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Risultati da 1 a 10 di 35
  1. #1
    Napoléon I
    Ospite

    Predefinito Nostra Aetate n°4: fede cattolica o giudaica?

    E' bene fare un po' di chiarezza sulla dottrina contenuta al n°4 di Nostra Aetate, sia perchè essa è di grande importanza, sia perchè molto è stata fraintesa sia in ambito tradizionalista (accusandola di avere eliminato il deicidio e osannato i giudei) sia dai modernisti (lodandola per aver eliminato il deicidio e osannato i giudei). Una ulteriore dimostrazione del fatto che in realtà il modernismo, viene a conicidere coll'ideologia tradizionalista, quanto a interpretazione del concilio.

    A riguardo, dunque, mi preme sottolineare due o tre punti.
    1) Si comprenda che tale testo non è una costituzione dogmatica, ma una dichiarazione. Ciò non diminuisce l'assistenza dello Spirito Santo, nè il fatto che sia un atto del magistero universale, tuttavia è diversa. Essa, proprio in quanto dichiarazione, si autopone come un documento pastorale, con cui la Chiesa vuole un po' fare il punto della situazione, nei rapporti con le altre religioni, anche al fine di una pacifica convivenza sul medesimo pianeta, essendo purtroppo venuto meno il ruolo della Chiesa come unica vera religione universalmente accettata come tale (non il fatto che lo sia), e confugurandosi sempre più per l'uomo della strada, come una religione fra le tante. Anche e soprattutto all'uomo della strada si rivolge tale dichiarazione, per presentare la Chiesa stessa.
    2) Non sono state fatte concessioni a nessuno, ovvero, la chiesa non ha negato alcuna verità per accontentare altre confessioni, ma si è limitata semplicemente a esprimere il proprio giudizio sulle stesse. Nel fare ciò, ed in vista del nuovo linguaggio conciliare, che tiene presente della mutata sensibilità dell'uomo moderno, ha evitato di utilizzare un atteggiamento troppo duro, ponendosi invece in termini di cordialità, benevolenza e dialogo, senza peraltro tacere la verità (e il concilio stesso, in Unitatis Redintegratio, insegna, sulla scia di Mortalium Animos, che l'ecumenismo,e in genere il dialogo, non può avvenire cercando di nascondere o camuffare la Verità, evitando di considerare che solo la Chiesa ha la pienezza della Rivelazione, ed è l'unica vera e necessaria alla salvezza. Sarebbe dire il falso e mancare di carità). Con ciò non intendo minimamente criticare l'atteggiamento della Chiesa nel passato, legato, ovviamente a diverse condizioni storiche, sociali, politiche e religiose.
    3)Pertanto nei riguardi degli ebrei, la Chiesa usa lo stesso dialogo, la stessa benevolenza la stessa carità nel linguaggio e la stessa benevolenza predicati dal concilio, senza però tacere alcuni punti. Infatti con una sorta di captatio benevolentiae, si spiegano inizialmente i punti che giustamente ci accomunano ai nostri amici ebrei, i quali sono giustamente nominati come popolo eletto. Noi cristiani siamo chiamati figli di Abramo secondo la fede (Gal 3,7) e dunque loro fratelli, spiritualmente legati ad essi. Si ricorda che la storia dell'antico Israele è in realtà figura della redenzione operata da Cristo (la salvezza dall'esodo, è in realtà la salvezza della Chiesa). Si ribadisce che il popolo ebraico (non la religione) ricevette la rivelazione sul Sinai, nella antica alleanza, e ce la trasmise, Infine si abbattono le differenze razziali tra ebrei e popoli ex pagani, citando san Paolo, nelle lettere ai Romani e agli Efesini, con le immagini del ceppo innestato sull'olivo buono, e dell'unico popolo che Cristo ha riunito con la sua Croce.

    Terminata l'enumerazione delle qualità positive, si passa alla realtà dei fatti. La religione ebraica (Gerusalemme) non ha riconosciuto il Messia (Lc 19,44), gli ebrei in maggior parte hanno rifiutato il vangelo e molti ne hanno ostacolato la diffusione (Rm 11,28). Tuttavia sappiamo che per le promesse irrevocabili che Dio fece ai patriarchi, migliori dei contemporanei di Cristo, poichè fedeli e dunque meritevoli della fiducia di Dio, sono senza pentimento (sine poenitentia=irrevocabili) i doni di Dio e l'elezione.

