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    SENATORE di POL
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    Predefinito I comunisti, Stalin, Togliatti e la democrazia

    Sì, ormai lo sappiamo con certezza. Il "Cominform", con Stalin in persona ordinò ai partiti comunisti occidentali di insistere nella lora propaganda ideologica, sul concetto di “difesa dell’indipendenza nazionale” , nella lotta contro la costituzione della N.A.T.O., ossia dell’alleanza difensiva del mondo libero contro il totalitarismo comunista, modello ideologico e politico del Partito Comunista Italiano di Palmiro Togliatti. Fiumi di inchiostro si sprecarono sulle pagine de l’Unità, di Rinascita, dell’editoria marxista o codista verso il marxismo, per la sacra causa “dell’indipendenza nazionale” contro “l’imperialismo americano”. Imperialismo americano che con il piano Marshal consentiva all’Europa occidentale di accelerare il processo di ricostruzione in modo mirabile, di costruire società democratiche e pluralistiche, mentre ad est, ove andavano in ferie i dirigenti del Partito Comunista Italiano, e ove stavano sorgendo le “democrazie progressive e popolari” (indicate da Togliatti come ….obiettivo di medio lungo termine della lotta dei comunisti italiani, a partire dalla Costituzione antifascista) si costruivano società totalitarie ed oppressive.
    A Savona, sui pilastri di uno dei ponti cittadini sul torrente Letimbro si leggono ancora, in vernice nera, ormai alquanto sbiadita, alcune scritte della propaganda degli uomini di Stalin e Togliatti contro la Nato. Del tipo: “abbiamo combattuto i fascisti per essere liberi e non servi degli americani”, oppure “viva l’Italia indipendente, abbasso il Patto Atlantico”.
    E mentre il PCI operava come “quinta colonna” del totalitarismo sovietico in terra italica, secondo i canoni dell’internazionalismo proletario (versione stalinista: totale subordinazione del movimento comunista internazionale agli interessi dell’Unione Sovietica), mentre ancora a Roma, durante le Olimpiadi del 1960, gli agit-prop comunisti plaudivano gli atleti sovietici (e tifavano spesso per loro anche contro quelli italiani, lasciando bene intendere in che cosa consisteva il loro “patriottismo”), nei paesi dell’est si edificavano le gloriose “democrazie popolari”.
    E tutti, persino i comunisti più ottusi, sanno oggi in che cosa consisteva “l’indipendenza nazionale” di quei paesi del “campo socialista”. La dottrina della “sovranità limitata” in nome dello “internazionalismo proletario” sarà formalizzata in epoca brezneviana, ma praticata con chiara durezza ed intransigenza fin dal 1945. Del resto le truppe dell’Armata Rossa si trasformarono immediatamente, in quegli sfortunati paesi, da forze di liberazione in forze di oppressione, che avrebbero imposto i “processi rivoluzionari” di trasformazione di quegli stati in regimi totalitari comunisti subordinati all’Unione Sovietica.
    Certo, alcuni paesi, segnatamente la Jugoslavia di Tito e l’Albania di Hoxa, per ragioni diverse, pur rimanendo dei totalitarismi comunisti (l’Albania addirittura utracomunista e poi maoista) , si emanciperanno dalla dominazione sovietica. Ma non l’Ungheria o la Cecoslovacchia, che subiranno l’invasione diretta delle truppe del Patto di Varsavia. E il PCI fu nel primo caso completamente schierato contro l’autonomia dell’Ungheria e contro i “comunisti riformisti” che come Nagy, volevano traghettare il loro paese ad un “socialismo democratico”, libero dalla dominazione sovietica e dalla dittatura. La migliore dimostrazione della totale servitù del PCI di Togliatti ad una potenza totalitaria straniera ed avversa, è data appunto dall’atteggiamento assunto nei confronti della sanguinaria repressione della “rivoluzione ungherese” del 1956.
    Nel 1968, l’anno dell’elezione dello stragista ex ergastolano Gemisto alla carica di senatore comunista, le truppe del Patto di Varsavia invadevano la Repubblica democratica (tutti le dittature comuniste sono ed erano “democratiche”, lasciando chiaramente intendere il significato della parola democrazia quando è pronunciata dai comunisti) e popolare di Cecoslovacchia, ponendo fine alla “primavera di Praga”, e al tentativo riformista di avviare la trasformazione della dittatura stalinista cecoslovacca in un “socialismo dal volto umano”. Il PCI, questa volta, si dissociò dall’intervento diretto dell’URSS, ma senza porre minimamente in discussione i principi delle “democrazie popolari”, tanto che i critici più severi dell’invasione cecoslovacca e delle società dell’est furono espulsi dal partito, come gli ingraiani radicali della rivista “Il Manifesto” (poi quotidiano), per la verità allora attirati da posizioni “filo-cinesi” (ignoravano forse la sorte del Tibet?).
    Dunque mentre strumentalmente i comunisti italiani innalzavano la bandiera patriottica, per erodere la solidarietà atlantica dei paesi capitalistici del mondo libero, la loro vera patria ideologica, l’Unione Sovietica, si comportava davvero come una potenza imperiale nei confronti dei paesi del “blocco socialista”, con la copertura dell’internazionalismo proletario, e con il sostanziale consenso dei togliattiani.
    Mentre nell’Europa occidentale capitalistica avanzavano società democratiche e pluralistiche, e si costituiva tra sei paesi liberi, con il Patto di Roma, il Mercato Comune Europeo (contro il quale il PCI per anni polemizzò quasi con la stessa veemenza usata contro il “patto atlantico”), nell’Europa orientale l’oppressione totalitaria comunista investiva non solo i paesi sottoposti al controllo diretto sovietico, raggruppati nel Patto di Varsavia e nel Comecon, ma anche quelli “indipendenti” e “non allineati” come la Jugoslavia di Tito e l’Albania stalino-maoista di Enver Hoxa.
    Il partiti comunisti che si trovarono ad operare, in piena fedeltà alle direttive moscovite, nella parte libera dell’Europa, dovettero tenere conto strettamente di alcuni fattori fondamentali:
    a) l’Unione Sovietica considerava essenziale e intangibile la difesa dei propri interessi di Stato Socialista. E questa difesa era prioritaria , secondo la dottrina staliniana derivante dalla vecchia concezione de “il socialismo in un paese solo” rispetto alla stessa esportazione della rivoluzione comunista in altri paesi, e all’espansione immediata dal “campo socialista”;
    b) la politica estera sovietica era sì ideologicamente fondata sul mito dell’ineluttabilità del trionfo finale del comunismo sul capitalismo imperialistico, ma al tempo stesso era fortemente realistica , attenta agli interessi concreti dello Stato Sovietico, ai rapporti di forza, sia economici che soprattutto strategici e militari con gli Stati Uniti e il mondo libero;
    c) in tale ambito, l’Unione Sovietica, voleva evitare ogni azione precoce che mettesse lo Stato Guida del fronte socialista….prematuramente in campo ad affrontare un avversario più potente economicamente e quindi anche militarmente superiore, o in grado di ridiventarlo con relativa facilità in ragione della forza enorme del suo apparato industriale;
