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Discussione: Oriana Fallacida

  1. #1
    AC Milan 1899
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    Thumbs up Oriana Fallacida

    Fonte: NoReporter.org

    Da Newyork la Fallaci vomita acido e livore a causa del rinvio a giudizio per vilipendio della religione islamica. Per lei i reati d'opinione non dovrebbero esistere...ma non è proprio Oriana ad aver alluvionato i tribunali di querele contro chiunque abbia osato criticare i suoi scritti?



    Oriana Fallaci, su denuncia di Adel Smith, è stata rinviata a giudizio per "vilipendio della religione islamica" in relazione a quanto da lei scritto ne "La Rabbia e l'Orgoglio" e nei suoi ultimi scritti. Ma New York, dove ora vive in "esilio volontario" come le piace dire, la Fallaci ha dichiarato: "Storpiare il pensiero di una persona, piluccare una parola qui e una là, cucire il tutto con puntolini, è illegittimo. Illecito. Illegale. Criminoso. Contrario a ogni decenza morale e intellettuale. Vergogna!". In difesa della Fallaci sono scesi in campo vari organi di informazione, e, da Libero al Corriere della Sera, da Vittorio Feltri a Pierluigi Battista il quale ha scritto che "i principi valgono anche per chi la pensa diversamente" e che i reati di opinione non dovrebbero esistere in una democrazia. Giustissimo. Peccato che la Fallaci sia l'ultima a doversene e potersene lamentare visto che ha alluvionato i Tribunali italiani di querele e di azioni civili di danno contro chiunque abbia espresso sui suoi scritti e sulla sua persona opinioni che non corrispondono all'ipertrofica immagine che la signorina si è fatta su se stessa. Secondo la Fallaci e i suoi sostenitori lei può dire ciò che vuole, gli altri no, il che non mi sembra corrispondere a quell'affermazione di Pierluigi Battista secondo la quale i principi sono tali se valgono per tutti. La Fallaci sembra correre su un binario schizofrenico. Si rifiuta sdegnosamente di accordare la sua preziosa presenza in un processo in cui è imputata. Già questo negli Stati Uniti in cui si è "esiliata" costituirebbe il reato di "vilipendio della Corte", ma si nega ai Tribunali anche quando è lei la querelante e la denunciante, com'è successo nell'azione civile di danno che ha intentato contro di me per un ritratto, "Cara, prepotente Oriana, così non ti riconosco più" (Quotidiano Nazionale, 15/4/2002) che le avevo dedicato all'indomani dell'uscita de "La Rabbia e l'Orgoglio", un ritratto nient'affatto negativo, soprattutto per quello che riguarda il passato di questa grande giornalista, ma in cui, se non volevo fare della semplice agiografia, non potevo certo nascondere - io che l'ho conosciuta da vicino negli anni in cui lavoravamo insieme all'Europeo - i lati negativi del suo carattere, l'egocentrismo e la prepotenza spinta di là di ogni limite, soprattutto nei confronti dei subordinati e dei più deboli. Quando il giudice di Bologna, anzi la giudice, una bella signora bionda, ha chiesto agli avvocati della Fallaci se la signora sarebbe venuta al processo da lei stessa innescato, costoro hanno risposto, quasi con scherzo: "Ma si figuri se la signora Fallaci ha tempo da perdere per venire qui, in Tribunale", al che la giudice ha fatto una strana faccia in cui si leggeva questo pensiero: "Ma come, tu fai causa, impegni Tribunali, giudici, tempo, energie, soldi (che sono poi, come sempre, i soldi del contribuente, ndr), testimoni della difesa ormai più che ottantenni costretti a venire, per dovere di verità, da lontano, e poi non ti degni nemmeno di essere presente?". I reati di opinione non dovrebbero avere diritto di cittadinanza in una democrazia. Però è anche l'ora di smetterla di fingere che siano un esclusivo retaggio del Codice fascista di Alfredo Rocco. Pochi anni fa è stata emanata la cosiddetta "legge Mancino" che punisce "qualsiasi forma di xenofobia, di antisemitismo, di incitamento all'odio razziale" e anche chi osi fare del revisionismo storico sull'Olocausto. Sulla base di questa legge molti esponenti di forze dell'estrema destra sono stati inquisiti e condannati. Sono fattispecie liberticide, ma finché esistono non si vede perché mai solo la signora Fallaci dovrebbe usufruire di uno speciale salvacondotto. Per riprendere Battista: o valgono per tutti o non valgono per nessuno. Perché non c'è dubbio che gli ultimi scritti di Oriana Fallaci siano xenofobi, razzisti e incitino all'odio contro i musulmani. Fin qui il discorso sul piano giuridico dove, come ho detto, i reati di opinione dovrebbero essere aboliti per tutti e non solo per Oriana Fallaci. Su quello politico noto però che fra i più strenui difensori della scrittrice de "La Rabbia e l'Orgoglio" c'è Giuliano Ferrara. Il direttore de "Il Foglio" è talmente obnubilato dal suo neoconservatorismo neocon da non rendersi conto che sponsorizzando il becero razzismo antislamico di Oriana Fallaci si apre la strada anche ad ogni altra forma di razzismo e quindi, prima o poi, anche a un rigurgito antisemita contro il quale si avranno ben pochi argomenti per contrastarlo se si è prima avallato il razzismo antislamico.

