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Discussione: Monachesimo

  1. #1
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    Predefinito Monachesimo

    Oggi fa meraviglia che difficilmente un giovane cristiano, pensando alle prospettive della sua vita , pensi al Monachesimo.
    Il monachesimo resta sempre qualcosa che riguarda "qualcun'altro".

    Per introdurre una discussione su questo tema voglio proporre la Regola (TIPICO) che ho scritto fondando il Monastero di San serafino di Sarov, tuttora quasi vuoto di monaci, ma mai di speranza.


    +
    TIPICO
    ossia parole e norme
    dell’indegno Silvano
    fondatore e primo Igumeno del Sacro Monastero di S. Serafino di Sarov in S. Felice di Pistoia
    per coloro che vorranno unirsi a lui nella vita fraterna del Monastero.



    + Silvano
    per la misericordia di Dio e la benevolenza della Santa Chiesa
    fondatore ed igumeno del Santo Monastero di S.Serafino di Sarov
    a tutti coloro che verranno a vivere come Monaci
    nel nostro Santo Monastero
    pace e benedizione dal Signore.


    Fratelli e figli miei, come posso io osare, peccatore non a parole o per formula di stile ma, dolorosamente, a fatti e in verità, osare unirmi, ultimo della fila, ai grandi Padri Teofori che da Antonio il Grande, a Pacomio, a Macario, a Basilio, a Benedetto, ad Agostino, a Teodoro, a Simeone il Nuovo e tutti gli altri che hanno scritto parole ispirate per indirizzare la vita monastica?
    Quello che me lo impone è l’amore: charitas Christi urget nos : l’amore verso questa Chiesa Italiana che sta rinascendo dalle ceneri dello scisma del Patriarcato d’Occidente, e piano piano, quasi a tentoni, nel buio di questo secolo secolarizzato, scristianizzato ed infido, si ripropone a chi cerca Dio in Verità.
    Questa Chiesa ha bisogno di Martiri e di Monaci: i primi li chiamerà il Signore secondo l’insondabile giudizio della sua Grazia che distribuisce le Corone; i secondi possiamo essere noi, se umilmente rispondiamo alla chiamata di vivere in fraternità per condividere la vita Cristiana. S“ fratelli e figli, perché la vita del Monaco non è una super-vita cristiana, la tonsura non ci rende più degni, ci fa solo segni, speriamo un po’ evidenti, della volontà di seguire il Cristo che ci ha detto: voi non siete del mondo. (Gv.15,16)
    Già il nostro padre tra i santi Basilio, Arcivescovo di Cesarea della Cappadocia, chiamava semplicemente ‘vita cristiana’ la vita dei monaci, e cos“ il Beato Agostino, vescovo di Ippona, e tanti altri. Noi, che siamo poveri e peccatori, ci sentiamo già troppo innalzati se tentiamo di vivere la ‘vita cristiana’ anche se ‘angelica’ la appellano tanti padri, ed ‘angelico’ si appella il nostro abito, ma questo appellativi preferiamo lasciarlo a chi ne ha merito e a chi non è continuamente tentato di insuperbirsi di ciò che non ha.
    Cos“, figli miei, di mio troverete poco: quello necessario ad incarnare il nostro Monastero nella realtà concreta dell’Italia di inizio terzo millennio (siamo ormai nel 1996). molto. anche se non sempre troverete citazioni. è l’affiorare spontaneo alla mia mente della parola della Scrittura e dei Padri Teofori.

    1 - VIVERE NELL’AMORE PERCHE’ L’AMORE è DA DIO

    Ascolta Figlio - cos“, come il piissimo Benedetto da Norcia, voglio iniziare - se vuoi cominciare nel monastero la vita cristiana pensa che essa consiste essenzialmente in due comandamenti: Amerai Dio con tutto il tuo cuore e Amerai il prossimo come te stesso :
    il Primo ci insegna che non la nostra volontà, ma volontà di Dio deve essere fatta, come l’amante altro non desidera se non che si compia la volontà dell’amato. E’ per questo che l’obbedienza è il fondamento della vita monastica: rinunciare alla volontà propria, per noi non è un atto di costrizione, ma è correre volentieri verso l’amato per fare ciò che a lui piace, nelle piccole come nelle grandi cose. Se noi non riusciamo a comprendere il mistero dell’obbedienza all’interno del mistero dell’Amore trasformeremo il monastero in un carcere e la nostra vita in una continua voglia di fuggire. Noi, al contrario, ci esercitiamo, partendo dalle tribolazioni di ogni giorno, dalla gravezza della nostra povertà e dal peso dei nostri peccati, dai comandi quotidiani dell’Igumeno, come degli atleti con esercizi di palestra, a correre liberi verso la piena volontà del nostro dolcisssimo, amatissimo, desiderabilissimo Cristo, l’Amato unico dei nostri pensieri e della nostra ricerca, il solo in cui trova pace il nostro cuore, che è la volontà del Padre suo celeste col quale Egli è una cosa sola;
    il Secondo ci insegna a considerare nel fratello il volto dell’Amato, l’icona santa del prototipo celeste, ogni uomo fatto secondo la somiglianza di Lui. Cos“ chi rattrista il fratello, è Cristo che rattrista e chi consola il fratello, è Cristo che consola, e chi rallieta il fratello, è Cristo che rallieta.
    Se seguiamo questa via, dal più semplice legame di amicizia umana, vera e profonda, fino al rapporto di spirituale fraternità nel Cristo, la vita in una comunità di fratelli, è per noi la scala attraverso la quale salire al cielo. L’ amore d’amicizia che unisce i membri della fraternità è spesso ciò che resta nei momenti oscuri della nostra vita di monaco: perchŽ anche i monaci hanno il loro Getsemani, ah come lo hanno. Quanto è da compiangere chi è solo, l’abbandonato. L’amico è presenza, l’amico è accoglienza, l’amico è ascolto: l’amico, il fratello è colui che non ha paura delle mie paure, come un sacramento di Cristo, mi accetta come sono e mi carica sopra di se.
    La Comunità è un bene prezioso che Dio ci ha donato: cerchiamo di non fare come quegli Apostoli che, nella solitudine del Maestro , non seppero vegliare nemmeno un ‘ora .
    Per questo i santi Padri teofori ritennero per noi deboli, migliore la vita comunitaria, cenobitica, di quella, solo a solo, nei combattimenti dell’eremo.