    d) fu per questi motivi che Stalin abbandonò ai propri destini la rivoluzione comunista in Grecia, ed ordinò a Togliatti e Thorez una politica di moderazione al loro ritorno in occidente, alla guida dei loro partiti comunisti, impegnati nel “fronte antifascista”;
    e) fu anche per questi motivi che gli “studi strategici” sovietici, nel 1943-44, previdero che il processo rivoluzionario in Europa occidentale, seppur ineluttabile, avrebbe impiegato non meno di una generazione, e forse anche due per concretizzarsi, consigliando ai partiti comunisti occidentali una politica di adattamento, di “guerra di posizione”, di “penetrazione nelle istituzioni” borghesi;
    f) L’Unione Sovietica era però abituata a non considerare questi piani in modo dogmatico, per cui ci si doveva pur sempre preparare a tutte le eventualità, del tipo di una crisi radicale post-bellica del capitalismo che accelerasse il processo rivoluzionario e consentisse all’Unione Sovietica di sfondare la propria zona d’influenza verso occidente, o , viceversa, una non accettazione occidentale della politica di sovietizzazione dell’europa orientale con la creazione di un conflitto armato fra i blocchi, con la necessità di avere nei partiti comunisti occidentali degli importanti supporti politici, propagandistici, logistici e militari , oltre le linee nemiche;
    g) Su queste basi i partiti comunisti occidentali, e soprattutto quello italiano, costituirono il loro apparato militare clandestino , sotto il controllo sovietico, di cui sono state recentemente pubblicate parti delle ricerche scientifiche ad opera dei consulenti della “Commissioni stragi” della precedente legislatura, e su cui vi è l’autorevole intervento anche di esperti russi, del tutto meravigliati del modo con il quale in Italia si è cercato di creare una sorta di cortina fumogena…su questi eventi, ricorrendo addirittura all’arma della derisione e delegittimazione preventiva, tipica della “disinformacia” sovietica di staliniana memoria, che non dovrebbe….più essere operativa nel XXI secolo, a dodici anni dalla caduta del muro di Berlino (altro simbolo della libertà nazionale dei paesi comunisti!).
    h) La politica di “moderazione” del PCI, a copertura e protezione degli interessi vitali del “campo socialista” e dell’Unione Sovietica in primo luogo, è stata garantita mirabilmente da Palmiro Togliatti, intellettuale stalinista molto duttile e capace, subordinato fin dalla fine degli anni venti alla frazione staliniana del PC (b) R (poi PCUS), dopo una breve militanza “filo-buchariniana” che vedrà di far dimenticare …..presto.
    i) L’atto simbolico più celebre e famoso di questa “moderazione” è sicuramente quello relativo agli attimi successivi all’attentato, quasi mortale, che Palmiro Togliatti subì nel 1948, e che vide il medesimo, insieme alla direzione del partito, operare per frenare le spinte insurrezionali della base , in un momento in cui la rivoluzione in Italia sarebbe stata del tutto contraria alla strategia sovietica, già gravemente disturbata dalla frattura con la Jugoslavia di Tito, che privava i comunisti italiani del supporto logistico di Belgrado , che aveva, come è noto dagli studi di Zaslavsky, operato come “ponte” verso Mosca durante l’immediato dopoguerra;
    j) La posizione degli USA verso la partecipazione al governo, nel periodo 1945-48, di un partito comunista filo-sovietico, fu di crescente preoccupazione e contrarietà man mano che si deterioravano i rapporti fra le due potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, e man mano risultava chiara l’intenzione russa di sovietizzare integralmente la propria “zona di influenza” ;
    k) Con l’inizio della guerra fredda…. lo scontro fra i due blocchi diventò feroce, facendo sì che anche nel campo democratico occidentale si facessero avanti posizioni radicali, contenute a fatica, e sulla scorta delle quali ci furono certamente deviazioni anche gravi, dai principi ispiratori di una politica democratico liberale.
    Detto questo deve però risultare chiaro che, quello che più tardi Enrico Berlinguer chiamerà significativamente “l’ombrello protettivo della NATO”, consentì complessivamente alle società dell’Europa occidentale di sviluppare la democrazia rappresentativa, i diritti politici, sociali e civili, laddove la cappa del “patto di Varsavia” generò soltanto società totalitarie, oppressive, radicalmente antidemocratiche, secondo gli schemi ideologici e politici del “marxismo-leninismo”.
    E al di là di tutte le mistificazioni della “disinformacia” staliniana, i cui residui si vedono ancora chiaramente nelle ricostruzioni “storiche” degli eredi dei fedeli rivoluzionari filo-sovietici e di coloro che ne hanno subito l’egemonia culturale, la sinistra italiana fu sempre largamente minoritaria in questo paese. Il PCI togliattiano-staliniano, nel periodo 1948-1970) non raggiunse mai il 30% dei voti, e si lanciò al di sopra di quella soglia solo quando inizio’ un deciso, seppur insufficiente, processo di revisione e di distacco da Mosca. Tanto è vero che il Pci propose una strategia di “unità antifascista e nazionale” per poter accedere al potere, per poter adempiere al mandato sovietico di “pentrare nelle istituzioni capitalistiche”.
    Su questo fronte il comportamento del PCI fu sempre quello di paventare uno stato di emergenza, di crisi pericolosa, sia economica, che politica. La tattica del PCI fu in sostanza sempre attesista e neo-ciellenista, di dialogo con "i cattolici" e tutte "le forze popolari" proprio in ragione della debolezza (relativa) strutturale della sinistra italiana, che imponeva sia socialmente che politicamente una “politica delle alleanze” , anche sul piano sociale (alleanza della classe operaia con "i ceti medi produttivi".
    Ogni volta che si profilava all’orizzonte una crisi economica, politica, sociale, il PCI agitava le acque, accentuava nella sua analisi la pericolosità della situazione per il “benessere del popolo” e per la “tenuta democratica del paese”, agitando ogni genere di spettri.
    La parola d’ordine era “senza il PCI non si governa” , giacchè queste situazioni critiche non potevano essere governate “senza la classe operaia” e senza “la sua rappresentanza politica”.
    Questo comportamento favorirà , insieme alla linea segnata dalla famosa “svolta di Salerno” del 1944, l’idea di un PCI “rivoluzionario a parole, filosovietico nelle intenzioni, ma democratico e integrato nella società occidentale nella prassi” , idea che rappresenta una delle dinamiche concrete della politica italiana per tutta una fase, ma che non tiene affatto conto dei moventi ispiratori di questa linea, e della loro totale compatibilità, almeno fino ad una certa data, con la strategia complessiva del movimento comunista internazionale dominato dalla potenza avversaria e totalitaria sovietica.
    Una politica quindi, al di là delle apparenze, subordinata ad una potenza straniera ed avversaria, ad una potenza antidemocratica e totalitaria . Una politica che non si può non definire, nella sua potenzialità e nei suoi moventi concreti, come rivoluzionaria, antioccidentale ed eversiva .
