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  1. #1
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    Predefinito Riassunto sulla vicenda dei brevetti europei

    Da: Carlo Strozzi <carlos@linux.it
    A: soci@lists.linux.it
    Cc: it-help@ffii.org
    Oggetto: Il rigetto della direttiva sulla brevettabilita` del software
    Data: Sat, 9 Jul 2005 1809 +0200

    Ai sigg.ri soci di Italian Linux Society

    In qualità di membro dell'Associazione, ed in particolare di persona
    incaricata dal Consiglio Direttivo di rappresentare ILS in merito
    alla nota questione della Direttiva Europea sulla brevettabilità del
    Software, ritengo doveroso informare i soci in merito all'esito di
    questa annosa vicenda.

    E` opportuno premettere che in Europa l'Ufficio Brevetti (EPO -
    European Patent Office), uniformandosi al suo omologo americano, ha
    approvato negli ultimi anni almeno 30.000 brevetti riconducibili al
    puro software, "mascherati" come brevetti tecnologici. Tali brevetti,
    in massima parte posseduti da grandi aziende non europee, sono
    scarsamente utilizzabili in tribunale, in quanto concessi in violazione
    dell'art.52 della Euopean Patent Convention (EPC) di Monaco del 1973.


    La vicenda della odierna direttiva nasce come tentativo, in verità di
    per sè condivisibile, da parte della Commissione Europea di portare
    chiarezza in questo guazzabuglio brevettuale, attraverso una direttiva
    che, almeno nelle intenzioni dichiarate, rimarcasse i confini della
    brevettabilità e ridesse forza e dignità ad un sistema brevettuale
    a rischio di perdita di credibilità.


    Purtroppo, a causa dei forti interessi economici in gioco, la direttiva
    si rivelò da subito la ghiotta occasione che gli uffici brevetti e gli
    studi legali delle suddette multinazionali aspettavano per legalizzare
    i brevetti già concessi, "sbarazzarsi" dei limiti imposti da EPC/52 ed
    estendere all'Europa il sistema brevettuale già in essere negli USA,
    con grandi vantaggi economici per pochi ed una quantità incalcolabile
    di danni per tutti gli altri. Si mise quindi in moto una formidabile e
    costosissima macchina lobbistica volta ad ottenere il risultato voluto.

    Ma non è mia intenzione in questa sede ripercorrere tutto l'iter
    della vicenda, e rimando chi non ne conoscesse tutti i risvolti al
    sito di FFII (www.ffii.org), l'associazione transnazionale che più
    di ogni altra ha saputo dare voce all'economia Europea del settore
    ICT nei confronti di questa disastrosa proposta legislativa, che come
    detto era stata nei fatti formulata dagli uffici brevetti di alcune
    grandi aziende multinazionali del software, per lo più non europee,
    attraverso organizazioni di grandi aziende quali EICTA, BSA ed altre.
    Fin dall'inizio l'approccio di FFII è stato costruttivo e non ha
    puntato al rigetto toute-court della direttiva bensì ad un suo processo
    emendativo volto a fare sì che essa potesse effettivamente realizzare
    nei fatti ciò che veniva dichiarato nelle intenzioni. L'obiettivo era
    cioè quello di cogliere questa opportunità per ottenere un effettivo
    rafforzamento di EPC/52, chiarendone le ambiguità interpretative
    e cancellando la potenziale minaccia costituita dai brevetti già
    concessi.

    Mercoledì 6 Luglio scorso il Parlamento Europeo, riunito in sessione
    plenaria nella sede di Strasburgo, ha rigettato a larghissima
    maggioranza la direttiva in oggetto. La conclusione di questa vicenda,
    iniziata nel 2002 e segnata da un percorso alquanto accidentato,
    uno dei più accidentati mai subiti da una direttiva nella storia
    dell'Unione, ha permesso di tirare un grosso sospiro di solievo ai
    milioni di piccole e medie imprese (PMI) e di professionisti che in
    tutta Europa sarebbero stati pesantemente danneggiati da uno smisurato
    ampliamento dei confini della brevettabilità nel campo del software,
    come sarebbe accaduto in caso di approvazione della direttiva nella sua
    forma originale come proposta dalla Commissione e dal Consiglio Europeo.