    2 - I MEMBRI DELLA FRATERNITË
    Secondo la tradizione attuale della Chiesa i membri del Monastero sono di tre gradi. a seconda che siano più o meno avanzati nella vita monastica: i Novizi, i Monaci rassofori, i Megaloschimi.
    I Monaci rassofori sono coloro che ricevono l’abito monastico pur senza ancora pronunciare i voti. Questo non significa che essi non siano impegnati innanzi a Dio: l’abito e la tonsura dei capelli rappresentano per loro una scelta irrevocabile che compiono nel loro cuore, come irrevocabile è una scelta d’amore, ogni scelta d’Amore.
    I Monaci Megaloschimi o Monaci del Grande ed amgelico abito, sono i monaci che hanno pronunciato i voti: i voti, ben lontano da essere un semplice atto giuridico e canonico, sono una promessa d’amore che ci lega a Cristo Sposo per sempre. Egli non promette a noi consolazioni terrene, ma come lo si contempla nell’icona dei primi giorni della Settimana Grande, una corona di spine, un manto di derisione, sputi sulla faccia, e infine la croce, i chiodi, i flagelli, la lancia la morte, la tomba. Ma insieme il germinare, fin da quaggiù, dei semi della resurrezione che investono, se il nostro Amore è davvero compiuto, e corpo ed anima, di una indescrivibile gioia, di una tenerezza, di un indescrivibile piacere, come scrive Abba Isacco Siro, che nessuna parola umana potrà mai esprimere.
    E’ qui il senso della vita monastica, è qui in verità il senso della vita cristiana: l’unione a Cristo che ci fa Cristofori, Teofori, uomini divinizzati dalla Grazia , anticipazione quaggiù del Regno dei Cieli.
    Cantate le Beatitudini, figli miei, cantatele a piena voce e più che altro col cuore squarciato: saprete allora che il monaco, anzi il cristiano, è l’uomo a cui ciascheduna di esse può essere applicata. Beati i monaci. beati i cristiani perchŽ attraverso l’ umanarsi di Cristo si sono in Cristo deificati.
    In alcuni Monasteri esistono anche i Microschimi o Monaci del piccolo Schima ma ,dal momento che, secondo le parole del piissimo Teodoro, igumeno del Monastero di Studion a Costantinopoli, la nuova Roma, la cui memoria è celebrata eterna nel Sinodico della nostra Santa Chiesa, ripreso in questo dal nostro Padre tra i Santi Gregorio Palamas , Arcivescovo di Tessalonica, araldo della predicazione della Grazia increata, che vi ha dedicato un’intera opera, nonchŽ dal piissimo Simeone, igumeno di S. Mama, detto il Nuovo Teologo e di molti altri, uno solo è l’abito monastico,da noi è stabilito che un monaco, dopo aver trascorso almeno tre anni nel Monastero, assuma subito il Grande Abito, ripristinando cos“ la più antica tradizione della Chiesa.
    In una partecipazione inferiore alla vita monastica stanno i Novizi: essi avendo scelto nel loro cuore la vita secondo Cristo vissuta nella fraternità del Monastero, si preparano, in tutta umiltà, obbedienza e sottomissione, nell’ascolto della Parola e nella guida dell’igumeno o di chi l’igumeno avrà a ciò deputato, a divenire monaci. Tutti i fratelli dovranno, con la maternità amorosa della Chiesa, aver cura dei novizi del Monastero, perchŽ essi sono il futuro del Monastero.
    3 - IL NOVIZIATO

