Dal sito dei DS:
http://www.dsonline.it/aree/immigraz...p?id_doc=25368
12 Maggio 2005
«Chi si mette in proprio non toglie nulla ai cittadini italiani»
Onorevole Turco, secondo Unioncamere oltre il 50% delle aziende nazionali appartiene a extracomunitari: un fenomeno che ha conosciuto un autentico boom negli ultimi quattro anni, facendo registrare una crescita addirittura del 170%. Come spiega questa elevatissima propensione degli immigrati all’imprenditorialità?
«Gli studi eseguiti sulla comunità straniera presente nel nostro Paese dimostrano come la tendenza degli immigrati a mettersi in proprio è un modo per sottrarsi alle discriminazioni che devono subire nel mondo del lavoro. Sappiamo, infatti, che gli stranieri sono richiesti quasi esclusivamente per svolgere quei lavori che, si dice, gli italiani non vogliono più fare. Mettersi in proprio, dunque, significa mettere a frutto la propria professionalità che è generalmente più elevata di quanto non venga loro riconosciuto nell’ambito del lavoro dipendente».
Non vede elementi di preoccupazione per la crescita delle imprese gestite da stranieri a fronte del periodo non precisamente brillante attraversato dagli imprenditori italiani?
«Mettersi in proprio non toglie nulla agli italiani, e se gli extracomunitari vanno bene sarà perché sono più bravi...Il primo motivo che spiega la crescente tendenza degli immigrati a diventare imprenditori è, come ho detto, nella mancanza di mobilità sociale, nella pretesa di confinarli in ruoli subalterni. Ma c’è anche un altro fattore e cioè che queste attività imprenditoriali, in parte rivolte alle loro stesse comunità, rispondono a un fabbisogno su una fetta di mercato dove non esiste molta concorrenza».
Insomma, un fenomeno positivo per gli stranieri e per il Paese che li ospita?
«Non c’è dubbio. Basta pensare all’aspetto dell’integrazione. E bisogna rendersi conto che gli extracomunitari non sono in competizione con gli italiani, che i problemi sono altri. Cominciamo col chiederci perché nelle realtà dove c’è disoccupazione permangono italiani che comunque non fanno più certi lavori...».
Lei cosa risponde?
«Perchè il lavoro manuale è così poco pagato. Questo è un aspetto decisivo, visto che il salario è anche una forma di riconoscimento sociale. In ogni caso ultimamente molti giovani meridionali stanno emigrando verso il Nord in cerca di lavoro, si tratta di un fenomeno in forte ripresa».
Visto che lo giudica un fenomeno positivo, a chi va il “merito” del boom imprenditoriale extracomunitario: alla legge Bossi-Fini o a quella che porta il suo nome?
«La legge sull’immigrazione che porta il mio nome ha favorito le imprese serie, ma in questo caso non si possono attribuire dei meriti a nessuno, stavolta non potrei “prendermela” neppure con la Bossi-Fini. Il fatto è che le aziende di immigrati hanno saputo aiutarsi da sole, hanno fatto tutto loro».
Allora io mi chiedo:
1-Se gli stranieri regolari in Italia sono il 5% della popolazione, come è possibile che si possa dire che ben il 50% delle aziende presenti sul territorio italiano (appunto, quelle create da stranieri) abbiano come meta fette di mercato non coperte?
2-A parte le sciocchezze del tipo "sono più bravi", ma come è possibile non evidenziare anche gli eventuali costi inferiori che si sobbarcano. O mi si vuol far credere che, ad esempio nel campo alimentare, importano materie a costi europei? Non parliamo poi del vendere ciò che spesso arriva di contrabbando. Allora chiunque sarebbe bravo come commerciante!
3-Chi ci lavora? 50% è una percentuale enorme. Ci lavorano solo stranieri? (avevo già chiesto questa cosa tempo fa. Forse è il caso di informarsi per bene)
4 (INDIRIZZATO A CHI HA A CUORE IL MONDO INDOEUROPEO E LA SUA ORGANIZZAZIONE SOCIALE E SPIRITUALE)-Se le cifre sono esatte, il fatto che gli stranieri siano così orientati al commercio, legato alla funzione "inferiore" nella società indoeuropea, indica un doppio degrado delle nostre terre, etnico-sociale e spirituale. Non solo chi viene da fuori spesso è assolutamente distante dal nostro mondo, ma si inserisce e si stabilizza secondo modi di vita che altro non fanno che perpetuare solo la funzione "bassa", che ha la sua dignità all'interno di un più vasto e organico disegno, ma su cui non si fondano popoli e non si fonda reale comunità.