    Massimo Fini

  2. #2
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    Nulla da aggiungere all'impeccabile (per stile e contenuto suoi consueti) analisi di Massimo Fini!

  3. #3
    Iterum rudit leo
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    Ma il tribunale, alla fine del processo contro la Fallaci, emetterà una sentenza o una fatwa?

  4. #4
    AC Milan 1899
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    In origine postato da krentak
    Ma il tribunale, alla fine del processo contro la Fallaci, emetterà una sentenza o una fatwa?
    E' lei la prima a voler veder puniti i reati di opinione.
    Giusto così!


  5. #5
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    In origine postato da Gianmario
    E' lei la prima a voler veder puniti i reati di opinione.
    Giusto così!

    PER UNA VOLTA D'ACCORDO CON GIANMARIO!
    PER CARITA', ABOLIRE I REATI DI OPINIONE.......MA PER IL CASO IN QUESTIONE FARE UN'ECCEZIONE

  6. #6
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    Predefinito A proposito di libertà di opinione

    In origine postato da Gianmario
    Fonte: NoReporter.org

    Da Newyork la Fallaci vomita acido e livore a causa del rinvio a giudizio per vilipendio della religione islamica. Per lei i reati d'opinione non dovrebbero esistere...ma non è proprio Oriana ad aver alluvionato i tribunali di querele contro chiunque abbia osato criticare i suoi scritti?



