Spagna: sui matrimoni gay è il giorno della sfida a Zapatero
di Stefano Caredda/ 18/06/2005
Sabato di protesta a Madrid dove scendono in piazza i contrari al provvedimento che equipara totalmente le unioni omosessuali al matrimonio, consentendo anche l’adozione. Partito popolare e Chiesa cattolica le anime della manifestazione.
E se pensate che in Italia ci sia stato – con il referendum sulla fecondazione – uno scontro fra stato e Chiesa, sappiate che praticamente non avete ancora visto nulla. E’ in Spagna che va in scena lo scontro più forte e radicalizzato di tutta Europa, un “muro contro muro” che va avanti ormai da oltre un anno, da quando cioè José Luis Rodriguez Zapatero è stato eletto primo ministro. Uno scontro che raggiunge oggi il suo apice, con le strade di Madrid a riempirsi di manifestanti richiamati dal “Forum per la famiglia”, dal Partito popolare e dalla Chiesa spagnola.
L’oggetto del contendere è una delle cinque riforme sociali promesse dal leader socialista in campagna elettorale: provvedimenti che Zapatero sta attuando con coerenza e che però spaccano il paese iberico. Sul banco degli imputati – in particolare - la legge sui “matrimoni” omosessuali, approvata alla Camera, ora in discussione al Senato e la cui approvazione definitiva, nuovamente alla Camera, è prevista per il prossimo 30 giugno. Il provvedimento – che modifica il codice civile - equipara totalmente le unioni fra omosessuali ai matrimoni civili, concedendo anche la possibilità di prendere bambini in adozione. Contro questo progetto – che i sondaggi indicano condiviso da una maggioranza degli spagnoli – si è esposto in prima fila non solo l’associazionismo familiare, non solo il Partido Popular di Mariano Rajoy, ma anche la Conferenza Episcopale spagnola, al punto che a manifestare in piazza vi saranno – fra gli altri – almeno una ventina di vescovi. Uno strappo di non poco conto.
A sfilare per la capitale spagnola ci sarà anche un porporato: è il card. Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e fino a poco tempo fa presidente della Conferenza Episcopale. Con lui, oggi – dalle ore 18 alla Puerta del Sol – un’altra ventina di vescovi, con le assenze però dei titolari delle diocesi più grandi, da Barcellona in giù. E non ci sarà probabilmente neppure Ricardo Blazquez, titolare della diocesi di Bilbao e attuale presidente della Conferenza Episcopale Spagnola, la quale ha comunque espresso in forma ufficiale il proprio sostegno al corteo. Uno marcamento – quello del presidente - che evidenzia alcune remore nell’utilizzo aperto dello strumento della piazza, che secondo una sensibilità diffusa in una parte dell’episcopato spagnolo, non farà altro che radicalizzare il già acceso conflitto fra il governo e la Chiesa. Tanto più che neppure in campo politico, con le assenze dell’ex premier José Maria Aznar e dell’attuale leader del Pp Mariano Rajoy, la presenza dell’opposizione sarà al completo.
I toni del dibattito pubblico in Spagna sono in queste ore fortemente radicalizzati: i promotori ricordano di voler “affermare l'autentico significato del matrimonio e della famiglia” contro il tentativo di aggressione dell’istituzione da parte del governo; gli altri rilanciano parlando di “nazional-cattolicesimo” e promettendo per il 2 luglio prossimo due milioni di persone in piazza “per l’orgoglio gay”. Una situazione calda, dunque, figlia dei propositi del governo socialista di Zapatero, intenzionato a condurre la Spagna verso un laicismo finora sconosciuto alla società iberica. Gli organizzatori salutano con soddisfazione l’adesione alla marcia di centinaia di associazioni europee, rappresentanti nei rispettivi paesi di oltre 30 milioni di famiglie. Anche loro chiedono che Madrid faccia un passo indietro sull’equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio e appoggiano la proposta alternativa del centro destra spagnolo, che mira ad una legge specifica sulle unioni gay che escluda poi la possibilità di adozione.