    In allegato vi invio pertanto la press-release ufficiale di FFII,
    e per parte mia mi limito a fornirvi alcuni dettagli utili per
    comprendere che cosa in realtà è accaduto il 6 Luglio.

    La prima cosa, e forse la più importante da riportare al di là della
    questione di merito, è che il Parlamento Europeo, unica istituzione
    Europea eletta direttamente dai cittadini, con la sua decisione ha
    riportato equilibrio fra i poteri degli organismi dell'Unione, e fra
    questi ed i singoli governi nazionali
    . La Commissione e il Consiglio,
    nel Maggio 2004, successivamente al voto parlamentare dell'autunno 2003
    in cui il Parlamento già aveva votato importantissime modifiche alla
    direttiva, tradendo anche il volere dei governi nazionali che queste
    istituzioni dovrebbero rappresentare, avevano deciso di ignorare
    totalmente tale voto riproponendo per la seconda lettura un testo
    ancora più criticabile dell'originale, un testo che se approvato
    avrebbe significato non solo la brevettabilità indiscriminata del
    software, ma anche dei metodi di business.

    Il 6 Luglio scorso le forze pro- e anti-swpat, le prima "capeggiate"
    dal parlamentare tedesco Klaus Lehne, del PPE ma con ampie
    ramificazioni trasversali in altri gruppi, e le seconde formate da un
    gruppo altrettanto vasto e trasversale comprendente il PSE, LIB/DEM,
    IN/DEM, ALDE, parte del PPE e vari altri
    , semplificando sulle varie
    sfumature interne agli schieramenti, avevano come obiettivo ottimale due traguardi opposti:

    1) I pro-swpat volevano che la direttiva passasse senza modifiche,
    o con modifiche minime rispetto al testo originale proposto dalla
    Commissione, il che avrebbe significato una sostanziale cancellazione
    di EPC/52 ed il "disco verde" per una brevettabilità molto vicina
    a quella statunitense, e che proprio negli USA sta ormai producendo
    gravi danni.

    2) Gli anti-swpat, attraverso un pacchetto di emendamenti di
    compromesso, definiti di "Rocard-Buzek", puntavano invece ad un
    rafforzamento di EPC/52 e ad una chiara esclusione del software
    dall'ambito della brevettabilità.

    La cosiddetta "procedura di co-decisione", ovvero i multeplici
    passaggi che una direttiva deve subire fra Commissione e Parlamento
    prima di venire approvata, prevede che in seconda lettura parlamentare
    affinchè il Parlamento possa introdurre modifiche è necessaria la
    maggioranza *assoluta* dei parlamentari (ovvero non la semplice
    maggioranza dei presenti), cioè 367 voti. Ogni assenza o astensione
    conta a favore del testo proposto dalla Commissione (testo che nel
    caso di specie, è bene ribadirlo, era molto diverso da quanto
    già votato dal parlamento in prima lettura).

    Grazie allo strenuo (ed impari) lavoro di lobbying svolto da FFII e
    da coloro che l'hanno sostenuta, alla vigilia del voto c'era motivo
    di ritenere che gli emendamenti di Rocark-Buzek potessero godere di
    un numero di voti pari a 350-380. Il rischio era altissimo, per tutti:

    1) Per i pro-swpat, perchè in caso di approvazione anche di un solo
    emendamento ritenuto non accettabile dalla Commissione si sarebbe
    avviata la cosiddetta "procedura di conciliazione", con una eventuale
    terza lettura, e con ogni probabilità il "fronte Rocard" si sarebbe
    ampliato anzichè ridotto, grazie alla ormai diffusa consapevolezza
    sulla questione.

    2) Per gli anti-swpat, perchè nel caso non si fosse riusciti ad
    innescare la conciliazione sarebbe stata approvata la direttiva nella
    sua forma peggiore, secondo il testo stilato dalla Commissione.