    Quando un fratello bussa alla porta del Monastero per chiedere di essere ammesso egli parlerà con I’ Igumeno al quale farà una dettaglia ta narrazione della sua vita passata, confesserà i suoi peccati, aprirà il suo cuore. Come un medico l’igumeno cercherà di allontanare da lui ogni tentazione di disperazione e gli spiegherà come tutti noi siamo malati a causa dei nostri peccati e come il Monastero è come un Ospedale nel quale si può curare la nostra malattia spirituale. Se invece il postulante si dovesse sentire a posto dimenticando che solo Dio è senza peccato - con paterno ammonimento l’igumeno lo porterà a rendersi conto della sua umana fragilità dalla quale nessuno di noi è immune, ricordando che, come dice Abba Isacco, chi conosce il proprio peccato è più grande di chi risuscita i morti.. Sinceratosi poi della rettitudine delle sue intenzione lo ammetterà nel Monastero dove resterà per alcun tempo con abiti di laico, pronto in ogni obbedienza e servizio.
    Se già non le conosce a memoria, impari subito le preghiere iniziali, il salmo 50, il Megalinario della Deipara, il Simbolo della Fede ed altre preghiere usuali.
    Se l’igumeno, col prudente consiglio dei fratelli più anziani, vedesse che egli non è fatto per questa vita, anche per non illuderlo, lo inviterà a tornare nel secolo. Qualora invece apparisse adatto alla nostra vita in fraternità l’Igumeno convocherà la fraternità nella sala delle riunioni comuni (il Novizio infatti non riceve nessuna consacrazione e quindi non è bene che questo atto si svolga in Chiesa). Tutti saranno rivestiti con l’abito monastico e l’igumeno, con la Mantia ed il Bastone, ma senza epitrachilio, rivolge al Novizio che sta inginocchiato davanti a lui una catechesi sulla difficoltà della vita monastica, fatta da lui o letta dagli scritti dei santi Padri. Dopo di che, senza nulla dire, lo riveste con l’abito dei novizi e gli pone sulla testa il cappello senza velo.
    Nessuno può essere ammesso al noviziato prima che abbia compiuto il 14¡ anno di età, ed in questo caso col permesso dato nelle forme legali da ambedue i suoi genitori o da chi, al posto loro, esercita la potestà su di lui. In questo caso la patria potestà viene trasferita all’Igumeno mediante un ricorso al Giudice competente da parte dei genitori stessi.
    Comunque nessun novizio potrà accedere al rasoforato prima dei 18 anni compiuti, ed emettere i voti prima dei 21 anni compiuti.
    4 - IL RASOFORATO

    Dopo che il Novizio avrà trascorso almeno un anno anni nel Monastero in obbedienza e pietà, esercitandosi nella preghiera, nelle diaconie e nella lettura della Sacra Scrittura e dei Santi Padri, nonchŽ, se l’Igumeno lo giudica portato a questo, anche in studi teologici, il Novizio viene ammesso a ricevere l’abito di Rassoforo, che consiste nell’intero abito monastico senza la Mantia.
    L’ Igumeno potrà, tenuto conto delle circostanze e del carattere e dell’età del Novizio, ridurre il periodo del Noviziato, comunque sempre con grande attenzione e discernimento.
    L’Officio del Rasoforato si fa prima della Divina Liturgia, durante le Ore, cos“ come è prescritto nel Rituale Monastico.
    La sera prima, nella sala delle riunioni comuni, l’Igumeno farà a tutta la comunità, stando il Novizio che deve prendere l’abito in ginocchio nel mezzo ai fratelli, un'appropriata catechesi, come si è detto per il Noviziato. Questa catechesi si potrà, secondo le circostanze, fare subito prima della tonsura.
    Il Riassoforo cominci a ricevere maggiori responsabilità nella Comunità monastica ed a seguire con maggior impegno lo spirito dei Padri pii e teofori, cercando di non disperare per le proprie inadeguatezze ma confidando nelle preghiere dei padri e fratelli.
    Impari bene gli usi monastici, se vi è portato prosegua nello studio della teologia; più che tutto viva in umiltà e obbedienza ancora maggiori.
    Si confessi spesso all’Igumeno e non nasconda le proprie mancanze al medico preposto da Cristo alla sua cura spirituale; si raccomandi sempre alla preghiera dei fratelli perchŽ sta scritto Òconfessate vicendevolmente i vostri peccati perchŽ i fratelli preghino per voi.Ó (Giac.5,16)
    5 - DEL MEGALOSCHIMO

    Trascorso un adeguato periodo nel rasoforato il fratello viene ammesso alla professione. Mediti bene che la professione fatta innanzi a Dio è irrevocabile e che nessuna autorità, nŽ ecclesiastica nŽ civile, potrà scioglierlo dal vincolo nuziale che egli lega con Cristo Sposo della Chiesa.
    Pertanto mediti bene prima della professione del passo che compie sapendo che da esso dipende l’intera sua vita su questa terra e la sua eterna salvezza.
    Nel nostro Monastero la professione si farà durante la Divina Liturgia, per sottolineare il significato eminentemente eucaristico dell’unione sponsale che il monachesimo comporta.
    Come già detto da noi si fa un’unica professione si userà il rito del megaloschimo.
    6 - ORDINE DELLA PROFESSIONE
    Durante le Ore il professo, vestito di nient’altro che della tunica bianca che ricopre le sue nudità, nudo come era uscito dal ventre di sua madre, nudo come era uscito dal ventre materno della Chiesa nella santa Illuminazione del Battesimo, cos“ egli si avanza ora, accompagnato dai suoi padrini verso quello che, a ragione, alcuni Padri chiamano secondo Battesimo.
    Durante le Ore, all’ingresso del professo i fratelli cantano i tropari prescritti ed il professo, fatte le metanie di rito, attende in ginocchio al centro della navata il momento dell’Ingresso piccolo. A quel punto si svolge la cerimonia della professione monastica che sarà lenta, grave, solenne, compiuta in modo che tutti i presenti ne possano trarre edificazione. Al termine della professione il Monaco resterà in piedi al centro della Navata, riceverà per primo dopo i celebranti e i diaconi i santi Misteri ed al termine della Liturgia, quando tutti si recano a prendere l’ antidoro ci sarà il dialogo che termina la professione .
    Seguirà un'agape fraterna nella quale il nuovo professo siederà accanto all’igumeno, ed a questa saranno invitati tutti gli amici del Monastero.

