E' bene fare un po' di chiarezza sulla dottrina contenuta al n°4 di Nostra Aetate, sia perchè essa è di grande importanza, sia perchè molto è stata fraintesa sia in ambito tradizionalista (accusandola di avere eliminato il deicidio e osannato i giudei) sia dai modernisti (lodandola per aver eliminato il deicidio e osannato i giudei). Una ulteriore dimostrazione del fatto che in realtà il modernismo, viene a conicidere coll'ideologia tradizionalista, quanto a interpretazione del concilio.
A riguardo, dunque, mi preme sottolineare due o tre punti.
1) Si comprenda che tale testo non è una costituzione dogmatica, ma una dichiarazione. Ciò non diminuisce l'assistenza dello Spirito Santo, nè il fatto che sia un atto del magistero universale, tuttavia è diversa. Essa, proprio in quanto dichiarazione, si autopone come un documento pastorale, con cui la Chiesa vuole un po' fare il punto della situazione, nei rapporti con le altre religioni, anche al fine di una pacifica convivenza sul medesimo pianeta, essendo purtroppo venuto meno il ruolo della Chiesa come unica vera religione universalmente accettata come tale (non il fatto che lo sia), e confugurandosi sempre più per l'uomo della strada, come una religione fra le tante. Anche e soprattutto all'uomo della strada si rivolge tale dichiarazione, per presentare la Chiesa stessa.
2) Non sono state fatte concessioni a nessuno, ovvero, la chiesa non ha negato alcuna verità per accontentare altre confessioni, ma si è limitata semplicemente a esprimere il proprio giudizio sulle stesse. Nel fare ciò, ed in vista del nuovo linguaggio conciliare, che tiene presente della mutata sensibilità dell'uomo moderno, ha evitato di utilizzare un atteggiamento troppo duro, ponendosi invece in termini di cordialità, benevolenza e dialogo, senza peraltro tacere la verità (e il concilio stesso, in Unitatis Redintegratio, insegna, sulla scia di Mortalium Animos, che l'ecumenismo,e in genere il dialogo, non può avvenire cercando di nascondere o camuffare la Verità, evitando di considerare che solo la Chiesa ha la pienezza della Rivelazione, ed è l'unica vera e necessaria alla salvezza. Sarebbe dire il falso e mancare di carità). Con ciò non intendo minimamente criticare l'atteggiamento della Chiesa nel passato, legato, ovviamente a diverse condizioni storiche, sociali, politiche e religiose.
3)Pertanto nei riguardi degli ebrei, la Chiesa usa lo stesso dialogo, la stessa benevolenza la stessa carità nel linguaggio e la stessa benevolenza predicati dal concilio, senza però tacere alcuni punti. Infatti con una sorta di captatio benevolentiae, si spiegano inizialmente i punti che giustamente ci accomunano ai nostri amici ebrei, i quali sono giustamente nominati come popolo eletto. Noi cristiani siamo chiamati figli di Abramo secondo la fede (Gal 3,7) e dunque loro fratelli, spiritualmente legati ad essi. Si ricorda che la storia dell'antico Israele è in realtà figura della redenzione operata da Cristo (la salvezza dall'esodo, è in realtà la salvezza della Chiesa). Si ribadisce che il popolo ebraico (non la religione) ricevette la rivelazione sul Sinai, nella antica alleanza, e ce la trasmise, Infine si abbattono le differenze razziali tra ebrei e popoli ex pagani, citando san Paolo, nelle lettere ai Romani e agli Efesini, con le immagini del ceppo innestato sull'olivo buono, e dell'unico popolo che Cristo ha riunito con la sua Croce.
Terminata l'enumerazione delle qualità positive, si passa alla realtà dei fatti. La religione ebraica (Gerusalemme) non ha riconosciuto il Messia (Lc 19,44), gli ebrei in maggior parte hanno rifiutato il vangelo e molti ne hanno ostacolato la diffusione (Rm 11,28). Tuttavia sappiamo che per le promesse irrevocabili che Dio fece ai patriarchi, migliori dei contemporanei di Cristo, poichè fedeli e dunque meritevoli della fiducia di Dio, sono senza pentimento (sine poenitentia=irrevocabili) i doni di Dio e l'elezione.