    E’ però senz’altro vero che, come aveva profetizzato "l’eretico " Amadeo Bordiga già negli anni 20, l’abitudine al lavoro nelle istituzioni borghesi e ai metodi isituzionali e politici della democrazia borghese, influenzò fortemente la mentalità delle nuove generazioni comuniste, “corrompendo” anche “la purezza rivoluzionaria” di parte di quelle vecchie. E questo fu senz’altro positivo . E ciò sfociò, quasi ineluttabilmente, nella crescita di un’ala riformatrice e migliorista nel partito che consentirà gradualmente allo stesso di precisare la propria ideologia in senso più riformistico, giungendo persino ad una formale “rottura” (mai completa, come risulta dalla recente documentazione) con Mosca .
    E tuttavia la “socialdemocratizzazione di fatto” del PCI, denunciata dall’estrema sinistra, si svolse in gran parte in continuità con l’impostazione togliattiana di una ricerca, per rientrare nell’area di governo, di “un’ampia convergenza fra le forze popolari e antifasciste”.
    Durante gli anni settanta la strategia del “compromesso storico” riproponeva, in fondo proprio questo obiettivo “immediato” che fu del togliattismo, ma lo proponeva in modo nuovo .
    Mentre l’estrema sinistra agitava lo spettro del Cile e della “fascistizzazione dello Stato” per lanciare parole d’ordine “rivoluzionarie”, fino a predicare l’insurrezione e la “lotta armata” (poi praticata dalle frange più esagitate) come “nuova resistenza” , vista però finalmente come “ponte verso la rivoluzione socialista”, il PCI si indirizzava in senso opposto.
    Per Berlinguer l’insegnamento cileno, ed i pericoli di svolta “reazionaria” in Italia, dovevano indurre i comunisti italiani ad una politica di collaborazione strategica con le parti sane e democratiche del popolo italiano e della stessa borghesia . Tanto più che la grave crisi di ristrutturazione del capitalismo italiano, seguita alla crisi energetica, con le forti tensioni inflative, rendeva indispensabile una posizione “responsabile” del movimento operaio, senza la cui collaborazione era impossibile alla borghesia italiana “uscire dalla crisi”.
    La divaricazione strategica fra il PCI berlingueriano e l’estrema sinistra fu pertanto fortissima, anche perché, a differenza che nel 1943-45, il mito rivoluzionario non era solo più accantonato e congelato sull’altare della “unità antifascista” , ma definitivamente abbandonato con una progressiva revisione ideologica dei fondamenti stessi del “comunismo occidentale” .
    “L’eurocomunismo” metteva ora, per la prima volta, in discussione le società dell’est Europeo, non negando ancora loro il loro ruolo “progressivo”, e quindi complessivamente positivo e “superiore” al capitalismo, ma criticando il “deficit di democrazia” che indubitabilmente lì si era generato in ragione di un modello di sviluppo del processo rivoluzionario che stava manifestando evidenti limiti.
    Il PCI di Berlinguer metteva per la prima volta in seria e non strumentale discussione anche le basi economico-sociali di una futura società socialista, parlando apertamente del ruolo positivo che poteva assumere, anche in tale contesto, la piccola e media proprietà , e quindi la sussistenza di un mercato libero, seppur vigilato e sottoposto alla programmazione economica di piano da parte del Governo (una simile idea di “socialismo”, anzi addirittura maggiormente statalista, era presente nel pur platonico e coevo programma laburista inglese!).
    Ciò nondimeno ancora nel 1975 Berlinguer parlerà della superiorità delle società dell’est, perché avevano evitato la crisi (!!!) e avevano maggiormente protetto il tenore di vita dei loro lavoratori (!!!!), e il PCI continuerà ad avere rapporti con i servizi sovietici e dell’est (ancora nel 1979 la direzione comunista, come risulta dai documenti sovietici, chiederà tre apparati radiotrasmittenti al KGB), ad invitare delegazioni dell’Europa orientale ai propri convegni, congressi, festival, lasciando sussistere un’ampio margine di ambiguità….
    Questa insufficienza della revisione eurocomunista del PCI, questa sua ambiguità di fondo, nonostante gli “strappi” proclamati e parzialmente attuati, nonostante le professioni di fede pluralistica, faranno in modo che il maggior partito della sinistra italiana giunga in profondo ritardo ad uno strappo reale e profondo con il marxismo-leninismo. Il PCI si lascerà sorprendere e travolgere dalla caduta del muro di Berlino, e non farà nessuna Bad Godesberg italiana prima del crollo definitivo dell’URSS!! .
    Ora, in altre realtà dell’Europa occidentale, dove il peso comunista nel secondo dopoguerra fu inferiore o nullo, ci fu la possibilità reale di un’alternanza al governo fra partiti di centrodestra e partiti di centrosinistra o sinistra. E’ responsabilità del Partito Comunista Italiano, e non di altri, l’aver impedito questa alternanza in ragione della propria fedeltà ad un blocco politico miltare avverso e antidemocratico, ed a principi ideologici (il marxismo-leninismo), obiettivamente incompatibili con la democrazia pluralistica occidentale.
    Le società che sono “fuoriscite dal capitalismo”, non hanno saputo creare niente di buono, ne’ sotto il profilo della capacità di produrre ricchezza, ne’ sotto il profilo di una concreta “giustizia sociale” (visto lo sfruttamento schiavistico della manodopera forzata, i privilegi della nomenklatura…), ne’ soprattutto sotto il profilo delle libertà politiche, sociali e civili. Ciò nonostante c’è chi vuole ripercorrere la strada verso il paradiso…. Nonostante l’esperienza abbia dimostrato che conduce all’inferno. E nel far questo usa le “armi critiche” e i “miti mistificanti” che furono ieri parte qualificante della propaganda sovietica e marxista-leninista, diffondendosi, è vero, a settori dell’intellettualità internazionale “progressista”, in virtù dell’indubbia capacità comunista di egemonizzare ampi settori della produzione culturale delle società occidentali . Persino laddove i comunisti come forza politica quasi non esistevano la “disinformacia “ sovietica ha imposto i propri modelli tramite i “pacifisti” (molti movimenti dei quali, oggi lo sappiamo erano, quelli sì, eterodiretti dall’URSS e finanziati dal KGB).
    Nel thread “i profeti” riporto citazioni di noti intellettuali italiani (ma ce ne sono anche di francesi, inglesi, americani , tedeschi…) che ci indicavano….la via.
    La forte attrazione del marxismo verso gli intellettuali, e la sua influenza verso le sinistre “liberal” non comuniste, resta, come diceva Bernanrd Russel, uno degli aspetti insieme più inquietanti ed affascinanti della storia contemporanea . Come lo fu l’attrazione del nazionalsocialismo verso tanti intellettuali tedeschi, anche di valore, negli anni trenta.
    Il comunismo è tuttavia seducente, lo dico per esperienza personale, giacchè secolarizza la speranza escatologica giudaico-cristiana, dandole una veste rigorosamente scientifica (in realtà scientista). La mistificazione del bene, l’ha chiamata qualcuno .