    Ciò significa anzitutto che l'elezione è irrevocabile. L'elezione consistette nella scelta da parte di Dio, di un popolo, da preservare puro al cospetto delle altre nazioni, affinchè in esso si compisse l’Incarnazione del Verbo. Per questo il popolo è stato eletto, ovvero “scelto”. Tale elezione rimane poiché gli ebrei sono il popolo che fu un tempo scelto da Dio. Perdere l’elezione, significherebbe mutare il passato. Impossibile.
    Anche i doni di Dio e le promesse, si sono mantenute. Dio promise ad Abramo un popolo, una discendenza, una terra, che gli diede. Agli ebrei in Egitto promise ed ottenne la libertà, ed in virtù della alleanza sinaitica, una terra da abitare, una patria, un giardino (in ebraico eden = paradiso) da coltivare. Infine la promessa più importante, un messia liberatore. Sappiamo bene che l’ha mantenuta.

    Gli ebrei però non lo hanno riconosciuto e perciò, le promesse ed i doni veterotestamentari, sono rimasti al loro livello figurale. Infatti la il dono della terra, è il dono del paradiso, il dono della libertà dalla schiavitù, è il dono della salvezza, il dono della discendenza, è il dono del Messia, il dono dell’alleanza mosaica, è il dono della nuova ed eterna alleanza. Il raggiungimento della pienezza dei doni, pertanto è subordinato da parte loro, alla fede agli antichi patti, e dunque a riconoscere il messia. Questo dono, che pure hanno ricevuto, ma non hanno compreso, per cecità, spezza i sigilli del libro di Dio (cfr. Ap), ovvero rende comprensibile la vera portata dei doni di Dio, che non si limitano ad un fazzoletto di terra. Con tale gesto di riconoscimento messianico, le antiche promesse, mantenute, si rinnoverebbero, raggiungendo il loro vero e pieno significato, il popolo prediletto, sarebbe salvo, otterrebbe la vera patria celeste e la vera alleanza con Dio che è la sua comunione. Tale fatto, come attestano i profeti antichi, ma anche san Paolo, l’apocalisse e Cristo stesso, si verificherà, e si compiranno e rinnoveranno quelle promesse ancora valide, attese da noi tutti e da Dio. Allora, i popoli acclameranno il signore ad una voce, e lo serviranno sotto lo stesso giogo.

