di circondarsi di alcun prestigio soprannaturale per affermare la sua incontestabile autorità. È la VOCE, la Libertà, la Vita, il cui Verbo è stato l'insegnamento esoterico di tutti i Messia, di tutti i Redentori. Spogliate delle loro relatività tutti i sistemi filosofici e religiosi, e vi scoprirete questa Verità Eterna, questa Gnosi inalterata ed inalterabile che presiede alla marcia evolutiva dell'Anima Umana. È lo scopo supremo, il fine ultimo della Iniziazione Massonica... è la conquista e l'applicazione pratica di questa cognizione del SÉ Individuale ed Universale che racchiude la chiave di tutti i problemi umani ed ultraumani. Tutte le altre manifestazioni dell'attività massonica non sono che azioni di carattere relativo e particolare, dirette verso scopi occasionali e contingenti, determinate da una speciale necessità ambientale e storica, ma inquadrata sempre nella cornice di quello Scopo Supremo" (GORGS, 293-294).

    Più realisticamente e crudamente ancora parla Immanuel, presidente del Sacro Sinodo della Chiesa Gnostica in Italia, nella rivista "Conoscenza" (raccomandata, fin dal suo sorgere, dal Grande Oriente d'Italia!): "... possiamo rispondere a quanti ci scrivono, magari perplessi perché in una enciclopedia hanno letto qualcosa sugli gnostici eretici dei primi secoli cristiani, chiedendo se crediamo in questa o quella dottrina. NO - ancora una volta - NO. Ci rifiutiamo e sempre ci rifiuteremo di accettare, insegnare, difendere una dottrina in quanto tale. Questo provocherebbe immediatamente l'involuzione della nostra Comunità, che non sarebbe più gnostica; ma la Comunità di questa o quella dottrina.

    La Gnosi è la Conoscenza viva che sta ed opera in tutte le dottrine, perché Conoscenza della Vita Divina. Ed anche qui: Vita Divina non vuol dire Vita di questo o quel Dio. Ormai anche l'uomo della strada, anche il cosiddetto ateo, ha capito, "conosce" che il Dio delle religioni è morto perché era un Dio mortale creato dall'uomo con i suoi pensieri, le sue fantasie più o meno basse, più o meno alte...

    Ma allora che cosa insegnano coloro che "conoscono", gli gnostici, su questa Vita Divina? NULLA. Tendono soltanto le loro mani per stringere altre mani onde costruire una catena di uomini di desiderio, uomini capaci di riprendere, di riconoscere quella dimensione divina dell'uomo, che ormai urge nello spirito umano. Quindi non una esposizione di dottrine, di teorie... ma semplice strumento di lavoro. Chi vuol costruire una vita più felice e più feconda (Vita Divina), chi vuol vivere l'incessante processo creativo dell'universo (Vita Divina), chi vuol alzare il velo di quel mistero che per migliaia d'anni ha terrorizzato ed affascinato gli uomini (Vita Divina), nelle Comunità Gnostica troverà uno strumento di lavoro per realizzare questa Vita Divina. questa dimensione divina" (CONOSCENZA, Firenze, mag. giu. 1968, 1-2).

    Anche gli Scozzesi ribattono lo stesso tasto. Per esempio, il Fr. Prof. Italo Gentile, Saggissimo del Capitolo Rosacroce "Dante Alighieri" di Firenze del Gruppo Ghinazzi, in un suo volume: "Esoterismo esoterico dei Rosacroce", elegantemente stampato nel 1967, afferma: "La funzione del Capitolo, cioè la Filosofia del 18° grado è questa: L'emancipazione dell'Umanità attraverso lo Gnosticismo; come la funzione dell'Areopago, cioè la Filosofia del 30° grado, è la realizzazione delle Dottrine Gnostiche... (pag. 63-64). "Il termine "Gnosis" (conoscenza) non denota il processo discorsivo del pensiero umano come tale ma una "rivelazione" di Verità Divine, una intuizione gratuita che apporta gioia all'iniziato e gli assicura la "Salvezza"... (pag. 65). "Una delle crisi più pericolose attraversate dal Cristianesimo primitivo fu appunto l'eresia gnostica (ecco perché la Chiesa ci teme!)" (pag. 66-67).

    Non c'è, quindi, dubbio che la Massoneria consideri la Chiesa Gnostica come una chiesa di "fratelli": "La chiesa gnostica mantiene rapporti di stretta alleanza col Rito Scozzese Antico ed Accettato e per esso con tutti i Supremi Consigli dei Paesi dove coesistono le due Potenze Iniziatiche" (ACMA, 1947, 44).

    Chi volesse portare l'indagine appena più a fondo, non tarderà a scoprire singolari e decisive analogie tra la pratica e il credo massonico e quello gnostico.

    Per esempio, i "requisiti che si richiedono" per appartenere alla "Ecclesia Catholica Ritus Antiqui et Gnostici (E.C.R.A.E.G.)", sono: "Piena libertà da ogni servitù spirituale - Garanzia di osservanza della legge morale - Intuizione autoiniziatrice" (ACGN, sett. ott. 1949, 3). Ancora: "Possono chiedere di far parte della E.G.R.A.E.G. tutti gli uomini e tutte le donne che veramente intendono consacrarsi, senza diverso fine, al servizio dell'umanità, in qualità di Guide Occulte, sotto lo sguardo benedicente delle Gerarchie Cosmiche" (ACGN, sett. ott. 1949, 3).

    Alle coincidenze di struttura e perfino di linguaggio, basterà aggiungere la forte ingerenza dei più alti gradi della Massoneria attuale nella direzione della Chiesa Gnostica. Nella rivista "Acacia Massonica" del settembre 1947 comparivano due articoli: "La società dei Filaleti" (pag. 4) firmato da Giordano Gamberini, 33° e "La Chiesa Gnostica" (pag. 44) firmato da Julianus. Bisogna ricordare che, chi entra a far parte di una organizzazione iniziatica, assume un nome nuovo ("nomen arcanum"), in questo caso un nome latino. Così, sotto vari nomi, troviamo i Massoni più in vista: Aurelius è William Anceschi, Valentinus è Giuseppe Del Conte, Lychnus è Mario Ciro De' Conca, Paracelsus è Gino Testi, Marcus è Alberto Tognetti, e così via. Ora, Giordano Gamberini e Julianus, sopra nominati, sono la stessa persona: Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia e vescovo della Chiesa Gnostica. Premette, infatti, al nome di Julianus una croce, come usano fare i Vescovi cattolici e, nel 1949-50, diresse a Ravenna la rivista "Acta Gnostica". Forse, proprio per tale qualifica si è permesso di tradurre e annotare, ognuno può vedere come, (per es. il C. VI), il Vangelo di S. Giovanni nella "Bibbia Concordata" edita nel 1968 da Mondadori, nella quale l'unica sacrificata è la dottrina cattolica!

    Sempre a proposito della Chiesa Gnostica, è significativa una lettera di Mario De' Conca, scritta il 24 marzo 1948: "... Esorta i fratelli nella Santa Gnosi ad essere ferventi nel loro lavoro e fiduciosi nell'opera che l'Alto Sinodo deve svolgere... Il Vescovo Julianus è stato molto preso dai suoi molteplici impegni, ma certamente vi terrà al corrente di tutto. ... La rivista "L'Acacia" ha portato qualche nota sulla Chiesa Gnostica Universale. Certo d'interpretare i sentimenti dei membri dell'Alto Sinodo porgo a te, fratello carissimo, e a tutti i fratelli gnostici di Firenze con a capo il sacerdote Aurelius affettuosi pensieri e correnti di buoni pensieri. In Paracleti charitate". È una lettera che risparmia molti commenti e ci fa vedere chiaramente che Massoneria e Chiesa Gnostica sono legate a filo doppio e che gli uomini preminenti dell'una sono quelli dell'altra.

    "Quando poi si pensi", scrive William Anceschi, "che lo Scozzesismo rappresenta la sintesi felice d'un processo di formazione nel quale confluirono Kabbalah, Ermetismo, Rosacrucianesimo, Mitraismo, Manicheismo, Gnosticismo, resta di per se stesso acquisito che il Rito massonico è la base, il supporto sul quale può e deve orientarsi ogni attività di specializzazione per lo studio e la prassi cultuale" (LV, die. 1954, 23 - corsivo nostro).
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    6) IL CULTO DELLA LIBERTA'

    L'altro pilastro del credo massonico è la libertà.

    Nella dichiarazione di Princìpi (Losanna, 1875) è detto: "La Massoneria pone come principio che il Creatore supremo ha dato all'uomo, come il bene più prezioso, la libertà... raggio così luminoso che nessun potere ha il diritto di spegnere o di offuscare" (FLR, 33-34), "dono intangibile e sacrosanto" (PON, 72).

    Lo sapevamo già da... Dante Alighieri:

    "Lo maggior don che Dio per sua larghezza
    Fesse creando, ed alla sua bontate
    Più conformato, e quel ch'Ei più apprezza,
    Fu della volontà la libertate
    Di che le creature intelligenti,
    E tutte e sole, fuoro e son dotate" (Par., V, 18-24).

    Il primo requisito della libertà però, così com'è intesa dalla Massoneria, è il suo indissolubile legame con il concetto di ragione esposto prima. "La Libertà è costituita dalla pienezza della ragione" (A Giovanni Bovio, pag. 14-15 - citato da CAP, 2, 369, nota 56); questa, come abbiamo visto, é completamente autonoma e non si determina per effetto di verità rivelate o di altre costrizioni "esterne". Ne consegue che la libertà consiste nell'esclusiva obbedienza alla propria ragione, e che agire liberamente significa sottoporsi solo alle leggi razionali della Natura.

    Già abbiamo veduto come l'antidogmatismo massonico sia ispirato ad un concetto assoluto, assorbente e sfrenato di libertà. Giacché, prima di tutto, la libertà massonica è libertà di pensiero che comprende libertà dello spirito, del giudizio, della critica: "Indagine razionale, senza limiti, che autogiustifica i propri princìpi" (LV, ag. sett. 1954, 11). È chiaro che una simile libertà senza limiti trova modo di esercitarsi in campo religioso, dove si postula "la piena libertà di tutti i culti e di tutte le fedi" (MASFI, 130) e dove non significa altro che libertà "di pensare e di credere secondo la propria ragione e la propria coscienza" (MASFI, 130) "libera da dogmi scientifici e religiosi" (MASFI, 70).

    Ma è anche libertà da tutte le fedi: "Nessuna larvata ed esplicita coartazione si eserciti dalle confessioni (religiose) sull'intelletto, sul lavoro e sulla coscienza dell'uomo di scienza... L'uomo di sapere... deve incitare i suoi simili alla critica che li salva dalla pressione esercitata dai miti religiosi" (Primo Convegno Naz. Massonico dei Professori e Docenti Universitari - Roma, 1954, 38, 41) e deve aspettarsi "le proprie conquiste dalla indagine spregiudicata e sciolta da ogni vincolo di postulato e di dogmi" (MASFI, 72).

    La libertà di pensiero chiaramente non può andare disgiunta dalla libertà di coscienza la quale "non è soltanto un diritto naturale risultante dal libero arbitrio, ma è pure una conseguenza logica e necessaria dell'impotenza che abbiamo di rappresentarci l'Assoluto altrimenti che con simboli inadeguati e perfettibili" (FLR, 412).

    Siamo nel campo della libertà sconfinata i cui limiti sono troppo vaghi ed indefiniti, giacché la Massoneria è pronta a negare libertà di pensiero e di coscienza a chi abbia accettato qualsiasi dogma o rivelazione: "Non esiste libertà di pensiero per chi sia disposto ad accettare i vincoli di ossequio ad affermazioni di principii dogmatici, che tendono a sottrarre al controllo della ragione umana, nonché all'indagine scientifica, i personali convincimenti" (ETA' NUOVA, nov. dic. 1950, 18). Il Gran Maestro Gamberini, nel suo manifesto del 20 settembre 1968, ribadisce questa idea: "Molti hanno compresa, in questi ultimi mesi, la impossibilità di conciliare la libertà di coscienza con un magistero gerarchico eretto a dogma di fede".

    Conseguenza inevitabile di queste impostazioni è, nel campo della libertà morale, la libertà d'azione e d'indagine, Il naturalismo massonico professa un ottimismo illimitato nelle doti e nella bontà della natura umana: è logico, quindi, che l'indagine della ragione umana sia considerata sufficiente per il raggiungimento della verità. E anche l'azione dell'uomo, libero dall'idea del peccato e della colpa, non angustiato dall'idea di sanzioni ultraterrene, non può essere che buona, tutta racchiusa com'è nella vita presente. La morale autonoma fa sì che si debba rendere conto del proprio operato solamente alla propria coscienza.

    E tutto questo non è esatto. Nella Costituzione "Gaudium et spes", del 7 dicembre 1965, al Concilio Vaticano II, è detto chiaramente: "Mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso così acuto della libertà, e intanto si affermano nuove forme di schiavitù sociale e psichica... Aumenta lo scambio delle idee, ma le stesse parole con cui si esprimono i più importanti concetti assumono nelle differenti ideologie significati assai diversi" (n. 4).

    "L'uomo può volgersi al bene soltanto nella libertà, quella libertà cui i nostri contemporanei tanto tengono e che ardentemente cercano, e a ragione. Spesso però la coltivano in malo modo, quasi sia lecito tutto quel che piace, compreso il male. La vera libertà, invece, è nell'uomo segno altissimo dell'immagine divina. Dio volle, infatti, lasciare l'uomo "in mano al suo consiglio" (cf. Eccli. 15, 14), così che esso cerchi spontaneamente il suo Creatore, e giunga liberamente, con la adesione a Lui, alla piena e beata perfezione. Perciò la dignità dell'uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso cioè e indotto da convinzioni personali, e non per un cieco impulso interno o per mera coazione esterna. Ma tale dignità l'uomo la ottiene quando, liberandosi da ogni schiavitù di passioni, tende al suo fine con scelta libera del bene, e si procura da sé e con la sua diligente iniziativa i mezzi convenienti. La libertà dell'uomo, che è stata ferita dal peccato, può rendere pienamente efficace questa ordinazione verso Dio solo con l'aiuto della grazia divina. Ogni singolo uomo, poi, dovrà rendere conto della propria vita davanti al Tribunale di Dio, per tutto quel che avrà fatto di bene o di male (cf. 2 Cor. 5, 10)" (n. 17).

    "Quel che ci viene manifestato dalla Rivelazione divina, concorda con la stessa esperienza. Infatti se l'uomo guarda dentro al suo cuore si scopre anche inclinato al male e immerso in tante miserie che non possono certo derivare dal Creatore che è buono. Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l'uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento sia verso se stesso, sia verso gli altri uomini e verso tutte le cose create... Nella luce di questa Rivelazione trovano insieme la loro ragione ultima la sublime vocazione e la profonda miseria che gli uomini sperimentano" (n. 13).

    La Massoneria, invece, sostiene di saper tradurre anche nel campo politico e in quello dei quotidiani rapporti con altre correnti le idee di libertà che mostra nel campo del pensiero e della morale, mentre condanna come "criminale e stupida" la cosiddetta intolleranza della Chiesa nel difendere la verità, la Massoneria, si atteggia addirittura a "religione della tolleranza" (LASS, 49), per essere "indiscutibilmente la sola associazione che possa menar vanto di tale virtù" (LASS, 49), consentendo "ai suoi adepti piena libertà di opinioni in merito all'inconoscibile ed all'ignoto" (ACMA, 1949, 137).

    Il Sovrano Gran Commendatore Domenico Maiocco, mal celando l'ostilità preconcetta verso la verità rivelata, sostiene che chi pratica questa "religione della tolleranza", cioè il Massone, deve sempre conservare "piena libertà di spirito da ogni dogmatismo, riconoscendo che la verità, totale o parziale, non è prerogativa di nessun individuo né di nessuna associazione di uomini" (Balaustra n. 1, 12 apr. 1951, n. 3).

    Si possono leggere, su questa materia, brani interi di prosa massonica del tutto concilianti e tranquillizzanti: "I pregiudizi che la Massoneria si sforza di combattere sono sopra tutto quelli che tendono a separare gli uomini con delle divisioni esclusive sorte dalla diversità delle loro credenze, credenze che la Massoneria rispetta tutte, quando siano professate in buona fede" (FLR, 93).

    Non sembra tuttavia che, nella pratica massonica, le opinioni altrui godano del medesimo rispetto che si tributa loro a parole. Se pure si voglia tacere del livore e della faziosità che trasudano da certi scritti massonici, non si può passare sotto silenzio l'abile campagna con la quale la Massoneria copre una irriducibile ostilità verso le dottrine che si rifanno alla Rivelazione.

    Questa ostilità si manifesta sin dai primi insegnamenti impartiti in Loggia. All'adepto, con una lenta, paziente e sottile educazione, viene subito detto che deve guardarsi dal "fanatismo" e dalla "superstizione", che deve ripudiare il "dogmatismo" delle religioni, che deve adottare il metodo del "libero esame" sgombro da "vincoli dogmatici e fideistici" (cf. MASFI, 70). Come può facilmente capirsi, si tratta di un vero e proprio "lavaggio del cervello" praticato fin dai primi gradini della scala massonica.

    È precisamente qui che la tanto decantata "tolleranza massonica" mostra il suo vero volto: si palesa cioè una tattica abile e, assai spesso, fruttuosa per irretire i superficiali. È vero che la Massoneria mostra la massima condiscendenza ed apertura verso le più svariate dottrine filosofiche e manifestazioni di pensiero anche le più strane. Quello che in nessun modo si tollera è che il massone possa avere una fede e possa "mostrarsi debole" verso la verità rivelata. Così, con il pretesto di insegnare ad essere liberi e spregiudicati, si pone in essere un'insidia permanente per la fede degli iscritti, soprattutto quella cattolica.

    Se dunque la "virtù della tolleranza" è utile a diffondere il relativismo teoretico ed etico, d'altra parte serve a stroncare qualsiasi sostrato fideistico nell'adepto: e questo fa con una faziosità tale da costituire un vero attentato alla libertà della coscienza individuale.

    La parola "tolleranza", per la Massoneria, è una parola ben strana e con ancor più strani significati. Sarebbe tollerante e di animo manifestamente liberale che guarda ai fedeli di qualsiasi religione (specialmente quella cattolica) con occhi pieni di commiserazione come a coloro "cui non è dato di intendere o di vedere" (MRAI, 70), come chi professi ancora "l'ingenua fede... dell'infanzia" (OUL, 26), come a vittima di meschini pregiudizi. Francamente non pare eccessivamente tollerante gratificare di superstizioso, quando non di fanatico, chi ha il solo torto di attendere al culto di Dio ed alla pratica dei Sacramenti.

    Ma, nessuna meraviglia: è il tono solito e gli argomenti usuali della intolleranza massonica!

    Questa si applica, purtroppo, anche ai suoi iscritti, ai quali naturalmente, promette piena... libertà!

    Diceva il p. Caprile: "Intanto (li) vincola con un solenne giuramento alla ubbidienza più assoluta, più cieca, più completa. Ad un'ubbidienza che tiene solo di mira gli interessi della sètta; alla sottomissione verso capi spesso sconosciuti, per fini spesso non confessati... Come in poche altre associazioni il Massone è una pura pedina in un giuoco, di cui il più delle volte gli sono nascoste le mosse.

    Questa restrizione della libertà individuale si rende ancor più chiara quando qualcuno vuole abbandonare la setta... Innumerevoli difficoltà vengono frapposte a chi, una volta iscritto, decide poi di ritirarsi. Il ripetersi di tali casi, mostra almeno uno stile, se non proprio una consegna" (CAPMCS, 24).

    Un esempio concreto: la rivista "Mondo Domani" pubblicò i nomi dei "563 Fratelli di Firenze" (4 ag. 1968, 57-62) che però, secondo una lettera anonima di "un vecchio Massone fiorentino" non corrispondeva "neppure ad un terzo dei Massoni fiorentini" (13 ott. 1968, 3-4).

    Fra questi nomi figurava quello del Dr. Salvatore Di Stefano, ex Questore di Bologna e di Roma, e poi consigliere della Corte dei Conti. Questi, molto coraggiosamente, scriveva alla rivista di essere "già da tempo ritornato alla Fede Cristiana, che con tanto Amore mi inculcò mia Madre" (1 sett. 1968, 2).