    7 -L’ IGUMENO O ABATE
    Chiamato Igumeno in greco, abate in latino, talvolta archimandrita specie in comunità di grande rilievo, il superiore del Monastero, è il Padre in Cristo di tutta la fraternità, lo ieronda, (slavo starez) cioè l’anziano, che ha sulle sue spalle la responsabilità dei figli e fratelli che il Signore gli ha affidato.
    Il suo ministero è essenzialmente spirituale e pertanto è bene che, nei limiti del possibile, egli lasci ad un altro fratello (economo) le responsabilità materiali- della fraternità monastica. L’economo deve avere chiaramente davanti tutte le necessità del Monastero e riferire all’ Igumeno nelle cose di maggiore gravità. Anche se la tradizione più antica non obbligava a ciò, è bene che si conservi da noi l’uso che l’Igumeno sia sacerdote perchŽ possa presiedere l’Eucaristia dei suoi fratelli come il Padre di famiglia che spezza ai suoi figli il pane a nutrimento del corpo: così l’Igumeno o Abate spezza ai suoi figli il Pane della Parola e quello dei Misteri intemerati.
    All’ lgumeno è dovuta l’obbedienza amorosa di tutti: obbedire all’abate è obbedire a Dio, disobbedire all’abate è disobbedire a Dio. L’obbedienza deve essere assoluta. come assoluto è l’amore, ma non passiva, perché non ad essere inerti pupazzi che il burattinaio manovra ci chiama il Signore: chiunque ha da esprimere all’abate il suo pensiero lo faccia in tutta franchezza (parrisia) e senza timore. L’abate lo ascolti con attenzione, ricordando che lo Spirito Santo può parlare anche per bocca del più piccolo Òdalla bocca di bimbi e lattanti ti sei tratto una lodeÓ dice infatti il Salmista. Usi il discernimento, che il Signore gli concede, e decida, consigliandosi con i fratelli e padri più anziani e, se la cosa è di particolare gravità, con il Vescovo. Ma una volta che l’abate ha deciso la sua parola sia veramente l’ultima dopo la quale segue solo l’Amen.
    L’abate è il segno efficace dell'attenzione di Dio verso di noi. E’ insieme una mano dolce e materna che conosce, conforta, ripara senza trauma, con la tenerezza di Dio. E’ orecchio attento e discreto che discerne senza giudicare, che sceglie sempre il buon sentiero. E’ salda come la terra buona, come la roccia, su cui ci si può appoggiare senza paura, cos“ solida da sopportare la tristezza, l’angoscia, l’aggressione: da sopportare tutto senza indebolirsi e senza deflettere. E’ costante come la parola paterna, che non si piega e non torna sui suoi passi. L’ igumeno, l’anziano, il padre spirituale, cos“ come lo si voglia chiamare, è il luogo sicuro dove cessiamo di far paura a noi stessi.
    Igumeno o Abate viene eletto a vita, terminati i 40 giorni funebri per la morte del predecessore da tutti i Monaci, compresi i rassofori ma esclusi i Novizi. L’elezione avvenga nella preghiera, cos“ come quando gli Apostoli scelsero Mattia, e se ci saranno voti pari si metta la sorte, sempre secondo l’esempio apostolico.
    (Come nelle lettere di fondazione il fondatore può lasciare una indicazione sul nome del suo primo successore. )
    Appena eletto si rediga un verbale delle operazioni di voto e lo si invii al Vescovo per la conferma, che verrà accolta come confermazione Apostolica. (Se i monaci, compresi i rassofori, sono meno di 5 (cinque), in quel caso il Vescovo potrà non tener conto della loro elezione e nominare, di sua volontà ed autorità, l’igumeno del Monastero.)
    Se il Vescovo, a norma dei canoni, non lo ratificherà, si procederà ad una nuova votazione.
    Non appena giunge al Monastero la notizia che il Vescovo ha confermato (o nominato) l’ abate si suonano le campane e tutti i fratelli si recano nella sala delle riunioni. Si legge di fronte a tutti il verbale dell’elezione e la conferma (o la nomina) del Vescovo; dopo di che i fratelli uno per uno, fanno metania all’abate e ricevono da lui il bacio di pace. Quindi egli rivolge ai suoi figli la prima catechesi e poi, simbolicamente, una prima obbedienza.
    Quanto prima il Vescovo si reca al Monastero per la Consacrazione ed intronizzazione del nuovo Igumeno e questo è giorno festivo per la Comunità e tutti gli amici sono invitati a prender parte a quella gioia.
    Spetta infine all’Igumeno, presentare al Vescovo i monaci che dovranno essere ordinati per il ministero dell’Altare.



