Il “grande mistico” è stato artefice del disfacimento dell’Urss e ha puntato
al superamento di Yalta. Poi ha posto la Chiesa come alternativa al modello americano
Ha sognato l’Europa unita
e ha sfidato la potenza Usa
Ha vinto sul comunismo, ma non è riuscito a compiere l’ambito viaggio a Mosca
Si è opposto alla guerra come mezzo per “esportare la democrazia”
di PAOLO GARIMBERTI
Quella croce che Karol Wojtyla, aitante arcivescovo di Cracovia, brandiva come un’arma contro il comunismo, quella croce che aveva piegato il regime polacco, obbligandolo a costruire una chiesa nella città operaia di Nowa Huta destinata ad area “decontaminata dalla religione”, è stata uno degli strumenti che hanno aperto una breccia decisiva nel Muro di Berlino fino a farlo crollare del tutto.
La metafora del vescovo dissidente e missionario nella propria patria aiuta a capire il disegno politico-ideologico che poi il vescovo trasformato in capo di tutta la Chiesa avrebbe portato avanti con una determinazione che nulla, neppure la decadenza fisica, ha potuto fermare: il sogno di un’Europa unita dall’Atlantico agli Urali, secondo la formula felice ma soltanto ideale di Charles de Gaulle, l’abbattimento di tutte le cortine di ferro e delle menti, la cancellazione dell’ingiusta ripartizione della conferenza di Yalta, nella quale gli interessi della politica avevano ignorato gli interessi delle genti, della tradizione e della fede.
Il vescovo Karol diventato papa Giovanni Paolo II aveva enunciato e teorizzato il suo disegno elevandolo al livello dottrinale sommo dell’enciclica «Slavorum Apostoli», dedicata ai santi slavi Cirillo e Metodio, nel luglio del 1985, appena quattro mesi dopo – e fu una coincidenza straordinaria, oppure non fu affato un caso – la nomina di Mikhail Gorbaciov a segretario generale del Pcus, il partito unico dell’allora ancora vivo impero sovietico, l’«Impero del male» di reaganiana memoria. Attraverso l’ecumenismo cristiano in papa prospettava in quell'enciclica il raggiungimento dell'unicità culturale e civile del continente, il grande superamento di tutto ciò che divide chiese, nazioni e popoli: un riscatto spirituale di un'Europa sconvolta dalla crisi dei valori supremi in ambedue le sue emanazioni politico-culturali, allora ancora divise in due blocchi contrapposti, il capitalismo a Ovest e il «socialismo realizzato» a Est.
Soltanto un papa slavo, nato e cresciuto in un paese comunista, poteva avere l’intuizione, e la fede, di credere che la spiritualizzazione della vita avrebbe potuto offrire un giorno un puntello di salvezza alla crisi di valori, e quindi di consenso popolare, dei regimi comunisti dell’Europa orientale. Difatti, lo sbriciolamento del «socialismo realizzato», così improvviso quanto indolore quasi ovunque (sola eccezionel la Romania) non fu dovuto a insuccessi militari o diplomatici, bensì all’incapacità dei partiti al potere di mantenere la loro legittimazione.
Doveva essere lo stesso Gorbaciov – quasi a provare una sorta di telepatia politica tra la sua ascesa al vertice dell’Urss e la «Slavorum Apostoli» - a rendere omaggio alla profetica intuizione del pontefice. Accadde in Campidoglio a Roma il 1 dicembre 1989, dopo la storica visita di un presidente sovietico in Vaticano, quando l’uomo della «perestrojka» invocò per l’ex impero sovietico in pieno sfacelo una spiritualizzazione della vita che sapesse rivoluzionare le coscienze, tenendo come punto di riferimento i valori etici eterni, le semplici leggi di moralità e umanità. Quell’invocazione non bastò: otto mesi dopo il golpe di Mosca segnò l’inizio della fine del gorbaciovismo, come ultimo tentativo di riformare il sistema, e dello stesso «impero interno» sovietico, quell’aggregazione forzosa di repubbliche tenute insieme più dal Kgb e dal Gulag che dalla volontà dei popoli.
Ancora una volta profeticamente, la fine ufficiale dell’Urss era stata preceduta da un’altra enciclica apparentemente sociale, dedicata formalmente al centesimo anniversario della «Rereum Novarum». Se la «Slavorum Apostoli» era servita a Giovanni Paolo II a definire la strategia contro il comunismo, la «Centesimus Annus» metteva a punto la strategia della Chiesa per il post-comunismo. Dal punto di vista puramente politico la differenza fondamentale tra le due encicliche è che quella dedicata ai santi slavi proponeva la leadership del papa come complementare a quella delle maggiori potenze occidentali, prima fra tutte, gli Stati Uniti. Mentre con la «Centesimus Annus» il pontefice e la Chiesa della quale è guida si pongono come una leadership alternativa soprattutto nei confronti dell’unica superpotenza mondiale rimasta, appunto gli Stati Uniti d’America. Attribuendo al papa e alla Chiesa un ruolo decisivo nell’aiutare quei paesi sviluppati che cercano di ricostruire la loro economia e la loro società dopo anni di dittature, ma anche nel fornire un modello a quei paesi del Terzo mondo, che tentano di costruire una società compatibile con le loro tradizioni e situazioni, e dunque adatta alle loro esigenze. E questo modello non può essere né una democrazione da importare chiavi in mano (basti pensare all’Iraq post-Saddam), né, anzi ancor meno, il capitalismo ateo e consumistico.