    A questo punto la dichiarazione tocca il punto dolente, il deicidio. Secondo una volgata di interpreti truffaldini e tendenziosi, preoccupati a rifarsi una verginità buonista piuttosto che a testimoniare la verità, la dichiarazione lo abrogherebbe, e pertanto gli ebrei sarebbero assolti dalla colpa di avere ucciso il Signore. Gli stessi truffaldini ignorano (o mentono) i testi evangelici e neo-testamentari che a proposito sono chiarissimi, ridicolizzandoli o come apocrifi, o come “generi lettereri”, i quali sembra che dicano una cosa, ma in realtà dicono l’opposto, nascondendo il significato in oscure locuzioni stereotipe (cfr. “il suo sangue ricada su di noi…”). La ratio di tale mistificazione viene dal timore di essere definiti “antisemiti”, per il fatto di attribuire la colpa della morte di Cristo agli ebrei. Ma se non hanno ucciso il messia, egli deve ancora arrivare, e siamo nel torto noi! Non comprendono tali sciocchi, che così dicendo mistificano tutta la Sacra scrittura, rendendola un grosso imbroglio, anziché la Parola di Dio. Il Messia infatti, come dicono le Scritture, DEVE essere ucciso dal suo popolo: egli è presente in figura in tutti i profeti, che non vengono capiti, riconosciuti, perseguitati ed uccisi o imprigionati. Isaia è chiarissimo, e nei suoi 4 “Canti del Servo”, ci descrive, con una precisione sorprendente (se non lo si sapesse ispirato) la passione di Cristo, ad opera del suo stesso popolo. Inutile soffermarmi sui racconti evangelici e sulle testimonianze neo-testamentarie, basta leggerle, per vedere l’evidenza. Voglio solo fare un appunto sul fatto che, il deicidio, non implica alcun odio o risentimento da parte nostra, nei loro confronti. Esso è solo un fatto oggettivo, storico, dettato non dall’odio contro Dio, ma dalla cecità, che impedì di rendersi conto della gravità del gesto. Non DOLO dunque, ma semplice COLPA. Colpa oltretutto perdonata, con motivazione, da Cristo stesso sulla Croce (perdona loro, non sanno quello che fanno!). Se ha perdonato lui, che era il diretto interessato, perché dovremmo nutrire odio noi? Siamo forse noi servi più importanti del padrone? Riconoscere il deicidio, è come riconoscere l’avverarsi della profezia, secondo cui il popolo eletto uccide il suo messia (per un confronto ulteriore, vedasi le tematiche della sposa infedele che tradisce il marito, dei vignaioli omicidi, ecc.).
    Sulla colpa, direi che essa si dipana su un triplice senso: colpa materiale dei romani e di Pilato, poiché con negligenza si sono prestati ad uccidere un uomo innocente, quando non ne avevano il diritto (omicidio), colpa storico-profetica, degli ebrei, i quali non hanno riconosciuto il Messia, pur avendolo sentito e avendo constatato la rispondenza di tutte le scritture (deicidio), colpa morale, di tutto il genere umano, corrotto dal peccato originale, e tratto in schiavitù dal demonio, che con la sua disobbedienza, necessitò l’Incarnazione, la Passione, la Morte e la Resurrezione del Verbo. Felice colpa questa (cfr. Preconio pasquale, Messale Romano), tuttavia, perché ci ha meritato un così grande redentore!

    Dunque il concilio non può non ricordare la verità: “Quantunque le autorità giudaiche con i loro seguaci si siano adoperate per la morte di Cristo…”, ribadisce il DEICIDIO, ricordando però ciò che è giusto, cioè che la totalità dei fatti commessi durante la passione non può essere imputata a tutti i singoli giudei di allora (primo, perché al massimo erano colpevoli solo i gerosolimitani, sebbene per la pasqua in città ci fossero anche molti forestieri, secondo, perché molti ebrei erano discepoli e dunque cristiani, terzo perché “tutto ciò che è stato commesso durante la passione” non si riferisce solo alla colpa della morte, che oltretutto non hanno materialmente eseguito, ma anche alle percosse, alle ingiurie, alla fustigazione, all’umiliazione, eccetera, commesse anche dai romani), ne a quelli odierni, poiché materialmente non hanno partecipato al delitto, e ciò pare ovvio, ma doveroso per fugare appunto la mala interpretazione secondo cui gli ebrei di ogni tempo sarebbero egualmente omicidi, e dunque da odiare. Pertanto la chiesa rifiuta ogni persecuzione basata su tali motivazioni, specie se degenerano in razzismo biologico e politico, da chiunque provengano ( e dunque anche dai principi “cristiani” che credettero buona cosa perseguitare gli ebrei per quei motivi). I giudei non sono dunque, ribadendo il concetto già espresso, ne odiati da Dio, ne da lui maledetti, poiché egli invece li ama moltissimo come suo popolo eletto e ne attende con ansia il ritorno, come il padre col figliol prodigo.

    Apprezziamo alla luce di questa interpretazione, pertanto, il documento conciliare, e mossi da vera carità, preghiamo per la loro conversione, ma non dimentichiamo la Verità. Soprattutto difendiamola nei confronti di chi, sedicente cristiano, la impugna per un falso, deprecabile e mortale buonismo.

  2. #2
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    Mi complimento con Napoleon I per il suo ottimo testo, per gli elevati ed ortodossi contenuti e per lo stile di scrittura, sempre così piacevole.
    Una cosa è certa: possiamo dire definitivamente la parola fine alle illazioni tradizionaliste e progressiste: è il trionfo della verità cattolica.
    Chi non conosceva può conoscere, chi si sbagliava può correggersi, chi persevera nell'errore non ha davvero scusanti.

    Thomas.