    8 - DELLE RIUNIONI

    Si fanno, a meno che che l’abate decida altrimenti, due riunioni per settimana, eccetto che nella Grande Settimana. La prima riunione si fa dopo la cena, e serve per discutere delle cose comuni del Monastero.
    I Novizi non vi prendono parte a meno che l’igumeno non disponga altrimenti.
    La seconda riunione è di natura Spirituale: l’igumeno tiene una Lectio divina o una catechesi o incarica un altro a tenerla, e dopo risponde alle domande dei fratelli, che devono essere ispirate più alla pietà che non ad una conoscenza razionalistica e profana.
    Nella Grande Quaresima tutti i giorni, eccetto la Domenica, ci è la Riunione e l’igumeno spiega ai fratelli o un libro della Scrittura o un libro dei Santi Padri. La Riunione sugli affari del Monastero nella Grande Quaresima non si fa e l’igumeno risolve con l’economo questi problemi.
    Qualora l'Igumeno giudichi, per la piccolezza della fraternità. inopportuno tenere formali riunioni, egli risolverà gli affari esterni con brevi conversazioni nella Trapeza, dopo il pasto, e terrà meditazioni spirituali dipo alcuno degli Offici.
    9 - DEGLI OFFICII

    Dal momento che il nostro Monastero è dedicato ad una apertura apostolica e caritativa verso l’esterno e questo c'impedisce una laus perennis, anche se questa—non deve venir meno nei nostri cuori. Ogni attività dovrà, infatti, esser vissuta Ònel cospetto del Signore AmatoÓ.
    Tuttavia una regola deve essere osservata:
    Al mattino, ad ora conveniente si celebra Il Mattutino.
    Al pomeriggio in ora conveniente si celebra il Vespro,subito seguito dal Mattutino se il giorno dopo vi è Liturgia. Il Veners“ sera , si aggiunge l’ufficio della ÒPresbeia, secondo l’antico uso italogreco. Il Mattutino si potrà abbreviare opportunamente secondo le necessità della Comunità ed a giudizio dell'Igumeno.
    Questo ufficio assume la forma della Grande Veglia al Sabato ed alla Vigilia delle Grandi Feste.
    Quando si vuol fare Veglia notturna con Liturgia, aperta alla Parrocchia, alle 21 circa i fratelli si recano in Chiesa e celebrano il Grande Vespro ed il Mattutino e, dopo la Grande Dossologia si inizia la Divina Liturgia,in modo tale che la Santa Comunione avvenga in ogni caso dopo Mezzanotte.
    La piccola Compieta viene lasciata alla privata devozione dei fratelli.
    Quando manca un sacerdote, i fratelli celebrano ugualmente l’Officio nelle ore prescritte, omettendo le parti sacerdotali e diaconali e, senza entrare nel Santuario, si accendano le lampade davanti all’Iconostasi.
    Ogni Domenica e Festa l’Igumeno tiene l’Omelia, a meno che non voglia demandarla a qualcun altro.
    Col consenso della Competente Gerarchia in futuro il Monastero, se l’Igumeno dopo sentita la fraternità lo riterrà opportuno, potrà assumere i libri Liturgici ed il Tipiko liturgico degli antichi monasteri italogreci, per testimoniare la continuità con l’antica Ortodossia Italica.
    10 - LA PREGHIERA PERSONALE

    Secondo l’esempio dei Padri Teofori, la prima forma di preghiera, essenziale, totale, assoluta è avere Dio sempre nel nostro cuore e dinanzi ai nostri occhi, il Cristo Dio nostro unico Amore, sia che vegliamo, sia che dormiamo, sia che lavoriamo. Normalmente questo si realizza, ma non esclusivamente, attraverso la ripetuta invocazione della cosiddetta Preghiera di Gesù. Ognuno dei Fratelli, col consiglio dell’igumeno e degli altri più anziani e sperimentati troverà la forma a lui più congeniale. Anche la lettura quotidiana delle Sacre Scritture e quella frequente dei Santi Padri è nutrimento dell’anima. Non ci dimentichiamo mai, fratelli che pregare è stare in colloquio con l’Amato (senza l’eccesso sdolcinato del sentimentalismo che certo non è il vero amore): la preghiera senza Amore è priva del soffio ed è come un cadavere senz’anima, una ripetizione di formule vuote, un insieme di parole come gli ipocriti, secondo la parola del Signore.
    Non si abbia poi mai a riporre troppa fiducia nella tecnica: senza tecnica può aversi una preghiera pura ed accetta a Dio, ma certamente non può aversi, anche con la più raffinata tecnica, senza la fede, l’amore, la conversione del cuore.
    11- LA VITA COMUNE

