PASQUA 2005
l’intervista La sofferta domenica di Giovanni Paolo II vista dalla grata della clausura: parla la badessa del monastero benedettino di Orta San Giulio. «Ha viaggiato tanto, ha tenuto discorsi in tutto il mondo I gesti del Pontefice riletti dal chiostro: «Quando un uomo mette se stesso completamente al servizio di Dio e degli altri, la sua opera diventa un discorso d’amore chiarissimo»

«Nel suo silenzio risuona la voce di chi non ha voce»

Oggi, con la sua difficoltà ad esprimersi, parla ancora di più e più forte. Sta mostrando il senso delle parole che ha pronunciato prima»
Nella riflessione della religiosa oggi più che mai il Pontefice rappresenta il volto di Cristo


Da Milano Paolo Lambruschi

Nella quiete del monastero benedettino dell’isola di San Giulio, sul lago d’Orta, nel novarese, non c’è la televisione a mostrare il Papa sofferente che impartisce la benedizione pasquale senza pronunciare parola o il suo dialogo a gesti con i fedeli commossi in piazza San Pietro. Ma dentro queste mura, nella comunità monastica rinata nel 1973, non servono le immagini per cogliere il senso spirituale e mistico del silenzio di Giovanni Paolo II, che sta comunque trasmettendo un messaggio forte al mondo.
«Dopo aver parlato per tanti anni – spiega madre Anna Maria Canopi, badessa del monastero di clausura che conta di 70 suore – sappiamo che il Papa è in uno stato di silenzio che ci ha fatto meditare».
Madre Canopi, lei che senso attribuisce al silenzio pasquale del Santo Padre?
«Karol Wojtyla ha parlato come un profeta in tutti questi anni, ha sempre levato alta la sua voce per richiamare i popoli ai valori della vita umana e cristiana, a tutto quello che può costruire pace e giustizia in terra e soprattutto ad elevare la persona. Più volte ha scongiurato di desistere dalla violenza, di evitare i conflitti armati, di non calpestare la dignità dell’uomo dal suo concepimento all’ultimo respiro. Però tante volte non è stato ascoltato. Il suo silenzio a me pare ancor più eloquente, ora. È come il silenzio di Cristo che stende le braccia sulla croce offrendo se stesso».
Un’assenza di parole che a molti fa paura...
«Il silenzio di Dio è pieno di amore e dolore. È preghiera implorante per tutti. Ed è la parola più eloquente, quella del dono totale di sé. Ha un senso: troviamo il silenzio impotente anche nell’Antico Testamento: quando Israele si mostrava infedele a Dio e non ascoltava i Profeti, per un certo tempo Dio glieli toglieva. Li privava, quindi, di quelli che avevano disprezzato. Il fatto che il Papa debba tacere in questo momento potrebbe significare che l’umanità non ha saputo ascoltare e adesso, davanti al silenzio di Dio, può finalmente rendersi conto del valore della Parola che ha ignorato».
Cosa è rimasto maggiormente inascoltato?
«Il silenzio del Papa è quello dei poveri senza voce e senza difesa, delle vittime dell’odio e della guerra, di tutti gli innocenti che sono stati soffocati e uccisi. Egli assume in se stesso tutti questi silenzi, tutte le forme di debolezza e inutilità, tutti quelli che sono imprigionati in un corpo e sono condannati all’immobilità. Ci ricorda la loro umanità».
Cosa rappresenta la sua debolezza?
«Il Papa ai nostri occhi sta rappresentando l’icona di Cristo, il Verbo che il Padre ha pronunciato e che gli uomini non hanno ascoltato mettendolo a tacere sulla Croce. Quanta grazia e quanta forza di salvezza scaturiscono dalla sofferenza del Santo Padre. Egli, debole, per me sta raffigurando la forza del Mistero pasquale».
La domenica di Pasqua davanti al Papa il mondo sì è commosso. Ieri tanti sono tornati in piazza San Pietro sperando di vederlo. Forse cominciano a mancarci quelle parole che abbiamo ignorato?
«Ci commuoviamo davanti a quest’uomo malato perché cogliamo dai suoi gesti che il Papa è traboccante di amore e del dono di sé. La sua è una comunicazione molto eloquente e molto efficace, feconda di grazia.
Cogliamo tutti che quello che sta facendo nasce dal suo cuore. Quando un uomo mette se stesso completamente al servizio di Dio e degli altri, la sua opera diventa un discorso di amore chiarissimo».
In questo tempo di comunicazione e di rumore il silenzio non rappresenta, però, un valore. Ma questo Papa cosa può comunicare d’ora in poi al mondo?
«Che nel silenzio avviene la donazione più profonda, vi ritroviamo la purezza della carità e della preghiera. Il silenzio è uno spazio interiore in cui si fa presente Dio, è in realtà il linguaggio più profondo e completo. La nostra società ha molto bisogno di silenzio, un antidoto contro la cultura della dissipazione e della banalità cui dobbiamo fare spazio. Il Papa con la sua difficoltà di parola, oggi ci sta insegnando propri o questo. Ha viaggiato tanto, ha tenuto discorsi in tutto il mondo. Oggi, con la sua immobilità e con il suo silenzio, parla ancora di più e più forte. Sta dando senso a tutte le parole che ha pronunciato prima».



Avvenire - 29 Marzo 2005