Ciò significa anzitutto che l'elezione è irrevocabile. L'elezione consistette nella scelta da parte di Dio, di un popolo, da preservare puro al cospetto delle altre nazioni, affinchè in esso si compisse l’Incarnazione del Verbo. Per questo il popolo è stato eletto, ovvero “scelto”. Tale elezione rimane poiché gli ebrei sono il popolo che fu un tempo scelto da Dio. Perdere l’elezione, significherebbe mutare il passato. Impossibile.
Anche i doni di Dio e le promesse, si sono mantenute. Dio promise ad Abramo un popolo, una discendenza, una terra, che gli diede. Agli ebrei in Egitto promise ed ottenne la libertà, ed in virtù della alleanza sinaitica, una terra da abitare, una patria, un giardino (in ebraico eden = paradiso) da coltivare. Infine la promessa più importante, un messia liberatore. Sappiamo bene che l’ha mantenuta.
Gli ebrei però non lo hanno riconosciuto e perciò, le promesse ed i doni veterotestamentari, sono rimasti al loro livello figurale. Infatti la il dono della terra, è il dono del paradiso, il dono della libertà dalla schiavitù, è il dono della salvezza, il dono della discendenza, è il dono del Messia, il dono dell’alleanza mosaica, è il dono della nuova ed eterna alleanza. Il raggiungimento della pienezza dei doni, pertanto è subordinato da parte loro, alla fede agli antichi patti, e dunque a riconoscere il messia. Questo dono, che pure hanno ricevuto, ma non hanno compreso, per cecità, spezza i sigilli del libro di Dio (cfr. Ap), ovvero rende comprensibile la vera portata dei doni di Dio, che non si limitano ad un fazzoletto di terra. Con tale gesto di riconoscimento messianico, le antiche promesse, mantenute, si rinnoverebbero, raggiungendo il loro vero e pieno significato, il popolo prediletto, sarebbe salvo, otterrebbe la vera patria celeste e la vera alleanza con Dio che è la sua comunione. Tale fatto, come attestano i profeti antichi, ma anche san Paolo, l’apocalisse e Cristo stesso, si verificherà, e si compiranno e rinnoveranno quelle promesse ancora valide, attese da noi tutti e da Dio. Allora, i popoli acclameranno il signore ad una voce, e lo serviranno sotto lo stesso giogo.
A questo punto la dichiarazione tocca il punto dolente, il deicidio. Secondo una volgata di interpreti truffaldini e tendenziosi, preoccupati a rifarsi una verginità buonista piuttosto che a testimoniare la verità, la dichiarazione lo abrogherebbe, e pertanto gli ebrei sarebbero assolti dalla colpa di avere ucciso il Signore. Gli stessi truffaldini ignorano (o mentono) i testi evangelici e neo-testamentari che a proposito sono chiarissimi, ridicolizzandoli o come apocrifi, o come “generi lettereri”, i quali sembra che dicano una cosa, ma in realtà dicono l’opposto, nascondendo il significato in oscure locuzioni stereotipe (cfr. “il suo sangue ricada su di noi…”). La ratio di tale mistificazione viene dal timore di essere definiti “antisemiti”, per il fatto di attribuire la colpa della morte di Cristo agli ebrei. Ma se non hanno ucciso il messia, egli deve ancora arrivare, e siamo nel torto noi! Non comprendono tali sciocchi, che così dicendo mistificano tutta la Sacra scrittura, rendendola un grosso imbroglio, anziché la Parola di Dio. Il Messia infatti, come dicono le Scritture, DEVE essere ucciso dal suo popolo: egli è presente in figura in tutti i profeti, che non vengono capiti, riconosciuti, perseguitati ed uccisi o imprigionati. Isaia è chiarissimo, e nei suoi 4 “Canti del Servo”, ci descrive, con una precisione sorprendente (se non lo si sapesse ispirato) la