    Noi scegliamo di rinunciare ad una donna, ad una famiglia, non perchŽ aridi d’amore, privi del calore, della tenerezza, gelidi nel cuore: una cosa mostruosa è un monaco derivato da simili attitudini. Non si viene nel monastero per cercare sicurezza e poche preoccupazioni dalla vita: il Signore infatti ci ammonisce che ci sono varie specie di eunuchi: ma ciò che riguarda noi monaci è quella categoria ove si parla di eunuchi per amore del Regno dei cieli.
    Il monaco è uomo d’amore, sa essere dolce, capace di tenerezza, atto a confortare, ed il suo vivere nel celibato non è per minore amore, ma per più amore, come Maria, sorella di Marta e Lazzaro, che accoccolata i piedi del suo Signore, vive il suo amore totale nell’ascolto della Parola.
    Dal momento però che non è bene che l’uomo sia solo,i Padri teofori hanno insegnato ch’è per la nostra debolezza che la vita cenobitica vissuta tra fratelli, sotto la guida del Padre, è assai più conveniente.
    E’ ovvio che il Maligno sfrutta orgoglio, gelosia, arroganza, egocentrismo, voglia di apparire, vanagloria ed ogni altra sorta di vizio per renderci odiosa la convivenza con i fratelli. Allora sulle nostre labbra e più nel nostro cuore devono vibrare le parole del Salmista: ecco com'è bello e soave che i fratelli stiano insieme.
    Nella vita comune ciascuno ha il suo servizio secondo la prudente disposizione dell’Igumeno: chi si dedica all’orto, chi al giardino, chi alla biblioteca e cos“ via, senza che nessuno sprezza i servizi più umili, ricordando il Maestro che è venuto per servire e non per essere servito.
    Il nostro Monastero svolge inoltre, come primaria caratteristica della sua fondazione un opera di evangelizzazione, insegnamento e carità, a servizio della Chiesa e degli uomini. Questo carattere ierapostolico che ci contraddistingue rientra nella nostra specifica modalità di vivere la vita cristiana nel monastero. Alle esortazioni evangeliche alla preghiera ed al digiuno noi equipariamo con eguale forza quelle ad andare ad annunciare il Vangelo, a servire i poveri e gli ultimi, ad insegnare, ad ammonire, ad esortare.
    Pertanto nella Professione dei Monaci, nel colloquio rituale si aggiunge la seguente interrogazione: Vuoi tu, con l’aiuto di Dio, vivere il carattere ierapostolico della nostra fraternità monastica al servizio della Santa Chiesa, con ogni dedizione ed amore? Si, con l’aiuto di Dio, santo Padre.
    12 - CHIAMATI A LIBERTË
    La Liturgia Divina, all’inizio della Protesi proclama le Parole dell’apostolo Paolo: ÒTu ci hai liberato a Signore, dalla maledizione della Legge, col tuo prezioso sangue; inchiodato alla Croce e trafitto da una lancia, hai fatto scaturire per gli uomini l’immortalità; o Salvatore nostro, gloria a Te!Ó
    Cristo è stato sovranamente libero, ha compiuto la legge evidenziandone lo spirito, perchŽ "la lettera uccide"; ha condannato gli scribi e farisei ipocriti che " caricano pesanti fardelli sulle spalle degli uomini ma loro non vogliono portarli neppure con un dito".L’Amore," l’amore perfetto caccia via la paura" scrive nella sua prima lettera S. Giovanni Teologo e l’uomo veramente libero non ha paura perchŽ è stabilito nell’Amore.
    Sii, figlio mio, stabilito nell’amore e nella Verità: la Verità di Cristo ti farà libero. Non la libertà del mondo che è al contrario, schiavitù sotto ogni rispetto: schiavitù delle passioni, schiavitù delle mode effimere, schiavitù del giudizio comune, schiavitù del denaro, schiavitù del successo....
    Accettando di vivere insieme ai tuoi fratelli la vita cristiana tu divieni araldo della vera libertà, quella che il mondo non può dare perché è dal di dentro e viene da Cristo, così come la vera gioia.
    Cos“ sii lieto figlio mio, ed anche quando le lacrime piangono il tuo peccato, con un dono che talora il Signore concede, esse non sono mai lacrime di tristezza ma sempre lacrime di consolazione, siccome dice il salmo: “rendimi la gioia di essere salvato, conserva in me un animo generoso” (Salmo 5O)
    La gioia sarà la testimonianza più preziosa che potrai rendere a questo mondo che, apparentemente allegro ed edonista, vive di una angoscia mortale il vuoto ed il nonsenso.
    Siate lieti nel Signore, ve lo ripeto siate lieti: così l’apostolo Paolo ai suoi, cos“ io peccatore ripeto a voi.
    13 - GLI OBLATI