    Cordiali saluti.

  2. #2
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    Ottimo saggio. Preciso, accurato e sopratutto veritiero.
    Cosi veritiero ed accurato da farmi sospettare che l' autore sia stato, in gioventù, molto intrinseco al P.C.I.
    Bene, detto questo ora, come dicono alla tv, una domanda sorge spontanea:
    che farne di questo saggio e di altri similari che pullulano sul forum sempre ad opera degli stessi autori? Lasciarlo dov' è sperando che qualche comunista lo legga e si ravveda?
    Altamente improbabile.

    Metterlo in frigorifero e utilizzarlo nei momenti di crisi dell' esecutivo (sempre più frequenti) per sviare l' attenzione degli utenti del forum dalle miserie dell' attuale maggioranza di governo?
    Già va meglio.

    Oppure surgelarlo del tutto e scongelarlo fra 4 anni alla vigilia delle elezioni politiche del 2006 sperando che quotidiani notoriamente obiettivi ed indipendenti, quali il Giornale o Libero, possano trarne spunti interessanti utili ad illuminare le menti di quelli che, come amorevolmente ci ricorda il nostro beneamato presidente del Consiglio: "Han fatto solo la terza elementare e non sedevano nemmeno tra i primi banchi"?
    Ecco questa opzione mi sembra la più indicata.

    Orsù dunque, surgeliamo quest' altro po' di monnezza.
    Tornerà utile al momento opportuno.

    Gianni Guelfi

  3. #3
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    Da così fastidio la ricostruzione storica dei fatti?

    e allora continuiamo:

    La strategia dei comunisti italiani durante la “guerra civile di liberazione” fu quindi sostanzialmente e fortemente subordinata alle direttive sovietiche. Ovviamente questo non avvenne senza contraddizioni e conflitti interni. Infatti a seguito della “svolta di Salerno” e ancor prima della politica “Ciellenista” del PCI nacquero numerosi gruppi di comunisti “dissidenti”, anche fuori e in contrapposizione al PCI ufficiale.
    Tra il finire del settembre e il finire dell'ottobre del 1943 nel PCI si svolse un certo animato dibattito fra Mauro Scoccimarro, autore del “manifesto” antifascista del Partito, del 23 settembre e Luigi Longo.
    Lo Scoccimarro pur impostando il documento, di cui fu l'estensore, nel senso della “guerra per cacciare i tedeschi ed i fascisti”, considerava apertamente inevitabile la direzione comunista sul movimento “pur unitario”, guidato dai lavoratori. L'Unità delle forze della sinistra, nella battaglia antifascista era sostanzialmente un'unità ideologica e strategica, che doveva pur sempre avere nel pensiero “di Marx, Lenin e Stalin” il proprio punto di riferimento.
    Luigi Longo fu invece il portavoce di un pensiero politico notevolmente più realistico e concreto, che anticipava i temi della strategia togliattiana. Mentre lo Scoccimarro considerava, ad esempio, il governo Badoglio un' espressione del potere del nemico di classe, verso il quale dunque si doveva adottare una linea dura di contrapposizione e di lotta, per Longo era necessario scendere a compromossi con i badogliani per non indebolire la lotta antifascista che doveva andare ben oltre, per essere efficace, agli schieramenti “classisti” della sinistra.
    Si può dire che effettivamente, soprattutto al nord, in un primo momento fu l'anima “dura e pura” della linea illustrata da Scoccimarro ad avere una maggiore influenza, soprattutto sulle prime formazioni armate di partigiani comunisti. Tuttavia da Mosca giunsero fin dai primi dell'ottobre 1943 dei segnali piuttosto espliciti, e presto Palmiro Togliatti (Ercoli) fece sapere ai compagni italiani di ritenere comunque quello di Badoglio, senza esitazioni, come il “legittimo governo del nostro paese”.
    Prima di lasciare l'Unione Sovietica per raggiungere l'Italia, come è confermato dai diari di Dimitrov, Togliatti (come anche il capo dei comunisti francesi Thorez) ricevette personalmente da Stalin le istruizioni sulla linea politica da adottare, linea che fu conosciuta come la “svolta di Salerno” e che un dirigente comunista come Giorgio Amendola avrebbe chiamato....come la “bomba Ercoli”, per rendere idea di come le posizioni del leader rientrato in Italia provocassero un vero sconvolgimento psicologico in moltissimi militanti comunisti...e non.
    Prima che Togliatti sbarcasse a Salerno, intanto, e siamo nei primi giorni di marzo del 1944, l'Unione Sovietica di Baffone annunciò di riconoscere formalmente l'Italia di Badoglio. Togliatti che in quel momento si trovava ancora ad Algeri, in attesa di potersi imbarcare per l'Italia meridionale, rilascerà alla stampa una dichiarazione in cui si sottolineava la generosità e la saggezza del gesto compiuto dai massimi responsabili dell'URSS, gesto che “ toccherà il cuore di tutti i veri patrioti italiani, aprendo la via della rinascita di un'Italia libera e rispettata nel mondo ”.
    Il commento del presidente americano Roosevelt al riconoscimento sovietico dell'Italia badogliana è di notevole lucidità politica, anche se sopravvaluta le possibilità comuniste:
    I russi sono senza dubbio uomini realistici, ma è anche naturale che il loro obiettivo possa essere un'Italia comunista e che possa riuscire loro utile servirsi del re e di Badoglio fino al momento in cui tutto sia pronto per una soluzione rivoluzionaria ”.
    L'ambasciatore sovietico negli Usa Andrey Gromiko, il 19 marzo 1944 consegnò al segretario di Stato americano Cordell Hull un memorandum in cui erano contenute, fra l'altro, le seguenti significative parole: “ il governo sovietico propone ai governi della Gran Bretagna e degli Stati Uniti di prendere misure per l'unione di tutte le forze democratiche e antifasciste dell'Italia liberata sulla base di un appropriato perfezionamento del governo italiano ”. La strada per la prossima “svolta” impressa da Togliatti alla strategia dei comunisti italiani era definitivamente ....tracciata. Da Stalin.

    .....continua....

  4. #4
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    Intermezzo bibliografico:

    testi principali di riferimento per i post sulla storia del comunismo italiano....

    Paolo Spriano : "Storia del Partito Comunista Italiano" - Einaudi;
    Arturo Peregalli : "L'Altra Resistenza - il Pci e le opposizioni di sinistra - 1943/1945" - Graphos;
    Gianni Oliva: "La Resa dei Conti - aprile/maggio 1945: foibe, piazzale loreto e giustizia partigiana" - Mondadori;
    Roberto Gremmo : "I Partigiani di Bandiera Rossa - Il Movimento Comunista d'Italia nella Resistenza Romana" - Edizioni ElF;
    Aldo Agosti : "Bandiere Rosse - un profilo dei comunismi europei" - Editori Riuniti;
    AA.VV. : "Lo stalinismo nella sinistra italiana - atti del convegno organizzato da Mondoperaio - Roma 16/17 marzo 1988" - Aesse libri;
    Alberto Cecchi : "Storia del PCI attraverso i congressi" - Newton Compton Editori;
    ---- "Il PCI e la svolta del 1956" - Edizioni Rinascita;
    Sergio Bertelli - Francesco Bigazzi : "P.C.I - la storia dimenticata" - Mondadori;
    Gian Paolo Pelizzaro: "Gladio Rossa - Dossier sulla più potente banda armata esistita in Italia" - ed. Settimo Sigillo;
    Valerio Riva : "Oro da Mosca - i finanziamenti sovietici al PCI dalla rivoluzione d'ottobre al crollo dell'URSS" - Mondadori;
    Pietro Melograni : "Comunismo, fascismo, libertà" in nuova Storia Contemporanea n° 2/2002;
    Sergio Bertelli : "IL PCI : reticenze e mistificazioni" in nuova Storia Contemporanea n° 2/2002;
    Valeria Sgambati "Il lungo viaggio del PCI" in nuova Storia Contemporanea n° 6/2000;
    Michael Ledeen: "Gli Usa e il PCI" - in nuova Storia Contemporanea n° 4/2001;
    Gianni Donno : "Gladio Rossa - la storia fra magistratura e politica" in nuova Storia contemporanea n° 3/2001
    Victor Zaslawsky: "La Gladio Rossa" - in nuova Storia Contemporanea - m° 1/2001;
    Paolo Buchignani : "I fascisti rossi da Mussolini a Togliatti" - in nuova Storia Contemporanea - n° 1/1998;
    Renzo De Felice : "La resistenza e il Regno del Sud" - in nuova Storia Contemporana, n° 2/1999;
    Salvatore Sechi: "Gli americani e l'apparato militare del PCI" - in nuova Storia Contemporanea - n° 6/1999;
    Victor Zaslawsky : "I finanziamenti sovietici ai comunisti italiani" - in Nuova Storia Contemporanea - n° 6/1999;
    Roberto Massari/ALfonso Leonetti : "All'Opposizione nel PCI con Trotsky e Gramsci" - ed. Controcorrente;
    Bruno Fortichiari : "Comunismo e Revisionismo in Italia" - Tennerello editore;
    Luigi Cortesi : "Le Origini del PCI" - Laterza;
    Ruggero Giacomini : "Gramsci e la formazione del partito comunista d'Italia" - Ed. cultura operaia;
    AA.VV: "La liquidazione della sinistra del PCd'IT" - ed. l'Internazionale;
    Miriam Mafai : "Botteghe Oscure, addio - com'eravamo comunisti" - Mondadori;
    Enrico Berlinguer : "La politica internazionale dei comunisti italiani" - Editori Riuniti;
    Enrico Berlinguer : "Unità del popolo per salvare l'Italia" - Editori Riuniti;
    E. Ragionieri "Comunisti, azionisti e cattolici nella resistenza" - Editori riuniti;
    AA.VV. : "1943 - l'anno che cambiò l'Italia " in Ragionamenti sui fatti e le immagini della Storia - n° 26 del 1993;
    Piero Boni : "Mito e realtà della Resistenza" intervista a Ragionamenti sui fatti e le immagini della Storia - n° 26 del 1993;
    Salvatore Sechi : "L'esercito rosso - l'apparato militare del PCI" in nuova Storia Contemporanea, n° 3/2000;
    Giuseppe Galasso: "Il 48 e il tribunale della storia" - in nuova Storia Contemporanea n° 1/2001;
    Salvatori Sechi : "Gli Usa e la crisi italiana del 1947" - Luni;
    AA.VV. : "Stalin e Hitler e la seconda guerra mondiale" - in "Storia e Cultura" - 1979;
    E.Reale : "La nascista del Cominform" - ed. rinascita;
    S. Coutois : "La questione comunista - storia, memoria, giudizio" - in nuova Storia Contemporanea - n° 3/2000.
    (Amadeo Bordiga e compagni) : "Storia della sinistra Comunista" - edizioni il programma comunista.