    Oriana Fallaci, su denuncia di Adel Smith, è stata rinviata a giudizio per "vilipendio della religione islamica" in relazione a quanto da lei scritto ne "La Rabbia e l'Orgoglio" e nei suoi ultimi scritti. Ma New York, dove ora vive in "esilio volontario" come le piace dire, la Fallaci ha dichiarato: "Storpiare il pensiero di una persona, piluccare una parola qui e una là, cucire il tutto con puntolini, è illegittimo. Illecito. Illegale. Criminoso. Contrario a ogni decenza morale e intellettuale. Vergogna!". In difesa della Fallaci sono scesi in campo vari organi di informazione, e, da Libero al Corriere della Sera, da Vittorio Feltri a Pierluigi Battista il quale ha scritto che "i principi valgono anche per chi la pensa diversamente" e che i reati di opinione non dovrebbero esistere in una democrazia. Giustissimo. Peccato che la Fallaci sia l'ultima a doversene e potersene lamentare visto che ha alluvionato i Tribunali italiani di querele e di azioni civili di danno contro chiunque abbia espresso sui suoi scritti e sulla sua persona opinioni che non corrispondono all'ipertrofica immagine che la signorina si è fatta su se stessa. Secondo la Fallaci e i suoi sostenitori lei può dire ciò che vuole, gli altri no, il che non mi sembra corrispondere a quell'affermazione di Pierluigi Battista secondo la quale i principi sono tali se valgono per tutti. La Fallaci sembra correre su un binario schizofrenico. Si rifiuta sdegnosamente di accordare la sua preziosa presenza in un processo in cui è imputata. Già questo negli Stati Uniti in cui si è "esiliata" costituirebbe il reato di "vilipendio della Corte", ma si nega ai Tribunali anche quando è lei la querelante e la denunciante, com'è successo nell'azione civile di danno che ha intentato contro di me per un ritratto, "Cara, prepotente Oriana, così non ti riconosco più" (Quotidiano Nazionale, 15/4/2002) che le avevo dedicato all'indomani dell'uscita de "La Rabbia e l'Orgoglio", un ritratto nient'affatto negativo, soprattutto per quello che riguarda il passato di questa grande giornalista, ma in cui, se non volevo fare della semplice agiografia, non potevo certo nascondere - io che l'ho conosciuta da vicino negli anni in cui lavoravamo insieme all'Europeo - i lati negativi del suo carattere, l'egocentrismo e la prepotenza spinta di là di ogni limite, soprattutto nei confronti dei subordinati e dei più deboli. Quando il giudice di Bologna, anzi la giudice, una bella signora bionda, ha chiesto agli avvocati della Fallaci se la signora sarebbe venuta al processo da lei stessa innescato, costoro hanno risposto, quasi con scherzo: "Ma si figuri se la signora Fallaci ha tempo da perdere per venire qui, in Tribunale", al che la giudice ha fatto una strana faccia in cui si leggeva questo pensiero: "Ma come, tu fai causa, impegni Tribunali, giudici, tempo, energie, soldi (che sono poi, come sempre, i soldi del contribuente, ndr), testimoni della difesa ormai più che ottantenni costretti a venire, per dovere di verità, da lontano, e poi non ti degni nemmeno di essere presente?". I reati di opinione non dovrebbero avere diritto di cittadinanza in una democrazia. Però è anche l'ora di smetterla di fingere che siano un esclusivo retaggio del Codice fascista di Alfredo Rocco. Pochi anni fa è stata emanata la cosiddetta "legge Mancino" che punisce "qualsiasi forma di xenofobia, di antisemitismo, di incitamento all'odio razziale" e anche chi osi fare del revisionismo storico sull'Olocausto. Sulla base di questa legge molti esponenti di forze dell'estrema destra sono stati inquisiti e condannati. Sono fattispecie liberticide, ma finché esistono non si vede perché mai solo la signora Fallaci dovrebbe usufruire di uno speciale salvacondotto. Per riprendere Battista: o valgono per tutti o non valgono per nessuno. Perché non c'è dubbio che gli ultimi scritti di Oriana Fallaci siano xenofobi, razzisti e incitino all'odio contro i musulmani. Fin qui il discorso sul piano giuridico dove, come ho detto, i reati di opinione dovrebbero essere aboliti per tutti e non solo per Oriana Fallaci. Su quello politico noto però che fra i più strenui difensori della scrittrice de "La Rabbia e l'Orgoglio" c'è Giuliano Ferrara. Il direttore de "Il Foglio" è talmente obnubilato dal suo neoconservatorismo neocon da non rendersi conto che sponsorizzando il becero razzismo antislamico di Oriana Fallaci si apre la strada anche ad ogni altra forma di razzismo e quindi, prima o poi, anche a un rigurgito antisemita contro il quale si avranno ben pochi argomenti per contrastarlo se si è prima avallato il razzismo antislamico.

    Massimo Fini
    A proposito di libertà di opinione... Post #3 di 3

    ...e di Fallaci (un nome, un destino) questo art. di Franco Cardini in risposta a Battisti (vice Corsera) è interessante:

    Vicedirettore Battista, vogliamo o no difenderla, questa benedettissima libertà d'opinione? Allora bisogna difenderla tutta. Quella della Fallaci, quella di Piccardo, quella di Irving e quella di De Benoist. Se non si hanno la coerenza e il coraggio di agir così, allora non ci s'impanchi a giudice, non si faccia il Maestrino di Morale. Nemmeno se si dispone di una tribuna come "Il Corriere". Non è né decente, né credibile.

    Siamo davvero tutti d'accordo sul fatto che il "reato d'opinione"sia un attentato alla libertà di coscienza, quindi alla dignità della persona umana, e una contraddizione in termini in democrazia? E, se lo siamo, come si concilia tutto ciò col fatto che talvolta, dinanzi a idee che ci paiono aberranti o alla violenza di chi espone il proprio parere in termini che ci appaiono gravemente lesivi di valori che sentiamo intangibili, esigiamo che la legge tuteli la dignità e la decenza? Com'è possibile che le stesse persone ora invochino il rigore della giustizia contro espressioni del pensiero altrui che sono loro apparse indecenti e intollerabili, ad esempio contro offese alla morale o alla religione, e ora si scandalizzino invece per il fatto che qualcuno finisca dinanzi ai giudici proprio per essersi espresso in troppa libertà, magari come la sua coscienza gli dettava? Eppure succede. Lo constatavo proprio in questi ultimissimi giorni, con un misto di divertimento e di malinconia. Prendiamo un caso emblematico. Sul Corriere della Sera del 21 maggio scorso, il Vicedirettore Pierluigi Battista - lo chiamo così perché so che ci tiene - se la prendeva con la versione italiana del Corano edita dall'Unione delle Comunità Islamiche in Italia (U.C.O.I.I.) e con l'autore del commento al sacro libro, il presidente di essa Ham.za R. Piccardo, con il quale aveva già mesi or sono polemizzato Magdi Allam. Citando un libro recente del giornalista Carlo Panella, Il Vicedirettore Battista s'indignava per alcune espressioni di Piccardo che riteneva antisemite. E un pò se la prendeva anche con me, che di tale Corano, edito dalla Newton Compton, ho scritto - da cattolico - la prefazione. Gli ho replicato con una lettera, edita sullo stesso giornale il 23, sostenendo che nel lavoro di Piccardo non è rilevabile traccia di antisemitismo, che semmai alcune frasi sono riconducibili alla tradizione controversistica antiebraica - che è cosa riprovevole, ma ben diversa dall' antisemitismo - e annunziando comunque che Piccardo stava da tempo rivedendo il suo commento (che di fatti uscirà tra breve rinnovato). E lui mi ha ribattuto nella medesima sede, aggrondato, che "spiace" che io "sottovaluti" il problema, anzi che la cosa addirittura "preoccupa". Il che lascia capire che, sotto sotto, egli pensi che sono un po' antisemita anch'io: e che, insomma, lo decide lui chi è antisemita.