  3. #3
    Napoléon I
    Ospite

    Predefinito

    Una utilissima riflessione viene dal considerare la colpa. Purtroppo la stragrande maggioranza di coloro che si apprestano a leggere Nostra Aetate n°4 (e tutti i testi che parlano di deicidio), non hanno una cultura giuridica, ne canonistica. Pertanto commettono l'errore grave di attribuire al concetto di "colpa", ciò che viene inteso nel linguaggio profano, ovvero sostituendo il significato di "colpa", con quello di "dolo". Non dimeno, si travasa ciò che si intende in teologia morale col termine colpa. Volgarmente infatti, si usa dire che se uno ha la colpa di un qualche fatto, ne è pienamente responsabile, come se lo avesse voluto fare apposta, come se avesse una volontà ad agire in quel modo. Così, la colpa degli ebrei, giustificherebbe il loro essere "perfidi" secondo alcuni, poichè come "cattiva gente", avrebbero ucciso consapevolmente il loro Dio, volendo proprio fare quello. Così si interpreta generalmente in ambito tradizionalista, e allo stesso modo in ambito modernista. I modernisti infatti, temendo di attribuire una malvagità agli ebrei, per il fatto della "colpa", tendono ad eliminarla, per non offendere nessuno. Non capiscono che così facendo, invece di intendere la responsabilità per quella che è, attenuata, eliminando la colpa, fanno subentrare il dolo.
    Infatti la colpa, giuridicamente è la responsabilità attenuata, per un fatto, in cui è assente l'elemento intenzionale, ma è presente al più una negligenza, una mancanza di scienza o di perizia, che traggono in errore, e permettono il comportamento scorretto. Il dolo al contrario, è la responsabilità aggravata, dal fatto che l'atto è posto intenzionalmente, e con la volontà di offendere.
    La prova che si tratti di colpa, e non di dolo, la offre Gesù stesso, che morendo sulla croce, supplica il Padre di perdonare gli assassini, poichè "non sanno quello che fanno". Ciò è verità di fede, dalla Sacra Scrittura. Pertanto deduciamo che "essi fanno", dunque commettono l'atto scorretto (uccisione di Cristo), ma hanno responsabilità attenuata dalla colpa, "non sanno", che indica appunto la negligenza colpevole.
    Vediamo dunque di interpretare il deicidio, come colpa e non come dolo, evitanto di essere più "realisti del re", ovvero di serbare rancori immotivati, che Cristo stesso (Dio stesso), non serba.

  4. #4
    Vox Populi
    Ospite

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    Analisi semplicemente perfetta. Complimenti

  5. #5
    Napoléon I
    Ospite

    Predefinito Nota explicativa praevia

    Alcuni amici mi hanno avvertito, dicendomi che in sede acattolica, si sono aperti 3ds dove si prende in esame quanto ho esposto in questa sede e ne si danno giudizi, pareri, smentite, ecc.
    Non ho letto tali scritture, ne ho intenzione di farlo. A mero scopo chiarificatorio, tuttavia tengo a precisare che quanto ho scritto vuole essere una diaconia alla chiesa, che purtroppo, come il Santo Padre ha recentemente affermato, subisce la crisi del relativismo, per cui la Verità, sembra essere messa da parte per fare posto all' Opinione. Molti sono i cattolici anche in buona fede, perplessi di fronte ad alcuni aspetti dottrinali della religione cattolica, soprattutto perchè hanno avuto cattivi maestri. La mia diaconia, pertanto, è quella di essere cooperatore della Verità, per cercare di portare un po' di luce alle menti, in tempi di buio. Essenzialmente, il mio metodo è semplicissimo, in linea con l'esempio di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: leggere il concilio per quello che dice, per quello che E' scritto, non per quello che sembra o sembrerebbe poter dire. Non ho bisogno pertanto nè di controbattere alcuno, ne di motivare ciò che con una semplicità impressionante il concilio stesso dice. Basta essere in grado di leggere, per poterlo fare da soli. Coloro che vivono in istato di scomunica, fuori dalla comunione gerarchica col collegio episcopale e col suo vertice, possono pertanto dire ciò che a loro più piace, se ciò li fa stare sereni con la coscienza: sono sereno anch'io. D'altronde luterani, ortodossi, calvinisti, massoni, agnostici, continuamente muovono critiche alla dottrina cattolica, proponendo quale Verità, la loro. Possono farlo, non sono io a poterglielo impedire. Se possono loro possono anche gli altri. L'unica cosa che posso fare io, invece, è ribadire non già una mia opinione, opinabile appunto, ma quella che è la incontrovertibile Verità Cattolica, in aiuto ai fratelli perplessi.
    Gli scismatici, infatti, non apportano alcuna utilità alla chiesa, nè con la loro esistenza (che un qualcosa di esterno e che dunque non tocca), ne con la loro attività intellettuale, materiale o quant'altro. A nulla dunque giova, alla chiesa, di perderci tempo, oltretutto poichè chi è radicato nell'errore, non cerca la Verità, ma cerca solo giustificazioni al proprio errore, le quali se confutate in un senso, si svilupperanno nell'altro.