  5. #5
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    Ma prego faccia tutte le ricostruzioni che vuole.
    Anzi, come dicevo al nostro comune amico Carletto, leggere quei paroloni e quei nomi dopo cosi tanti anni, Thorez, Dimitrov, Scoccimarro, m' ha fatto salire le lacrime agli occhi dalla nostalgia.
    Nessuno rimpiange il comunismo tanto quanto voi due, dica la verità.
    Vi manca il nemico.
    In sé, fare ricostruzioni storiche o commemorare anche i caduti dell' altra parte è tutt' altro che negativo, bensi positivissimo.
    A meno di non essere in malafede. Una malafede di fondo come la vostra.
    Eh si, perché voi non fate ricostruzioni per pacificare ma per dividere. Per calunniare gli oppositori odierni che, lei lo sa bene, con lo stalinismo non hanno nulla da spartire.
    Per far si che un po' di quel sangue di vittime innocenti ricada anche sui vostri oppositori odierni.
    Questo si chiama sciacallaggio, non ricostruzione storica.
    E lo sciacallaggio è la cosa che la Destra italiana, che ahimé non è composta di Lords come quella inglese ma somiglia piuttosto a una Destra sudamericana, sa fare meglio.

    Auguri per la ricostruzione

    Gianni Guelfi

  6. #6
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    Se con lo stalinismo lei non ha nulla da spartire perchè se la prende così tanto fino a giungere a vergognosi quanto bassi ....insulti? Come si permette di parlare di sciacallaggio, malafede, e di usare toni così innegabilmente ingiuriosi, del tutto gratuitamente? I suoi sono proprio i toni e i modi dei vecchi stalinisti cresciuti nel vecchio PCI togliattiano. Rammenta gli insulti di Palmiro....per fare solo un esempio, a Ignazio Silone? Lei ricorda moltissimo quello stile.
    Nessuno la obbliga a leggere, e se legge è pregato di contestare nel merito le affermazioni e le notizie sostenute, possibilmente confutandole. Così si dialoga tra persone serie e in buona fede....e fra uomini veramente liberi, pur se di diverse vedute. Io sono tanto serio che in buona fede che libero....e lei?

    Saluti anticomunisti

  7. #7
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    Originally posted by Pieffebi
    Da così fastidio la ricostruzione storica dei fatti?

    e allora continuiamo:

    La strategia dei comunisti italiani durante la “guerra civile di liberazione” fu quindi sostanzialmente e fortemente subordinata alle direttive sovietiche. Ovviamente questo non avvenne senza contraddizioni e conflitti interni. Infatti a seguito della “svolta di Salerno” e ancor prima della politica “Ciellenista” del PCI nacquero numerosi gruppi di comunisti “dissidenti”, anche fuori e in contrapposizione al PCI ufficiale.
    Tra il finire del settembre e il finire dell'ottobre del 1943 nel PCI si svolse un certo animato dibattito fra Mauro Scoccimarro, autore del “manifesto” antifascista del Partito, del 23 settembre e Luigi Longo.
    Lo Scoccimarro pur impostando il documento, di cui fu l'estensore, nel senso della “guerra per cacciare i tedeschi ed i fascisti”, considerava apertamente inevitabile la direzione comunista sul movimento “pur unitario”, guidato dai lavoratori. L'Unità delle forze della sinistra, nella battaglia antifascista era sostanzialmente un'unità ideologica e strategica, che doveva pur sempre avere nel pensiero “di Marx, Lenin e Stalin” il proprio punto di riferimento.
    Luigi Longo fu invece il portavoce di un pensiero politico notevolmente più realistico e concreto, che anticipava i temi della strategia togliattiana. Mentre lo Scoccimarro considerava, ad esempio, il governo Badoglio un' espressione del potere del nemico di classe, verso il quale dunque si doveva adottare una linea dura di contrapposizione e di lotta, per Longo era necessario scendere a compromossi con i badogliani per non indebolire la lotta antifascista che doveva andare ben oltre, per essere efficace, agli schieramenti “classisti” della sinistra.
    Si può dire che effettivamente, soprattutto al nord, in un primo momento fu l'anima “dura e pura” della linea illustrata da Scoccimarro ad avere una maggiore influenza, soprattutto sulle prime formazioni armate di partigiani comunisti. Tuttavia da Mosca giunsero fin dai primi dell'ottobre 1943 dei segnali piuttosto espliciti, e presto Palmiro Togliatti (Ercoli) fece sapere ai compagni italiani di ritenere comunque quello di Badoglio, senza esitazioni, come il “legittimo governo del nostro paese”.
    Prima di lasciare l'Unione Sovietica per raggiungere l'Italia, come è confermato dai diari di Dimitrov, Togliatti (come anche il capo dei comunisti francesi Thorez) ricevette personalmente da Stalin le istruizioni sulla linea politica da adottare, linea che fu conosciuta come la “svolta di Salerno” e che un dirigente comunista come Giorgio Amendola avrebbe chiamato....come la “bomba Ercoli”, per rendere idea di come le posizioni del leader rientrato in Italia provocassero un vero sconvolgimento psicologico in moltissimi militanti comunisti...e non.
    Prima che Togliatti sbarcasse a Salerno, intanto, e siamo nei primi giorni di marzo del 1944, l'Unione Sovietica di Baffone annunciò di riconoscere formalmente l'Italia di Badoglio. Togliatti che in quel momento si trovava ancora ad Algeri, in attesa di potersi imbarcare per l'Italia meridionale, rilascerà alla stampa una dichiarazione in cui si sottolineava la generosità e la saggezza del gesto compiuto dai massimi responsabili dell'URSS, gesto che “ toccherà il cuore di tutti i veri patrioti italiani, aprendo la via della rinascita di un'Italia libera e rispettata nel mondo ”.
    Il commento del presidente americano Roosevelt al riconoscimento sovietico dell'Italia badogliana è di notevole lucidità politica, anche se sopravvaluta le possibilità comuniste:
    I russi sono senza dubbio uomini realistici, ma è anche naturale che il loro obiettivo possa essere un'Italia comunista e che possa riuscire loro utile servirsi del re e di Badoglio fino al momento in cui tutto sia pronto per una soluzione rivoluzionaria ”.
    L'ambasciatore sovietico negli Usa Andrey Gromiko, il 19 marzo 1944 consegnò al segretario di Stato americano Cordell Hull un memorandum in cui erano contenute, fra l'altro, le seguenti significative parole: “ il governo sovietico propone ai governi della Gran Bretagna e degli Stati Uniti di prendere misure per l'unione di tutte le forze democratiche e antifasciste dell'Italia liberata sulla base di un appropriato perfezionamento del governo italiano ”. La strada per la prossima “svolta” impressa da Togliatti alla strategia dei comunisti italiani era definitivamente ....tracciata. Da Stalin.