    L'antisemitismo è una cosa orribile e l'antigiudaismo è riprovevole, tantopiù che questo può essere alibi di quello. Ma il problema è: quando resti nell'àmbito della idee, il professarlo è "reato d'opinione"? Direi di sì, perché ci sono delle leggi. In deroga al principio generale secondo il quale tale reato fa a pugni con la libertà e la democrazia.

    Ma se Battista in questo caso fa pensare di condividere la tesi della legittimità del "reato d'opinione", perché s'indigna poi se il medesimo principio viene applicato nei confronti di altri obiettivi e contesti? Perché scrive, sempre sul giornale di cui è valoroso Vicedirettore, un articolo di fuoco, il 25 maggio, contro la decisione di quel giudice che, dando di nuovo fiato a un'archiviata denunzia dell'ineffabile Adel Smith (quello che butta i crocifissi fuor di finestra), trascina in tribunale nientemeno che Oriana Fallaci per le espressioni che essa, nel suo libro La forza della ragione, usa nei confronti dell'Islam, e che obiettivamente sono molto più forti, dure e offensive di quelle usate da Piccardo nei confronti degli ebrei?

    lo sono convinto che il "reato d'opinione" non dovrebbe esistere. Il codice penale è più che sufficiente: ed esso punisce gli atti, non le idee né le intenzioni giudicar le quali va lasciato a Dio (una calunnia, ad esempio, è un fatto: e come tale si persegue). Il punto è che vi sono Idee difficili da difendere, magari perché ci ripugnano. Eppure, se crediamo nella libertà, sono proprio quelle, anche le più aberranti e lontane da noi, che dovremmo difendere. Il Vicedirettor Battista lo fa con la Fallaci; ma non fa lo stesso con Piccardo. Perché?l

    Difendere gli ebrei è sacrosanto: lo è in assoluto. e lo è soprattutto dopo Auschwitz. Ma la loro tragedia è, appunto, esemplare della necessità di tutelare tutte le libertà. E la difesa delle libertà si fa a trecentosessanta gradi. Se ci s'accontenta di farla a trecentocinquantanove, crolla tutto. Anche la famosa "Legge Mancino", ad esempio, è illiberale. Anche la XXIII Disposizione "transitoria e finale" della Costituzione repubblicana lo è.

    Mesi fa, allo storico revisionista David Irving fu impedito di venire in Italia a tenere un ciclo di conferenze. Qualche settimana fa un intellettuale che ammiro sconfinatamente, Claudio Magris, dichiarò che non avrebbe mai più messo piede nel "suo" triestino Caffè degli Specchi perché avevano invitato a parlarci l'intellettuale della nuova destra Alain de Benoist. D'accordo: oggi da noi difender gli ebrei è diventato comodo (quando non lo era, nel '38, stemmo vergognosamente zitti), mentre tutelare i diritti di uno studioso sospetto di esser troppo indulgente con Adolf Hitler può essere impopolare e controproducente per chi lo faccia. Ma, o Vicedirettore Battista, vogliamo o no difenderla, questa benedettissima libertà d'opinione? Allora bisogna difenderla tutta. Quella della Fallaci, quella di Piccardo, quella di Irving e quella di De Benoist. Se non si hanno la coerenza e il coraggio di agir così, allora non ci s'impanchi a giudice, non si faccia il Maestrino di Morale. Nemmeno se si dispone di una tribuna come "Il Corriere". Non è né decente, né credibile.
    Ibrahim

 

 

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