    3) Per la stessa Commissione, perchè dopo essersi già una volta
    fatta beffe del Parlamento ignorandone il voto di prima lettura,
    qualora fossero passati "buoni" emendamenti avrebbe probabilmente
    ritirato la proposta di direttiva, dando così un secondo e più
    sonoro "schiaffo" al parlamento e dando una ulteriore dimostrazione
    di essere vicina ad interessi poco confessabili. Fatto non
    secondario, questi "ceffoni" fra istituzioni dell'Unione sono
    ancor meno "digeribili" oggi rispetto all'epoca della prima
    lettura, viste le recenti bocciature della proposta di trattato
    costituzionale europeo da parte di Francia e Olanda, e nei fatti
    anche dell'Inghilterra.

    Ma c'era una terza via: il rigetto da parte del parlamento, via che
    avrebbe salvato la "capra" dei pro-swpat, i "cavoli" degli anti- ed
    anche la faccia della Commissione, o quel poco che ne rimaneva.


    Poichè il 6 Luglio la mozione di rigetto sarebbe stata posta ai voti
    per prima, e poichè la massiccia presenza di parlamentari lasciava
    chiaramente intendere che in caso di non rigetto e di passaggio al
    voto degli emendamenti si sarebbe dato il via ad una vera e propria
    "roulette russa", la via del rigetto apparve a molti, tanto pro-swpat
    che anti- , come la più sicura via d'uscita
    . E così è avvenuto,
    in un rigetto che ha visto i voti congiunti di forze che lo hanno
    votato per motivi esattamente opposti. Ed ecco spiegato il motivo
    per il quale tale rigetto ha raccolto così tanti voti.

    I vari gruppi parlamentari, già a seguito delle ultime consultazioni
    interne della sera precedente il voto, avevano optato per tale
    via d'uscita, e tale orientamento è stato reso pubblico all'inizio
    della sessione del 6 Luglio da parte del relatore Michel Rocard.
    I parlamentari in aula sapevano quindi già dall'inizio che cosa sarebbe
    accaduto. Alla luce di ciò, vorrei chiarire la posizione di coloro
    che si sono astenuti dal voto: l'astensione è stata *sulla mozione
    di rigetto*, non su quella emendativa, alla quale come detto non si è
    arrivati. E comunque, per quanto su esposto, i parlamentari che hanno
    deciso di astenersi già sapevano che la loro astensione non avrebbe
    influito sul risultato, ma avrebbe solo rappresentato un loro segnale
    "politico" volto a rimarcare come essi fossero contrari al rigetto,
    ma favorevoli allo scontro sugli emendamenti. Un'astensione, quindi,
    che per certi versi può essere interpretata come un attegiamento
    più "purista" del rigetto, ancorchè tecnicamente ininfluente; una
    accettazione della "Sfida all'OK Corral" costituita dal voto emendativo
    e dalla conseguente fase di conciliazione.

    Anche qui, l'astensione nei due schieramenti è avvenuta quindi per ragioni
    opposte:

    1) Fra i pro-swpat, perchè coloro che si sono astenuti sono quelli
    che più di altri volevano che la direttiva passasse nella sua
    forma "peggiore".

    2) Fra gli anti-swpat, perchè coloro che si sono astenuti sono quelli
    che avrebbero idealmente voluto che la direttiva passasse nella sua
    forma "migliore".

    Questo per fugare ogni illazione di "doppio-giochismo" che purtroppo
    qualcuno, poco informato, ha fatto su alcuni astensionisti dello
    schieramento anti-swpat.

    Questo spiega anche il motivo per cui, all'indomani del voto, tanto
    i pro- che gli anti-swpat cantino vittoria:

    1) I lobbisti pro-swpat, perchè dopo aver bruciato montagne di soldi
    ricevuti dai propri "sponsor" (anche 480 euro/ora, per anni, più
    tutti i costi delle campagne stampa, o altre "sponsorizzazioni"
    meno confessabili), possono dire: "abbiamo salvato i brevetti
    software", visto che resta immutato lo status-quo dei 30.000
    brevetti legalmente deboli già concessi, mentre una direttiva
    "ben emendata" li avrebbe materialmente spazzati via.