    La risposta del Gran Maestro Gamberini è piuttosto... acida (RIMA, sett. 1968, 431-32): Intanto "per misericordia" non ne fa il nome; poi continua (badare al tono!): "Difficilmente si troverà nella nostra Comunione chi intende la "fede cristiana" come è probabile che la intendesse la Sua compianta Madre". Quindi gli rimprovera "l'antimonia che Ella dà per iscontata, fra Massoneria e fede cristiana". Dopo aver fatto questione di date, che noi non abbiamo potuto riscontrare, termina: "La Sua cura a che si creda alla Sua sincerità di oggi ci dimostra che Ella, con un'altra fede, ha abbracciato anche un'altra morale", diversa, naturalmente, da quella massonica che dovrebbe essere, per il Gamberini, la "Bocca della Verità".

    Buon per il Di Stefano che non si parli di deferimento al... Tribunale Massonico del 31° Grado che, come vedremo in seguito, ancora esiste A chi è abituato a considerare come un grande progresso giuridico la Legge Siccardi che, dopo aspre lotte, nel 1850, fece approvare l'abolizione del Foro ecclesiastico, sembra di sognare!
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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    7) IL MATERIALISMO MASSONICO

    Preme ora sottolineare un'altra importante caratteristica del naturalismo massonico: esso appare di stretta marca materialistica.

    Abbiamo già accennato, trattando del G.A.D.U., ad alcune interpretazioni panteistiche della realtà. Ora precisiamo che, molto spesso, si tratta di un panteismo materialistico; nella sostanza, almeno, più che nella forma, per quanto non manchino anche affermazioni formali.

    "In fondo al Tempio, dietro la scala delle conoscenze pratiche, voi intravedete un focolare misterioso che non si rivela che per i suoi raggi. Tale è probabilmente il miglior simbolo della Realtà assoluta della quale la logica proclama l'esistenza, quando a mezzo del pensiero si sopprimono tutti i limiti di durata e di spazio. Vi è là un'immagine che può egualmente venire accettata dalla religione e dalla scienza. ...è ciò che nel linguaggio simbolico della filosofia contemporanea viene chiamato Energia...

    L'Energia, condensandosi nell'etere, attraverso una serie di tappe che la scienza comincia a presentire, ha generato l'atomo, nel quale essa si manifesta sotto la doppia forma condensata e di forza viva, la prima che si trasforma in un punto di resistenza nello spazio ed è la materia, la seconda che si rivela per i suoi modi di attività, trasmutabili gli uni e gli altri, e che noi chiamiamo movimento, calore, luce, elettricità, volontà, ed è la Forza nelle sue multiple ed incompletamente conosciute manifestazioni" (FLR, 400).

    Ed ancora: "L'Energia, a mezzo della quale si rivela la Realtà che serve di base all'universo, appare, tanto nel mondo morale che in quello fisico, come il Potere eterno che lavora per l'armonia" (FLR, 401).

    Potremmo continuare, ma ci limitiamo alla citazione del solo Farina che è fonte troppo autorevole per essere discussa. Del resto quanto abbiamo detto fin qui sul naturalismo massonico è più che sufficiente a mostrare come la destinazione inevitabile di tale naturalismo sia la materia ed il materialismo; non altrimenti dovrebbe concludere chi, come i Massoni, mostra di credere ad un'unica realtà: quella che molto concretamente vede e sente e tocca, i cui scopi e finalità sono ristretti al solo ambito terreno e, dentro quest'ambito, li persegue con tale grettezza da rendere perfino imbarazzante un discorso in termini filosofici.

    A prova, citiamo un brano che può definirsi "programmatico":

    "Datemi una istituzione come la nostra, la quale in ogni più riposto angolo della terra, ha una mente che pensa, che s'agita, che combatte, per il bene della patria e dell'umanità; datemi il risultato di lunghe e serene discussioni fatte nelle varie camere e nelle varie Logge; ed a queste aggiungere una forza intelligente, diretta e direttrice ad un tempo, che metta in pratica il frutto di tanti uomini onesti ed illuminati, ed avrete davvero il bene del paese, avrete risposto ai bisogni di tutte le classi dei parassiti che sotto una forma o sotto un'altra vogliono vivere all'ombra del dolce far niente, e fra questi, primi, i sacerdoti d'ogni razza e colore.

    E non è tutto. Datemi una forza di danaro, ma specialmente d'istruzione e di buon volere, una forza di oneste influenze (!!! - n.d.A.), che permetta riparare ai torti ricevuti dai Fratelli, che permetta aiutarli nelle loro necessità, che permetta loro - perché non dirlo? - di occupare i primi posti nelle arti, nei commerci, nelle professioni, nei pubblici uffici, ed avremo restituito la fiducia nell'istituzione, la forza alla disciplina, la moralità assoluta in tutti i fratelli. E quando la Massoneria avrà bisogno di tutti i suoi figli, li sentirà volenterosi, gagliardi e possenti, rispondere in gran numero come un solo uomo all'appello, e lavorare ed ottenere quello che si vuole. Ché se invece, noi ci dovremo limitare ad aspirazioni platoniche, se dovremo lasciare quotidianamente dormire neghittosi negli archivi delle Logge i nostri ordini del giorno, se continueremo a trovarci impotenti di fronte ai bisogni più urgenti dei nostri Fratelli, vincerà a poco a poco lo scoraggiamento anche nei più fiduciosi, e la Massoneria morirà di consunzione..." (P.V., "Lo Stato nello Stato" in RIMA, 15 genn. 1879, 5 - corsivo nostro).

    Dopo quasi novanta anni il programma massonico resta immutato e riflette sempre un accentuato materialismo: i massoni hanno bisogno di denari, insomma, per "aiutare i Fratelli nelle loro necessità"; vogliono, a mezzo di "oneste influenze", s'intende, i primi posti nelle arti, nei commerci, nelle professioni, nei pubblici uffici e - perché non dirlo - nella politica. Allora sì, sentirà i suoi figli rispondere volenterosi all'appello!

    Riportiamo, a dimostrazione di quanto abbiamo detto, due testi massonici:

    Uno del 1945: "In ciascuna Officina deve curarsi l'inscrizione di Fratelli influenti nel mondo profano: nelle Officine bisogna porre in rilievo i dannosi regimi sociali, politici e religiosi, in modo da poter ivi seminare efficacemente le vere dottrine massoniche; curare le classi dirigenti, la cui istruzione ed ambizione, costituiscono, per le teorie massoniche un terreno assai adatto ad un buon sviluppo" (MASFI, 178 - corsivo nostro).

    L'altro del 1956: "Si è costituita presso la sede del Governo dell'Ordine la Commissione di Assistenza tecnica a disposizione di tutti i Fratelli che hanno bisogno di assistenza in questioni particolarmente legate alle funzioni generali ed amministrative della Capitale.

    Della Commissione fa parte anche un Ufficio di consulenza, per cui essa è in grado di dedicarsi ai più disparati affari (pratiche ministeriali, consulenza tributaria, soccorso sociale, perizie tecniche di qualsiasi genere..." (ERNU, giu. 1956, 19 - corsivo nostro).

    Ecco dunque la molla che riesce a far più fiduciosi gli appartenenti alla rispettabile Società. Altro che formazione delle coscienze e costruzione dell'uomo nuovo: sono tutte "aspirazioni platoniche"!

    Accanto alle dichiarazioni di comodo, qualche Massone cerca di date un quadro esatto della realtà; però, quando non manifesta preoccupazioni troppo concrete rivela una concezione materialistica del reale che, filosoficamente, è abbastanza dozzinale. Così, per esempio, il Fr. Ampelio Magni, già Venerabile della Loggia La Concordia di Firenze nel 1881, stampava sulla "Strenna della Rivista della Massoneria Italiana 1890-91", sotto il titolo "La Dottrina Umana":

    "Prima delle religioni coi loro dogmi e colla loro fede era la Terra, gli animali, le piante e gli uomini.

    Nell'uomo era quanto agli animali, alle piante, alla terra mancava.

    Vi era il pensiero - ardito, indagatore, ragionante.

    L'uomo vide la natura; sentì il bisogno. A contatto dell'umano consorzio apprese il bene ed il male; si trovò avvolto da aberrazioni, pastoie, tracotanze. Vide gli uomini affaticarsi ad erigere altari e troni, fondare credenze e imperi; vide il sovrapporsi delle classi sociali; né sempre poté darne cagione all'impellente necessità. Frammezzo a tutto ciò svegliossi per intuito nella sua mente e si scolpì nel suo cuore una dottrina di facile intendimento, la quale ingenerò una credenza, semplice, veritiera, sublime" (Citato da LOMS, III, 420-21).

    Si può subito vedere quanto sia semplicistica l'impostazione e come sia patetico nell'autore il tentativo d'essere originale. Però l'indulgenza che può nutrirsi verso di lui si dilegua quando s'arriva alla bestemmia:

    "Girato lo sguardo attorno, l'uomo si raccolse in se stesso, ed istintivamente pronunziò il suo

    Credo

    1°) Credo nella eterna Materia Madre, di cui ignoro e sempre ignorerò la origine e la fine.

    2°) E nell'Uomo suo prediletto Figliuolo; capace - nell'ingegnoso sviluppo della sua mente, nella lotta contro i bisogni, nel socievole umano consorzio - di ogni opera buona e cattiva.

    3°) Il quale dalla Materia fu concepito e nacque dalla Terra, che lo sostiene e lo nutre.

    4°) Patì sotto le convulsioni telluriche, sotto le ferocie del dispotismo sacerdotale e autocratico, sotto le prepotenze e disuguaglianze fisiche e sociali; fu carcerato, torturato, messo in croce, sul rogo, sulle forche, sotto la mannaia e ... non sempre venne sepolto.

    5°) Discese nelle gemonie del vizio e della viltà; risuscitando ad ogni nuova generazione.

    6°) Salì alla sublimità della virtù e della gloria e siede accanto al Vero.

    7°) Di là ha da venire con verità e giustizia a giudicare buoni e malvagi, ricchi e poveri, sapienti ed ignoranti, potenti o tapini, i vivi ed i morti.

    8°) Credo nel Pensiero, sovrana causa, spirito vivificatore e potente fattore di ordine, di agitazioni, di disordini.

    9°) Credo nel genio, nell'ingegno, nella virtù, derisi, vilipesi, perseguitati, soffocati dai sacerdoti di ogni tempo e paese, dalla cattolica inquisizione, dalla paurosa autocrazia dei tiranni di ogni stampo, giammai asserviti, uccisi, sepolti.

    10°) Credo alla coscienza onesta, alla comunione dei martiri pel principio della Fratellanza e pel trionfo dell'umanità.

    11°) Al perdono delle offese riparate; alla redenzione del vizio, ed alla perfettibilità umana.

    12°) Alla vita intemerata e alla memoria duratura. E così sia. (Citato da LOMS, III, 421-22).

    Il brano citato è la disinvolta esposizione dei consueti temi massonici, quando la Massoneria usava parlare chiaramente. Quello che stupisce è la meditata insistenza della vena blasfema:

    "Dopo la sua affermazione l'uomo ebbe un fremito nel cervello, si riscosse, e dal pensiero gli uscì una invocazione. Recitò il

    Pater

    O padre mio, o Vero, che leggi nelle menti e nei cuori umani:

    1°) Sia glorificato il santo nome tuo.

    2°) Venga presto il regno tuo.

    3°) Sia fatta la tua Luce come nel pensiero, così nella coscienza.

    4°) Dammi oggi il pane quotidiano - lo scibile.

    5°) E rimettimi il peccato dell'odio per gl'ingannatori, come rimetter devo quello dei dogmi, dei soprusi, e delle sentenze ingiuste dei preti, alle polizie ed ai giudici.

    6°) E fa che non sia indotto nella tentazione del dubbio.

    7°) Ma liberami dall'errore e dal falso. Così sia". (Citato da LOMS, III, 422).

    Francamente non è agevole commentare un brano di prosa così ... ispirato! È preferibile trascrivere l'ultimo ... capolavoro uscito dalla penna del Fr. Magni. L'uomo, di cui sopra, "Trasse dal petto un respiro di sollievo e superbamente batté col piede la terra. Ma si ravvide e baciando la zolla calpestata, fece un saluto ed una preghiera, recitanto l'

    Ave

    Ave, alma Terra, piena di grazia; la eterna materia è teco, tu sei benedetta tra gli astri del firmamento: e benedetto è il gran frutto del ventre tuo, l'Uomo, Santa Terra, madre dell'Uomo, svela ogni tuo mistero adesso e nell'ora della morte. Così sia.

    Ed i tre così sia augura siano davvero per il bene dell'umanità". (Citato da LOMS, III, 422-23).

    Quanto finora abbiamo detto ci sembra mostri, a sufficienza, quale sia la vera portata del naturalismo massonico e come le quotidiane molteplici mascherature massoniche non valgano a celare la natura spregiudicatamente materialistica di questa Istituzione.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    8) IL SIMBOLISMO MASSONICO

    Il quadro che abbiamo delineato non sarebbe completo se non facessimo abbondantemente menzione del momento centrale del naturalismo massonico che è il simbolismo, nel quale vengono a confluire tutte le tendenze finora citate.

    Il "Libero Muratore", dal momento del suo ingresso in Loggia, si trova dinanzi ad una quantità incredibile di simboli, più o meno accessibili; deve vedersela con le molteplici "parole sacre e di passo" di cui, secondo i più illuminati dei Massoni, dovrebbe conoscere il significato letterale e simbolico.

    I riti massonici, pieni di detti simboli, non sono il retaggio inutile di una tradizione tenuta in piedi dalla forza d'inerzia e dalla staticità massonica; sono invece, gli strumenti più efficaci per ottenere dagli iscritti piena e totale ubbidienza e per conseguire quel "lavaggio del cervello" al quale già abbiamo accennato. "Dobbiamo o vogliamo ricordare ... che nulla in Massoneria è ritualmente superfluo o meramente coreografico, ma tutto necessario e tassativo, perché fondamentalmente essenziale" (LV, 1956, 150 - corsivo nostro).

    Ha ragione, quindi, il Gorel Porciatti quando dice: "Nessun rito è senza valore. Anche se compiuto macchinalmente, l'atto ritualistico ha la sua efficacia". E aggiunge: "Consideriamo un Massone che si prepara ad entrare in Loggia; con mille preoccupazioni in capo cinge il suo grembiale pensando ad altro; poi prende macchinalmente la posizione prescritta, esegue il segno e la marcia del grado per giungere finalmente fra le colonne.

    Anche se eventualmente tutto è stato fatto distrattamente, per abitudine, il Massone, senza che se ne renda conto, è occultamente influenzato, cosicché egli non si comporterà mai in Loggia come ad una pubblica riunione. Tutto procede come se ognuno degli atti successivi avesse avuto la sua ripercussione nel dominio misterioso del sentimento. Mancando il cosciente il grembiale avverte il subcosciente che occorre non essere più lo stesso uomo. La mano posta sotto la gola ha avuto realmente la virtù di contenere le passioni nel petto, affinché il segno della squadra possa affermare senza mentire: "Il mio cervello è calmo ed io giudicherò qui con imparzialità, con la rigida equità che mi impone il mio carattere di Massone". Bisogna essere ben mediocri psicologi per guardare con scherno delle pratiche aventi di puerile solo delle apparenze ingannevoli" (GORMA, 38).

    È purtroppo vero: nella simbologia massonica non c'è nulla di puerile e si commetterebbe un grosso errore a non considerarla in tutti i suoi molteplici effetti.

    Invero i simboli massonici, e più ancora i Rituali, sono un forte strumento di suggestione e, diciamo anche, di confusione della coscienza di chi vi partecipa. Questo effetto non è ignoto ai vecchi Massoni, tanto che gli autori più avveduti insistono molto sulla necessità di mantenere intatte le caratteristiche tradizionali del rituale massonico: "Chi vuol modificare le forme Massoniche non è un Iniziato, non è un vero Massone. Novatori che pretendete riformare una istituzione la quale sopravvisse a tante generazioni senza alterare lo spirito suo, conservatene i Rituali se non volete che le vostre metamorfosi la uccidano!", sentenzia il Gorel Porciatti (GORMA, 39).

    Nella Riunione Annuale della Gran Loggia di Palazzo Giustiniani, il 30-31 ottobre 1954, un Venerabile di Torino che diceva di esprimere il pensiero di altri Fratelli, affermava "che non è vero che si senta il desiderio di modernizzare; o meglio chi sente questo desiderio, è probabile che non abbia compreso il senso intimo della Massoneria, che è inscindibile dal rispetto della tradizione. Onde sarebbe una follia rompere con la tradizione" (RA, 54, 62); così pure si esprimeva il Gran Segretario Umberto Genova, in una lettera del 7 marzo 1961: "La conoscenza delle nostre finalità ed aggiungerò un po' di buon senso non sono patrimonio molto comune alla massa dei Fratelli della nostra Comunione. Con tutte le conseguenze che vediamo ogni giorno ad opera dei così detti innovatori, riordinatori, modernisti. Vedremo cosa accadrà".

    Tutti quindi concordano nella necessità inderogabile del tradizionale insegnamento simbolico a mezzo dei Rituali: "È nostro dovere alimentare la fiaccola dell'insegnamento esoterico, proseguire la tradizione iniziatica; compenetrarsi della profonda necessità rappresentata dalla iniziazione al terzo grado che è la chiave dei Misteri Massonici, la base per lo studio, per la meditazione, per lo sforzo intuitivo, per tutto quel segreto e tenace lavoro di mente e di cuore che deve dar ad ogni Massone la rivelazione dei Misteri dell'Ordine" (GORMA, 28).

    L'iniziazione dunque assolve nella Massoneria ad una funzione fondamentale, non solo speculativa ma pratica; e di fatto lascia tali tracce da indurre a pensare che avere avuta una seria iniziazione equivalga ad essere Massone per tutta la vita. Galeazzo Ciano scriveva nel suo Diario: "Ho un colloquio con Padre Tacchi Venturi ... Tacchi Venturi diffida di Starace". Dice: "Chi è stato tre puntini, lo rimane per tutta la vita" (CID 1, 217).

    "Il mezzo per procedere a queste investigazioni (del Vero) è lo stesso che ha permesso ai saggi delle varie epoche di raggiungere risultati grandiosi: l'Iniziazione" (GORMA, 26). E non c'è dubbio che, per un Massone, l'unica iniziazione possibile sia quella operata con il simbolo e con il Rituale: "La Vera Iniziazione ... è tutta, dico TUTTA, contenuta nel simbolismo e nella Rituaria Massonica" (LIBSM, 22 - maiuscolato nel testo).

    Se insistiamo sull'iniziazione massonica è per far intendere quale funzione capitale essa svolga relativamente alla formazione di ogni aderente; qui, veramente, il simbolo da forma si fa sostanza, tanto da potersi dire che l'uomo nuovo che vien fuori dall'iniziazione è quale i simboli ed il Rituale lo hanno formato;

    allora s'intende che "il simbolo risponde al bisogno di dare forma reale ed oggettiva alle concezioni del nostro spirito, e se è alla radice di ogni civiltà passata, con l'evolversi della vita esso rifiorisce; infatti è di oggi la toga del magistrato, la sciarpa del sindaco, la corona d'arancio, l'anello matrimoniale, il battesimo del neonato, le gramaglie della vedova, ed infine la bandiera, simbolo palpitante della Patria per cui si vive si combatte e si muore" (GORMA, 39).

    Dunque "L'iniziazione è l'ammettere a partecipazione o conoscenza dei segreti sacri, affidare così il tesoro già accumulato, indicare la via da seguirsi per accrescerlo, ed indicare quali sieno i mezzi migliori per procedere per essa; con l'Iniziazione, quando essa è completa, sono compresi due concetti: affidare la fiaccola e confidare che essa venga alimentata" (GORMA, 26).

    Da quanto abbiam detto s'intende agevolmente che il simbolismo massonico, da un lato, e l'organizzazione ferrea, dall'altro, siano i due pilastri sui quali poggia l'edificio massonico, assai più che sui vaneggiamenti pseudofilosofici che nessuno intende e nessuno convincono. Ma la forza di convinzione di certi strani riti, zeppi di elementi simbolici dalle più strane provenienze, deve essere enorme soprattutto su coscienze deboli o poco formate. "Le iniziazioni massoniche sono, per i primi tre gradi, e sempre che sieno condotte ritualmente, quanto di più bello, di più completo e di più perfetto si possa realizzare nei tempi attuali, poiché toccano profondamente e risvegliano la sensibilità, colpiscono l'immaginazione e inducono alla riflessione, raggiungendo così lo scopo fondamentale di qualsiasi iniziazione" (GORMA, 26-27). Lasciamo da parte la "bellezza" e la "perfezione" dei riti; ma il resto, purtroppo, è tutto vero.

