Altre tre votazioni prima del rientro
di ROBERTO FESTORAZZI
ROMA
Con il primo via libera del Senato, lo scorso 5 febbraio, l'Italia ha avviato l'iter per il rientro dei Savoia in Italia. L'assemblea di Palazzo Madama, con 235 voti favorevoli, 19 contrari e 15 astenuti, ha infatti approvato in prima lettura la legge costituzionale richiesta per abrogare la tredicesima norma transitoria e finale della Costituzione repubblicana che vieta agli eredi maschi dell'ex Casa regnante di ritornare nel nostro Paese. I "sì" hanno superato la soglia dei due terzi che costituiscono la maggioranza qualificata: se questo quorum verrà raggiunto anche nelle successive votazioni (almeno tre, perché si tratta di una legge costituzionale che richiede una doppia lettura da parte dei due rami del Parlamento), sarà scongiurato il rischio di un referendum. L'iter legislativo, dunque, non sarà breve: la legge dovrà essere votata per due volte dalle Camere, con una distanza obbligatoria di tre mesi tra l'una e l'altra votazione. Per cui è previsto che, se non ci saranno ritardi o intoppi, il rientro effettivo dei Savoia possa avvenire non prima dell'estate.
Il voto del Senato ha rappresentato un'autentica svolta che, dopo 56 anni, ha avvicinato concretamente gli ex reali al suolo patrio. Non si contano infatti i tentativi che, nei decenni passati, si erano succeduti per riammettere in Italia i Savoia: la prima proposta di legge per abrogare la tredicesima disposizione era stata presentata dal Msi nel 1979.
Lo schieramento trasversale che si è espresso a favore della cancellazione dei divieti imposti dalla Costituzione è stato molto ampio, da Alleanza nazionale ai Ds, con la sola esclusione dei due partiti comunisti, della maggioranza dei Verdi e della sinistra diessina, e l'astensione della Lega. Il "sì" della Quercia ha infatti
fatto pendere la bilancia a favore dell'apertura delle frontiere agli eredi della monarchia, soprattutto dopo la dichiarazione di fedeltà alla Costituzione che Vittorio Emanuele e il figlio Emanuele Filiberto avevano pronunciato. Un atto formale che ha fatto cadere le ultime riserve all'interno del maggior partito di opposizione, il quale, per bocca del suo capogruppo al Senato, Gavino Angius, ha tuttavia ribadito il fermo giudizio storico di condanna della Casa Reale, soprattutto per le sue responsabilità nell'avvento del fascismo.
La dichiarazione di fedeltà degli ex reali alla Repubblica non è però piaciuta ai monarchici italiani e al duca Amedeo d'Aosta, i quali hanno in pratica sconfessato Vittorio Emanuele e suo figlio. Una ulteriore divaricazione che fornisce la prova delle divisioni che esistono all'interno dell'ex Casa regnante e del fronte dei monarchici, fratture che vedono l'erede maschio in urto costante con la sorella Maria Gabriella.
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tratto da IL MESSAGGERO
del 31-03-2002