    .....continua....
    tralasciando gli intermezzi bibliografici....e le divagazioni dei non-comunisti e non-stalinisti insofferenti delle verità su comunismo e stalinismo.... riprendiamo a parlar di cose serie :

    L'atteggiamento "moderato" del partito comunista italiano non era gradito a tutte le formazioni e organizzazioni comuniste presenti sul territorio nazionale, tanto nelle zone controllate dai tedeschi e dalla "Repubblica Sociale Italiana", che in quelle liberate dagli anglo-americani e "controllate" (si fa per dire) dal legittimo Regno d'Italia, con a capo del Governo il Maresciallo Badoglio.
    Proprio nel Sud Italia libero, accanto ai partiti politici antifascisti, torna alla luce del sole il movimento sindacale con la ricostruzione della CGL (confederazione generale del lavoro) in cui i militanti di matrice comunista acquistano subito una certa egemonia.
    Alla testa del movimento sindacale si attestano in particolare i militanti più accesi, con posizioni più conseguentemente classiste, che spesso mal digeriscono la linea del Partito Comunista italiano, protesa invece all'unità antifascista, ormai, anche con le forze "borghesi" più conservatrici.
    Il conflitto fra questi quadri sindacali e il PCI è pertanto in qualche modo inevitabile. Siccome detti quadri sono anche spesso, come è ovvio, dei militanti del partito, ecco che le frizioni esistenti si riversano inevitabilmente sull'organizzazione politica.
    A Napoli, sul finire del 1943, si avrà la "scissione di Montesanto", dove per 45 giorni la locale sezione del PCI uscirà dal partito e ingaggera' una dura battaglia con la direzione centrale, all'insegna di parole d'ordine classiste e rivoluzionarie, contestando anche la presenza di manipoli di ex notabili fascisti, socialmente "borghesi", nei partiti democratici e negli stessi partiti di sinistra.
    A Salerno fin dall'autunno "43 nasce, su posizioni di contestazione dei partiti della sinistra ufficiale, la "Frazione di Sinistra dei Socialisti e Comunisti d'Italia" che pubblica il giornale "Il Soviet", e il foglio "Il Proletario", mentre il PCI rimarrà senza un proprio organo di stampa per tutto il 1944!
    I comunisti intransigenti salernitani contestano fortemente la provvisoria accettazione della monarchia da parte di Togliatti e del PCI, e attaccano i sindacalisti cattolici presenti nel neo-nato movimento sindacale invitando la CGL a "non ricadere nei vecchi errori dell'Italia pre-fascista", individuando nel riformismo il primo fra gli sbagli commessi dal sindacalismo rosso.
    Il PCI non mancherà di accusare la "frazione" di "trotzkysmo" inducendo i rivoluzionari campani ad un'autodifesa piuttosto ironica. Da un lato questi ultimi rivelano prontamente come il termine trotzkysmo sia riferibile solo a divergenze interne al bolscevismo, e dall'altro affermano non senza ambiguità che " con il trotzkysmo si han punti in comune di interpretazione, ma anche valutazioni differenti ". Del resto il marxismo campano è ancora fortemente influenzato dalla sua storia e dalla "ingombrante " presenza del "fantasma" (si fa per dire) di Amadeo Bordiga, "l'eretico", "il settario", "l'amico di Trotzky", "il Trotzky italiano".
    Nel giugno 1944 sul foglio "Il Proletario" la frazione dei Socialisti e Comunisti d'italia parla ormai apertamente di "degenerazione del PCI", rilevando anche come molta parte della gerarchia del partito ufficiale del comunismo italiano sia, almeno a livello locale, costituita da ex membri dei Gruppi Universitari Fascisti e del suo "fogliaccio".
    Movimenti e gruppi analoghi si costituiranno ovunque, sia al nord che al sud. A Roma sarà importantissima, anche nella locale lotta partigiana, la formazione di marxisti intransigenti e dissidenti del Movimento COmunista d'Italia (Bandiera Rossa) avente un numero di partigiani combattenti addirittura superiore a quello inquadrato dal PCI. Il gruppo romano di Bandiera Rossa vedrà una sessantina di suoi militanti perire nell'eccidio delle fosse ardeatine, e alcune interpretazioni su un "doppio scopo" dell'attentato gappista di via Raselle, che scatenò la feroce rappresaglia nazista, vedono proprio nei "trotzkysti" romani, ossia nella loro liquidazione, il secondo obiettivo degli attentatori comunisti "ufficiali".
    Al Nord agiranno varie formazioni di socialisti di sinistra, tra cui quella di Lelio Basso, e di comunisti dissidenti, fra cui il gruppo di "Stella Rossa".