    Il carattere di questo lavoro non ci consente di descrivere partitamente i Rituali dei vari gradi con tutta la simbologia massonica che comportano. Non possiamo però astenerci dal rifarci alla caratteristica essenziale che permette al lettore di orientarsi nel campo vastissimo dell'astruso simbolismo massonico.

    Conformemente alle premesse naturalistiche, il tema centrale e il segno dominante del simbolismo massonico è l'uomo.

    E non potrebbe essere altrimenti, dal momento che anche il simbolo, anzi soprattutto il simbolo serve a "trasformare" l'uomo in senso massonico; infatti: "Quando si deve realizzare un programma di ordine prevalentemente pratico - quale è quello che si propone la Rispettabile Loggia ANKH - e cioè la CREAZIONE DELL'UOMO, di quell'UOMO che Diogene cercava al lume della sua lanterna, del Kabalistico ADAM KADMON, l'UOMO D'ARGILLA ROSSA, e, per intenderci meglio, dell'UOMO CHE, INTEGRATO NEI SUOI POTERI DIVINI, ASSURGE ALLA POTESTÀ DI NUME, MENTRE È ANCORA NELLA MASCHERA DI CARNE, - è il regnum regnare docet che ne decide il successo e non già la parola, la quale, una volta dato l'orientamento, diventa a ciascuno interiore e, pertanto, inespressa e valida in se stessa a nutrirsi della propria essenza ed a crescere in ricchezza di significati intraducibili nella ciarla abituale, la quale, invece, per la sua vanità acquisisce la natura diabolica.

    Diabolos, in greco, significa ostacolo.

    La parola vana è diabolica, perché ci ostacola il cammino, ci sbarra la via, ci ferma" (LIBSM, 20 - maiuscolato e corsivo nel testo).

    Per non fermarsi, dunque, ma anzi progredire, l'uomo ispira tutta la simbologia massonica, come scrive G. Ceschina, sulla Rivista di Palazzo Giustiniani, con l'articolo: "Il simbolismo massonico nella sua applicazione all'uomo", corredato da un grafico che lo rende più chiaro":

    "Tutti i riti, le favole, le leggende, i miti si riferiscono ad un solo argomento: l'uomo.

    Così è anche per il simbolismo massonico.

    Osserviamo il Tempio. Esso pure non può non rappresentare l'uomo, il grande Uomo, l'Adamo che racchiude in sé tutta l'umanità quale prototipo di essa.

    Le due gambe saranno rappresentate dalle due colonne che si trovano ai lati della porta d'ingresso. E come la loggia posa sul 1° e 2° Sorvegliante, così il corpo umano posa sui piedi. Dalla parte opposta troveremo la testa dell'uomo, il cui triangolo, tracciato sulla fronte, equilibra la luna ed il sole, rispettivamente inclusi nell'occhio sinistro e destro di esso, allo stesso modo che la ragione in una superiore visione risolve i dubbi sorti dalla diversità delle opposte opinioni. Lì presso è Minerva, che sorse un giorno dal cervello di Giove, quale intelligenza illuminante l'uomo; più sotto vi è la bocca, rappresentata dalla parola saggia (verbo) del venerabile, che il 1° diacono, quale orecchio destro, raccoglie per trasmetterne l'eco a tutti i fratelli.

    Giù per il collo, le spalle, le scapole, quali scalini di carne e d'ossa, si scende alla cavità toracica, che si presenta come una caverna. È la caverna degli Eletti del 9° grado, dove si svolge la lotta fra gli istinti e la volontà, è la grotta di Betlemme nella quale la pramantha s'accende illuminandola d'una luce sublime. La pramantha è il cuore; dalla parte del cuore v'è in loggia l'Ospitaliere caritatevole e la statua di Venere, dea dell'amore che nel cuore ha la sua sede.

    Le passioni scatenate, che la volontà deve vincere, vengono su dal ventre, dove covano le cupidigie, le voracità, le voglie, le avidità e queste cercano di impedire il progresso dell'uomo, ed è là che v'è la tomba d'Hiram, con l'acacia che rappresenta l'anelito dello spirito, mai completamente estinto.

    Più in basso una spessa tenda nasconde i misteri della generazione, che solo i kadosch possono scoprire.

    Per completare il quadro, diremo che il braccio destro ben s'adatta a raffigurare l'energia dell'Esperto che guida il recipiendario nelle prove (Ercole), mentre il braccio sinistro è il Maestro delle cerimonie che adorna i riti di quella bellezza che Venere lì presso gli ispira.

    Come la via della perfezione è quella che conduce il Massone dalle soglie del Tempio al luminoso Oriente, così la tappa successiva è rappresentata dalla via della realizzazione, che consiste nella diffusione di tale stato perfetto nel mondo esteriore. È la Massoneria che irradia di luce il mondo profano. Altri simboli dell'influenza delle forze spirituali sul mondo sono il triangolo rovesciato su un tratto di cerchio e le due teste d'aquila, queste ultime per indicare come tali forze siano dirette verso tutte le direzioni, allo stesso modo dell'aquila che si serve di entrambe le sue teste per volgere lo sguardo intorno a sé. È l'aquila del Conclave, del Concistoro e del Supremo Consiglio, cui va riferito il concetto di tale azione giusta e benefica, esercitata dai gradi della gerarchia scozzese nelle sue superiori assise" (LV, 1959, 131-132).

    Ci si perdoni la citazione, anche troppo lunga, ma s'è resa necessaria non soltanto per dare un'idea dei termini e dei segni sui quali si insiste di più nel simbolismo massonico, ma anche perché l'articolo, nella sua schematica precisione, mostra come sia stretta e serrata l'unione tra gli elementi materiali dell'uomo ed i significati simbolici del rito massonico.

    L'uomo è veramente lo sfondo del simbolo massonico, idea sempre presente nel simbolo, dalla quale tutte le altre traggono sviluppo e significato. Perciò, esaminando altre notevoli forme simboliche, abbastanza importanti per il nostro studio, vedremo che esse partono e prendono vita da qualche elemento del corpo umano e si riferiscono ad esso.

    Così chi voglia por mente ad altri simboli esistenti nel Tempio ed ai riti che vi si svolgono, troverebbe, per esempio, che "le due colonne del Tempio ricordano quelle del vestibolo del tempio di Salomone (I Re, VII, 21), l'una alla parte sinistra dell'entrata del Tempio dal nome "Bohaz;" che significa "la forza, la fermezza"; l'altra a destra dal nome "Jackin" che significa "la stabilità, che Dio l'ha fermata" (significato letterale delle parole) ... Questo binario fondamentale rappresenta il duplice aspetto del principio animatore di tutte "le cose: il Fuoco che si accende in tutti gli esseri e ne assicura la crescenza, lo sviluppo, la potenza, ed è raffigurato dalla colonna Bohaz; il Vento, cioè l'Aria che tutto avvolge e tutto circonda e tutto riceve nel suo seno, che dà la possibilità della vita universale, è raffigurata dalla colonna Jackin.

    Le due colonne compendiano i due essenziali principii dell'Universo secondo le dottrine esoteriche e secondo ogni filosofia vivente. La colonna B.°. è Agni dell'antichissimo culto vedico, l'Eterno Mascolino, l'Intelletto creatore, lo spirito puro; la colonna J.°. è Soma, l'Eterno Femminino, l'Anima del mondo o sostanza eterea, matrice di tutti i mondi visibili ed invisibili ad occhio umano, natura o materia sottile nelle sue infinite trasformazioni.

    Le proporzioni delle colonne del Tempio di Salomone quali ci sono tramandate dalla Bibbia conferiscono loro un aspetto fallico che le ravvicina a numerosi monumenti fenici consacrati al potere generatore maschile, ed il capitello terminantesi in calotta emisferica circondato da un doppio ordine di melagrane completa il simbolo della generazione" (GORMA, 51-52).

    Vediamo qui accennato quello che pare un dato irrinunciabile del simbolismo e della prassi massonica: il culto fallico. Come vedremo, non si tratta soltanto di simboli ed allegorie: si tratta di un ordine d'idee che può generare grossolane oscenità.

    Ci accingiamo perciò ad illustrare brevemente questo tratto del simbolismo massonico e ad accennare a qualcuna delle dichiarazioni e delle conseguenze più nefaste; può servire, infatti, a delineare, meglio che mille discorsi, la mentalità e la moralità massoniche.

    Le due Colonne sono il simbolo della Vita: "L'equilibrio umano ha bisogno di due piedi, i mondi gravitano su due forze, la generazione esige due sessi. Tale è il significato dell'Arcano di Salomone, figurato dalle due colonne del tempio" (Eliphas Levi).

    "Alle due colonne sono strettamente legate le parole sacre dei due primi gradi massonici" (GORMA, 53-54).

    Questa corrispondenza tra le colonne del Tempio, le due lettere e le parole in esse scritte, è significativa. Gorel Porciatti cita quindi (GORMA, 54, nota 15) come "buona e copiosa fonte" l'opera del Reghini, "uno dei pochissimi lavori italiani attinenti alla Massoneria che meriti l'attenzione dello studioso",

    Il Reghini, infatti, nella sua opera: "Le parole sacre e di passo dei primi tre gradi ed il massimo mistero massonico - Studio critico ed iniziatico", (Todi, Atanòr, 1922, alla pag. 102 - v. Tav. II), ci dà un elenco meticoloso dei vari significati delle parole Bohaz e Jakin,

    Per chi non sapesse il greco, Reghini mette la nota (1): "Le Cteïs c'est la maison du fallus", dice E. Levi, "Dogme de la Haute Magie", pag. 125".

    Questo francese, fin troppo chiaro, ci viene ulteriormente spiegato nel volume: "Le basi spirituali (sic!! - N.d.A.) della Massoneria Universale", riferendosi sempre al simbolismo ideografico ed alla corrispondenza fallica: "VITA, in egizio ANKH, in ebraico EVE - La Madre dei Viventi - (cioè di coloro che vivono e non di coloro che sono vissuti e morti!) è lo stesso di MARIA, in ebraico MYRIAM; e che Venere, non la Dea dell'Amore, ma la ... FORMA o UTERO FEMMINILE, soprannominata MIRIONIMA (dai diecimila nomi) sono le stesse cose.

    È la triplice affermazione d'uno stesso PASSIVO su cui deve agire il maschile JOD CABALISTICO per ... Qui faccio punto.

    ... e taccio, perché effettivamente, l'intuizione esatta della Verità occultata maldestramente sotto un tenue velo potrebbe portare all'applicazione pratica ... Ed io non so che cosa possa poi nascere: si potrebbe svegliare nel Fratello lettore un benevolo Nume (e questo è Bene), ma si potrebbe svegliare anche un bruto (e questo è il Male). Ed io non voglio fare il male, ma solo il Bene.

    ... credimi, l'ho fatto PER LA TUA SALUTE, non quella dell'anima - di cui hanno il monopolio i preti - ma per tenermi terra terra, di quella del corpo". (LIBSM, 59-60 - maiuscolato e corsivo nel testo).

    Non è facile comprendere il perché della ristampa anastatica fatta nel 1968. dalla Casa Editrice massonica "Atanòr", del libro stampato nel 1926 da P. Piobb: "Venere la magica dea della carne", un'opera "di sì grande importanza" perché "sintesi completa della religione di Venere" (pag. 1).

    In mezzo a tanta colluvie di pubblicazioni pornografiche, oggi così sfacciatamente abbondante, era proprio il caso di ripubblicare quest'opera? A quale scopo? Che non sia quello di dare una giustificazione di un presunto diritto, al fatto di questa immoralità dilagante?

    Ci torna, tanto malinconicamente, alla memoria, la lettera di Vindice a Nubius, scritta da Castellammare il 9 agosto 1838, nella quale svolge la teoria della Alta Vendita Carbonara romana: "Il cattolicismo, meno ancora della Monarchia, non teme la punta d'uno stile; ma queste due basi dell'ordine sociale possono cadere sotto il peso della corruzione. Non stanchiamoci dunque mai di corrompere. Tertulliano diceva con ragione che il sangue dei martiri era seme di cristiani. Or è deciso nei nostri consigli che noi non vogliamo più cristiani: dunque non facciamo dei martiri; ma popolarizziamo il vizio nelle moltitudini. Che lo respirino coi cinque sensi, che lo bevano, che se ne saturino; e questa terra, dove l'Aretino ha seminato, è sempre disposta a ricevere osceni e lubrici insegnamenti. Fate dei cuori viziosi e voi non avrete più cattolici. Allontanate il prete dal lavoro, dall'altare e dalla virtù: cercate destramente di occupare altrove i suoi pensieri e il suo tempo. Rendetelo ozioso, ghiottone e patriotta, egli diventerà ambizioso, intrigante e perverso...

    Noi abbiamo intrapresa la corruzione in grande; la corruzione del popolo per mezzo del clero, e del clero per mezzo nostro, la corruzione che deve condurci al seppellimento della Chiesa. Uno dei nostri amici, giorni sono, rideva filosoficamente dei nostri progetti e diceva: "Per abbattere il cattolicismo bisogna prima sopprimere la donna". Questa frase è vera in un senso, ma poiché non possiamo sopprimere la donna, corrompiamola insieme colla Chiesa. ... Lo scopo è assai bello per tentare uomini come noi; non discostiamocene per correr dietro a qualche miserabile soddisfazione di vendetta personale. Il miglior pugnale per assassinare la Chiesa e colpirla nel cuore, è la corruzione. Dunque all'opera sino al termine!" (DLPO, I, 611).

    È quanto, con meno retorica, asseriva Leone XIII nell'Enciclica "Humanum genus" del 20 aprile 1884: "... esagerando le forze e l'eccellenza della natura, e collocando in lei il principio e la norma unica della giustizia, (i Massoni) non sanno più concepire che, a frenare i moti e moderarne gli appetiti, ci vogliono sforzi continui e somma costanza. E questa è la ragione, per cui vediamo offerte pubblicamente alle passioni tante attrattive: giornali e periodici senza freno e senza pudore; rappresentazioni teatrali oltre ogni dire disoneste; arti coltivate secondo i principii di uno sfacciato verismo; con raffinate invenzioni promosso il molle e delicato vivere; insomma cercate avidamente tutte le lusinghe capaci di sedurre e addormentare la virtù. Ed a conferma di ciò che abbiamo detto può servire un fatto più strano a dirsi, che a credersi. Imperocché gli uomini scaltriti ed accorti non trovando anime più docilmente servili di quelle già dome e fiaccate dalla tirannide delle passioni, vi fu nella setta massonica chi disse aperto e propose, doversi con ogni arte ed accorgimento tirare le moltitudini a satollarsi di licenza: così le si avrebbero poi docile strumento ad ogni più audace disegno" (In CC, s. XII, vol. 6, 273-274).

    Ritornando sull'argomento, lo stesso Papa nella Lettera al Popolo Italiano "Custodi di quella fede" dell'8 dicembre 1892, scriveva: "Senza esagerare la potenza massonica attribuendo all'azione diretta e immediata di lei tutti i mali che nell'ordine religioso presentemente ci travagliano, ... vi si sente il suo spirito; quello spirito ... nemico implacabile di Cristo e della sua Chiesa...

    Dalle rovine religiose alle sociali brevissima è la via. Non più sollevato alle speranze e agli amori celesti il cuore dell'uomo, capace e bisognoso dell'infinito, gittasi con ardore insaziabile sui beni della terra; ed ecco necessariamente, inevitabilmente una lotta perpetua di passioni avide di godere, di arricchire, di salire, e quindi una larga ed inesausta sorgente di rancori, di scissure, di corruttele, di delitti. Nella nostra Italia morali e sociali disordini non mancavano certo anche prima delle presenti vicende; ma che doloroso spettacolo non ci porge essa ai dì nostri! Nelle famiglie è assai menomato quell'amoroso rispetto che forma le domestiche armonie: l'autorità paterna è troppo sovente sconosciuta e dai figli e dai genitori; i dissidii sono frequenti, i divorzi non rari. Nelle città crescono ogni dì le discordie civili, le ire astiose tra i varii ordini della cittadinanza, lo sfrenamento delle generazioni novelle che cresciute all'aura di malintesa libertà non rispettano più nulla né in alto né in basso, gl'incitamenti al vizio, i delitti precoci, i pubblici scandali. ... L'ordine sociale infine è generalmente scalzato nelle sue fondamenta. Libri e giornali, scuole e cattedre, circoli e teatri, monumenti e discorsi politici, fotografie e arti belle, tutto cospira a pervertire le menti e corrompere i cuori. Intanto i popoli oppressi e ammiseriti fremono; le sette anarchiche si agitano; le classi operaie levano il capo e vanno a ingrossare le file del socialismo, del comunismo, dell'anarchia; i caratteri si fiaccano, e tante anime non sapendo più né degnamente patire, né virilmente redimersi dai patimenti, abbandonano da se stesse, col suicidio, codardamente la vita". (In CC, s. XV, vol. 5, 11 e 12-13).

    E Leone XIII continua: "Cerca (la Massoneria) di lacerare l'unità cattolica, seminando nel clero stesso zizzania, suscitando contese, fomentando discordie, aizzando gli animi all'insubordinazione, alla rivolta...". (In CC, s. XV, vol. 5, 16-17).

    Sempre ricordando il saggio avvertimento del detto Papa di non attribuire "all'azione diretta e immediata" della Massoneria tutti i mali che oggi ci travagliano, non potremmo forse chiamare "profetici" i documenti pontifici citati e dire che i fatti segnalati allora, oggi assai più gravi perché più facilmente divulgati, avvengono o con essa o non senza di essa? Ricordiamo il già citato P. Berteloot: "Quale la filosofia, tale la morale: ordinariamente vanno insieme" (BEFMEC, 1, 67).

    Ma torniamo, purtroppo, all'argomento che stavamo trattando.

    L'insistenza con cui gli organi della generazione danno vita, nel complesso simbolismo massonico, a sensi e significati figurati e ad espressioni falliche, è dottrina antica e nuova, sempre la stessa.

    Il P. Giuseppe Oreglia di Santo Stefano s.j. pubblicava, nel 1874, il Rituale massonico del 30° Grado, edito segretissimamente a Napoli, nel 1869 (RM, 7). A proposito delle parole sacre del 1° e 2° Grado, dice nella nota a pag. 15 che "per curiosità dei nostri lettori, non vogliamo privarli di una nostra osservazione fatta da noi (Domenico Angherà) nell'isola di Malta in tempo del nostro tredicenne esilio. Assistendo noi ai lavori massonici che si celebravano in quell'isola, e vedendo le iniziali B e J delle parole sacre dei due primi gradi simbolici cioè Booz e Jackin, leggendo per azzardo all'uso arabo le due dette parole, cioè leggendole al rovescio da destra a sinistra, si ebbero le parole Zoob e Nikai. Presso i Maltesi che parlano un linguaggio arabo corrotto sono queste due parole quelle per cui si esprimono..." etc.: cioè due parole turpi. E il signor Angherà pensa che quello sia il vero senso delle due parole sacre massoniche. Ma non lo rivela che nel Rituale del 30° grado; dove ogni velo, ed anche quello del pudore, "deve cadere" (RM, 100 - corsivo nel testo).

    Proprio come dice il Ceschina, sopra citato nel 1959 (v. Tav. 1): "Più in basso una spessa tenda nasconde i misteri della generazione, che solo i Kadosch possono scoprire" (LV, 1959, 132). I Kadosch, cioè i puri, che stanno al 30° Grado della gerarchia massonica, loro soli, i prodigiosi cavalieri purissimi, senza macchia e senza paura, possono darci il significato di quella croce segnata nel punto focale dello stretto perizoma che, in ogni caso, suggerisce sempre torbide relazioni tra i misteri religiosi e gli stimoli del sesso (v. IL REGNO, Bologna, maggio 1960, 4).

    Quello che, con discreto riserbo, accennava il P. Oreglia di Santo Stefano s.j. ci viene esplicitamente detto da Roberto Ascarelli, ebreo e quindi competente nella lingua ebraica, Presidente della Gran Loggia d'Italia di Rito Simbolico Italiano, in un volume di suoi "Scritti e discorsi" pubblicato nel 1971: "Il mondo, per il suo futuro, e cioè nella sua eternità, ha bisogno di procreare. Il "Iod" ebraico, che corrisponde grosso modo all'J di Jachin, è il simbolo del sesso maschile; il "Bed", che corrisponde grosso modo al B di Booz, corrisponde al simbolo femminile, perché Bed significa casa, da cui l'idea di ricettacolo, caverna. utero.

