Come spesso accade sulle proposte del Governo si leva solo un coro di critiche fatte di parole prive di contenuto e che non vanno a spiegare le ragioni vere del dissenso. La stessa cosa sta accadendo per la riforma che il Governo vuole approntare per favorire il rilancio dell’occupazione nel nostro Paese. Il leader della CGIL addirittura aveva preannunciato un autunno caldo già nella scorsa primavera quando si era ancora in campagna elettorale per lasciar intendere quale sarebbe stato il suo unico scopo: fare politica usando il sindacato. E non ha mancato una sola occasione per comportarsi da uomo di partito più che da guida di un sindacato dei lavoratori. Non ha organizzato scioperi generali per una legislatura, si è accettata l’introduzione di un certo livello di flessibilità nelle assunzioni laddove le medesime proposte di sette anni fa avanzate da Berlusconi vennero demonizzate, e già si scaldava all’idea di ricoprire un ruolo di primo piano nell’opposizione del successivo governo. Ed oggi si sentirà come un leone in gabbia per essere stato costretto ad accettare una proposta unitaria con CISL e UIL di rinuncia allo sciopero generale favorendo agitazioni in ogni settore per due ore. L’oggetto del contendere è la modifica dell’articolo 18 della legge n.300 del 1970, meglio nota come Statuto dei Lavoratori, proposta dal Governo con l’intento di favorire la riemersione del sommerso e la creazione di nuovi posti di lavoro.
L’art. 18 sancisce che “il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell’art.2 della stessa legge (relativo alle guardie giurate) o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di 15 prestatori di lavoro o più di 5 se trattasi di imprenditore agricolo, di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro”.
L’articolo in questione risulta particolarmente complesso e lungo e prevede, tra le altre cose, anche il diritto al risarcimento del lavoratore ingiustamente licenziato e, in caso di rifiuto da parte del lavoratore al reintegro, ad un equo indennizzo pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto.
La proposta del Governo nello specifico consiste nel sostituire l’obbligo di reintegro nel posto di lavoro da parte del datore di lavoro con l’obbligo ad un equo indennizzo (stabilito dal giudice nel momento in cui accerta l’ingiusto licenziamento) per tutte quelle imprese che riemergono dal sommerso, per i lavoratori i cui contratti a tempo determinato siano trasformati in contratto a tempo determinato, per i lavoratori delle aziende che superano la soglia dei 15 dipendenti.
In sostanza l’obiettivo del Governo è quello, attraverso la sperimentazione di questa proposta, di favorire l’incremento delle assunzioni da parte di quelle aziende che rinunciano ad assumere per non superare il livello dei 15 dipendenti che le sottoporrebbe agli obblighi dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e di spingere diverse imprese ad uscire dal sommerso.
E’ ovvio che non tutti possono essere d’accordo su queste proposte, ma l’augurio che il dibattito politico sia indirizzato in modo costruttivo a favorire un miglioramento della legge mantenendo immutati gli obiettivi che il governo si è prefisso.
dal Forum della Lista del Giornale