    Con questo nome si vogliono intendere tutte quelle persone che, in situazioni eccezionali , specialmente a causa dell’età già avanzata, desiderano donarsi al monastero per contribuire, specie con lavori manuali , per un tempo determinato, o anche per tutta la vita al servizio del monastero pur senza divenire monaci. L’Abate potrà consentire che un oblato per tutta la vita, specie dopo qualche anno, possa portare l’abito dei novizi. L’Abate cura che questi fratelli siano seguiti spiritualmente perché spesso è l’umiltà che può portarli a questa scelta, non sentendosi degni del sacro abito angelico, e talvolta potrà incoraggiarli a divenire monaci. Comunque è bene che, almeno in punto di morte, vestano l’abito monastico.
    Comunque l'oblazione deve essere considerata una situazione di eccezione da valutarsi caso per caso, da non usarsi assolutamente con persone che possono fare un normale cammino monastico, allo scopo di evitare, - e questo sia lontano da noi - fratelli di seconda categoria.
    Come già detto più sopra si considereranno oblati anche quei ragazzi che vogliono cominciare il noviziato prima del 14 anno compiuto.
    Si potranno considerare Oblati, secondo la tradizione dei “Philochristi” di cui c’è testimonianza anche sulla santa montagna, anche fedeli che, legati in matrimonio e viventi nel mondo, si legano al Monastero riconoscendo nell’igumeno il loro “anziano” e padre spirituale e partecipando, per quanto loro possibile alla vita spirituale del monastero e fornendogli il loro aiuto anche economico, dopo aver sostentato, dignitosamente ma senza superfluo, la loro famiglia.
    14 - I RAGAZZI EDUCATI IN MONASTERO

    Secondo quanto stabilito nella carta di fondazione e nell’Atto costitutivo del Monastero e della ACO che è l’Ente civile che lo rappresenta, questo pu» prendere, qualora le circostanze lo consentano, in educazione giovani che le circostanze della vita impediscono di crescere in famiglia. L’insieme di questi ragazzi e delle istituzioni necessarie all’interno del Monastero per la loro educazione assumono, di fronte alle autorità civili, il nome di COMUNITA’ S. AGAPITO M.
    Saranno accolti ragazzi maschi in una età variabile tra i 5 e i 15 anni. Essi saranno presi in numero proporzionato alla presenza di monaci ed alle possibilità reali che il monastero ha di donare loro una educazione la migliore possibile, certamente migliore di quella che riceverebbero in istituzioni secolari. Quando queste condizioni non concorrono è meglio astenersi dal prendere ragazzi in educazione. Comunque il numero dei ragazzi in educazione dovrà sempre essere non superiore ad 1/3 del numero dei monaci.
    I ragazzi potranno essere affidati dai genitori o da altri Enti preposti, in ogni caso non dovranno esserci equivoci sul fatto che essi saranno educati secondo la fede e la prassi della Santa Chiesa Cattolica, Apostolica ed Ortodossa e che i parenti, nè alcun altro, non potranno in alcun modo interferire con l’educazione che ricevono in Monastero.
    Un monaco viene incaricato dall’Igumeno specialmente di loro, ma l’igumeno stesso incontrerà ciascuno di loro una volta la settimana, come loro padre spirituale.
    I ragazzi possono mangiare separatamente dai monaci e con un orario loro più conveniente eccetto il Sabato, la Domenica ed i giorno di festa, nei quali mangiano, in ogni caso, alla mensa comune.
    Partecipano alla preghiera dei Monaci ma non a tutta l’ Officiatura: nei giorni feriali partecipano al Vespro, il Sabato alla Veglia e la Domenica alle Ore ed alla Divina Liturgia. Partecipano inoltre ad altre importanti Officii in occasione di feste.
    I parenti possono visitare i ragazzi la prima settimana di ogni mese il Giovedì un ora prima del Vespro ed il pomeriggio della Domenica, tenendo un contegno idoneo al sacro luogo. Per portare ai ragazzi qualcosa domanderanno preventivamente il permesso dell’Igumeno o dell’incaricato per evitare che si creino disparità. Sarà proibita ogni visita ogni qual volta ci si accorga che queste generano conflitto nel ragazzo tra il modello educativo proposto nel monastero e quanto i parenti argomentano con loro.
    I ragazzi avranno momenti di ricreazione, di gioco, di sport, ma il tutto dovrà essere organizzato in modo che riescano per quanto possibile a distinguere tra il sano esercizio di se stessi (corpo e spirito) e le mefitiche suggestioni della nostra società consumistica ed edonistica.
    I ragazzi potranno restare in monastero in educazione fino al 18° anno di età, se si integreranno in modo conveniente.
    A quella data torneranno nel mondo a meno che non scelgano, liberamente e di loro propria volontà, di intraprendere la vita monastica. In questo caso, per essere sicuri della scelta libera del giovane egli tornerà in famiglia per un periodo giudicato conveniente dall’abate. Se il ragazzo non ha famiglia o questa è dissestata si cercherà di collocarlo, per questo periodo in una famiglia amica - per esempio di un oblato laico, od in una comunità. Questo periodo di intervallo è molto delicato e si dovrà fare attenzione, con la dovuta delicatezza, che possa sempre incontrare l’abate per la guida spirituale necessaria.
    L’affidamento in educazione dovrà esser fatto sempre in debita forma legale, e il contenuto di questo articolo del Tipico monastico dovrà essere espressamente richiamato.
    Il Monastero ben volentieri riceve il Magistrato quando egli si voglia recare a compiere i controlli voluti dalla legge, ed a lui rende conto con piacere, ma non accetta altre intromissioni nell'educazione dei ragazzi.