    2) Il fronte anti-swpat, perchè è riuscito ad evitare il peggio.

    E` del tutto evidente però come la "vittoria" dei primi sia "a denti
    stretti", perchè lo stesso risultato lo avrebbero ottenuto gratis tre
    anni fa se non avessero mai messo in cantiere la direttiva. I secondi
    invece possono gridare "vittoria" molto più forte ed a buon titolo,
    perchè partendo da posizioni di assoluta inferiorità di mezzi hanno
    portato per ben due volte il parlamento a bloccare un pericoloso
    tentativo di ingerenza negli interessi economici dell'Unione.

    Ora, purtroppo/perfortuna rimane lo status-quo. La Commissione ha
    dichiarato che non presenterà una nuova direttiva, i 30.000 brevetti
    già concessi dall'EPO continuano ad esserci, e ad essere "deboli", e
    l'EPO continuerà a concederne altri, anch'essi deboli ed illegali.
    E certamente gli enormi interessi economici extra-europei pro-swpat
    ci riproveranno, probabilmente in modo più subdolo e meno clamoroso,
    a partire dal prossimo autunno. Ad esempio attraverso qualche norma,
    dall'aparenza innocua, all'interno di qualche altra direttiva,
    oppure in altri modi che ancora non conosciamo con certezza. Oppure
    attraverso la proposta di Brevetto Europeo, già in cantiere da tempo.

    In quanto è accaduto non possiamo non denunciare l'inerzia colpevole
    di molte associazioni di categoria che rappresentano, o si piccano
    di rappresentare, le PMI del settore, associazioni che in questa
    vicenda sono state, salvo lodevoli eccezioni, per lo più assenti
    quando non addirittura a favore degli intreressi opposti a quelli dei
    propri associati. Consiglio a tutti i soci che sono professionalmente
    impegnati nel settore informatico di contattare i propri rappresentati
    di categoria, chiedendo loro di ciò che (non) hanno fatto per evitare
    il peggio. E corre altresì l'obbligo di ricordare come Confindustria,
    adducendo a motivo la produzione di piastrelle i la contraffazione
    di capi d'abbigliamento, e ben lungi dal fare autocritica su cosa
    essa stia facendo per contrastare la dirompente concorrenza cinese in
    tutti i settori dell'economia, si sia schierata senza mezzi termini
    a favore del fronte pro-swpat, rischiando così di dare una ulteriore
    grossa mano ai cinesi per "farci fuori" anche nel setore ICT, dove grandi
    aziende cinesi depositano, nei *nostri* uffici brevetti, decine di
    migliaia di brevetti software ogni anno, in attesa che questi possano
    venire legalmente contestati in tribunale.

    Per quanto quindi una importantissima battaglia sia stata vinta, la
    guerra non è finita. Quest'ultima finirà solo quanto l'EPO smetterà
    di essere un organismo che si muove in modo del tutto scollegato
    dalle istituzioni europee, un potere in sè stesso al di fuori di
    ogni controllo democratico, le cui emanazioni finiscono però con
    l'incidere così fortemente sul tessuto economico dell'Unione. Fintanto
    che questo non accadrà, ciò che oggi è stato sbattuto a calci fuori
    dalla porta potrà rientrare dalla finestra in modo ancor più pericoloso
    e devastante. Solo allora le PMI e gli sviluppatori indipendenti,
    sia di software libero che di software proprietario, potranno
    sentirsi veramente liberi dalla minaccia dei brevetti software e
    potranno serenamente dedicarsi a ciò che sanno fare meglio: produrre
    innovazione e competere sul piano della qualità e dei prezzi, in un
    panorama di libera interoperabilità, aumentando i gradi di liberà e
    le possibilità di scelta per gli utenti finali, e dando nuovo lustro
    all'industria del software in Europa.

    Per il momento quindi appendiamo le armi al chiodo e godiamoci le
    meritare ferie, ma da Ottobre si ricomincia.