    ....continua....

  8. #8
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    E perché dovrei confutare notizie o contestare affermazioni che sono esatte? Ho già detto che quanto lei scrive corrisponde al vero.
    Ma lo sapevamo già che il comunismo fosse una dittatura, grazie.
    Anche sul fatto che Togliatti prendesse ordini da Mosca e approvasse l' invasione dell' Ungheria, eravamo informati.
    Ed eravamo ben coscienti, molto prima che ce lo dicesse lei, che fosse stata una fortuna per l' Italia essere inclusa nel campo democratico occidentale piuttosto che in quello dittatoriale sovietico.
    Quindi, la mia critica non è nel merito ma sull' utilità.
    Cui prodest? A chi giovano le sue ricostruzioni, signor Pfb?

    Glielo dirò io: dal momento che siamo su di un forum di simpatizzanti della CDL il cui leader distribuisce patenti di stalinismo a chiunque osi criticarlo, le sue ricostruzioni, egregio Pfb, hanno un unica finalità.
    Quella di insinuare il tarlo nelle menti dei forumisti, che non chiedono di apprendere di meglio, che anche gli odierni leader diessini siano un poco responsabili di quelle malefatte, di quei crimini.
    Inoltrarsi in apparentemente innocque ricostruzioni storiche, ma con l' intento di gettare fango sugli attuali avversari, si chiama malafede.
    Riesumare vittime di tragedie accadute 50 anni fa per fini politici correnti, si chiama sciacallaggio.
    Ed estrapolare singoli fatti isolandoli dal loro contesto storico (la guerra fredda) per provocare una caccia alle streghe contro gli avversari odierni, è un metodo degno dei peggiori Vishinsky, dei peggiori Mc Carthy.
    Ma mi rendo ben conto che questa è la famosa scuola feltriana, alla quale lei sicuramente è stato allevato o alla quale si rifà.

    Sa qual' è la differenza tra di noi, noi diessini e voi di F.I. intendo?
    Che noi abbiamo cessato da tempo, da più di un decennio, di utilizzare le ricorrenze e i caduti della Resistenza per attaccare Fini e il suo partito. I quali, ne siamo fermamente convinti, non hanno più nulla da spartire col fascismo.
    A voi invece non pare il vero di poter commemorare apertamente i caduti di parte fascista, per attaccare D' Alema e compagni.
    Ma gli italiani vogliono essere pacificati e non vogliono più essere divisi tra fascisti e comunisti, egregio Pfb.
    Riattizzare vecchi rancori e vecchi odi, fortunatamente estinti, sperando di capitalizzarli in termini di consenso politico, è una cosa spregevole.
    Lasci che sia Berlusconi a farlo, lui almeno ci ha guadagnato palazzo Chigi.
    Ma lei che ci guadagna?
    Forse manco un pennacchio in testa o una pacca sulla spalla.

    cordiali saluti

    Gianni Guelfi

  9. #9
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    Le mie ricostruzioni sono esatte? Bene, ci mancherebbe altro. Lei era già al corrente di ogni informazione contenuta nei miei post? Benissimo.
    Vede quando postavo su argomenti storici "anticomunisti" prima delle elezioni, si diceva che lo facevo per campagna elettorale, quando l'ho fatto dopo le elezioni si diceva che lo facevo per umiliare gli sconfitti, ora che lo faccio lontano dalle elezioni, lei si inventa simili ridicolaggini. Siccome siamo in democrazia e questo è il forum dei liberaldemocratici e assimilati simpatizzanti del Centrodestra, ci scriviamo un po' ciò che ci pare. Io non ho mai detto che D'ALema è stalinista dal punto di vista politico e ideologico (su Cofferati avrei qualche dubbio in più, ma non merita certamente neppure lui detta qualificazione, se non altro perchè ai tempi dello stalinismo i sindacalisti comunisti prendevano ordini dal partito, ora....è viceversa), ne' tanto meno che lo sono Prodi e Rutelli o Di pietro. Non è per questi motivi che avverso il Centrosinistra. Verò è però che nei Diesse esistono correnti (comunisti unitari...) che ostentano il nome di comunista (forse non sono aggiornati sui fatti storici sopra riportati), e che l'Ulivo accoglie senza imbarazzo il partitino di COssutta (l'avversario filo-brezneviano di Berliguer!!!), e corteggia Bertinotti e i vari Agnoletto e Casarini. Ma questo è ancora un altro discorso, una ragione in più, non la ragione principale della mia contrarietà al Centrosinistra.
    I processi alle intenzioni non sono quasi mai belli, e sono a volte indice di intolleranza intellettuale. Io sono anticomunista e me ne vanto, ho la passione della storia, soprattutto per la storia contemporanea, e non ho ragione per vergognarmene. Mi piace postare sull'argomento, segnatamente sulla storia politica e delle ideologie politiche, e non devo chiedere il suo permesso, ne' il suo gradimento. Grazie.


    Saluti liberali

  10. #10
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    Vorrei qualche particolare in più sui crimini stalinisti, se possibile, anche se non vedo cosa c'entrino con la politica di oggi, visto che sono passati 50 anni. Però è sempre interessante.

    Ah, si potrebbe avere anche qualche lezione sulle stragi delle streghe nel medioevo e sulle guerre sante contro gli infedeli?

    Gli argomenti mi possono servire per capire meglio il fenomeno della lega.

    Grazie in anticipo, un Suo fedele lettore.

 

 
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