    Ringrazio pertanto chi ha voluto leggere il mio piccolo contributo alla Verità, nella speranza di essere stato di aiuto.

  6. #6
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    A me ricorda di più il sole di Austerlitz

    (Il post precedente che faceva riferimento a Waterloo è stato cancellato e quindi la mia frase suonava un pò strana)

  7. #7
    Napoléon I
    Ospite

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    Un'ultima considerazione può venire dallo sfatare il solito mito tradizionalista, secondo cui Nostra Aetate n.4 vieterebbe di insegnare il deicidio o una responsabilità ebraica qualunque nella morte del Signore. Ho già ampiamente dimostrato come la dichiarazione conciliare sottolinei invece la responsabilità colposa ebraica nella morte di Cristo, per tanto spenderò brevi parole sull'argomento.

    Nessuno vieta di insegnare l'esistenza del deicidio. Questa è una malainterpretazione, comune sia ai modernisti che ai tradizionalisti, del documento magisteriale in oggetto. Nostra Aetate invece si premura di sottolineare come non ci si debba abbandonare ad ingiustificate illazioni, ma si debba insegnare ciò che è contenuto nel Vangelo. Nel Vangelo è chiaramente ribadita la responsabilità ebraica, colposa, nella morte di Cristo. Pertanto chiunque sostiene che il Concilio Vaticano II impedisce l'insegnamento di questa verità, sostiene deliberatamente il falso.

  8. #8
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    Caro Napoleon, "approfitto" gentilmente della tua ampia cultura in materia di dottrina cattolica per chiederti alcune cose su questo argomento che, ammetto, è per me sempre stato fonte di confusione. Innanzitutto, ho letto con molto interesse i tuoi post, e mi ha colpito molto apprendere che la dottrina post-conciliare continui ad insegnare il deicidio (invero molto in sordina però, visto che è la prima volta che sento dire questo). Io però continuo a rilevare contraddizione tra gli insegnamenti della Chiesa Cattolica pre-conciliari, e quelli scaturiti dal Concilio Vaticano II, nel senso che, se ho ben compreso le tue parole, l'insegnamento odienro della Chiesa sarebbe che il deicidio è una realtà, frutto però di una "responsabilità colposa" che in ogni caso non tange l'insieme del popolo giudaico (e relativi discendenti). Viceversa, prima del concilio la Chiesa (almeno a mia conoscenza; magari il mio errore sta proprio nel fatto che le mie conoscenze sono parziali o erronee) ha sempre insegnato il deicidio come colpa (non so se "dolosa" o "colposa") che ha colpito LA TOTALITA' DEL POPOLO EBRAICO non convertitosi a Cristo. In questo io vedo una contraddizione, e sinceramente mi paiono di gran lunga più coerenti (anche se forse sono "estremizzate", come spesso accade quando si è nella posizione di "dover reagire") le posizioni tradizionaliste e sedevacantiste.

    In secondo luogo, leggendo i tuoi scritti, ho visto che parli di promesse ed elezioni irrevocabili del popolo ebraico da parte di Dio. Ciò è da intendersi come una negazione della "teologia della sostituzione"? e se è così, non v'è anche in questo caso una profonda contraddizione rispetto all'insegnamento precedente della Chiesa, che (sempre a mia conoscenza) insegna invece proprio la dottirna della sostituzione.