  2. #2
    destracristiana
    Ospite

    Predefinito Re: Riassunto sulla vicenda dei brevetti europei

    In Origine Postato da yurj
    Da: Carlo Strozzi <carlos@linux.it
    A: soci@lists.linux.it
    Cc: it-help@ffii.org
    Oggetto: Il rigetto della direttiva sulla brevettabilita` del software
    Data: Sat, 9 Jul 2005 1809 +0200

    Ai sigg.ri soci di Italian Linux Society

    In qualità di membro dell'Associazione, ed in particolare di persona
    incaricata dal Consiglio Direttivo di rappresentare ILS in merito
    alla nota questione della Direttiva Europea sulla brevettabilità del
    Software, ritengo doveroso informare i soci in merito all'esito di
    questa annosa vicenda.

    E` opportuno premettere che in Europa l'Ufficio Brevetti (EPO -
    European Patent Office), uniformandosi al suo omologo americano, ha
    approvato negli ultimi anni almeno 30.000 brevetti riconducibili al
    puro software, "mascherati" come brevetti tecnologici. Tali brevetti,
    in massima parte posseduti da grandi aziende non europee, sono
    scarsamente utilizzabili in tribunale, in quanto concessi in violazione
    dell'art.52 della Euopean Patent Convention (EPC) di Monaco del 1973.


    La vicenda della odierna direttiva nasce come tentativo, in verità di
    per sè condivisibile, da parte della Commissione Europea di portare
    chiarezza in questo guazzabuglio brevettuale, attraverso una direttiva
    che, almeno nelle intenzioni dichiarate, rimarcasse i confini della
    brevettabilità e ridesse forza e dignità ad un sistema brevettuale
    a rischio di perdita di credibilità.


    Purtroppo, a causa dei forti interessi economici in gioco, la direttiva
    si rivelò da subito la ghiotta occasione che gli uffici brevetti e gli
    studi legali delle suddette multinazionali aspettavano per legalizzare
    i brevetti già concessi, "sbarazzarsi" dei limiti imposti da EPC/52 ed
    estendere all'Europa il sistema brevettuale già in essere negli USA,
    con grandi vantaggi economici per pochi ed una quantità incalcolabile
    di danni per tutti gli altri. Si mise quindi in moto una formidabile e
    costosissima macchina lobbistica volta ad ottenere il risultato voluto.

    Ma non è mia intenzione in questa sede ripercorrere tutto l'iter
    della vicenda, e rimando chi non ne conoscesse tutti i risvolti al
    sito di FFII (www.ffii.org), l'associazione transnazionale che più
    di ogni altra ha saputo dare voce all'economia Europea del settore
    ICT nei confronti di questa disastrosa proposta legislativa, che come
    detto era stata nei fatti formulata dagli uffici brevetti di alcune
    grandi aziende multinazionali del software, per lo più non europee,
    attraverso organizazioni di grandi aziende quali EICTA, BSA ed altre.
    Fin dall'inizio l'approccio di FFII è stato costruttivo e non ha
    puntato al rigetto toute-court della direttiva bensì ad un suo processo
    emendativo volto a fare sì che essa potesse effettivamente realizzare
    nei fatti ciò che veniva dichiarato nelle intenzioni. L'obiettivo era
    cioè quello di cogliere questa opportunità per ottenere un effettivo
    rafforzamento di EPC/52, chiarendone le ambiguità interpretative
    e cancellando la potenziale minaccia costituita dai brevetti già
    concessi.

    Mercoledì 6 Luglio scorso il Parlamento Europeo, riunito in sessione
    plenaria nella sede di Strasburgo, ha rigettato a larghissima
    maggioranza la direttiva in oggetto. La conclusione di questa vicenda,
    iniziata nel 2002 e segnata da un percorso alquanto accidentato,
    uno dei più accidentati mai subiti da una direttiva nella storia
    dell'Unione, ha permesso di tirare un grosso sospiro di solievo ai
    milioni di piccole e medie imprese (PMI) e di professionisti che in
    tutta Europa sarebbero stati pesantemente danneggiati da uno smisurato
    ampliamento dei confini della brevettabilità nel campo del software,
    come sarebbe accaduto in caso di approvazione della direttiva nella sua
    forma originale come proposta dalla Commissione e dal Consiglio Europeo.