    Se vogliamo ancora una curiosa conferma magica di questa interpretazione e teniamo presenti unicamente le consonanti, ben sapendo che in ebraico non si scrivono le vocali, e scriviamo Jachin con un "caph" (c duro) e un "nun", e leggiamo a viceversa, troviamo che il nun ed il caph sono il segno scritto del coito e della copula, mentre scrivendo il Bed (b) e il Zain (z) e li leggiamo a viceversa, abbiamo il segno scritto dell'organo fecondatore, il fallo (il leggere al contrario è comune dell'interpretazione magica cabalistica) (pag. 132 - corsivo nostro).

    Dato il significato così pregnante che assumono gli organi della generazione nel sistema massonico, non sarà inutile ricordare quanto abbiamo accennato più sopra, e cioè che il Convento di Losanna, nel 1875, volle sostituire al nome di Dio l'espressione "Principio Creatore".

    Alberto Pike "storico ed esegeta del Rito Scozzese Antico ed Accettato, Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio del 33° Grado per la Giurisdizione Sud degli Stati Uniti d'America, che i clericali di tutto il mondo ritennero di diminuire chiamandolo il Papa della Massoneria, mentre Egli della Massoneria, fu, in verità, uno dei più benemeriti ed eletti Fratelli" (ACMA, 1947, ante 145), emanò, da Charleston, il 20 marzo 1876, un Decreto che il Bacci chiamava "il manifesto fatale" (RIMA, 1 sett. 1876, 2), nel quale, tra l'altro afferma: "Questa espressione "Principio Creatore" non è mica una frase nuova: dessa non è che un'antica parola rediviva. I numerosi e formidabili avversari della Massoneria diranno, e ne avranno il diritto, che il nostro principio creatore è identico al principio generatore degl'Indiani e degli Egiziani, e che potrebbe venir convenientemente simboleggiato, come anticamente era, col Linga, col Phallus, e col Priapo. Patha-Torè, dice MATTER nella sua Storia dello Gnosticismo, non è che un'altra modificazione del Phta. Sotto questa forma è PRINCIPIO CREATORE, o meglio PRINCIPIO GENERATORE. Questo Phta, questo Dio Phallico, tenendo il priapo in una mano, e brandendo con l'altra il flagello, era effettivamente il "Padre delle origini", il Principio Creatore degli antichi Egiziani". (RIMA, 1 sett. 1876, 4). Il P. Oreglia di S. Stefano, su "La Civiltà Cattolica", commentava: "Mi spiace dover dire che il Pike, da schietto americano, ci dà qui francamente la vera spiegazione del Dio creatore e dell'Architetto dell'Universo massonico, quale esso è inteso in tutti i Rituali della Massoneria scozzese ed in tutti i simboli delle Logge. E ciò è tanto vero che il ... signor deputato ed avvocato Mussi ... nella sua qualità di Membro attivo del Gran Consiglio della Massoneria romana di Via della Valle, stampò in un suo almanacco massonico di Milano appunto questa stessa spiegazione fallica del Principio creatore, dicendo che questa è la vera idea che i Massoni italiani si fanno di Dio e della creazione. Nel che concorda ... coll'Arciprete Angherà" (CC, X, 1, 108).

    Il quale Arciprete, a sua volta, non aveva dubbi in materia: "Il Grande Architetto dell'Universo significa la fecondità della natura: ed è un vocabolo convenzionale per significare il Dio-Universo. Universus versus unum. Quasi si avesse voluto significare un centro di gravità universale. Tutto nel mondo si produce per effetto della arcana e misteriosa potenza della generazione" (Voce Pelasga, 16 ag. 1876, 9).

    Il vecchio P. Oreglia di S. Stefano aveva ragione: che il Fallo fosse il "vero principio creatore per la Massoneria e avesse un posto d'onore nei riti delle Logge non è più un mistero.

    Nel già citato volume stampato fuori commercio, a Firenze, nel 1945, leggiamo: "Appunto all'equinozio di primavera ... i Rosacroce celebrano le loro agapi rituali, immolando l'agnello, ricordando la formula: "Ecco l'agnello di Dio", cioè l'immacolata Natura che "toglie i peccati del mondo". La rosa, il più delicato e più gentile degli emblemi massonici, fiore profumato di primavera, significa grazia, venustà, giovinezza.

    ... La rosa fu anche l'emblema della donna; siccome la croce simboleggiava anche la virtù generatrice del Sole, l'accoppiamento dei due simboli, la croce e la rosa, esprime in forma onesta e gentile, con discreta ed arcana figurazione, l'incessante riprodursi degli esseri...

    La rosa sopra la croce è anche il modo più semplice di scrivere il geroglifico "segreto dell'immortalità della vita nell'universo", cioè l'ultima e più recondita ed arcana conoscenza dei più alti misteri" (MASFI, 62 - corsivi nostri).

    Vediamo ora il Rituale: "Tutti i Fratelli (del Grado 18°, Principi di Rosa Croce) circondano la Pramantha. L'istrumento consiste in una croce di legno, a bracci disuguali, di 10 o 15 centimetri di spessore, e 20 o 25 centimetri di lunghezza, tagliata grossolanamente, e aventi l'apparenza di rami di un vecchio albero.

    Al centro della croce è un foro cilindrico coperto da un coperchio a forma di rosa.

    La Pramantha propriamente detta dovrebbe essere un cilindro di legno dolce di 8 o 10 centimetri di lunghezza adattantesi al foro della croce, cilindro che, col solo strofinamento, dovrebbe infiammarsi.

    Il Saggissimo toglie la Rosa Mistica, introduce la Pramantha nella croce e dice: I.°.N.°.R.°.I.°.

    "Il Saggissimo ritira la Pramantha accesa che tiene in mano" (FLR, 328).

    Il commento lo lasciamo al Gorel Porciatti per il quale questo rito darebbe una "sensazione tipicamente religiosa" provocata da qualcosa di misterioso quanto il segreto della sua origine, di misterioso e di potente quanto il simbolo della Croce, di quella Croce che "sin dal nascere della vita umana assunse una significazione di sconcertante potenza" (GORGS, 152).

    Preferiamo soffermarci, invece, sul significato, davvero "sconcertante", che la Massoneria crede di poter attribuire alla Croce. Seguiremo sempre il Gorel Porciatti, al quale non si può rimproverare di diffondersi poco: "... il Simbolo, nel riferimento astronomico, si richiama alla grande Croce Zodiacale di cui l'asse equinoziale corrisponde al momento in cui il Sole copre dei suoi raggi la costellazione della Vergine - astronomicamente "entra in Vergine" -, dopo di ché cede, per poi risorgere a nuova vita nel successivo solstizio. Da questo ravvicinamento, strettamente connesso alla già cennata "chiave del Nilo" il cui limo è prodigio di nuova vita, si ha ragione di credere sia nato il concetto della Croce Fallica, che, quale simbolo di principio fecondante era dai sacerdoti di Osiride esposto alle feste di Dio, per offrirlo alla venerazione del popolo" (GORGS, 163-164).

    Anche la Croce dunque, e purtroppo, è un elemento importantissimo del culto fallico, al quale i Massoni si dedicano senza risparmi di simboli e di parole. Vediamone partitamente i vari significati.

    "Tale Croce era costituita da un triplice fallo e si richiamava così ai tre elementi: Terra, Aria, Fuoco, uniti nell'elemento primitivo, l'Acqua, che era considerato quale origine delle cose" (GORGS, 164, nota 18). E ancora: "... il concetto fondamentale di rappresentazione della Vita, attribuito alla Croce, si trova ovunque decisamente affermato, non soltanto nella sua materialità ma pure nella sua forma trascendentale.

    Il tratto orizzontale, che richiama il senso di giacere, il principio passivo, è concordemente assegnato, nella metà di destra od in quella di sinistra, all'Acqua, al Caos generante, onde assume decisamente il carattere di Principio Femminile; il tratto verticale esprimerà, per contro, con la sua direzione ascendente, il concetto di virilità, di potere, assumendo così il carattere di Principio Maschile: l'uno di Capacità (produttiva), l'altro il Volere (creativo)" (GORGS, 166).

    Per meglio spiegare la "Rosa Croce", il Gorel Porciatti aggiunge: "... la Croce Egizia, la Croce Ansata ... indirettamente, si richiama a quella di questo Grado, attraverso ad un ravvicinamento simbolico con il Loto, sacro simbolo orientale, di cui la Rosa è la delicata paretra (? - N.d.A.) Occidentale. La corolla circolare del Loto si schiude su di uno stelo verticale che attraversa, "fora" il piano orizzontale delle Acque. Nel suo assieme costituisce il geroglifico della Croce Ansata (un'asta verticale cui si posa una orizzontale al cui centro è un cerchietto) che, nell'ermetismo egizio significa "chiave della Vita", spiegando così, con un facile simbolismo vegetale, lo "Ad Rosam per Crucem" cioè il pervenire all'Essenza per mezzo della Croce" (GORGS, 167).

    Non meno stupefacente è il significato che viene attribuito alle lettere I.N.R.I.

    Il significato di esse, alle estremità dei bracci, "dovrebbe essere Jesus Nazarenus Rex Judaeorum. La scuola filosofica invece la fa corrispondere alle quattro iniziali delle quattro parole ebraiche il cui significato intrinseco si riferisce ai quattro elementi; dalle iniziali trae il bellissimo aforisma: Igne Natura Renovatur Integra" (GORGS, 169- 170).

    I significati che si sono voluti attribuire alle quattro lettere (dato che "varie ragioni" consigliano "ad essere estremamente prudenti nell'attribuire ai Vangeli un certo valore storico", come molto spicciativamente (e senza cognizione di causa) dice il Gorel Porciatti (GORGS, 170, nota 23), sono svariati e quindi hanno dato vita a numerosi altri aforismi che egli ripartisce "in tre grandi categorie: mistico-gesuistico-cattolica, ermetico-alchimistica, filosofica" (GORGS, 177, nota 28).

    Chi avesse vaghezza di conoscerli tutti, non ha che da consultare il testo appena citato. Noi ci limitiamo ad accennare a perle come queste: IGNATII NATIONUM REGUMQUE INIMICI, cioè gli Ignaziani (i Gesuiti) sono i nemici delle Nazioni e dei Re, oppure: IGNE NITRUM RORIS INVENITUR, cioè con il fuoco si trova il nitro (azoto)!!

    Già il Luzio, del resto, aveva notato che "i minori gregari ... si gingillano co' simboli interpretati per loro ad usum Delphini". E cita, in nota: "Un esempio per tutti, datoci dal Preuss, cap. III. In alcune Logge di rito scozzese, al grado di Rosacroce si lavora con dinanzi un bel crocifisso e tanto d'INRI sovrapposto. Credete che si debba intender per tutti Jesus Nazarenus Rex Judaeorum? Sarebbe un'ingenuità il supporlo. Il Jesus ecc. serve unicamente pe' goccioloni che avessero scrupoli religioso-cristiani; ma per i più scaltriti c'è l'imbarazzo della scelta tra le interpretazioni eterodosse, putacaso queste: Igne Natura renovatur integra (naturalistica); Igne nitrum roris invenitur (alchimistica); Iustum necare reges impios (tirannicida); o un'altra interpretazione basata sulle iniziali di parole ebraiche, denotanti i 4 elementi" (LMR, I, 55, più nota 1).

    Ma il culto fallico massonico non si limita alle irriverenze, per non dire di più, compiute sulla Croce. I Massoni si dedicano ad un vero e proprio culto del fallo, fatto di cose concrete e non di simboli, fino ad ispirare ad esso una vera e propria morale e conformare a questa i propri comportamenti.

    Nel giuramento di 1° Grado, quello di Apprendista, è detto, fra l'altro: "Prometto e giuro di non attentare all'onore delle famiglie dei miei Fratelli" (FLR, 68). E per le ... altre? Ecco un commento della Rivista della Massoneria: "La Massoneria, per vivere, per prosperare e per essere utile a sé ed alla umanità per cui lavora, deve sopprimere il prete, insegnare la sana morale, senza disgiungerla dal soddisfacimento dei bisogni della natura, e libera affatto d'ogni ipocrisia larvata, proseguire guardinga ma sicura, il suo corso conquistatore. Potrà esser certa di aver vinto il prete, il giorno in cui sarà padrone della donna, e questo giorno, purtroppo è assai lontano. La donna è del prete e col prete, perché questi la compiange, la perdona, e ne liquida i peccati a un tanto il braccio quando gli si presenta al confessionario. Il prete perdona le scappatelle delle fanciulle; il prete perdona le infedeltà delle maritate; il prete consola le vedove; ed in santa emulazione col frate, ha una parola e un'opera per le attempate e le dimenticate!

    Noi invece, mentre desideriamo le mogli degli altri, mentre tendiamo reti alle sorelle ed alle figlie degli altri, vorremmo che le nostre mogli, figlie e sorelle, portassero un cartellino sulla fronte, ove fosse scritto: Guai a chi le tocca. Finché non daremo alle donne tutta la libertà e tutta l'istruzione possibile, finché non accorderemo loro perdono e tolleranza - giacché sono fatte come noi, ossa delle nostre ossa, e carne della nostra carne - le avremo sempre ossequienti e devote al prete, che in questo solo ha saputo seguire l'esempio del Cristo, il quale volle perdonato alla donna adultera ..." (RIMA, 15 febb. 1879, 43 - corsivo nel testo).

    Non proseguiamo con questo brano di prosa edificante, quando la Massoneria parlava chiaramente, dicendo pane al pane e vino al vino, perché il testo citato offre di per sé lo spunto e qualche breve commento. C'è da notare innanzi tutto con quale disprezzo la Massoneria tratta "il prete", il quale dovrebbe essere addirittura "soppresso"; ma questo è il solito tono e non fa meraviglia. Più notevole è l'acume col quale viene descritto l'atteggiamento del prete durante la confessione: perdono e buffetti a tutte, alle fanciulle un po' troppo vivaci, alle adultere, alle vedove e alle zitelle. Ecco perché "la donna è del prete e col prete"!!

    Cosa fanno frattanto i nostri buoni Massoni? Si limitano a desiderare le donne, anzi "le mogli degli altri", a tendere reti "alle sorelle ed alle figlie degli altri"; tuttavia, con bella mentalità sultanesca, vorrebbero che le proprie mogli, figlie e sorelle "portassero un cartellino sulla fronte ove fosse scritto: Guai a chi le tocca"!

    S'impone dunque la conclusione ai Massoni così addestrati alla loro logica: bisogna staccare le donne dai preti (forse per poter più facilmente tendere loro reti). E quale il toccasana? Accordare "tutta la libertà e tutta l'istruzione possibile" alle donne (degli altri, s'intende!), "perdono e tolleranza" ed altre affermazioni dello stesso calibro.

    Così, una volta inteso l'ordine d'idee in cui si muovono i Massoni in questa materia, non fanno più meraviglia certi fatti.

    Ferdinando Ghersi (1798-1866) che "può essere ritenuto il primo Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio d'Italia in Torino dal 10 agosto 1864" (MZZ, 78, n. 475), come risulta da una lettera di Ludovico Frapolli del 7 luglio 1871, "vecchio nonagenario viveva con una giovane donna del popolo avente dei figli" (BA, II, 312).

    Di Giuseppe Garibaldi (1807-1882), "Primo Libero Muratore d'Italia" (BAC, 269), Sovrano Gran Commendatore e Gran Maestro del Grande Oriente di Palermo (PAT, 11), su questo argomento non diciamo nulla perché... di Garibaldi non si può parlar male! Chi avesse voglia di erudirsi, in materia, non ha che da leggere l'opera di Giacomo Emilio Curatulo: Garibaldi e le donne, Roma, Imprimerie Polyglotte, 19-13.

    In una Memoria stampata su "Pietro Cilembrini e la R. Accademia Valdarnese del Poggio", letta in Montevarchi l'8 settembre 1889, leggiamo che questo sventurato (1817-1889), a 17 anni "già vestiva l'abito talare ... contro la propria vocazione, preferendo egli darsi alla medicina; ma il padre l'obbligò a farsi prete, forse a ciò indotto dai pochi mezzi e dalla facilità colla quale nella carriera ecclesiastica si raggiungeva a quel tempo un comodo stato" (pagg. 17-18). "Amò viaggiare fino a che gliel permisero le sue piccole rendite. ... Viaggiò sempre vestito da secolare, avendo un sacro orrore per la veste talare e per il tricorno ..." (pag. 43). Con decreto 24 maggio 1849, dopo la restaurazione, entrò in carica il Ministero Baldasseroni di cui faceva parte il senatore Leonida Landucci per l'interno. Trascriviamo quindi, testualmente, quanto dice la Memoria: "... il Landucci affettava un certo sentimento di benevolenza verso il nostro Pietro e, sotto la maschera del gentiluomo, lo invitava spesso alla sua villa sopra il Leccio. Il Cilembrini, quantunque conoscesse i veri sentimenti del senator Landucci verso di lui, pure vi andava, perché ... Perdonatemi voi specialmente, o signore gentili, se vi dico intiero il perché. Egli amava la conversazione delle donne belle; e dal ministro sembra che ve ne fossero a dovizia, compresa la moglie che era bellissima"; (pag. 27). Ora è documentato che il Cilembrini ebbe il diploma massonico di Maestro nella L. Amicizia di Livorno nel 1866 e poi, il 30 aprile 1867. veniva affiliato alla M. L. Capitolare Nuovo Campidoglio di Firenze.

    Non è da meno la Rivista della Massoneria nella quale può leggersi una commemorazione di Giovanni Pantaleo, (1832-1879), ex Frate Minore, "suocero del Gran Maestro Guido Laj" (ACMA, 1948, 142) e cappellano maggiore di Garibaldi. Dopo un'entusiastica tirata sulle doti del Nostro, nel tracciare con tono roboante qualche linea della vita di lui, così si esprime: "A Lione il nostro Pantaleo conobbe la sua Camilla della quale poco dopo (il 1870) fece la sua compagna, e si completò uomo!" (RIMA, 15-30 luglio 1879, 215). Non è chiaro se tale completamento fosse necessario per Fra Pantaleo, il quale non poteva considerarsi del tutto uomo prima di incontrare la Camilla e se siano indispensabili certe conoscenze per chiunque voglia chiamarsi uomo. Tuttavia le espressioni rivelano una chiara mentalità.

    Un altro esempio: abbiamo qui, dinanzi a noi, un gruppo di 23 lettere autografe di Andrea Costa (1851-1910), Fratello attivo della Loggia Rienzi e dell'Areopago di Roma (ACMA, 1950, 1-2), tra i fondatori del Partito Socialista. Sono lunghe lettere, dirette al Sen. Giacomo Ferri, dall'agosto 1906 all'agosto 1908, di carattere familiare, riguardanti litigi e la separazione dalla moglie Angelina a causa di un'amante che il Costa aveva a Bologna e non voleva piantare.

    Sentiamo venire spontanea un'obiezione: "Ma queste cose succedono anche nelle ... migliori famiglie cattoliche". Purtroppo è vero, ma non certamente in forza della morale cattolica!

    Però non ci si venga a dire: "Sta di fatto che in poche famiglie, come in quelle dei Massoni, la moralità e la religiosità permeano ogni contatto e sono fonte quotidiana di insegnamento ed istruzione" (RIMA, 1970, 105 - corsivo nostro). Tutto sta ad intendersi come siano concepite la moralità e la religiosità, come abbiamo già visto.

    Difatti, nella Massoneria, lo stesso simbolismo fallico si ritrova in quello che può chiamarsi il suo stemma: la lettera G nel centro della stella fiammeggiante a cinque punte.

    Per il Gorel Porciatti non sembra esservi alcun dubbio sulle relazioni tra il simbolismo fallico e la suddetta G: "Nel Pentagramma, che figura soltanto al secondo poi al terzo grado la cosa è diversa: nel secondo siamo nel regno della Natura che geometrizza tutto, quindi il solo significato della G è Geometria così come indica il nostro rituale; nel terzo grado, i Misteri della Natura vengono approfonditi e viene raggiunta la certezza che in essa nulla si crea ma che tutto si genera, epperciò ... il significato della G è Generazione.