Alla luce di tutta una serie di prese di posizione successive – compresa l’opposizione alla prima e alla seconda guerra del Golfo, mentre l’uso delle armi fu giustificato per uno scopo altamente etico, la fine della pulizia etnica nei Balcani – la «Centesimus Annus» può ben essere definita una pietra miliare del pontificato di Giovanni Paolo II. A patto di non considerarla semplicisticamente come il documento ideologico di un pontefice che, dopo aver vinto la sua battaglia anticomunista, si afferma, nell’éra postcomunista, come anticapitalista. Ma di leggerla, piuttosto, come il manifesto di un grande intellettuale permeato di filosofia tedesca e di messianismo slavo, e dotato di un fortissimo spirito mistico. Questo è stato, nella sua dimensione più temporale, la politica internazionale, Karol Wojtyla. Al quale è mancata solo una tappa per coronare il sogno di tutta una vita: la visita a Mosca, capitale dell’ex Impero del male che aveva combattuto da quando fu ordinato sacerdote fino a quando è morto da papa.
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condoglianze anche se mio nonno si vergognerebbe di me che gliele faccio ci stiamo annaquando troppo a sinistra ciampi cje interviene in televisione partecipare a questo dolore dell'italia lo considero un insulto alla storia socialista soprattutto della mia famiglia.
io credevo di essere in una coalizione di sinistra domani andrò votare e darò la preferenza all'unico anti clericale della lista, ma sono fortemente amareggiato votare l'unione mi sembrerà votare l'udc non vedo differenziazioni tutti devoti alla stessa maniera.
non è la sinistra dei valori in cui mi riconosco
Senti, lo so cosa stai pensando perchè lo penso anch'io, però credo sia più grave (e vergognoso) che si siano fermati tutti gli eventi sportivi (che ipocrisia poi dal mondo del pallone), piuttosto che le condoglianze a nome della nazione del capo dello stato (lo si sarebbe fatto anche per un capo di stato straniero, con minor eco senza dubbio).In origine postato da benfy
condoglianze anche se mio nonno si vergognerebbe di me che gliele faccio ci stiamo annaquando troppo a sinistra ciampi cje interviene in televisione partecipare a questo dolore dell'italia lo considero un insulto alla storia socialista soprattutto della mia famiglia.
io credevo di essere in una coalizione di sinistra domani andrò votare e darò la preferenza all'unico anti clericale della lista, ma sono fortemente amareggiato votare l'unione mi sembrerà votare l'udc non vedo differenziazioni tutti devoti alla stessa maniera.
non è la sinistra dei valori in cui mi riconosco
Adesso devi essere un po'... arrabbiato, ma votare Unione non è come votare udc, te lo posso garantire.
E' vero, infatti io voto UDC e non tollero paragoni insultanti, è tutta un'altra cosa.In origine postato da Zadig
Senti, lo so cosa stai pensando perchè lo penso anch'io, però credo sia più grave (e vergognoso) che si siano fermati tutti gli eventi sportivi (che ipocrisia poi dal mondo del pallone), piuttosto che le condoglianze a nome della nazione del capo dello stato (lo si sarebbe fatto anche per un capo di stato straniero, con minor eco senza dubbio).
Adesso devi essere un po'... arrabbiato, ma votare Unione non è come votare udc, te lo posso garantire.
Tranquillo, che rimaniamo anticlericali..... sarà l'approvazione del PACS, se andremo al governo, e la posizione sul referendum sulla fecondazione assistita, che te lo dimostra.....In origine postato da benfy
condoglianze anche se mio nonno si vergognerebbe di me che gliele faccio ci stiamo annaquando troppo a sinistra ciampi cje interviene in televisione partecipare a questo dolore dell'italia lo considero un insulto alla storia socialista soprattutto della mia famiglia.
io credevo di essere in una coalizione di sinistra domani andrò votare e darò la preferenza all'unico anti clericale della lista, ma sono fortemente amareggiato votare l'unione mi sembrerà votare l'udc non vedo differenziazioni tutti devoti alla stessa maniera.
non è la sinistra dei valori in cui mi riconosco
Si si bravo, vai a preparare il prossimo condonoIn origine postato da iannis
E' vero, infatti io voto UDC e non tollero paragoni insultanti, è tutta un'altra cosa.
Addio Papa Giovanni Paolo II
Per me Karol Wojtyla è stato e resterà sempre un grande Papa, pur con i suoi limiti. Per questo, ho seguito con grande attenzione gli speciali a lui dedicati, anche se non sono cattolico ma solo credente. Credo quindi, anche se lo Stato è e deve rimanere laico, giusta la copertura mediatica riservata alla morte del Pontefice.