    In allegato vi invio pertanto la press-release ufficiale di FFII,
    e per parte mia mi limito a fornirvi alcuni dettagli utili per
    comprendere che cosa in realtà è accaduto il 6 Luglio.

    La prima cosa, e forse la più importante da riportare al di là della
    questione di merito, è che il Parlamento Europeo, unica istituzione
    Europea eletta direttamente dai cittadini, con la sua decisione ha
    riportato equilibrio fra i poteri degli organismi dell'Unione, e fra
    questi ed i singoli governi nazionali
    . La Commissione e il Consiglio,
    nel Maggio 2004, successivamente al voto parlamentare dell'autunno 2003
    in cui il Parlamento già aveva votato importantissime modifiche alla
    direttiva, tradendo anche il volere dei governi nazionali che queste
    istituzioni dovrebbero rappresentare, avevano deciso di ignorare
    totalmente tale voto riproponendo per la seconda lettura un testo
    ancora più criticabile dell'originale, un testo che se approvato
    avrebbe significato non solo la brevettabilità indiscriminata del
    software, ma anche dei metodi di business.

    Il 6 Luglio scorso le forze pro- e anti-swpat, le prima "capeggiate"
    dal parlamentare tedesco Klaus Lehne, del PPE ma con ampie
    ramificazioni trasversali in altri gruppi, e le seconde formate da un
    gruppo altrettanto vasto e trasversale comprendente il PSE, LIB/DEM,
    IN/DEM, ALDE, parte del PPE e vari altri
    , semplificando sulle varie
    sfumature interne agli schieramenti, avevano come obiettivo ottimale due traguardi opposti:

    1) I pro-swpat volevano che la direttiva passasse senza modifiche,
    o con modifiche minime rispetto al testo originale proposto dalla
    Commissione, il che avrebbe significato una sostanziale cancellazione
    di EPC/52 ed il "disco verde" per una brevettabilità molto vicina
    a quella statunitense, e che proprio negli USA sta ormai producendo
    gravi danni.

    2) Gli anti-swpat, attraverso un pacchetto di emendamenti di
    compromesso, definiti di "Rocard-Buzek", puntavano invece ad un
    rafforzamento di EPC/52 e ad una chiara esclusione del software
    dall'ambito della brevettabilità.

    La cosiddetta "procedura di co-decisione", ovvero i multeplici
    passaggi che una direttiva deve subire fra Commissione e Parlamento
    prima di venire approvata, prevede che in seconda lettura parlamentare
    affinchè il Parlamento possa introdurre modifiche è necessaria la
    maggioranza *assoluta* dei parlamentari (ovvero non la semplice
    maggioranza dei presenti), cioè 367 voti. Ogni assenza o astensione
    conta a favore del testo proposto dalla Commissione (testo che nel
    caso di specie, è bene ribadirlo, era molto diverso da quanto
    già votato dal parlamento in prima lettura).

    Grazie allo strenuo (ed impari) lavoro di lobbying svolto da FFII e
    da coloro che l'hanno sostenuta, alla vigilia del voto c'era motivo
    di ritenere che gli emendamenti di Rocark-Buzek potessero godere di
    un numero di voti pari a 350-380. Il rischio era altissimo, per tutti:

    1) Per i pro-swpat, perchè in caso di approvazione anche di un solo
    emendamento ritenuto non accettabile dalla Commissione si sarebbe
    avviata la cosiddetta "procedura di conciliazione", con una eventuale
    terza lettura, e con ogni probabilità il "fronte Rocard" si sarebbe
    ampliato anzichè ridotto, grazie alla ormai diffusa consapevolezza
    sulla questione.

    2) Per gli anti-swpat, perchè nel caso non si fosse riusciti ad
    innescare la conciliazione sarebbe stata approvata la direttiva nella
    sua forma peggiore, secondo il testo stilato dalla Commissione.

