Il processo Imi-Sir/Lodo Mondadori si è concluso, come sempre con vincitori e vinti.
Ha vinto il Cavalier Convitato (di pietra), che pur non essendo più imputato per la vicenda Mondadori è stato il "fantasma" di questo processo, come mandante della corruzione contestata.
Ha perso Carlo De Benedetti, dato che la sentenza ha stabilito che il suo antagonista non truccò le carte per impossessarsi del più grande impero editoriale italiano.
E hanno perso Cesare Previti e tutta la sua corte di avvocati e giudici che per tre volte
(Imi Sir in primo e secondo grado e Sme in primo grado)
sono stati giudicati colpevoli di corruzione, per aver comprato e venduto sentenze per conto terzi.
L’interminabile polpettone giudiziario non è ancora arrivato all’ultima puntata, dato che nessuna sentenza è passata in giudicato e ci saranno ancora vincitori e vinti, ma a questo punto, i veri sconfitti, sono coloro che per tutti questi dieci anni di processi alle cosiddette toghe sporche romane hanno continuato a sparare sulla magistratura, a parlare di politicizzazione dei giudici, politicizzando di fatto la giustizia
Questi processi hanno dimostrato, tutti, un altalenante e fisiologico andamento in cui condanne e assoluzioni si sono alternate e sovrapposte.
Per il Lodo Mondadori il gup Rosario Lupo, in udienza preliminare aveva assolto tutti gli imputati.
La procura fece ricorso e la Corte d’appello, invece, stabilì che dovevano essere rinviati a giudizio.
Tutti, tranne il Cavalier Volutodalpopolo che si salvò per un cavillo legislativo che gli consentì di ottenere, non un’assoluzione nel merito, ma la prescrizione.
Era abbastanza paradossale che i coimputati, che se avevano corrotto dei giudici sicuramente lo avevano fatto coi suoi quattrini, fossero sotto processo mentre lui stava a Palazzo Chigi.
E questa anomalia ha avuto evidenti ricadute legislative: una maggioranza parlamentare con un premier in ostaggio dei suoi presunti complici non poteva sottrarsi all’obbligo di varare leggi che spuntassero le armi dell’accusa.
Tanto più che in un altro processo, quello per la vicenda Sme, il Cavalier Mandante era invece imputato.
Anche qui i suoi compagni di sventura sono stati condannati in primo grado.
Lui è riuscito a correre da solo grazie alla momentanea impunità che gli concesse il lodo Maccanico.
Gli altri sono stati condannati, lui se l’è cavata con una prescrizione per la parte relativa ai quattrini che diede al giudice Squillante, assolto per insufficienza di prove per la vicenda Sme.
Per dieci anni abbiamo sentito il Cavalier Vittima e soci urlare al complotto, parlare di persecuzione giudiziaria, ma come si vede, gli stessi giudici a volte assolvono e a volte condannano gli stessi imputati.
Vagliano caso per caso, accusa per accusa.
Dove il quadro probatorio è inattaccabile condannano, dove le prove sono sorrette da un quadro indiziario, ma presentano elementi di debolezza o contraddittorietà assolvono.
E bisogna dire che tutti i collegi che hanno affrontato questi processi hanno dato prova di iper-garantismo: nessuna sentenza si è accontentata di indizi, per quanto convergenti.
E si dovrà pure ammettere che c’erano tutti gli elementi per istruire un processo: la stessa alternanza di assoluzioni e condanne dimostra che non si è trattato di inchieste basate su pregiudizi, ma che era necessario un dibattimento per accertare la verità.
Chissà se adesso questa maggioranza-bis rinuncerà al compito improprio di celebrare i processi fuori dalle aule di giustizia e di far leggi contro la legge.
Il calvario di questi imputati tutto sommato sarebbe stato più breve e indolore se avessero accettato il principio costituzionale per cui la legge è uguale per tutti.
Anche per loro.