    Concludiamo perciò che in seno al Pentagramma la lettera G significa Geometria per i Compagni e Generazione per i Maestri che sanno come dalla morte venga la vita, come il seme che muore generi la pianta che nasce" (GORMA, 114).

    Ci sia permesso riportare sull'argomento, in una nostra traduzione, un giudizio di Mons. Juin "prelato stimato e di gran cuore" (MELFS. 257) che, nel 1912, aveva fondata la Rivista internazionale delle società segrete, "la più seria" (MELFS, 257) tra quelle comparse in quel torno di tempo. In un interessantissimo articolo su Lourdes e la massoneria del tempo, Mons. Juin dice: "La lettera G nel centro della stella fiammeggiante a cinque punte, conferma col suo triplice significato i princìpi e lo scopo di questa società segreta, chiamata giustamente l'Anti-Chiesa (= La Contre-Eglise) da uno dei suoi più ferventi adepti, il Fr. Limousin". (RISS, 7 giugno 1925, 396).

    Trascriviamo il testo intero dell'articolo di M. C. Limousin: "La Massoneria, Chiesa dell'eresia": "La M(assoneria) è una associazione - una istituzione ... Non è così; è più di così. Solleviamo tutti i veli anche a rischio di provocare delle proteste. La M(assoneria) è una chiesa: la Anti-Chiesa, l'anticattolicismo, l'altra Chiesa, la Chiesa della eresia, del libero pensiero - poiché la Chiesa cattolica è considerata come la Chiesa tipo, la prima, quella del dogmatismo e dell'ortodossia". (AC, dic. 1913, 201).

    Continua Mons. Juin: "Questa G significa anzitutto God, la divinità esclusa da questo mondo con la rottura d'ogni rapporto confessionale e d'ogni dipendenza tra Dio e l'uomo: è la soppressione dell'ordine soprannaturale con la necessaria conseguenza del rovesciamento dell'autorità. Dunque la G irreligiosa della Massoneria porta fatalmente all'anarchia con tutte le sue rovine.

    Questa G massonica significa poi Geometria: la scienza che sbocca nella divinizzazione pagana dell'uomo o nel "superuomo" della cultura tedesca. L'uomo non è più quel che Dio l'ha fatto con la Creazione e la Redenzione: si tratta della soppressione dello stato soprannaturale con la necessaria conseguenza dell'instabilità d'un ordine sociale nel quale la lotta per la vita diventa egoisticamente l'unica regola delle azioni umane ed il fermento di continue rivoluzioni, nascosto sotto il nome fallace di uguaglianza e di fratellanza: chi potrà contare le rovine accumulate, sotto questo punto di vista, dalla Massoneria in due secoli?

    Finalmente, questa G significa Generazione, cioè i simboli e gli atti dei culti fallici dell'antichità, l'umanità scesa nel fango, nel regno inferiore della scimmia che reputa sua antenata; donde la soppressione della vita soprannaturale". (RISS, 7 giugno 1925, 396-397).

    Tuttavia le notazioni sulla stella fiammeggiante massonica non si esauriscono nella considerazione della grande importanza che assume nella simbologia e nell'accertato significato fallico che ha assunto la G che vi campeggia nel mezzo, perché va ancora notato come il simbolo della stella fiammeggiante è ispirato, come gran parte della simbolica massonica, al corpo umano, come nel Ceschina già citato.

    Nel caso nostro, le cinque punte della stella corrispondono alla testa ed alle quattro estremità dell'uomo, come spiega il Gorel Porciatti: "La Stella Fiammeggiante che appare al Compagno vincitore delle attrattive terrene è la stella del Genio Umano; ha cinque punte che corrispondono alla testa ed alle quattro estremità dell'Uomo; è la Stella del Microcosmo che in Magia impersonifica il segno della Volontà Sovrana cioè dell'irresistibile mezzo di azione dell'Iniziato.

    Per avere questo valore essa deve essere tracciata in guisa da potervisi inscrivere una figura umana; deve cioè avere una punta in alto (v. Tav. III). Se rovesciata essa assume un senso diametralmente opposto, non è più il Pentalfa, la Stella dei Magi, l'emblema della libertà acquisita allo spirito che domina la materia, ma diventa il simbolo dell'animalità degli istinti immondi; in essa, così rovesciata, si può inscrivere la testa di un Becco" (v. Tav. IV).

    "Nei Catechismi massonici del (secondo) grado alla domanda rivolta al Compagno: - Sei tu tale? - questi risponde - Conosco la Stella Fiammeggiante. La risposta è un poema che racchiude la visione cui ha fatto cenno" (GORMA, 112).

    Un ultimo particolare, che vale la pena di notare, è quello relativo alla prescrizione delle "stellette" sul bavero delle divise militari italiane. Si ispirano esse alla simbologia massonica, come sostenevano i vecchi "clericali", oppure l'adozione delle stellette ha altri significati che nulla hanno a che vedere con la Massoneria?

    Le stellette a cinque punte furono prescritte nel 1871, con una serie di provvedimenti diligentemente rievocati dalla rivista "Storia illustrata" (maggio 1966, 4). Per l'autore della citata pubblicazione, che rispondeva alla domanda se le stellette avessero relazione con lo "Stellone" e se questo è il "simbolo della Nazione", non è ravvisabile alcun collegamento: "Circa l'origine, si ritiene che la scelta della "stella" non abbia un particolare significato. ... Una donna formosa, con una stella in fronte o sulla corona portata sul capo, era comune nelle figurazioni dell'Italia nell'800. È naturale che quella stella, che, per essere generalmente vistosa suggerì il vocabolo "stellone", sia assurta a simbolo delle fortune d'Italia. Troviamo la "stella" anche nello stemma della Repubblica. Possiamo quindi riconoscere, in questo segno di uso ormai centenario, un "simbolo" della continuità della Nazione" (STIL, l. c.).

    Che le stellette dei nostri soldati non abbiano alcun "particolare significato", non ci pare, tuttavia, del tutto pacifico. Intanto è bene notare che le varie prescrizioni delle stellette furono emesse quando era Ministro della Guerra il Gen. Cesare Ricotti-Magnani. L'Esposito conferma che il Ricotti-Magnani era Massone. Aveva, infatti, soppresso i Cappellani Militari, la Messa festiva e "sostituì la croce di Savoia con la stella massonica nelle uniformi dell'esercito" (ESPOSI, 273).

    Certamente qualche dubbio può sorgere, per quanto non decisivo, se si pensa al significato che, già prima del 1871, aveva assunto la parola "stellone". Alfredo Panzini, nel suo "Dizionario Moderno" (1950, pag. 663), alla voce "Stellone", dice: "Lo stellone d'Italia, cioè la meravigliosa fortuna che assistette l'Italia nella storia del suo Risorgimento. Si dice anche: Speriamo nello stellone!, cioè nella fortuna della Patria; e si suole dire quando non si trovano argomenti più validi a bene sperare. Risale alle figurazioni simboliche dell'Italia sormontata dalla stella di Venere (De Mattei)".

    Il deciso parere che le "stellette" siano un "regalo massonico", è chiaramente espresso dalla Sorella Maria Rygier, del "Diritto Umano" nel suo volume: "La Massoneria Italiana di fronte alla guerra e di fronte al fascismo" (Paris, Gloton, 1930).

    Citiamo, in una nostra traduzione: la Massoneria "ha dato all'Italia il suo tesoro più prezioso: il pentagramma sacro, ed ha voluto che la stella fiammeggiante fosse messa in mostra sull'uniforme dei soldati, indubbiamente perché la virtù magica del sangue, versato per la Patria, vitalizzasse l'augusto pentacolo" (RYMI, 32).

    Perché, "in materia tanto grave", la sua "interpretazione personale potrebbe sembrare insufficiente", si riferisce "all'alta competenza massonica del Fr. Giosuè Carducci" del quale cita alcuni versi della poesia "Scoglio di Quarto": "... in quel vespero / del cinque maggio ... / E tu ridevi, stella di Venere, / stella d'Italia ... /". E poi commenta: "I competenti di scienze esoteriche sanno benissimo che la Stella di Venere, detta anche Stella di Lucifero, quando sorge al mattino, è, precisamente, la Stella delle Iniziazioni. È proprio quella che ... brilla sulla fronte degli Adepti, nell'ora della suprema Illuminazione, della liberazione indicibile.

    È l'anima stessa dell'Italia che sembra racchiusa, da una congiura potente, in questa Stella, che i nostri pittori e scultori mettono sulla testa dei simulacri della Patria; che, in pieno regime fascista, è illuminata, nei giorni di festa, sulle facciate o le sommità degli edifici pubblici, più in alto che i fasci littori; ma che nessun civile, sia donna che ragazzo, ha il diritto di mettere sul suo vestito" (RYMI, 32).

    E ancora: "L'Italia infatti circonda d'un rispetto tanto geloso, d'una volontà di possesso tanto esclusiva, il sacro pentagramma, che, quando, nel 1918, formò le legioni straniere con prigionieri cechi, polacchi o rumeni che domandavano di combattere sotto le sue bandiere, essa permise loro di scegliere quel corpo scelto che desideravano ma rifiutò loro le stellette, che solo i suoi figli hanno il privilegio di bagnare col proprio sangue" (RYMI, 33).

    Curiosa anche la notizia che la Rygier fornisce sulla "Milizia" fascista: "Abbiamo affermato che il pentagramma è il segno caratteristico dei soldati in Italia. C'è tuttavia un'eccezione, una sola, che però conferma la regola: la "milizia" fascista non porta le stellette.

    Mussolini ha profanato la maggior parte dei simboli cari all'Italia: anche il segno del braccio teso, che egli, nella sua ignoranza, ha preso per il "saluto romano", e che era invece il gesto del giuramento tra i Quiriti; quel gesto che eravamo tanto felici di fare, prima della "marcia su Roma", in onore della bandiera nazionale, al passaggio dei reggimenti, perché solo i colori della Patria possono essere salutati con un gesto che conferma la promessa di fedeltà.

    Qual mai potenza misteriosa ha trattenuto il "Duce", all'inizio del 1923, quando le "camicie nere" ricevettero uno statuto legale e furono assimilate agli altri corpi militarizzati, di dare alle sue brigate di assassini e di ladri, la Stella a cinque punte, conosciuta non solamente dai Massoni, ma da tutti gli iniziati, in Oriente come in Occidente?

    Non m'incaricherò di rispondere a questa domanda. Mi limito solo a notare il fatto ed a rallegrarmi che un grande infortunio sia stato risparmiato all'Italia: quello d'esser causa, perché aveva adottato il pentacolo dei Magi per suo emblema nazionale, d'una profanazione ben più imperdonabile di tante altre" (RYMI, 34).

    Un'altra informazione data dalla Rygier riguarda le elezioni che avrebbero poi portato alla dittatura: "Il 6 aprile precedente" (1924), la Massoneria aveva dato il suo appoggio "discreto" alle candidature antifasciste, soprattutto a quelle dell'opposizione liberale. Quest'ultima aveva anche voluto ornarsi d'un emblema rivelatore dei suoi legami con la Massoneria. Siccome la legge italiana prescriveva che le schede elettorali d'ogni partito portassero un disegno simbolico, affinché gli elettori illetterati potessero facilmente distinguerli dalle liste concorrenti, la democrazia liberale del Sud, che riconosceva come suo capo il Fr. Amendola, adottò come segno rappresentativo la Stella a cinque punte, cosa che aveva numerosi precedenti nelle passate battaglie elettorali. La democrazia liberale del Nord, raggruppata intorno all'ex presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi, fu ancora più audace: prese apertamente per insegna la Stella fiammeggiante, che mai fino allora era apparsa in Italia su stampe destinate a profani" (RYMI, 259-260).
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    CONCLUSIONE

    Vogliamo chiudere questa monografia, come l'abbiamo aperta, con un'altra citazione dell'allora Gran Maestro Giordano Gamberini, nella prefazione all'opuscolo celebrativo del primo centenario della Loggia Sabazia, a Savona, il 15 giugno 1969:
    "La Massoneria ha un solo modo di vincere: quando il mondo profano accoglie i suoi princìpi, quando questi divengono patrimonio definitivo e inalienabile dell'intera umanità, quando anche gli avversari si contraddicono e li professano come propri" (MASSV, 5 - corsivo nostro).

    Vorremmo che quanto abbiamo scritto servisse a mettere in guardia tanti, anche cattolici che, sprovvedutamente, esaltano e reclamizzano certe idee, anche buone, ma fatte proprie dalla Massoneria solo per il raggiungimento dei suoi scopi.

    A contestare questa reclamizzazione vengono citate le parole di Paolo VI, nell'Enciclica "Ecclesiam suam" del 6 agosto 1964:
    "La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio" (n. 67). "Nessuno è estraneo al suo cuore. ... Nessuno le è nemico che non voglia egli stesso esserlo" (n. 98).

    Ma non vediamo citate le altre parole:
    "La sollecitudine di accostare i Fratelli non deve tradursi in una attenuazione, in una diminuzione della verità. Il nostro dialogo non può essere una debolezza rispetto all'impegno verso la nostra fede. L'apostolato non può transigere con un compromesso ambiguo rispetto ai princìpi di pensiero e di azione che devono qualificare la nostra professione cristiana. L'irenismo e il sincretismo sono in fondo forme di scetticismo rispetto alla forza e al contenuto della Parola di Dio, che vogliamo predicare" (n. 91). "Solo chi è pienamente fedele alla dottrina di Cristo può essere efficacemente apostolo. E solo chi vive in pienezza la vocazione cristiana può essere immunizzato dal contagio di errori con cui viene a contatto" (n. 92).

    Insomma, in parole povere, nostre, quello che occorre sempre, ma specialmente oggi, sono i princìpi chiari e precisi, con tanto amore per tutti; senza nessuna "chiusura" prefabbricata, ma anche senza "aperture" imprudenti con "dialoghi" che sono nient'altro che abbassamenti di... bandiera, per non usare la frase di Perpetua che ci stava per uscire dalla penna (Pr. Sp. c. 1).

    Certe realizzazioni massoniche vengono aiutate proprio da tanti, anche cattolici, almeno così si dicono, che non tengono conto della "filigrana" sulla quale sono impresse, col bel risultato che, così, aiutano la Massoneria a ... vincere!

    Il trionfo definitivo sarà, certamente, quello di Cristo e della sua Chiesa, come ci ha promesso il Signore: "Le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa" (Mt. 16, 18).

    Ma sarebbe troppo comodo dormire e lasciar fare tutto a Dio. La nostra cooperazione volenterosa sarà sempre necessaria e meritoria.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    All'indice dei materiali sulla massoneria
    Alleanza Cattolica
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    Saggio tratto da: CESNUR. CENTRO STUDI SULLE NUOVE RELIGIONI, Massoneria e religioni, a cura di Massimo Introvigne, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1994, (pubblicato per gentile concessione dell'Editore).



    La massoneria nei documenti del Magistero della Chiesa cattolica

    Giovanni Cantoni



    Nel 1974 si spegneva a Firenze padre Florido Giantulli S.J., nato a Rieti nel 1906 (1), che mi è stato guida nella vita della Chiesa e nella conoscenza della massoneria. Il padre paolino Rosario F. Esposito — dopo aver riconosciuto essere "la [sua] documentazione [...] sempre ricca e a volte rara" (2) — lo definisce epigono "[...] dell’antimassoneria patologica classica" (3), "avverso a ogni tipo di apertura e a coloro che vi tendono" (4), e lo dà come "deceduto [...] pochi giorni prima che la notizia della caduta della scomunica [sic] del 19-7-1974 divenisse di pubblica ragione" (5). A vent’anni dalla scomparsa lo ricordo dedicandogli una sintetica ricognizione storico-dottrinale sulla massoneria nei documenti del Magistero della Chiesa.

    * * *
    Nel 1993 è caduto il decimo anniversario della pubblicazione dell’ultimo documento ufficiale ed esplicito della Santa Sede sulla massoneria, appunto la Dichiarazione sulla massoneria, emessa dalla Congregazione per la Dottrina della Fede con la specifica approvazione del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II e con la data del 26 novembre 1983 (6).

    Il trascorso decennale offre occasione opportuna e felice per rivisitare, sia pure brevemente, il Magistero ecclesiastico in argomento, in questo modo offrendo qualche risposta anche ai quesiti che la cronaca culturale e politica, quando non quella giudiziaria, con frequenza maggiore o minore, spinge a formulare in proposito e che di rado vengono adeguatamente soddisfatti.





    1. La fondazione della massoneria nel 1717 e la sua prima condanna nel 1738

    Il 28 aprile 1738 Papa Clemente XII pubblica la lettera apostolica In eminenti apostolatus specula, il primo documento pontificio di condanna delle associazioni massoniche (7), la cui data di nascita pare si possa fissare nel 1717, al dire, fra altri, del professor Giordano Gamberini, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1961 al 1970: l’ex alto dignitario massonico, protestante di denominazione valdese nonché a suo tempo vescovo della Chiesa Gnostica Italiana, pur riconoscendo che "varie strutture che ad essa [alla massoneria] fanno capo non mancano di ispirarsi a miti e a dottrine dell’antichità", afferma che "la Massoneria quale oggi si intende non è più remota di tre secoli", e ne definisce la ragion d’essere, quindi l’orizzonte, dicendo che "si è organizzata per rispondere a quelle esigenze di universalità che il mondo occidentale si era visto mortificare con lo spegnimento dell’idea imperiale e col frantumamento della religione cristiana", "ossia, per offrire un’etica universale in luogo di quella perdutasi poiché era stata fondata su una fede universale di cui era venuta a mancare l’unità" (8).

    Dunque, a seguito del frantumarsi dell’ecumene cattolico costituito dalla civiltà cristiana romano-germanica — consuetamente indicata come civiltà medioevale o "Medioevo" —, il 24 giugno 1717, a Londra, con l’intento di promuovere un "ecumenismo" surrogatorio e alternativo nasce la massoneria come corpo regolare, vale a dire come organizzazione delle logge, e nel 1723 riceve le sue Costituzioni dal pastore presbiteriano James Anderson (9). Già poco più di vent’anni dopo il prender corpo della fermentazione "filosofica" tardo-medioevale, umanistico-rinascimentale e proto-illuministica — ma non tutti i collegamenti talora pretesi dalla cultura di area massonica sono veri —, la Santa Sede, con una tempestività straordinaria per rapporto ai tempi, ritiene di dover mettere in guardia contro tale organizzazione, e questa messa in guardia è contenuta nella lettera apostolica In eminenti apostolatus specula.

    A partire da questo documento di condanna e di diffida, il tema massonico ha costituito esplicita materia di circa seicento — sembra siano precisamente 586 (10) — interventi magisteriali da parte dei Romani Pontefici. Tali interventi sono stati sia diretti — cioè si sono tradotti in costituzioni, in encicliche, in bolle, e così via —, sia indiretti, cioè si sono realizzati attraverso istanze della Santa Sede e strumenti a diverso titolo impegnativi dell’autorità dei Papi. Agli interventi pontifici si sono poi accompagnate innumerevoli espressioni di magistero episcopale — delle quali, a mia scienza, non esiste catalogo —, a firma di un solo presule o di un gruppo di vescovi. Inoltre, sul tema dei rapporti fra la Chiesa cattolica e la massoneria si è venuta sviluppando una consistente letteratura, caratterizzata da una vistosa disomogeneità sia dal punto di vista delle intenzioni degli autori che della qualità degli esiti (11).