    3) Per la stessa Commissione, perchè dopo essersi già una volta
    fatta beffe del Parlamento ignorandone il voto di prima lettura,
    qualora fossero passati "buoni" emendamenti avrebbe probabilmente
    ritirato la proposta di direttiva, dando così un secondo e più
    sonoro "schiaffo" al parlamento e dando una ulteriore dimostrazione
    di essere vicina ad interessi poco confessabili. Fatto non
    secondario, questi "ceffoni" fra istituzioni dell'Unione sono
    ancor meno "digeribili" oggi rispetto all'epoca della prima
    lettura, viste le recenti bocciature della proposta di trattato
    costituzionale europeo da parte di Francia e Olanda, e nei fatti
    anche dell'Inghilterra.

    Ma c'era una terza via: il rigetto da parte del parlamento, via che
    avrebbe salvato la "capra" dei pro-swpat, i "cavoli" degli anti- ed
    anche la faccia della Commissione, o quel poco che ne rimaneva.


    Poichè il 6 Luglio la mozione di rigetto sarebbe stata posta ai voti
    per prima, e poichè la massiccia presenza di parlamentari lasciava
    chiaramente intendere che in caso di non rigetto e di passaggio al
    voto degli emendamenti si sarebbe dato il via ad una vera e propria
    "roulette russa", la via del rigetto apparve a molti, tanto pro-swpat
    che anti- , come la più sicura via d'uscita
    . E così è avvenuto,
    in un rigetto che ha visto i voti congiunti di forze che lo hanno
    votato per motivi esattamente opposti. Ed ecco spiegato il motivo
    per il quale tale rigetto ha raccolto così tanti voti.

    I vari gruppi parlamentari, già a seguito delle ultime consultazioni
    interne della sera precedente il voto, avevano optato per tale
    via d'uscita, e tale orientamento è stato reso pubblico all'inizio
    della sessione del 6 Luglio da parte del relatore Michel Rocard.
    I parlamentari in aula sapevano quindi già dall'inizio che cosa sarebbe
    accaduto. Alla luce di ciò, vorrei chiarire la posizione di coloro
    che si sono astenuti dal voto: l'astensione è stata *sulla mozione
    di rigetto*, non su quella emendativa, alla quale come detto non si è
    arrivati. E comunque, per quanto su esposto, i parlamentari che hanno
    deciso di astenersi già sapevano che la loro astensione non avrebbe
    influito sul risultato, ma avrebbe solo rappresentato un loro segnale
    "politico" volto a rimarcare come essi fossero contrari al rigetto,
    ma favorevoli allo scontro sugli emendamenti. Un'astensione, quindi,
    che per certi versi può essere interpretata come un attegiamento
    più "purista" del rigetto, ancorchè tecnicamente ininfluente; una
    accettazione della "Sfida all'OK Corral" costituita dal voto emendativo
    e dalla conseguente fase di conciliazione.

    Anche qui, l'astensione nei due schieramenti è avvenuta quindi per ragioni
    opposte:

    1) Fra i pro-swpat, perchè coloro che si sono astenuti sono quelli
    che più di altri volevano che la direttiva passasse nella sua
    forma "peggiore".

    2) Fra gli anti-swpat, perchè coloro che si sono astenuti sono quelli
    che avrebbero idealmente voluto che la direttiva passasse nella sua
    forma "migliore".

    Questo per fugare ogni illazione di "doppio-giochismo" che purtroppo
    qualcuno, poco informato, ha fatto su alcuni astensionisti dello
    schieramento anti-swpat.

    Questo spiega anche il motivo per cui, all'indomani del voto, tanto
    i pro- che gli anti-swpat cantino vittoria:

    1) I lobbisti pro-swpat, perchè dopo aver bruciato montagne di soldi
    ricevuti dai propri "sponsor" (anche 480 euro/ora, per anni, più
    tutti i costi delle campagne stampa, o altre "sponsorizzazioni"
    meno confessabili), possono dire: "abbiamo salvato i brevetti
    software", visto che resta immutato lo status-quo dei 30.000
    brevetti legalmente deboli già concessi, mentre una direttiva
    "ben emendata" li avrebbe materialmente spazzati via.