Ma l’esecutivo non sembra interessato a scendere a compromessi e forte di una maggioranza parlamentare compatta (solo due esponenti del Partito Socialista si sono detti contrari) intende portare a compimento le cinque riforme promesse da Zapatero. Nel dettaglio, esse riguardano il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, la ricerca sugli embrioni umani e i matrimoni omosessuali. Le due finora affrontate, oltre al matrimonio omosessuale, sono quella riguardante il divorzio-flash e quella della ricerca sugli embrioni. Il divorzio - flash, con la normativa già approvata dalla Camera, è ora al vaglio del Senato dopo aver subito alcuni emendamenti sulla custodia dei figli: il provvedimento permette di eliminare il prerequisito della separazione e la necessità di fornire al giudice i motivi dello scioglimento dell'unione. In sostanza essa consentirà di ottenere il divorzio in non più di tre mesi, almeno nei casi in cui la coppia si sciolga in modo consensuale. Riguardo alla ricerca sulle staminali embrionali, il governo l’ha prevista e consentita nella legge quadro che dovrebbe superare le difficoltà dovute al sistema istituzionale spagnolo, dove le singole Comunità Autonome (regioni) hanno piena giurisdizione sulla Sanità e sono dunque in grado di approvare autonomamente leggi in materia (e alcuni, come Andalusia, Catalogna o Paesi Baschi, lo hanno già fatto), Con la legge quadro allo Stato rimane parte del finanziamento, con le regioni ad avere poi piena autonomia nella scelta dei settori di ricerca e nella distribuzione dei fondi. Non ancora affrontate, invece, le riforme di aborto ed eutanasia, questioni ancor più delicate e sicuramente di competenza statale. Il progetto di legge che riforma l’interruzione della gravidanza deve ancora essere presentato, ma se ne conoscono i criteri base: l'obiettivo sarà quello di garantire alla madre il pieno diritto di scelta nelle prime dodici settimane di gravidanza, allargando dunque i termini che consentono oggi l’aborto nei primi tre mesi solo in caso di grave malformazione del figlio o pericolo di vita per la madre. Niente di deciso, invece, sull’eutanasia, di fatto accantonata per il momento dall’esecutivo di Madrid, che si è detto consapevole del fatto che su tale questione non esiste (ancora) una pressione sociale elevata che spinga verso una legge che regoli la materia.
In tutto questo, il governo ha anche una sesta carta, che intende giocare quanto prima: la revisione del Concordato. Madrid ha infatti sottolineato che in discussione ci sono anche gli "innegabili privilegi" di cui attualmente gode la Chiesa nei suoi rapporti con lo Stato. Privilegi riguardo alla presenza della religione nelle scuole pubbliche e privilegi riguardo all'attuale modello di finanziamento della Chiesa da parte dello Stato. "Una situazione che non è sostenibile a tempo indefinito", ha detto il ministro della Giustizia Juan Fernando Lopez Aguilar (dal cui dicastero dipendono gli affari religiosi) sottolineando che l’obiettivo dell’autofinanziamento della Chiesa – previsto dal Concordato – non viene raggiunto con le quote volontarie cedute dai cittadini con la dichiarazione dei redditi (si arriva al 70%) e che sulla parte rimanente deve dunque intervenire lo Stato, con un esborso non indifferente.
La partita dunque si gioca su più fronti, e la protesta di oggi – comunque non limitabile esclusivamente ad uno scontro fra Chiesa e governo – la rende evidente e pubblica come mai era capitato nei mesi scorsi, quando pure – in seguito ai pronunciamenti del papa di fronte ai vescovi spagnoli – le frizioni fra Spagna e Santa Sede era salite alla ribalta della cronaca. La contesa dunque si sta radicalizzando sempre più: una situazione che invece di portare al dialogo, dunque, sembra presagire per il futuro un braccio di ferro sempre più serrato.
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