    2. Gli interventi magisteriali sulla massoneria e la loro possibile periodizzazione

    La storia del deposito giuridico-dottrinale costituito dagli interventi del Magistero si può periodizzare — dal suo inizio fino a oggi, cioè dal 1738 al 1994 — in quattro fasi.



    a. Dal 1738 al 1903: dalla lettera apostolica In eminenti apostolatus specula, pubblicata da Papa Clemente XII nel 1738, all’enciclica Humanum genus di Papa Leone XIII, del 1884

    La prima fase — la più ricca dal punto di vista del numero e dell’ampiezza dei documenti — si apre con la ricordata lettera apostolica In eminenti apostolatus specula, di Papa Clemente XII, e si chiude con la fine del pontificato di Papa Leone XIII, cioè con il 1903. Se le date indicate ne costituiscono i termini esatti dal punto di vista puramente cronologico, il periodo si può considerare emblematicamente chiuso con l’enciclica Humanum genus, pubblicata da Papa Leone XIII nell’anno 1884 (12). Infatti, benché non manchino assolutamente documenti relativi alla massoneria dal 1884 al 1903 — sono anzi numerosi, e particolarmente importanti per la storia della nazione italiana —, l’enciclica Humanum genus si può indicare — mutuando l’espressione dal linguaggio del diritto positivo — come l’enciclica-quadro sul tema massonico.



    b. Dal 1903 al 1962: il Codice di Diritto Canonico pubblicato da Papa Benedetto XV nel 1917

    La seconda fase si stende cronologicamente dal 1903, cioè dall’inizio del pontificato di Papa san Pio X, all’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II nel 1962. I termini emblematici del periodo sono costituiti, da un lato, dalla promulgazione del Codice di Diritto Canonico nel 1917, da parte di Papa Benedetto XV, e, dall’altro, dalla conferma della vigenza del canone 2335 di tale codice nell’articolo 247 delle Costituzioni Sinodali promulgate nel 1960 dal Primo Sinodo Romano, voluto da Papa Giovanni XXIII e che avrebbe dovuto essere — ma non fu — la prova generale del Concilio Ecumenico Vaticano II (13). In questo lasso di tempo, escludendo i due testi ricordati, i riferimenti magisteriali espliciti alla massoneria sono straordinariamente esigui — grosso modo uno per ogni Pontefice — e questa esiguità si può facilmente attribuire al fatto che la sentenza di condanna e la conseguente diffida antimassonica erano state codificate nel citato canone 2335.



    c. Dal 1962 al 1981: il silenzio magisteriale

    La terza fase va dal Concilio Ecumenico Vaticano II a una dichiarazione della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, del 1981, quindi — appunto — dal 1962 al 1981. Si tratta di un periodo caratterizzato dal silenzio magisteriale sulla massoneria indicata nominatim, se si eccettua una dichiarazione della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede contro false e capziose interpretazioni date a una lettera indirizzata nel 1974 dalla stessa Congregazione ad alcuni episcopati (14), un documento riservato poi divenuto di pubblico dominio.



    d. Dal 1981 a oggi: il Codice di Diritto Canonico del 1983 e la Dichiarazione sulla massoneria, pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nello stesso anno

    Infine, la quarta fase inizia nel 1981 ed è tuttora aperta. I suoi momenti rilevanti — e unici — sono a tutt’oggi costituiti dalla pubblicazione del nuovo Codice di Diritto Canonico, nel 1983, nel quale non compare riferimento nominativo alla massoneria; da una dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede che, in coincidenza con la promulgazione di tale Codice e con approvazione specifica del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, ribadisce la condanna e la diffida relativa all’appartenenza, venendo così a costituire interpretatio autentica del canone 1374 (15); e dal documento ufficioso dello stesso dicastero vaticano che, nel 1985, offre motivazione della reiterazione della condanna e della diffida del 1983 (16).



    3. Magistero episcopale e manifestazioni culturali in tema di massoneria

    L’itinerario brevemente descritto merita di essere esaminato anche da un punto vista semplicemente formale. Dalla sentenza di condanna e di diffida del 1738 — contenuta nella lettera apostolica In eminenti apostolatus specula — si passa alla reiterazione di tale sentenza, con dispostivi più o meno articolati, per giungere alla motivazione della sentenza stessa con l’enciclica Humanum genus, quindi alla sua ricezione specifica nel Codice di Diritto Canonico del 1917 e generica in quello del 1983.

    Da documenti formalmente sintetici e rapidamente concludenti si perviene — con passaggi che si svolgono dalla prima metà del Settecento alla prima metà dell’Ottocento — a testi dottrinali ampiamente descrittivi e motivati. Questo iter — sia detto di passaggio — non ha interessato soltanto i testi magisteriali sul tema massonico, ma le forme espressive di tutto il Magistero pontificio. Comunque, a partire dalla prima codificazione canonica, gli interventi diventano esclusivamente interpretativi della legislazione vigente, una prassi all’interno della quale si situa con ogni evidenza anche quella che ho chiamato "motivazione ufficiosa" del 1985.

    Di un analogo sforzo di periodizzazione dovrebbero essere oggetto, nella misura del possibile, sia le espressioni di magistero episcopale, sia le manifestazioni culturali — scritti e incontri —, relativi ai rapporti fra la Chiesa cattolica e la massoneria.

    Quanto al magistero episcopale, voglio almeno ricordare, per la sua oggettiva rilevanza e per l’evidente considerazione in cui è stata tenuta dal Magistero pontificio, la Dichiarazione circa l’appartenenza di cattolici alla massoneria (17), pubblicata nel 1980 dalla Conferenza Episcopale Tedesca dopo che, dal 1974 al 1980, si erano svolti colloqui fra una commissione di dialogo di tale conferenza episcopale, a ciò incaricata dalla Santa Sede, e qualificati esponenti delle Grandi Logge Unite di Germania. Il documento della Conferenza Episcopale Tedesca, che conclude per l’incompatibilità fra la professione di fede cattolica e l’appartenenza alla massoneria, è stato illustrato, nella sua sostanza e nel suo rilevante contesto, in uno studio fondamentale di S. E. mons. Josef Stimpfle, vescovo di Augusta, che ha guidato la commissione incaricata del dialogo e di esso ha descritto le condizioni e commentato i risultati (18).

    Circa interventi di singoli vescovi, credo vadano segnalati, per la consistenza e per l’importanza avuta all’epoca della loro pubblicazione, oltre che per l’eco e per l’influenza esercitati sulla cultura dell’area in cui si sono diffusi, nell’Ottocento l’Instrução pastoral sôbre a Maçonaria e os Jesuítas, di mons. Vital Maria Gonçalves de Oliveira, vescovo francescano di Olinda, in Brasile (19); e nel Novecento l’opera El Misterio de la Masoneria, del card. José Maria Caro Rodríguez, arcivescovo di Santiago del Cile e primate del paese iberoamericano (20).

    Quanto agli aspetti culturali e informativi, si può fare stato, come episodi liminali dal punto di vista cronologico, dei colloqui che hanno avuto come protagonisti di parte cattolica il padre gesuita Hermann Grüber nella Germania del 1928, e padre Federico Weber, pure gesuita, nell’Italia del 1986.



    4. Il contenuto del Magistero pontificio: denuncia e condanna dell’organizzazione del naturalismo e del relativismo

    Passando dalla descrizione del Magistero, delle sua tappe e delle sue forme al suo contenuto, il riferimento principale — anche se non unico — è all’enciclica Humanum genus. I termini del documento non sono assolutamente riducibili alla denuncia — peraltro assolutamente fondata — dell’attività sovversiva svolta storicamente dalla massoneria contro la Chiesa e contro l’Antico Regime e ogni sua sopravvivenza; né si ritiene sufficiente il richiamo alla pratica del segreto, ma la denuncia e la condanna si elevano costantemente al livello dei princìpi, così che si possono riassumere nel modo seguente: nella massoneria la Chiesa condanna il veicolo del naturalismo, che è il sistema del razionalismo — ma anche dello scetticismo — e che si traduce nella pratica del laicismo, dell’indifferentismo e del relativismo; che nega il soprannaturale, la rivelazione e la grazia, quando non la stessa creazione, nonché la causa della necessità morale del soprannaturale, cioè il peccato originale. Sono quindi radicalmente sanzionati, per esempio, la morale indipendente, o civile, o libera, il matrimonio civile, l’ugualitarismo, il permissivismo, la radicale separazione fra Chiesa e Stato, il monopolio scolastico statale, e così via fino al divorzio, secondo un itinerario destinato a proseguire fino all’aborto e all’eutanasia (21).

    Quanto all’attenzione dottrinale e giuridica della Chiesa, va notato come essa verta pressoché esclusivamente sul volto "razionalistico" o "freddo" della massoneria, con esclusione di quello "irrazionalistico" o "caldo", dal momento che questo si condanna da solo: conferma recente di questa costante presunzione e del suo fondamento, almeno nel caso di specie, è il fatto che, nel corso dei colloqui ricordati fra vescovi tedeschi e massoni pure tedeschi, questi ultimi rifiutarono di trattare dei gradi superiori ai primi tre — non fu fornita in proposito alcuna documentazione —, confessandone apertamente loro stessi l’incompatibilità con la professione di fede cattolica.

    Ma, ritornando alla condanna, importa sottolineare che essa non ha tanto di mira una dottrina e i suoi corollari, tante volte e a diversi titoli denunciati e sanzionati anche senza riferimento alle associazioni massoniche, ma colpisce — per usare una felice formula di padre Denis Fahey, della Congregazione dello Spirito Santo — il naturalismo organizzato, organized naturalism (22), meglio, l’organizzazione del naturalismo, in quanto non sanziona soprattutto una dottrina dichiarandola falsa, ma l’ascrizione a un organismo che ammette la professione di tutte le possibili dottrine, vere e false, e che, quindi, si fa diffusore di una dottrina falsa, quella della non esistenza o almeno della non conoscibilità di una verità assoluta, né soprannaturale né naturale, e sulla base di questa dottrina falsa costruisce e propone una convivenza dannosa, perciò opera esplicitamente oppure implicitamente contro la Chiesa, "colonna e fondamento della verità" (23).





    a. Relativismo religioso

    Secondo la formulazione dell’enciclica Humanum genus, "[...] Massonicum foedus [..] a sententiarum summa iudicandum", "[...] la lega massonica deve essere giudicata [...] sulla base del complesso dei suoi princìpi" (24). I termini della summa sententiarum del "Massonicum foedus" si ricavano agevolmente dal documento di Papa Leone XIII, di cui è capitale il passo relativo all’indifferentismo religioso: "[...] anche se la setta non impone agli affiliati di rinnegare espressamente la fede cattolica — scrive il Sommo Pontefice —, questo comportamento è tanto lontano dall’opporsi agli intenti massonici che anzi, piuttosto, li asseconda. In primo luogo, infatti, con questo sistema i massoni ingannano facilmente i semplici e gli incauti, e a un numero ancora maggiore di persone offrono allettamenti. In secondo luogo essi, aprendo le loro file a persone provenienti da qualunque confessione religiosa, ottengono perciò stesso la propagazione del grande errore dei tempi attuali, che consiste nel relegare tra le cose indifferenti la preoccupazione per la religione e nella convinzione che non vi sia alcuna differenza tra le varie forme religiose. E questo criterio è adottato con lo scopo di annientare tutte le religioni, e segnatamente quella cattolica, che, essendo tra tutte l’unica vera, non può, se non con somma ingiustizia, essere posta su di un piano di parità rispetto alle altre" (25). Il tratto leoniano svolge quanto più sinteticamente espresso da Papa Clemente XII "[...] meditando sui gravissimi danni che per lo più tali Società o Conventicole recano [...] anche alla salute spirituale delle anime" (26), in quanto costituite da "uomini di qualunque religione e setta, contenti di una certa affettata apparenza di naturale onestà" (27).







    b. Relativismo filosofico e scetticismo

    Ma la condanna dell’organizzazione del naturalismo ha di mira non soltanto quanto è in diretta relazione con la fede come deposito di verità rivelate, ma anche con tutto l’umano sapere e l’umano agire corretti e integrati dalla fede, perciò con la filosofia, con le scienze, con la politica e con l’arte, sia nel loro momento teorico che in quello pratico. Infatti, Papa Leone XIII prosegue immediatamente: "Ma i naturalisti si spingono più oltre. Messisi audacemente, in questioni della massima rilevanza, per una via totalmente falsa, cadono a precipizio verso le estreme conseguenze sia per la debolezza della natura umana, sia per giusto giudizio di Dio, che punisce la superbia. Così avviene che le stesse verità che si conoscono per lume di ragione, quali sono certamente la esistenza di Dio, la spiritualità e la immortalità dell’anima umana, non hanno più per essi consistenza e certezza.

    "Orbene, la setta massonica, per un non diverso errore di rotta, va a urtare proprio contro questi scogli. Infatti, sebbene professino generalmente la esistenza di Dio, tuttavia essi stessi fanno fede del fatto che questa convinzione non è impressa con fermo assenso e stabile giudizio nelle menti dei singoli. E neppure dissimulano che tale questione intorno a Dio è presso di loro la fonte e la causa principale di dissidio; anzi è noto come anche di recente si ebbe tra loro, su questo punto, una non lieve contesa". Ma — insiste il Sommo Pontefice — anche i massoni che ammettono l’esistenza di Dio, spesso "[...] ne hanno un concetto erroneo, come sono i panteisti, il che altro non è che il tenere una certa quale assurda idea della natura divina, eliminandone la verità. Ora, abbattuto o scalzato questo supremo fondamento, è inevitabile che vacillino anche molte verità conosciute dalla ragione naturale, come il fatto che tutte le cose hanno avuto esistenza per libera volontà di Dio creatore; che il mondo è retto dalla Provvidenza; che l’anima è immortale; che a quella terrena seguirà una seconda ed eterna vita" (28).





    c. Relativismo morale, privato e pubblico

    Né è ancora tutto — insiste Papa Leone XIII — perché, "persi questi che sono come i princìpi dell’ordine naturale, importantissimi per la conoscenza e per la pratica, appare facilmente quali saranno i costumi privati e quelli pubblici.

    "Non parliamo delle virtù soprannaturali [...].

    "Parliamo dei doveri che derivano dalla morale naturale. Dio, creatore e provvido reggitore del mondo; la legge eterna che prescrive il rispetto e proibisce la violazione dell’ordine naturale; il fine ultimo dell’uomo, posto di gran lunga al di sopra delle cose umane e collocato molto al di là di questa transitoria sede mondana: queste sono le fonti, questi i princìpi di tutta la giustizia e di tutta la moralità. Se essi vengono soppressi [...], subito la precisa conoscenza del giusto e dell’ingiusto non avrà più dove appoggiarsi né come sostenersi" (29).



    Quindi, il Sommo Pontefice svolge con ampiezza il tema de "la pubblica e totale indifferenza nei confronti della religione e il non curarsi di Dio, come se non esistesse affatto, nella costituzione e nella amministrazione dello Stato, [...] atteggiamento temerario ignoto agli stessi gentili, nel cui animo e nel cui cuore era così profondamente impressa non solo la credenza negli dei, ma anche la necessità di un culto pubblico, che consideravano più facile trovare una città senza territorio che senza Dio. E in realtà la società umana, per la quale siamo stati creati per natura, fu istituita da Dio, autore della natura: e da Dio, come principio e fonte, procede tutta la perenne abbondanza dei beni innumerevoli dei quali essa abbonda. Come dunque in quanto singoli siamo dalla voce stessa della natura ammoniti a onorare piamente e santamente Dio per il fatto che da Dio abbiamo ricevuto la vita e i beni che a essa si accompagnano, così per la stessa ragione devono fare i popoli e gli Stati. È dunque evidente che quanti vogliono uno Stato svincolato da ogni dovere religioso, agiscono non solo ingiustamente, ma anche con ignoranza e in modo insensato" (30).

    Con ogni evidenza, l’itinerario percorso nel documento di Papa Leone XIII non è "logico", nel qual caso si sarebbe passati dal relativismo filosofico e dallo scetticismo al relativismo morale, quindi a quello religioso, cioè dai preambula fidei alla fides, ma lo si può definire come "sociologico", dunque inteso a descrivere le ricadute filosofiche e morali di un contesto, concettuale ed esistenziale, caratterizzato dal fondamentale indifferentismo religioso. Comunque, all’intronizzazione del relativismo religioso, filosofico e morale, alla sua egemonia, "[...] non possono seguirne altro che una rivoluzione e una sovversione universale" (31), il cui senso "[...] altro non è che sospingere il genere umano verso la più abbietta e ignominiosa degradazione" (32), cioè "[...] distruggere dalle fondamenta tutto l’ordine religioso e sociale nato dalle istituzioni cristiane e creare un nuovo ordine a suo arbitrio" (33).

    Con ogni evidenza — ancora —, la visione del mondo descritta si può sinteticamente indicare, sia quanto al soprannaturale che quanto al naturale, come il trionfo del relativismo, il cui apice non sta tanto nella sua affermazione — dal momento che il relativismo affermato potrebbe parere contraddittoriamente l’ultimo "dogma" —, ma nella sua pratica, e all’interno del quale l’ateismo è una specie, talora virulenta, ma che ha il proprio limite propagandistico, cioè pedagogico, nella sua perentorietà, nella sua "dogmaticità", dal momento che proibisce la ricerca della verità piuttosto che insinuare la vanità di tale ricerca, in quanto ricerca dell’inesistente.

    Circa la sua fenomenologia e dal punto di vista naturale, l’itinerario leoniano "dall’indifferentismo religioso agli universali abiezione e degrado nella prospettiva di un "nuovo ordine"" suggerisce il richiamo al filosofo della Provvidenza, a Giambattista Vico, e alla "barbarie della riflessione": infatti, il pensatore della Contro-Riforma o Riforma cattolica afferma che, "[...] perdendosi la religione ne’ popoli, nulla resta loro per vivere in società, né scudo per difendersi, né mezzo per consigliarsi, né pianta dov’essi reggano, né forma per la qual essi sien affatto nel mondo", dal momento che, in una città indifferente a Dio — quindi, finalmente, "senza Dio" — si corrompono "[...] ancor le filosofie (le quali cadendo nello scetticismo, si diedero gli stolti dotti a calonniare la verità), e nascendo quindi una falsa eloquenza, apparecchiata egualmente a sostener nelle cause entrambe le parti opposte"; quindi, "[...] non potendovi appena due convenire, seguendo ognun de’ due il proprio piacere o capriccio, vadano a fare selve delle città, e delle selve covili d’uomini; e, ’n cotal guisa, dentro lunghi secoli di barbarie vadano ad irruginire le malnate sottigliezze degl’ingegni maliziosi, che li avevano rese fiere più immani con la barbarie della riflessione che non era stata la prima barbarie del senso" (34): dunque, l’indifferentismo religioso alimenta la sofistica e produce una condizione sociale d’incomunicabilità, fonte di abiezione e di degrado, qualunque sia l’utopia che surroga la metafisica.

    Circa l’esito e dal punto di vista soprannaturale, lo stesso itinerario leoniano rimanda al teologo della Provvidenza, a sant’Agostino, che, a proposito di Babilonia, scrive: "Nella città adoratrice dei demoni, [...] sebbene si dicessero alcune verità, si dicevano pure, con tutta libertà, cose false, onde, non senza ragione, tale città si meritò il nome simbolico di Babilonia. Babilonia, infatti, significa "confusione" [...]. Al demonio, suo re, non importa che bisticcino tra loro, per errori diversi, coloro che egli possiede ugualmente a causa delle loro varie e molte empietà" (35).



    5. La formulazione giuridica del giudizio, la sua comprensione e lo sviluppo della sua "motivazione"

    Ci si può chiedere se la condanna e la diffida magisteriali nei confronti della massoneria in quanto veicolo di relativismo siano state adeguatamente tradotte dalla loro formulazione più estesa, l’enciclica Humanum genus, nei termini del Codice di Diritto Canonico del 1917, quindi di quello del 1983: si tratta di quesiti che non intendono certo essere polemici né nei confronti degli estensori dei due dispositivi né — tanto meno — dell’autorità che li ha promulgati, ma che sono particolarmente utili per evidenziare la difficoltà di descrivere adeguatamente la natura del fenomeno massonico, quindi per tentare di raggiungere questo risultato.



    a. Dunque, secondo la prima codificazione, a tenore del canone 2335, vengono scomunicati ipso facto "coloro i quali danno il proprio nome alla setta massonica o ad altre associazioni dello stesso genere, che complottano contro la Chiesa e contro i legittimi poteri civili". Secondo la codificazione vigente, il canone 1374 prevede sia punito "chi dà il nome ad una associazione, che complotta contro la Chiesa". Evidentemente, nel caso del canone 2335 i termini intendono rimandare alla massoneria che così si qualifica, cioè a una realtà di cui si ritiene inequivoca l’identificazione in quanto si presenta come tale, quindi ad "associazioni dello stesso genere", e il canone stesso è costruito con riferimento implicito è ai due primi "doveri", ai due primi "charge" massonici. A norma del primo — Su Dio e la Religione —, "il Massone è obbligato, dalla sua condizione, ad obbedire alla legge morale; e se egli ben comprende l’Arte, non sarà mai uno stupido ateo né un libertino irreligioso. Ma quantunque nei tempi antichi i Massoni avessero l’obbligo in ogni paese di praticare la religione di questo paese o nazione, qualunque fosse, ora si ritiene più opportuno d’imporre loro soltanto la religione sulla quale tutti gli uomini sono d’accordo, lasciando a ciascuno le proprie opinioni, cioè d’essere uomini dabbene e sinceri ovvero uomini onorati e onesti, quali che siano le denominazioni o le credenze religiose che li differenziano, quindi la Massoneria diviene il Centro d’Unione e il tramite per stringere una leale amicizia fra persone che avrebbero potuto restare sempre separate".