    2) Il fronte anti-swpat, perchè è riuscito ad evitare il peggio.

    E` del tutto evidente però come la "vittoria" dei primi sia "a denti
    stretti", perchè lo stesso risultato lo avrebbero ottenuto gratis tre
    anni fa se non avessero mai messo in cantiere la direttiva. I secondi
    invece possono gridare "vittoria" molto più forte ed a buon titolo,
    perchè partendo da posizioni di assoluta inferiorità di mezzi hanno
    portato per ben due volte il parlamento a bloccare un pericoloso
    tentativo di ingerenza negli interessi economici dell'Unione.

    Ora, purtroppo/perfortuna rimane lo status-quo. La Commissione ha
    dichiarato che non presenterà una nuova direttiva, i 30.000 brevetti
    già concessi dall'EPO continuano ad esserci, e ad essere "deboli", e
    l'EPO continuerà a concederne altri, anch'essi deboli ed illegali.
    E certamente gli enormi interessi economici extra-europei pro-swpat
    ci riproveranno, probabilmente in modo più subdolo e meno clamoroso,
    a partire dal prossimo autunno. Ad esempio attraverso qualche norma,
    dall'aparenza innocua, all'interno di qualche altra direttiva,
    oppure in altri modi che ancora non conosciamo con certezza. Oppure
    attraverso la proposta di Brevetto Europeo, già in cantiere da tempo.

    In quanto è accaduto non possiamo non denunciare l'inerzia colpevole
    di molte associazioni di categoria che rappresentano, o si piccano
    di rappresentare, le PMI del settore, associazioni che in questa
    vicenda sono state, salvo lodevoli eccezioni, per lo più assenti
    quando non addirittura a favore degli intreressi opposti a quelli dei
    propri associati. Consiglio a tutti i soci che sono professionalmente
    impegnati nel settore informatico di contattare i propri rappresentati
    di categoria, chiedendo loro di ciò che (non) hanno fatto per evitare
    il peggio. E corre altresì l'obbligo di ricordare come Confindustria,
    adducendo a motivo la produzione di piastrelle i la contraffazione
    di capi d'abbigliamento, e ben lungi dal fare autocritica su cosa
    essa stia facendo per contrastare la dirompente concorrenza cinese in
    tutti i settori dell'economia, si sia schierata senza mezzi termini
    a favore del fronte pro-swpat, rischiando così di dare una ulteriore
    grossa mano ai cinesi per "farci fuori" anche nel setore ICT, dove grandi
    aziende cinesi depositano, nei *nostri* uffici brevetti, decine di
    migliaia di brevetti software ogni anno, in attesa che questi possano
    venire legalmente contestati in tribunale.

    Per quanto quindi una importantissima battaglia sia stata vinta, la
    guerra non è finita. Quest'ultima finirà solo quanto l'EPO smetterà
    di essere un organismo che si muove in modo del tutto scollegato
    dalle istituzioni europee, un potere in sè stesso al di fuori di
    ogni controllo democratico, le cui emanazioni finiscono però con
    l'incidere così fortemente sul tessuto economico dell'Unione. Fintanto
    che questo non accadrà, ciò che oggi è stato sbattuto a calci fuori
    dalla porta potrà rientrare dalla finestra in modo ancor più pericoloso
    e devastante. Solo allora le PMI e gli sviluppatori indipendenti,
    sia di software libero che di software proprietario, potranno
    sentirsi veramente liberi dalla minaccia dei brevetti software e
    potranno serenamente dedicarsi a ciò che sanno fare meglio: produrre
    innovazione e competere sul piano della qualità e dei prezzi, in un
    panorama di libera interoperabilità, aumentando i gradi di liberà e
    le possibilità di scelta per gli utenti finali, e dando nuovo lustro
    all'industria del software in Europa.

    Per il momento quindi appendiamo le armi al chiodo e godiamoci le
    meritare ferie, ma da Ottobre si ricomincia.
    Ti rispondo io sennò ti senti solo...

 

 

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