    15 - DELLE DIPENDENZE (METOCHIA) DEL MONASTERO

    Secondo lo statuto della fondazione il Monastero pu» avere dipendenze: attualmente esse sono: La parrocchia della Divina Sapienza e dei Santi Martiri Agapito ed Alessandro, annessa al Monastero stesso; le Missioni che si vengono istituendo, ancora con sedi provvisorie; la Libera Facoltà Teologica Ortodossa «S.Gregorio MagnoÓ .
    Accanto a queste nel futuro potranno essere fondate, secondo la stessa carta di fondazione, nuove parrocchie o monasteri o missioni, o altre dipendenze tendenti a realizzare il fine ierapostolico originario della fondazione del Monastero.
    Su di esse l’Abate del Monastero esercita il suo paterno controllo e, se si tratta d Parrocchie, le governa come Vicario del vescovo Diocesano.


    16- ALLEGATI
    Allegato A
    ATTO D'ASSENSO ALL’INGRESSO UN MINORE IN NOVIZIATO
    Noi sottoscritti genitori del minore (Cognome e nome, luogo e data di nascita, avendo presa cognizione che nostro figlio ha deciso di intraprendere la vita monastica per il servizio di Dio e della Sua Santa Chiesa, presso il Monastero Ortodosso di S. Serafino si Sarov in S. Felice di Pistoia, avendo attentamente presa cognizione del Tipico Monastico dello stesso Monastero ed in particolare dell’art.. 3, che si ha da intendere come interamente trascritto, ben volentieri consentono al suo desiderio e con il presente atto, per ogni effetto di legge
    prestano assenso
    perchŽ nostro figlio entri nel Noviziato e viva secondo il Tipico di quel santo monastero sotto l’ obbedienza del Superiore pro tempore che eserciterà, anche nel nostro nome, la potestà sul minore, senza restrizioni o eccezioni.
    Per quanto non stabilito nel Tipico si deve fare riferimento alle Lettere di Fondazione, all’atto costitutivo ed allo Statuto della A.C.O. ed ai canoni ecclesiastici.
    ( Firme autenticate da un notaio o altro pubblico ufficiale a ci» autorizzato.)



    Allegato 2
    ATTO DI AFFIDAMENTO DI UN MINORE IN EDUCAZIONE.


    Noi sottoscritti
    1 - padre (con le generalità)
    2 - madre (con le generalità
    ritenendo che nostro figlio.................nato a............ il............... possa ricevere nel Santo Monastero di San Serafino di Sarov della Santa Chiesa Ortodossa una migliore educazione di quella che potrebbe ricevere in analogo istituto secolare, avvalendoci della facoltà di scegliere liberamente l’educazione per nostro figlio, costituzionalmente garantita, con il presente atto affidiamo il nostro figlio minore in educazione al santo Monastero di S.Serafino si Sarov in S. Felice di Pistoia, in persona dell’Abate pro tempore il Revendissimo padre........................ che con noi sottoscrive, personalmente o per mezzo di un monaco a ci» delegato, questo atto.
    Si richiamano tutte le disposizioni del Tipico specie quelle sotto in n¡14 che si devono intendere come qui integralmente trascritte e che noi abbiamo letto ed espressamente approviamo.
    Il Reverendissimo abate eserciterà la potestà sul minore in nostro nome e noi ci conformiamo in tutto - ogni eccezione in proposito rinunciata e rimossa - ai principi ispiratori dell’educazione del ragazzo secondo la santa fede cristiana ortodossa, nonché alle regole pratiche che attualmente sono in vigore o saranno in vigore nel Monastero stesso.
    In fede di quanto sopra ci sottoscriviamo.
    ( Firme autenticate da un notaio o altro pubblico ufficiale a ci» autorizzato.)





    17 - Disposizione Transitoria
    Conoscendo, fratelli carissimi, la difficoltà dei momenti della nascita di ogni nuova realtà, noi siamo perfettamente consapevoli che, se lo spirito del presente Tipico ha da essere operante già da ora, le disposizioni pratiche e precise per la vita della fraternità lo dovranno essere gradualmente, secondo il prudente giudizio dell’Abate, al quale i fratelli si rimetteranno con docilità, in modo che anche questi difficili momenti del parto si svolgano in tutta serenità e senza mormorazione.

    Tutto poi mettiamo - certi della nostra pochezza, sotto il manto, tutto puro e profumato, della Vergine e Madre.

  2. #2
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    Ho letto che i minorenni possono entrare in monastero,è una cosa comune?

  3. #3
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    Almeno lo è nella Chiesa Ortodossa, ovviamente come novizio o oblati.
    Ma so di per certo che è previsto anche dalla regola di San Benedetto. Pensa a san Mauro e San Placido.

  4. #4
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    grazie Sevasmiotate x questo Typikon

  5. #5
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    Occorre pregare molto perchè il nostro MOnastero di San Serafino di Sarov riceva nuovi novizi, specialmente giovani. Il Monastero è il centro della Diocesi ed ha bisogno di linfa nuova.
    Pregate, pregate.

 

 

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