    A tenore del secondo "dovere" — Della Magistratura civile suprema e subordinata —, "il Massone è un pacifico suddito dei poteri civili, ovunque risieda o lavori, e non deve mai immischiarsi in complotti e cospirazioni contro la pace e il benessere della nazione, né mancare ai suoi doveri verso i magistrati inferiori; poiché la Massoneria ha sempre sofferto dalla guerra, dall’effusione del sangue e dal disordine, ne è derivato che gli antichi re e principi sono stati molto disposti a incoraggiare gli artigiani a causa della loro pacificità e della loro lealtà, grazie alle quali rispondevano praticamente alle insinuazioni dei loro avversari e contribuivano all’onore della Fraternità, sempre fiorente in tempi di pace. Perciò, se un fratello diventa ribelle allo Stato, non deve essere sostenuto nella sua ribellione, qualunque sia la pietà che possa ispirare in quanto uomo sfortunato e se non è dichiarato colpevole di qualche altro delitto, anche se la leale Fraternità deve e ha il dovere di sconfessare la sua ribellione, e di non dare nessuna ombra né motivo di sfiducia politica al Governo esistente, non si può espellerlo dalla Loggia, e la sua relazione con essa rimane indefettibile" (36).



    b. Credo che il percorso concettuale che ha portato alla formulazione del canone 2335 possa essere ricostruito nei seguenti termini: "Esiste un’associazione — meglio, una lega di associazioni — che pratica l’indifferentismo religioso, la massoneria o lega massonica; tale indifferentismo religioso erode surrettiziamente le basi della fede e, nell’ipotesi, produce e alimenta il relativismo filosofico, quindi morale, così danneggiando radicalmente non solo la vita individuale, ma anche quella sociale. Perciò, si vieta l’ascrizione del cattolico a tale associazione, avendo presente sia il bene soprannaturale che quello naturale, indicato sinteticamente come socio-politico e descritto attraverso il richiamo all’autorità e alla salute pubblica. Uguale atteggiamento di diffidenza è da tenersi nei confronti di qualunque altra associazione pratichi lo stesso errore, cioè l’indifferentismo religioso, da cui gli altri derivano". Da questo percorso nasce il canone 2335, secondo cui "nomen dantes sectae massonicae aliisve eiusdem generis associationibus quae contra Ecclesiam vel legitimas civiles potestates machinantur, contrahunt ipso facto excommunicationem", cioè vengono ipso facto scomunicati quanti "si iscrivono alla setta massonica e alle altre associazioni dello stesso genere, che complottano contro la Chiesa e i legittimi poteri civili".

    La chiarissima analisi dottrinale dell’enciclica di Papa Leone XIII "precipita" — per così dire — nell’evocazione del nome "setta massonica", cui vengono affiancate "associazioni dello stesso genere", e di queste realtà si dice "che complottano contro la Chiesa e i legittimi poteri civili"; ma dai termini del canone non emerge assolutamente né la molteplicità delle associazioni massoniche vero nomine, il "Massonicum foedus", "la lega massonica", né — soprattutto — la ragione del "complottare". Infatti, quanto al primo punto, cioè alla realtà presa in considerazione, il "sectae massonicae" dell’originale latino viene correntemente tradotto come "alla setta massonica" piuttosto che "a una setta massonica", in indubbia coerenza con le espressioni del documento di Papa Leone XIII, che parla costantemente di "secta Massonum" o "secta Massonica", qualche volta di "societas Massonum" o "societas Massonica", due volte soltanto di "Massonicum foedus". Ma forse — così facendo — non ci si è chiesto se nell’enciclica Humanum genus la riduzione a un’unica setta sia da attribuire indirettamente allo sforzo interpretativo unificante oppure direttamente all’apprezzamento di una realtà storica e giuridica unica; certo, in questo modo, si perde immediatamente la varietà di riferimenti sociologici presente nella lettera apostolica di Papa Clemente XII, in cui si tratta di "nonnullas societates, coetus, conventus, collectiones, aggregationes seu conventicula vulgo de "liberi Muratori" seu "Francs Massons", aut alia quavis nomenclatura pro idiomatum varietate nuncupata" (37), e conservata nel "Massonicum foedus" dell’enciclica leoniana, secondo la quale appunto "varie sono le sette che, sebbene diverse di nome, di rito, di forma e di origine, tuttavia, per una certa comunanza di intenti e affinità di princìpi fondamentali, concordano in sostanza con la setta massonica, che funge da centro dal quale muovono e al quale fanno capo tutte quante" (38), e che intende fare riferimento alla "setta massonica considerata in sé stessa e in quanto abbraccia altre associazioni affini e con essa collegate" (39).

    Inoltre — sempre così facendo —, si è in un certo senso indebolita l’indispensabile forte attenzione nei confronti di un unico errore in molteplici vesti, nonostante il permanere nel dispositivo di "associazioni dello stesso genere", che però sono state schiacciate nella ricezione psico-sociale — ma non solo in questa — dalla corposa e monolitica "setta massonica", non più la "rete" o network dei documenti clementino e leoniano: a prova di quanto affermo, adduco il testo dell’articolo 247 delle Costituzioni Sinodali del Primo Sinodo Romano, che parla della "secta massonica", tradotta ufficialmente in lingua italiana con "la Massoneria", non solo con l’articolo determinativo, ma anche con la maiuscola.

    Quanto al secondo punto, cioè all’opera svolta dalla realtà presa in considerazione, non esplicitare concettualmente il significato del "machinari" del testo ufficiale latino, ma affiancarlo semplicemente alla "setta massonica", quindi tradurre lo stesso "machinari" con "complottare" ha significato oggettivamente esporre la ragione del "machinari" implicitamente, cioè attraverso l’esemplificazione storica, cioè — ancora — attraverso il richiamo a "la massoneria", dunque affidarne l’esegesi alla verifica fattuale.

    Questo procedere non è stato privo di conseguenze, come i fatti si sono incaricati di confermare. Per esempio, fra le conseguenze di questo procedere si possono certamente rubricare "interpretazioni errate e tendenziose" date a una lettera della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, firmata dal card. Franjo Seper, al card. John Krol, arcivescovo di Filadelfia, negli Stati Uniti d’America, del 19 luglio 1974, secondo cui "[...] si può sicuramente insegnare che il [...] canone 2335 tocchi soltanto quei cattolici iscritti ad associazioni che veramente cospirino contro la Chiesa", mentre "resta tuttavia proibito in ogni caso ai chierici, ai religiosi e anche ai membri di Istituti secolari di iscriversi a qualsiasi tipo di associazioni massoniche"; e proprio "interpretazioni errate e tendenziose" di questo documento, una volta di pubblico dominio, resero necessario un intervento ugualmente pubblico della stessa Congregazione, del 17 febbraio 1981, nel quale si ribadiva la vigenza dell’"attuale disciplina canonica" (40).

    D’altra parte, poiché il rimando era fattuale, passare da "la massoneria" alle "associazioni massoniche" poteva essere interpretato come un abbandono della denuncia e della condanna della sententiarum summa, del principio unificante tali diverse associazioni — o almeno farlo sospettare.

    Inoltre il "complottare", favorito da circa due secoli di immaginario collettivo in argomento, quasi spostava — o almeno concentrava — l’attenzione sulla "segretezza nell’opera" piuttosto che sulla "segretezza dell’opera", e poteva distogliere dalla natura dell’opera stessa che è di erosione delle fondamenta, sia per quanto attiene alla fede che alla vita sociale.

    Finalmente, a proposito della vita sociale, la trascrizione in termini riducibili al positivo riferimento storico — "i legittimi poteri civili" — di quanto Papa Leone XIII evidenziava e censurava come opera rovinosa "per la Chiesa, per l’autorità dei governanti e per la salute pubblica" (41), finiva per fondare semplicemente un pregiudizio favorevole allo status quo e, nella migliore delle ipotesi, per suggerire e per orientare a una ricognizione relativa alla legittimità dell’autorità e del regime vigente, piuttosto che attirare l’attenzione sull’opera di erosione dei princìpi e delle condizioni su cui si fondano l’autorità e la convivenza sociale.



    c. A fronte di questo "degrado", di questo "scadimento" evidente — uso i termini secondo etimologia e non secondo fraseologia — nell’apprezzamento della sostanza di quanto vietato — per rendersene conto basta avere una sia pur minima dimestichezza con la letteratura relativa alla querelle soprattutto della seconda metà del secolo XIX e della prima metà del secolo XX —, la codificazione postconciliare non pone la scure alla radice, ma la formulazione del Codice di Diritto Canonico del 1983, forse facendosi forte dell’itinerario "sociologico" e non "logico" che ho indicato come specifico nell’approccio di Papa Leone XIII, ha creduto di evitare almeno parte dei rischi indicati "liberandosi" dei "legittimi poteri civili" e della stessa "massoneria", e ha adottato una formulazione generica nella quale la massoneria diventa una specie: infatti, il canone 1374 prevede sia punito "chi dà il nome ad una associazione, che complotta contro la Chiesa", quindi è traducibile nella formula secondo cui un cattolico non può aderire a organismi che operano contro la Chiesa, cioè sono a diverso titolo portatori attivi di errori, cioè — ancora — di tesi e di pratiche contrastanti con la verità "naturale e cristiana". Evidentemente, l’espressione "naturale e cristiana" è un’endiadi che rimanda all’unico Dio creatore e redentore-santificatore. In questa categoria più ampia sono compresi — e non in subordine — anche organismi portatori dell’ideologia socialcomunista. Ma di nuovo, purtroppo, non emerge in positivo il significato complesso e articolato del "complottare" e, soprattutto, non viene apertamente indicata la ragione della denuncia e della condanna, cioè l’"errore degli errori", la negazione dell’esistenza o, almeno, della conoscibilità certa, quindi della conseguente assolutezza, di qualsiasi verità, naturale e soprannaturale. Inoltre, scompare anche l’"esemplificazione" massonica, sì che il "complottare" si fa ancora più denso e ancora più implicito.



    d. Detto questo quanto alla formulazione, mi pare si possa obbiettare anche quanto alla prudenza rivelata dal mutamento del canone 2335 nel canone 1374, poiché — com’era per altro decisamente prevedibile — tale trasformazione è stata interpretata immediatamente ed erroneamente come abolizione della scomunica, o almeno ha dato adito a una simile affermazione, superficiale e maliziosa quanto si vuole, ma non per questo con minore impatto sull’opinione pubblica (42); né, a frenare l’effetto negativo del mutamento, è bastato che il nuovo canone 1374 venisse immediatamente interpretato in modo autentico nella dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1983, che usa come fungibili il termine "massoneria" e l’espressione "associazioni massoniche", e secondo cui le "associazioni massoniche" sono certamente da rubricare fra quelle associazioni che complottano contro la Chiesa: infatti, facendo eco a una sentenza costante, in tale dichiarazione si conferma che "rimane pertanto immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita".

    Comunque, "non tutto il male vien per nuocere" — così suona la formulazione proverbiale dell’eterogenesi dei fini —, in quanto l’emergenza costituita dalla pubblicazione del Codice di Diritto Canonico del 1983 ha fatto ribadire la condanna e la diffida nonché, soprattutto, ricomparire i "principi". Infatti, finalmente, nel 1985 — nella preziosa motivazione ufficiosa di questo ennesimo verdetto — viene esplicitata la natura "sociologica" dell’itinerario concettuale.

    Anzitutto vengono ricordate le motivazioni storiche della denuncia, della condanna e della conseguente diffida, e non si manca di evocare "il clima di segretezza [che] comporta, oltre tutto, per gli iscritti il rischio di divenire strumento di strategie ad essi ignote", ma ci si colloca "[...] al livello più profondo e d’altra parte essenziale del problema: sul piano cioè dell’inconciliabilità dei principi, il che significa sul piano della fede e delle sue esigenze morali".

    Quindi viene esposto l’argomento secondo cui "a proposito dell’affermazione sull’inconciliabilità dei principi tuttavia si va ora da qualche parte obiettando che essenziale della massoneria sarebbe proprio il fatto di non imporre alcun ‘principio’, nel senso di una posizione filosofica o religiosa che sia vincolante per tutti i suoi aderenti, ma piuttosto di raccogliere insieme, al di là dei confini delle diverse religioni e visioni del mondo, uomini di buona volontà sulla base di valori umanistici comprensibili e accettabili da tutti"; perciò "la massoneria costituirebbe un elemento di coesione per tutti coloro che credono nell’Architetto dell’universo e si sentono impegnati nei confronti di quegli orientamenti morali fondamentali che sono definiti ad esempio nel Decalogo; essa non allontanerebbe nessuno dalla sua religione, ma al contrario costituirebbe un incentivo ad aderirvi maggiormente".

    Dopo la notazione che "l’associarsi alla massoneria va tuttavia decisamente oltre questa legittima collaborazione e ha un significato ben più rilevante e determinante di questo", vengono i passaggi fondamentali del documento: "Innanzi tutto si deve ricordare che la comunità dei ‘liberi muratori’ e le sue obbligazioni morali si presentano come un sistema progressivo di simboli dal carattere estremamente impegnativo. La rigida disciplina dell’arcano rafforza ulteriormente il peso dell’interazione di segni e di idee"; quindi, "anche se si afferma che il relativismo non viene assunto come dogma, tuttavia si propone di fatto una concezione simbolica relativistica, e pertanto il valore relativizzante di una tale comunità morale-rituale, lungi dal poter essere eliminato, risulta al contrario determinante.

    "In tale contesto, le diverse comunità religiose, cui appartengono i singoli membri delle logge, non possono essere considerate se non come semplici istituzionalizzazioni di una verità più ampia e inafferrabile. Il valore di queste istituzionalizzazioni appare, quindi, inevitabilmente relativo, rispetto a questa verità più ampia, la quale si manifesta invece piuttosto nella comunità della buona volontà, cioè nella fraternità massonica.

    "Per un cristiano cattolico, tuttavia, non è possibile vivere la sua relazione con Dio in una duplice modalità, scindendola cioè in una forma umanitaria — sovraconfessionale e in una forma interna — cristiana. Egli non può coltivare relazioni di due specie con Dio, né esprimere il suo rapporto con il Creatore attraverso forme simboliche di due specie. Ciò sarebbe qualcosa di completamente diverso da quella collaborazione, che per lui è ovvia, con tutti coloro che sono impegnati nel compimento del bene, anche se a partire da principi diversi. D’altronde un cristiano cattolico non può nello stesso tempo partecipare alla piena comunione della fraternità cristiana e, d’altra parte, guardare al suo fratello cristiano, a partire dalla prospettiva massonica, come a un ‘profano’.

    "Anche quando non vi fosse un’obbligazione esplicita di professare il relativismo come dottrina, tuttavia la forza relativizzante di una tale fraternità, per la sua stessa logica intrinseca ha in sé la capacità di trasformare la struttura dell’atto di fede in modo così radicale da non essere accettabile da parte di un cristiano, ‘al quale cara è la sua fede’ (Leone XIII).

    "Questo stravolgimento nella struttura fondamentale dell’atto di fede si compie, inoltre, per lo più, in modo morbido e senza essere avvertito: la salda adesione alla verità di Dio, rivelata nella Chiesa, diviene semplice appartenenza a un’istituzione, considerata come una forma espressiva particolare accanto ad altre forme espressive, più o meno altrettanto possibili e valide, dell’orientarsi dell’uomo all’eterno.

    "La tentazione di andare in questa direzione è oggi tanto più forte, in quanto essa corrisponde pienamente a certe convinzioni prevalenti nella mentalità contemporanea. L’opinione che la verità non possa essere conosciuta è caratteristica tipica della nostra epoca e, nello stesso tempo, elemento essenziale della sua crisi generale".

    Grazie a queste puntuali "riflessioni", l’infelicità della formulazione dei dispositivi canonici — per la quale non è assolutamente necessario immaginare malizia oppure inadeguatezza ma, molto semplicemente, verificare l’oggettiva difficoltà nell’opera — viene restaurata dalla felice interpretazione, che non aggiunge quanto era assente, ma esplicita quanto era certamente patente nell’enciclica Humanum genus, quindi latente oppure non facilmente apprezzabile, o semplicemente non generalmente apprezzato, nei citati dispositivi canonici senza il ricorso attento e metodico alle fontes e un adeguato esercizio ermeneutico. Infatti, il termine "massoneria" indica il momento unitario, l’espressione "associazioni massoniche" fa stato della varietà sociologica e "la capacità di trasformare la struttura dell’atto di fede" richiama i termini dell’enciclica leoniana, secondo cui "[...] nessuno ritenga che per qualunque motivo gli sia lecito iscriversi alla setta massonica, se la sua professione di cattolicità e la sua salvezza gli stanno a cuore nella misura in cui devono" (43).

    Evidentemente, il canone 1374, la sua esegesi ufficiale e quella ufficiosa costituiscono la reiterazione di un "giudizio di fatto" che si accompagna a un "giudizio di principio", sì che il "giudizio di fatto" mantiene la sua vigenza fino a prova contraria, l’onere di tale prova spettando ai massoni; un eventuale mutamento circa il "giudizio di fatto" in qualche caso concreto, non coinvolge minimamente né il naturalismo, né il razionalismo, né il laicismo, né l’indifferentismo, né il relativismo; e comunque — merita di essere ricordato, affinché il problema venga sempre affrontato con la dovuta circospezione — si tratta di un "giudizio di fatto" legato a un "giudizio di principio" in circa seicento documenti univocamente orientati nell’arco di ormai oltre duecentocinquant’anni.

    Se poi qualcuno avesse nostalgia — la qualificazione sentimentale non vuole essere assolutamente polemica — della parte del canone 2335 relativa alle "legittime autorità civili", cioè al mondo socio-politico, ma ha inteso e intende il riferimento essenziale al relativismo, può trovare soddisfazione leggendo quanto scrive Papa Giovanni Paolo II al paragrafo 46 dell’enciclica Centesimus annus, del 1991: "Oggi si tende ad affermare che l’agnosticismo ed il relativismo scettico sono la filosofia e l’atteggiamento fondamentale rispondenti alle forme politiche democratiche, e che quanti sono convinti di conoscere la verità ed aderiscono con fermezza ad essa non sono affidabili dal punto di vista democratico, perché non accettano che la verità sia determinata dalla maggioranza o sia variabile a seconda dei diversi equilibri politici. A questo proposito, bisogna osservare che, se non esiste nessuna verità ultima la quale guida e orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia" (44).



    6. Veri e falsi problemi: "dialogo" e "doppia appartenenza" in atmosfera di relativismo



    Rebus sic stantibus, qual è il senso delle querimonie levate continuamente da massoni e da massonofili contro la precisazione giuridica e magisteriale? Ha qualche fondamento l’accusa rivolta alla Chiesa e ai cattolici fedeli, sempre implicita e spesso anche esplicita, di chiusura al dialogo?

    L’espressione "stravolgimento compiuto in modo morbido e senza essere avvertito" induce a ricordare che, dopo la pubblicazione dell’enciclica Ecclesiam suam, nel 1964, da parte di Papa Paolo VI, "dialogo" è diventato — com’è stato acutamente e adeguatamente mostrato da Plinio Corrêa de Oliveira in particolare per quanto attiene al dialogo con i socialcomunisti — una "parola-talismano", cioè uno strumento per condurre in porto un’opera di "trasbordo ideologico inavvertito" dell’interlocutore cattolico verso posizioni terze, comunque utili all’interlocutore non cattolico, quando addirittura non proprie dello stesso interlocutore non cattolico (45).

    Questo stratagemma — che trae la sua forza da abusi e da manipolazioni del documento magisteriale, reiteratamente colpiti in posteriori interventi, anche recentissimi — non inquina ogni dialogo né inficia il valore del dialogo in sé, sì che talora questo si può svolgere correttamente, come prova quello di cui sono stati protagonisti vescovi tedeschi ed esponenti massonici dello stesso paese per ben cinque anni.

    Ma la conclusione di quel dialogo corretto, cioè l’incompatibilità dell’appartenenza di cattolici ad associazioni massoniche anche dichiaratamente non avverse alla Chiesa cattolica, non è evidentemente piaciuta a chi aveva diversa aspettativa e che quindi continua pateticamente ad auspicare, quando non a reclamare, un "sedersi attorno a un tavolo", che fa ormai parte del passato, del déjà vu, e che potrà essere ripreso esclusivamente a fronte di fatti concludenti non verificatisi — che si sappia — dal 1980 a oggi.