    Ancora, alla luce della dottrina dei deicidio, come vedi i rapporti che Giovanni Paolo II ha instaurato con gli ebrei? insomma, non è perlomeno ambiguo chiamare "fratelli maggiori" coloro secondo le cui proprie dottrine hanno causato la morte del proprio Dio?

    Ti faccio queste domande per desiderio di conoscenza e per dissipare le mie confusioni. Ti prego di rispondermi con la stessa pazienza che un dotto sacerdote potrebbe avere verso un pio mugnaio analfabeta
    “Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero”

    Proverbio arabo

  9. #9
    Napoléon I
    Ospite

    Predefinito

    Originally posted by Talib
    [B]Caro Napoleon, "approfitto" gentilmente della tua ampia cultura in materia di dottrina cattolica per chiederti alcune cose su questo argomento che, ammetto, è per me sempre stato fonte di confusione. Innanzitutto, ho letto con molto interesse i tuoi post, e mi ha colpito molto apprendere che la dottrina post-conciliare continui ad insegnare il deicidio (invero molto in sordina però, visto che è la prima volta che sento dire questo). Io però continuo a rilevare contraddizione tra gli insegnamenti della Chiesa Cattolica pre-conciliari, e quelli scaturiti dal Concilio Vaticano II, nel senso che, se ho ben compreso le tue parole, l'insegnamento odienro della Chiesa sarebbe che il deicidio è una realtà, frutto però di una "responsabilità colposa" che in ogni caso non tange l'insieme del popolo giudaico (e relativi discendenti). Viceversa, prima del concilio la Chiesa (almeno a mia conoscenza; magari il mio errore sta proprio nel fatto che le mie conoscenze sono parziali o erronee) ha sempre insegnato il deicidio come colpa (non so se "dolosa" o "colposa") che ha colpito LA TOTALITA' DEL POPOLO EBRAICO non convertitosi a Cristo. In questo io vedo una contraddizione, e sinceramente mi paiono di gran lunga più coerenti (anche se forse sono "estremizzate", come spesso accade quando si è nella posizione di "dover reagire") le posizioni tradizionaliste e sedevacantiste.
    Ti ringrazio.
    Passo alla risposta.
    Anzitutto, farei un discernimento iniziale sui termini "concilio" e "post-concilio". Ciò che è l'insegnamento del concilio, e che vi si ritrova nella sua lettera, ed unicamente in essa, non necessariamente corrisponde all"'insegnamento" del post-concilio.
    Uso le virgolette anche per significare questo: mentre il primo è l'insegnamento della Chiesa, ed è magistero, il secondo appartiene all'elucubrazione teologica degli autori successivi al concilio, che più o meno prendono le mosse da esso, ma comunque in forma del tutto privata. Negli autori post-conciliari vi si possono trovare ottimi spunti per la riflessione teologica, come anche pensieri del tutto errati. Volere ricondurre però tali autori al concilio non ha senso. Il concilio afferma la verità, e loro no. Quello che i tradizionalisti generalmente fanno col Vaticano II e i teologi contemporanei, potremmo farlo anche noi per il passato. Suona bene dire che Calvino è uno dei frutti del concilio di Trento?
    Ricordiamo che anche nel passato, infatti vi sono stati teologi che travisavano l'insegnamento della Chiesa per giungere a posizioni diverse, ed erronee.
    La differenza tra allora ed ora, però è enorme: allora la Chiesa aveva un effettivo potere coercitivo in materia dottrinale, ora sembra non avercelo più. Nel senso che una condanna ad un autore, in passato, ne vedeva il definitivo tramonto, oggi non più. Pertanto sebbene la Congreg. Dif. Fede lavori alacremente, pochi se ne preoccupano, ed ogniduno va per la sua strada.
    Esempio chiarificatore: si prende come frutto della teologia postconciliare la liberalizzazione del costume sessuale e della contraccezione, nonostante Humanae Vitae.
    Si prende come frutto del concilio la negazione del dogma della presenza reale nell'Eucaristia (ad opera dei teologi del nord europa), nonostante Sacrosantum Concilium.
    Fatta questa premessa necessaria, dunque, passo alle risposte vere e proprie.

