Mi piacerebbe leggere il parere dei TANTI che si sono scatenati sulla scarcerazione dei PRESUNTI terroristi o sulla sentenza delle "zingare", a proposito di questa "notiziuola" REGOLARMENTE assente da TUTTI i Tg di regime.
41 bis, tutta l’Antimafia contro Castelli
Critiche al ministro per il via libera alle revoche del carcere duro di cui hanno beneficiato 54 boss
Marzio Tristano
PALERMO Per i boss in carcere vetri blindati, isolamento e impossibilità di comunicare esistono solo sulla carta: il pugno duro del governo contro i mafiosi detenuti è un’affermazione di principio che non trova riscontri nella realtà. La commissione Antimafia, con una decisione insolitamente unanime, boccia il ministro Castelli, accusato di non aver contrastato subito le revoche del carcere duro di cui hanno beneficiato 54 boss nel primo semestre del 2003, e la sua scelta politica di non infliggere - ai mafiosi di rango - più di un anno alla volta di carcere speciale. E rimprovera anche molte procure, accusate di non aver presentato ricorso in ben 54 casi di revoca su 65. Il guardasigilli replica «sconcertato»: «La legge parla chiaro: la responsabilità di revocare il 41 bis spetta alla magistratura e non al ministro, il quale, come stabilito dalla Costituzione e come ripetuto in modo ossessivo da Anm e sinistra, non può sindacare sulle decisioni dei giudici. Il parere dell'antimafia è sconcertante: nella relazione, infatti, viene chiesto al ministro di assumere iniziative di carattere giurisdizionale».
L'applicazione del 41 bis, vero e proprio spauracchio per i mafiosi in carcere e fiore all'occhiello dell'azione antimafia del governo Berlusconi, accende una polemica istituzionale tra commissione e ministro, che scarica ogni responsabilità sui magistrati, chiamati, a suo parere, a decidere autonomamente le revoche del famigerato regime speciale. E il Guardasigilli chiama in causa il Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria: «Mi stupisco invece che la Commissione non si sia accorta di un dato che invece mi preoccupa: malgrado l'asserita pericolosità di alcuni terroristi islamici detenuti, non ho mai ricevuto dal Dap alcun documento che predisponesse il 41 bis per qualcuno di essi. La cosa francamente mi stupisce».
Nel primo semestre del 2003 erano state ben 54 e il trend faceva ben sperare i detenuti visto che, come sottolinea la commissione Antimafia, dopo l'approvazione della legge - preceduta da appelli di boss del calibro di Leoluca Bagarella - «é calato il silenzio, sono cessate le proteste violente ed eclatanti, non ci sono stati più proclami, né tentativi di “trattativa”». «Per questo - sostiene la Commissione - è necessario un costante monitoraggio per evitare che i boss continuino a comandare dal carcere».
Sulla lotta alla mafia senatori e deputati hanno deciso di non fare sconti al governo: all'unanimità la Commissione ha approvato la relazione estesa dal senatore Alberto Maritati (Ds), che sottolinea come la legge 279 del 2002, che ha introdotto stabilmente il 41 bis nell'ordinamento, ha «ribadito che il ministro ha un ruolo centrale di presidio e di vigilanza della corretta applicazione dell'istituto del regime speciale di detenzione per i mafiosi». «E poiché risulta dall'elenco inviato alla Commissione dal Procuratore nazionale antimafia lo scorso 5 maggio - prosegue la relazione - che le revoche, alla fine del mese di luglio 2003, ammontavano già a ben 54, avrebbero dovuto attivarsi ulteriori iniziative politiche e istituzionali per dispiegare ogni energia in direzione del contenimento del fenomeno». Insomma, secondo San Macuto, di fronte al fioccare delle revoche «non può certo ritenersi esaustiva» l'attività svolta dal ministro Castelli, specie «a fronte della gravità della situazione e della tempestiva informazione da parte del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria».
Rimbrotti e bacchettate anche per «molte Procure della Repubblica» che nel 2003 - per l'iniziale interpretazione della legge, a maglie larghe dalle quali sono usciti uno dei killer del giudice Rosario Livatino e uno degli autori della strage di Via d'Amelio - non hanno impugnato, con ricorso, ben 56 revoche su 65.
Tra queste non c'è la procura di Palermo, il cui capo, Piero Grasso, aveva lanciato l'allarme l'altro ieri in un convegno della Cgil: «Il carcere duro - aveva detto - ora è un po' meno duro». Grasso ora non commenta la relazione della commissione e si limita a ricordare che «all'inizio degli anni '90, dopo le stragi, la strategia del carcere duro aveva indotto alcuni mafiosi a collaborare con la giustizia. Il suo progressivo affievolimento, in seguito, ha influito sulla qualità delle collaborazioni».
Per la commissione, infine, la norma non si tocca, anche se occorre vigilare con un «monitoraggio» sulla sua applicazione.
Attualmente sono 611 i detenuti al 41 bis, tra loro uno solo viene dalla criminalità comune, il grosso (210) viene da Cosa Nostra, dalla 'ndrangheta (130), dalla camorra (123), dalla Sacra Corona Unita (48) e dalle mafie importate, quelle di origine etnica (58).
17 Marzo 2005