    Ergo, da questo atteggiamento si può evincere — senza fare il processo alle intenzioni di nessuno — che, almeno per chi continua a richiederlo, talora a reclamarlo, dopo che si è concluso, ma non come gradiva, il dialogo non è, come l’uomo della strada pensa, inteso come chiarificazione che definisce caratteri e limiti, talora drastici, di convivenza, di confluenza e di collaborazione, ma come un fidanzamento che si deve obbligatoriamente concludere in una caro, in "una carne sola", possibilmente con regolari sponsali. In altre parole, appare evidente che quanto si chiede da massoni e da massonofili sotto il nome di dialogo è semplicemente la doppia appartenenza, e questo la Chiesa cattolica nega in dottrina e quindi in diritto.

    In termini "logici" e non "sociologici" — per riprendere una distinzione fatta precedentemente — Papa san Pio X nota che "[...] bisogna respingere l’opinione di certi antichi secondo cui non ha nessuna importanza per la verità della fede che si pensi in questo oppure in quel modo a proposito di Dio, perché l’errore relativo alla natura delle cose genera una falsa conoscenza di Dio; così devono essere santamente e inviolabilmente conservati i princìpi della filosofia posti dall’Aquinate, con i quali [...] si ottiene una tale scienza delle cose create che si accorda in modo mirabile con la fede". Infatti, "[...] una volta privata la verità cattolica di questo potente presidio, invano per difenderla si chiederà aiuto a quella filosofia i cui princìpi o sono comuni con gli errori del materialismo, del monismo, del panteismo, del socialismo e dei vari modernismi, oppure non si oppongono certamente a essi" (46).

    Perciò, contro il naturalismo e i suoi corollari, ci si deve attenere a quello che Papa Pio XI chiama "un certo Vangelo naturale" (47); quindi, sono negate tutte le composizioni dottrinali del tipo "catto" e tutte quelle pratiche del tipo "clerico"; dunque, non vi è spazio per i catto-massoni o per i clerico-massoni, come neppure per i catto-islamici o per i catto-induisti, per fare soltanto un fuggevole riferimento a deformazioni del dialogo interreligioso.



    7. Veri e falsi problemi: appartenenza massonica e mentalità massonica, ovvero massoneria e massonismo

    Se il tema della doppia appartenenza accompagna parassitariamente la convivenza storica e il dialogo fra la Chiesa cattolica e le società massoniche, vi è anche un’altra problematica, per certo minore in quanto esclusivamente di fatto, che però si manifesta con non minore frequenza, questa volta all’interno del mondo cattolico, quando non della Chiesa cattolica stricto sensu considerata. Si tratta della periodica denuncia di infiltrazioni massoniche fra i cattolici e all’interno della stessa gerarchia ecclesiastica, denuncia consuetamente — ma non obbligatoriamente — effettuata da e/o attribuita a cattolici detti "integralisti", cioè zelanti dell’ortodossia e dell’ortoprassi cattoliche, dolorosamente colpiti da reazioni dottrinalmente dubbie o, almeno, di dubbio vigore, da parte del mondo cattolico e della stessa Chiesa, di fronte a situazioni storiche non rispettose — per dire il meno — della dottrina cattolica e delle indicazioni della gerarchia ecclesiastica.

    Come si vede, il problema è assolutamente di fatto, ma, se niente permette di escludere l’eventualità denunciata semplicemente irridendo i denunciatori e rovesciando su di loro l’accusa di "cacciatori di streghe", questa denuncia si sostiene spesso — per non dire sempre ed esclusivamente — con la diffusione di elenchi di personaggi ascritti a questa o a quella loggia massonica, a questa o a quella associazione para-massonica, con i corrispondenti numeri di tessera e con le date di iniziazione. Senza escludere — lo ripeto ad abundantiam — l’eventualità che siano esistiti in passato, esistano oggi e possano esistere in futuro cattolici — e fra loro anche gerarchi della Chiesa — occultamente ascritti alla massoneria, quindi operanti nella prospettiva dell’orizzonte massonico, mi permetto di indicare un criterio di giudizio meno legato a improbabili — o comunque sempre molto difficili e ampiamente incerte — verifiche anagrafiche, ma a verifiche fattuali di gran lunga più cogenti come sono quelle costituite da fatti conclusi, quindi anche concludenti, piuttosto che quelle sostenute da fatti ipotetici.

    Allo scopo mutuo il plesso ormai acquisito fra "nuove religioni", organismi caratterizzati da "credenze" e da "comportamenti", e "nuova religiosità", mentalità connotata da credenze e da comportamenti analoghi, se non identici, a quelli teorizzati nelle nuove religioni, ma posta in essere surrettiziamente e abusivamente all’interno di un sistema organizzativo che non li prevede e che, anzi, ufficialmente non li accetta (48). Sulla base della trascrizione analogica di questa articolazione, credo si possano identificare e distinguere la "massoneria", come quadro realizzativo ufficiale delle dottrine e della pratica massoniche, costituito dalle associazioni massoniche e da organismi para-massonici; e il "massonismo", come mentalità ispirata dalle dottrine e dalla pratica massoniche, introdotta in un contesto che ufficialmente e autoritativamente la rifiuta.

    Quindi, se l’anima della massoneria è il relativismo, si può affermare che esso ha una sua sede ufficiale e propulsiva, e un suo propagarsi e un suo insinuarsi tendenzialmente ovunque. Ancora: se l’anima della massoneria è il relativismo, esso è anche l’anima del massonismo. Finalmente, se le cose stanno in questi termini, si può affermare con sicurezza che l’enciclica Veritatis splendor, pubblicata da Papa Giovanni Paolo II nel 1993, deve essere considerata espressione esemplare della lotta condotta dal Magistero della Chiesa cattolica contro il massonismo, in quanto ha di mira — fra l’altro, ma non secondariamente — appunto il relativismo (49); e nella stessa linea si situa il paragrafo n. 46 dell’enciclica Centesimus annus, già citato. Le dottrine e i comportamenti denunciati e condannati nei due documenti, il primo in campo generalmente morale, il secondo in campo politico-sociale, costituiscono espressione di massonismo, indipendentemente dalla regolare appartenenza massonica di chi li promuove e li tiene, sì che il fatto dell’appartenenza alla massoneria rileva oggettivamente solo della rilevanza della conferma, non della prova, e questo — sia ben chiaro — non significa certamente negare la sua rilevanza soggettiva, cioè riguardante la coscienza di ogni singolo e la sua sensibilità e docilità disciplinare nei confronti della verità e dell’autorità della Chiesa che l’afferma; rileva invece il fatto della consequenzialità, secondo il modulo evangelico: "Dai frutti li riconoscerete" (50).



    8. Per concludere

    Dunque, con la crisi protestantica, la società europea ha perduto l’omogeneità cattolica, e questa disomogeneità, questa "frantumazione" è venuta crescendo e continua a crescere vistosamente, e di questo fenomeno sono contemporaneamente causa e prova non trascurabile — per esempio — le nuove religioni. La comprensione e la risposta alla pluralità delle visioni del mondo — che si situa su di un piano completamente diverso da quello del pluralismo sociale — possono essere diverse e contrastanti. Anzitutto, si può esprimere un giudizio sostanzialmente negativo sul pluralismo delle visioni del mondo e perciò impegnarsi in uno sforzo teso al ricupero dell’omogeneità: detronizzata la verità, poiché imperversa la molteplicità degli errori, va restaurata l’egemonia della verità stessa. Per contro, il fatto del pluralismo delle visioni del mondo può essere dogmatizzato, cioè trasformato in principio: non esiste una verità, o almeno non può essere immediatamente conosciuta in quanto è nascosta — di un nascondimento non sempre concettuale, ma talora fisico —, e dall’affermazione del relativismo — e del corrispondente esoterismo — consegue quindi che non solo non esiste e non può esistere un mondo omogeneo, ma non deve esistere.

    Le rinnovate condanna e diffida nei confronti delle associazioni massoniche e della permanenza di tali associazioni come specie nel genere di quelle che "complottano contro la Chiesa", si inseriscono in questo quadro drammatico e alternativo, nel quale — come ha articolatamente insegnato Papa Giovanni Paolo II a Loreto, l’11 marzo 1985 — il cattolico svolge il suo ruolo, cioè ottempera ai suoi doveri verso Dio ed è veramente utile al suo prossimo, cioè — ancora — ama Dio, sé stesso e il suo prossimo, solo se coltiva la propria identità e la conserva gelosamente (51), e così testimonia per l’esistenza della verità.

    Quando poi il cattolico, che ha sviluppato adeguatamente la propria "coscienza di verità", si organizza — così, con indicazioni sostanzialmente non datate, Papa Leone XIII incita a combattere contro l’egemonia massonica, cioè appunto attraverso l’associazionismo cattolico — il martirio, il ghetto oppure la crociata non dipendono dalla sua iniziativa, non sono il risultato di sue scelte, ma sono determinate dall’iniziativa del "mondo" inteso come maligno e come umanità, in quanto sono altrettante risposte "di verità" a puntuali sfide storiche: infatti, da parte sua il cattolico offre semplicemente una testimonianza missionaria adeguata alle diverse situazioni e caratterizzata da un atteggiamento di ben intesa tolleranza (52).



    ***

    (1) Cfr. qualche elemento biografico nel breve in memoriam comparso in Cristianità, anno II, n. 8, novembre-dicembre 1974, p. 12, ripreso ibid., anno XII, n. 110-111, giugno-luglio 1984, p. 15; per il contributo scientifico, cfr. Florido Giantulli S.J., L’essenza della massoneria italiana: il naturalismo, Pucci Cipriani, Firenze 1973.

    (2) Rosario Francesco Esposito S.S.P., La riconciliazione tra la chiesa e la massoneria. Cronaca di alcuni avvenimenti e incontri, con Introduzione di don Vincenzo Miano S.D.B., Giordano Gamberini e Giovanni Caprile S.J., Longo, Ravenna 1979, p. 136.

    (3) Rosario Francesco Esposito S.S.P., Pio IX. La Chiesa in conflitto col mondo. La S. Sede, la Massoneria e il radicalismo settario, Edizioni Paoline, Roma 1979, p. 24, conclusione della nota 7 di p. 23.

    (4) Rosario Francesco Esposito S.S.P., La riconciliazione tra la chiesa e la massoneria. Cronaca di alcuni avvenimenti e incontri, cit., p. 135.

    (5) Rosario Francesco Esposito S.S.P., La Massoneria e l’Italia dal 1800 ai nostri giorni, 5a ed., Edizioni Paoline, Roma 1979, p. 20.

    (6) Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sulla massoneria, del 26-11-1983, trascritta in Cristianità, anno XII, n. 110-111, cit., p. 16, e in questo volume, Appendice III.

    (7) Cfr. Clemente XII, Lettera apostolica In eminenti apostolatus specula, del 28-4-1738, in Henricus Denzinger - Adolfus Schönmetzer S.J. (a cura di), Enchiridion Symbolorum definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, 25a ed. riveduta, Herder, Barcellona-Friburgo in Brisgovia-Roma-New York 1973, n. 2512; per una tr. it., cfr. Ugo Bellocchi (a cura di), Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740. 250 anni di storia visti dalla Santa Sede, vol. I: Benedetto XIV (1740-1758), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1993, pp. 289-291, dove è raccolta la bolla Providas Romanorum, del 18-3-1751, nella quale Papa Benedetto XIV trascrive integralmente la lettera apostolica In eminenti apostolatus specula di Papa Clemente XII. È questa la traduzione riportata nell’Appendice I del presente volume.

    (8) Claudio Schwarzenberg - Beatrice Bisogni, La massoneria oggi (intervista a Giordano Gamberini), Celebes, Palermo 1977, p. 30.

    (9) Cfr. Anderson’s Constitutions. Constitutions d’Anderson. 1723, testo inglese dell’edizione del 1723, introduzione, traduzione francese e note di Daniel Ligou, 4a ed. , EDIMAF, Parigi 1990.

    (10) Cfr. la quantificazione in Rosario Francesco Esposito S.S.P., "Abolita la scomunica contro la massoneria", in Vita pastorale, anno 71°, n. 4, aprile 1983, pp. 66-71 (p. 66), trascritto in Cristianità, anno XII, n. 110-111, cit., pp. 10-13 (p. 10).

    (11) Cfr., per gli elementi di fatto, ma con assoluta circospezione quanto ai giudizi, José Antonio Ferrer Benimeli S.J. - Giovanni Caprile S.J., Massoneria e Chiesa cattolica ieri, oggi e domani, 2a ed. con un’Appendice d’aggiornamento a cura di padre G. Caprile S.J., Edizioni Paoline, Roma 1982; e Luc Nefontaine, Église et Franc-maçonennerie, con una postfazione di Julien Ries, Éditions du Chalet, Parigi, 1990; per gli elementi di principio, benché talora discutibili, Georges Cottier O.P., "Regards catholiques sur la Franc-Maçonnerie (I). L’histoire de difficiles rapports", in Atheism and Dialogue. Athéisme et Dialogue. Ateísmo y Diálogo, vol. XXII, n. 2, 1987, pp. 101-119; Idem, "Regards catholiques sur la Franc-Maçonnerie (II). Après Vatican II, ouverture possibile?", ibid., vol. XXII, n. 3, 1987, pp. 197-221; e Jesus Hortal S.J., Maçonaria e Igreja: conciliáveis ou inconciliáveis?, Edições Paulinas, San Paolo 1993.

    (12) Cfr. Leone XIII, Enciclica Humanum genus sulla massoneria, del 20-4-1884; una tr. it. si trova in Cristianità, anno XII, n. 110-111, cit., pp. 4-9, ripresa in questo volume, Appendice II, e di essa mi servo; circa la dottrina del documento e i fatti dalla sua pubblicazione, cfr. Hilario Apodaca C.M.F., "Il centenario della Humanum genus", ibid., pp. 13-16.

    (13) Cfr. Prima Romana Synodus. A. D. MDCCCCLX, Typis Polyglottis Vaticanis, Città del Vaticano s.d., n. 247 (trad. it., Primo Sinodo Romano, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano s.d.).

    (14) Cfr. Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera a S. Em. il card. John Krol, arcivescovo di Filadelfia, Stati Uniti d’America, del 19-7-1974, firmata da S. Em. il card. Franjo Seper, prefetto della Congregazione, in J. A. Ferrer Benimeli S.J. - G. Caprile S.J., op. cit., pp. 135-136.

    (15) Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sulla massoneria, cit.

    (16) Cfr. "Inconciliabilità fra fede cristiana e massoneria. Riflessioni a un anno dalla Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede", in L’Osservatore Romano, 23-2-1985, trascritto in Cristianità, anno XIII, n. 119-120, marzo-aprile 1985, pp. 11-12, e in questo volume, Appendice IV.

    (17) Cfr. Conferenza Episcopale Tedesca, Dichiarazione circa l’appartenenza di cattolici alla massoneria, tr. it. in Cristianità, anno X, n. 66, ottobre 1980, pp. 5-8.

    (18) Cfr. mons. Josef Stimpfle, "La Chiesa cattolica e la massoneria. La commissione per il dialogo ha chiarito la decisiva questione", tr. it., in Quaderni di "Cristianità", anno II, n. 4, primavera 1986, pp. 45-67; cfr. anche Ermanno Pavesi, "Intervento decisivo su Chiesa cattolica e massoneria", in Cristianità, anno XIV, n. 133, maggio 1986, pp. 6-8 e, per ulteriori approfondimenti, il contributo di mons. Josef Stimpfle in questo volume.

    (19) Cfr. Dom Frei Vital Gonçalves de Oliveira, Bispo de Olinda, Instrução pastoral sôbre a Maçonaria e os Jesuítas, Editôra Vozes Ltda., Petrópolis 1957.

    (20) Cfr. José Ma. Card. Caro R., Arzobispo de Santiago, Primado de Chile, El Misterio de la Masoneria, 2a ed., Editorial Difusion, Buenos Aires 1951.

    (21) Cfr. Arnaud de Lassus, "Le tappe massoniche di una politica della morte", in Cristianità, anno VIII, n. 62-63, giugno-luglio 1980, pp. 7-11.

    (22) Cfr. Denis Fahey C.S.Sp., The Kingship of Christ and Organized Naturalism, 5a ed., Regina Publications, Dublino 1973.

    (23) 1 Tim. 3, 15.

    (24) Leone XIII, doc. cit., n. 9.

    (25) Ibid., n. 10.

    (26) Clemente XII, doc. cit., n. 2512 (tr. it. cit., p. 290).

    (27) Ibid., n. 2511 (tr. it. cit, ibid.).

    (28) Leone XIII, doc. cit., n. 11.

    (29) Ibid., n. 12.

    (30) Ibid., n. 17.

    (31) Ibid., n. 18.

    (32) Ibid., n. 17.

    (33) Ibid., n. 8.

    (34) Giambattista Vico, Princìpi di Scienza nuova d’intorno alla comune natura delle nazioni (1744), Conchiusione dell’opera. Sopra un’eterna repubblica naturale, in ciascheduna sua spezie ottima, dalla divina provvedenza ordinata, §§ 1109, 1102 e 1106, in Idem, Opere, a cura di Andrea Battistini, Mondadori, Milano 1990, vol. I, pp. 970, 966 e 967. Cfr. qualche riflessione sullo stesso tema nel mio "Dopo Marx, i maghi? La riscoperta del pensiero magico in una cultura postmarxista", in CESNUR. Centro Studi sulle Nuove Religioni, Il ritorno della magia. Una sfida per la società e per la Chiesa, a cura di Massimo Introvigne, Effedieffe, Milano 1992, pp. 55-70.

    (35) Sant’Agostino, De Civitate Dei, libro XVIII, capitolo 41.

    (36) Anderson’s Constitutions. Constitutions d’Anderson. 1723, cit., p. 179 (grassetto nell’originale).

    (37) Clemente XII, doc. cit., n. 2511: "alcune Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Conventicole o Aggregazioni comunemente chiamate dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o con altre denominazioni chiamate a seconda della varietà delle lingue" (tr. it. cit., ibid.).

    (38) Leone XIII, doc. cit., n. 7.

    (39) Ibid., n. 9.

    (40) Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera a S. Em. il card. John Krol, arcivescovo di Filadelfia, Stati Uniti d’America, cit., pp. 135-136.

    (41) Leone XIII, doc. cit., n. 5.

    (42) Cfr., per l’erronea interpretazione, R.F. Esposito S.S.P., "Abolita la scomunica contro la massoneria", cit.; circa l’imprudenza del mutamento, cfr. H. Apodaca C.M.F., "Il centenario della Humanum genus", cit.

    (43) Leone XIII, doc. cit., n. 22.

    (44) Giovanni Paolo II, Enciclica Centesimus annus nel centenario della Rerum novarum, del 1°-5-1991, n. 46.

    (45) Cfr. Plinio Corrêa de Oliveira, Trasbordo ideologico inavvertito e dialogo, tr. it., Edizioni de L’Alfiere, Napoli 1973.

    (46) Cfr. san Pio X, Motu proprio "Doctoris Angelici", del 29-6-1914, in Actes de S. S. Pie X, tomo VIII, Bonne Presse, Parigi s.d., pp. 69-71.

    (47) Cfr. Pio XI, Discorso alle rappresentanze della Federazione Universitari Cattolici Italiani, dell’8-1-1927, in Discorsi di Pio XI, vol. I, SEI, Torino 1960, p. 668.

    (48) Cfr. mons. Giuseppe Casale, arcivescovo metropolita di Foggia-Bovino, Nuova religiosità e nuova evangelizzazione. Lettera pastorale, Piemme, Casale Monferrato (Alessandria) 1993; e Massimo Introvigne, La questione della nuova religiosità. In appendice la relazione generale al Concistoro Straordinario del 1991 di S. Em. il card. Francis Arinze, Cristianità, Piacenza 1993.

    (49) Cfr. Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor circa alcune questioni fondamentali dell’insegnamento morale della Chiesa, del 6-8-1993, n. 1.

    (50) Mt. 7, 16.

    (51) Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Convegno della Chiesa italiana sul tema Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini, a Loreto, dell’11-4-1985, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. VIII, 1, pp. 989-1005.

    (52) Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, del 12-1-1985, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. VIII, 1, p. 61.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

 

 
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