    1) Il concilio riafferma il deicidio. Se poi gli autori preferiscono non toccare questo tema, questa è una loro scelta, non del concilio. Giova ricordare infatti che il concilio si rifiutò di accettare una bozza di NA, in cui si condannava la teoria del deicidio, e se ne vietava l'insegnamento. Ne emerge dunque la volontà di ribadirla. Non posso comunque condividere un atteggiamento che mette da parte la verità, per fare posto al dialogo. Il concilio afferma anche che nel dialogo ecumenico ed interreligioso, la dottrina cattolica non può e non deve essere di impedimento, e mai può essere taciuta od affermata solo in parte, per non suscitare diffidenza nell'interlocutore. Essa va sempre proclamata per intero.
    Il deicidio appartiene all'economia della salvezza, tacerlo significa snaturare la stessa incarnazione, ed in pratica, affermare che Cristo non è l'isaiano Servo di YHWH, ovvero che Cristo non è il Messia, dato che nella Scrittura il Messia DEVE essere ucciso dal suo popolo, poichè l'agnello è innocente, e carica su di sè i peccati del popolo empio. Purtroppo il buonismo prevale sulla logica, e purtroppo anche sulla qualità degli studi teologici di molti, che invero è molto bassina.

    2) Sul concetto di colpa, e di responsabilità, occorre dire quanto già affermai a suo tempo. La colpa non è il dolo. La colpa (ed era chiamata colpa anche prima del concilio) implica la non volontarietà dell'atto, il dolo, al contrario, la volontarietà. Mi stupirei davvero se prima del concilio si fosse affermato, contro le stesse parole di Cristo morente sulla Croce, che gli ebrei "SAPEVANO QUELLO CHE FACEVANO". E' vero che in passato molti autori si sono lasciati andare in espressioni a dir poco gravissime, e mancanti di carità. Ciò è dovuto anche in virtù di un pregiudoizio piuttosto comune in senso antisemita, per cui non sembrava nemmeno grave affermare certe cose. Ricordo ad esempio il padre Gemelli (già ateo, socialista, scientista, e frequentatore di ambienti iniziatico-esoterici), il quale scrisse un articolo tristemente noto sulla civiltà Cattolica, in cui si augurava la morte di tutti gli ebrei, EVENTUALMENTE preceduta dal battesimo (e quindi se il suo ragionamento si fosse avverato, si augura la morte di milioni di cattolici. Bel prete); ricordo anche come in passato si sono fatti dei gravi errori teologici nel rapportarsi agli ebrei: ad esempio, fino alla metà di questo secolo, era considerata dottrina comune fra i teologi che gli ebrei fossero stati in un qualche modo maledetti, e la tangibile realtà di questa situazione, sarebbe stata la diaspora, che non si sarebbe potuta rimediare prima della fine del mondo. Era dunque una opinione teologica comune, che gli ebrei non potessero essere radunati in nazione, avere una patria, in virtù della maledizione. Lo stesso San Pio X, credeva a questa dottrina erronea, infatti è noto come spiegò ad Herzl il fatto che era teologicamente impossibile la ricostituzione di uno stato ebraico. Ora, non mi pare un mistero che lo stato ebraico esista. Cosa ne deduciamo? O che Dio non esiste, oppure che quella opinione era errata. Capita.
    Ciò che spesso si confonde, e capita spesso a chi, come i tradizionalisti, non ha una cultura biblica, è la differenza tra responsabilità individuale e responsabilità collettiva. Ora, sarà capitato a tutti di leggere l'antico testamento. Dio, non punisce due o tre responsabili, secondo la responsabilità individuale, ma collettivamente (solo il Qohelet, il Siracide, e altri libri sapienziali, introducono il concetto di responsabilità individuale). Tutto Israele paga con l'esilio, la deportazione, l'esecrazione, sebbene è ovvio che non tutti (bambini? vecchi? donne? uomini pii?) siano responsabili. Il deicidio, come responsabilità collettiva, appartiene a tutto Israele, e di ciò ci si può accorgere, dando una breve lettura ai passi profetici che descrivono la passione di Cristo. Il popolo rifiuta i suoi profeti. Ma dal punto di vista della responsabilità individuale, del peccato, non si può di certo dire che esso colpisca chiunque. Il peccato è un atto volontario, e non può essere imputato a chi non lo commette, personalmente. Un ebreo di Tiberiade, ad esempio, che durante la passione non era a Gerusalemme, ed ignorava cosa stesse accadendo, che peccato può avere commesso?
    Il deicidio, infatti non va considerato come peccato, ma solo come colpa collettiva, secondo la antica interpretazione della stessa. Il concilio, in NA n.4, vuole ribadire che non si deve confondere il peccato con la responsabilità collettiva.
    Infatti la responsabilità collettiva (che nell'AT era usata soprattutto per purificare il popolo che avrebbe dovuto accogliere il Messia, e renderlo Santo, Kadosh) è imputabile a tutti, la responsabilità individuale, no. N.A., però non vuole far venire meno la responsabilità collettiva, che è un mero fatto, ma ribadire l'inesistenza di quella individuale.