passione di Cristo, ad opera del suo stesso popolo. Inutile soffermarmi sui racconti evangelici e sulle testimonianze neo-testamentarie, basta leggerle, per vedere l’evidenza. Voglio solo fare un appunto sul fatto che, il deicidio, non implica alcun odio o risentimento da parte nostra, nei loro confronti. Esso è solo un fatto oggettivo, storico, dettato non dall’odio contro Dio, ma dalla cecità, che impedì di rendersi conto della gravità del gesto. Non DOLO dunque, ma semplice COLPA. Colpa oltretutto perdonata, con motivazione, da Cristo stesso sulla Croce (perdona loro, non sanno quello che fanno!). Se ha perdonato lui, che era il diretto interessato, perché dovremmo nutrire odio noi? Siamo forse noi servi più importanti del padrone? Riconoscere il deicidio, è come riconoscere l’avverarsi della profezia, secondo cui il popolo eletto uccide il suo messia (per un confronto ulteriore, vedasi le tematiche della sposa infedele che tradisce il marito, dei vignaioli omicidi, ecc.).
Sulla colpa, direi che essa si dipana su un triplice senso: colpa materiale dei romani e di Pilato, poiché con negligenza si sono prestati ad uccidere un uomo innocente, quando non ne avevano il diritto (omicidio), colpa storico-profetica, degli ebrei, i quali non hanno riconosciuto il Messia, pur avendolo sentito e avendo constatato la rispondenza di tutte le scritture (deicidio), colpa morale, di tutto il genere umano, corrotto dal peccato originale, e tratto in schiavitù dal demonio, che con la sua disobbedienza, necessitò l’Incarnazione, la Passione, la Morte e la Resurrezione del Verbo. Felice colpa questa (cfr. Preconio pasquale, Messale Romano), tuttavia, perché ci ha meritato un così grande redentore!
Dunque il concilio non può non ricordare la verità: “Quantunque le autorità giudaiche con i loro seguaci si siano adoperate per la morte di Cristo…”, ribadisce il DEICIDIO, ricordando però ciò che è giusto, cioè che la totalità dei fatti commessi durante la passione non può essere imputata a tutti i singoli giudei di allora (primo, perché al massimo erano colpevoli solo i gerosolimitani, sebbene per la pasqua in città ci fossero anche molti forestieri, secondo, perché molti ebrei erano discepoli e dunque cristiani, terzo perché “tutto ciò che è stato commesso durante la passione” non si riferisce solo alla colpa della morte, che oltretutto non hanno materialmente eseguito, ma anche alle percosse, alle ingiurie, alla fustigazione, all’umiliazione, eccetera, commesse anche dai romani), ne a quelli odierni, poiché materialmente non hanno partecipato al delitto, e ciò pare ovvio, ma doveroso per fugare appunto la mala interpretazione secondo cui gli ebrei di ogni tempo sarebbero egualmente omicidi, e dunque da odiare. Pertanto la chiesa rifiuta ogni persecuzione basata su tali motivazioni, specie se degenerano in razzismo biologico e politico, da chiunque provengano ( e dunque anche dai principi “cristiani” che credettero buona cosa perseguitare gli ebrei per quei motivi). I giudei non sono dunque, ribadendo il concetto già espresso, ne odiati da Dio, ne da lui maledetti, poiché egli invece li ama moltissimo come suo popolo eletto e ne attende con ansia il ritorno, come il padre col figliol prodigo.
Apprezziamo alla luce di questa interpretazione, pertanto, il documento conciliare, e mossi da vera carità, preghiamo per la loro conversione, ma non dimentichiamo la Verità. Soprattutto difendiamola nei confronti di chi, sedicente cristiano, la impugna per un falso, deprecabile e mortale buonismo.