    In secondo luogo, leggendo i tuoi scritti, ho visto che parli di promesse ed elezioni irrevocabili del popolo ebraico da parte di Dio. Ciò è da intendersi come una negazione della "teologia della sostituzione"? e se è così, non v'è anche in questo caso una profonda contraddizione rispetto all'insegnamento precedente della Chiesa, che (sempre a mia conoscenza) insegna invece proprio la dottirna della sostituzione.
    Assolutamente no. Le promesse rimangono irrevocabili (lo dice S. Paolo, quindi è verità rivelata) e pure l'elezione. Ho espresso con chiarezza questo concetto nel primo post. Riassumendo occorre dire che non esiste alcuna doppia via alla salvezza, e che gli ebrei hanno già goduto dell'avverarsi delle promesse materiali (la terra, la rottura delle catene, ecc.), che però sono solo figura di quelle spirituali ed eterne, che si compiranno, giacchè Dio mantiene la Parola data, non appena loro riconosceranno il Verbo per vero messia. Ti invito dunque a rileggere, per avere una spiegazione più ampia.

    Ancora, alla luce della dottrina dei deicidio, come vedi i rapporti che Giovanni Paolo II ha instaurato con gli ebrei? insomma, non è perlomeno ambiguo chiamare "fratelli maggiori" coloro secondo le cui proprie dottrine hanno causato la morte del proprio Dio?
    Fa parte della Missione della Chiesa annunciare il Vangelo a tutte le genti. E' lodevole che si riprendano i rapporti con gli ebrei, e migliorando all'inizio la convivenza, si possano gettare le fondamenta di serenità e di rispetto reciproco, per una vera e propria missione. Non è uno scandalo che un papa vada in una sinagoga a parlare, ricordiamo che ci sono andati anche gli Apostoli, Pietro compreso. Sul discorso dei fratelli maggiori, non facciamo di tutte le erbe un fascio. Io ho ascoltato tutto il discorso del papa, e quella era solo una battuta, posta alla fine. Lui dice in realtà che gli ebrei sono fratelli (tutti gli uomini lo sono d'altronde), e scherzando dice che potrebbero essere fratelli maggiori. Non drammatizziamo anche le battute umoristiche. E poi comunque non vedo il problema: il popolo ebrai è colui che ha ricevuto per primo la rivelazione, direttamente da Dio, e pertanto, la stirpe di Abramo, vanta una più antica alleanza che non noi. Dunque "maggiori". Notare anche che i fratelli maggiori, nella bibbia, sono quelli che rinnegano la primogenitura: Caino, Esaù, Ismaele..... L'interpretazione tradizionale li ha sempre visti come figura del popolo israelita che rinnega la sua fede, che passa alle genti del mondo. Dunque anche in questo, doppiamente fratelli maggiori.


    Ti faccio queste domande per desiderio di conoscenza e per dissipare le mie confusioni. Ti prego di rispondermi con la stessa pazienza che un dotto sacerdote potrebbe avere verso un pio mugnaio analfabeta
    Spero di avere assolto al compito.
    Tornerò sull'argomento, se occorre.

  10. #10
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    Ti ringrazio delle esaurienti spiegazioni, caro Napoleon.

    Un saluto.
    Talib
    “Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero”

    Proverbio arabo

 

 
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