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    Predefinito 9 Marzo - S. Caterina (Vigri) da Bologna, Vergine



    Santa Caterina (Vigri) da Bologna, Vergine

    9 marzo - Comune

    Bologna, 8 settembre 1413 - ivi, 9 marzo 1463

    Nata a Bologna l'8 settembre 1413 dal ferrarese Giovanni de' Vigri e Benvenuta Mammolini, Caterina viene educata alla corte Estense, che in quel tempo toccava l'apogeo del suo splendore. Ma proprio qui germoglia in lei la vocazione alla vita consacrata: giovanissima entra tra le Clarisse nel monasero del Corpus Domini di Ferrara. Nel 1456 è chiamata a Bolgona a fondare anche qui un monastero intitolato al Corpus Domini. Anima profondamente francescana, vive con gioia interiore l'imitazione di Cristo crocifisso, la contemplazione del Bambino di Betlemme, l'amore per Gesù vivo nell'Eucaristia, con un temperamento vivace, artistico, portato al canto e alla danza. Muore il 9 marzo 1463. Le sue spoglie sono venerate a Bologna nel santuario del Corpus Domini. (Avvenire)

    Etimologia: Caterina = donna pura, dal greco

    Emblema: Giglio

    Martirologio Romano: A Bologna, santa Caterina, vergine dell’Ordine di Santa Chiara, che, insigne nelle arti liberali, ma ancor più illustre per le virtù mistiche e il cammino di perfezione nella penitenza e nell’umiltà, fu maestra delle sacre vergini.

    Martirologio tradizionale (9 marzo): A Bologna santa Caterina Vergine, del Second'Ordine di san Francesco, illustre per santità di vita. Il suo corpo è ivi venerato con grande onore.

    Figlia di uno stimato giurista bolognese, sui 9 anni deve trasferirsi con la famiglia a Ferrara: suo padre va al servizio di Niccolò III d’Este, che sta costruendo il ducato di Ferrara, Modena e Reggio. E lei è nominata damina d’onore di Margherita, figlia di Niccolò. La città di Ferrara sta diventando una meraviglia, chiama artisti da ogni parte, vengono illustri pittori e architetti italiani (e uno addirittura vi è nato: Cosmé Tura), e letterati francesi, e artisti fiamminghi dell’arazzo...
    Caterina va agli studi, si appassiona di musica e pittura, di poesia (anche latina, presto). Ma d’un colpo tutto finisce, sui suoi 14 anni: le muore il padre, la madre si risposa, e riecco lei a Bologna, sola, abbattuta, in cerca di pace nella comunità fondata dalla gentildonna Lucia Mascheroni. Ma presto il rifugio diventa luogo di sofferenza e travaglio, per una sua gravissima crisi interiore: una “notte dello spirito” che dura cinque anni.
    E allora torna a Ferrara, ma non più a corte: nel monastero detto del Corpus Domini. Qui la damina si fa lavandaia, cucitrice, fornaia. Preghiera e lavoro, mai perdere tempo, dice la Regola delle Clarisse che qui si osserva. E a lei va bene: lava i piatti, dipinge, fa le pulizie, scrive versi in italiano e in latino, insegna preghiere nuove, canti nuovi.
    Con lei il monastero è un mondo di preghiera e gioia, silenzio e gioia, fatica e gioia. Diventa famoso, tanto che ne vogliono uno così anche a Bologna, dove va a fondarlo appunto Caterina, come badessa.
    Porta con sé la madre, rimasta ancora vedova. Siamo nel 1456: anche questo monastero s’intitola al Corpus Domini. Caterina compone testi di formazione e di devozione, e poi un racconto in latino della Passione (cinquemila versi), un breviario bilingue. Si dice che abbia apparizioni e rivelazioni, e intorno a lei comincia a formarsi un clima di continuo miracolo. Ma anche restando con i piedi per terra, è straordinario quel suo dono di trasformare la penitenza in gioia, l’obbedienza in scelta. C’è in lei una capacità di convincimento enorme. Garantisce lei che la perfezione è per tutti: alla portata di chiunque la voglia davvero.
    Durante la Quaresima del 1463, Caterina si ammalò gravemente, e morì il 9 marzo. Già in vita l’hanno chiamata santa. E questa voce si diffonde sempre più dopo la sua morte, tra moltissimi che non l’hanno mai vista, e la conoscono solo dai racconti di prodigi suoi in vita e in morte. A quattro mesi dal decesso, dice una relazione dell’epoca, durante un’esumazione, sul suo viso riapparvero per un po’ i colori naturali. Santa da subito per tutti, dunque, anche se la canonizzazione avverrà solo il 22 maggio 1712, con Clemente XI e la bolla di canonizzazione fu pubblicata da Benedetto XIII nel 1724. Il Suo nome fu aggiunto al Martirologio Romano da Clemente VIII già nel 1592. Fu sepolta senza bara, ed il Suo corpo fu esumato dopo 18 giorni a causa di alcune guarigioni che Le erano state attribuite, ed anche perchè dalla Sua tomba proveniva un dolce profumo. Il corpo fu trovato incorrotto, e così è rimasto fino ad oggi. Esso non è sepolto. Si trova collocato tuttora sopra un seggio, come quello di persona viva, in una cella accanto alla chiesa che a Bologna è chiamata ancora oggi “della santa”.

    Autore: Domenico Agasso

    Fonte: SANTI E BEATI (con modifiche)

  2. #2
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    Aug.

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    Predefinito La devozione delle mille Ave Maria (iniziata da Santa Caterina da Bologna)

    La devozione delle mille Ave Maria risale a Santa Caterina da Bologna. La Santa era solita recitare mille Ave Maria la notte di Natale.

    Nella notte del 25 dicembre 1445 era assorta nella contemplazione del mistero della nascita di Gesù quando le apparve la Vergine Santissima che le porse il Bambino Gesù; Caterina lo tenne fra le braccia - come lei stessa si esprime «perlo spazio dì una quinta parte di un'ora»

    A ricordo del prodigio, le figlie della Santa nel Monastero del Corpus Domini, ogni anno, nella notte santa, ripetono le mille Ave Maria, devozione entrata ben presto nella preghiera dei fedeli.

    Per facilitare tale devozione, le mille Ave Maria vengono recitate - quaranta ogni giorno - nei 25 giorni che precedono il Santo Natale, dal 29 novembre al 23 dicembre.

    Il ripetersi del saluto angelico alla Vergine Santissima con la meditazione del mistero sarà per le anime devote, preparazione efficace al Santo Natale.

    FONTE

  4. #4
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    Predefinito

    8 marzo: S. Caterina da Bologna

    "TUTTO PER AMORE DI CRISTO MIO BELLO"


    L’8 marzo viene celebrata in tutto il mondo la Festa del la Donna. Anche la Rivista Maria Ausiliatrice, indirettamente, vuole ricordare questa festa, proponendo alle proprie lettrici e lettori, una donna, una mistica e santa vissuta nel Quattrocento: Caterina da Bologna. Anche se la maggior parte della vita la passò a Ferrara è considerata “la Santa” per eccellenza dai bolognesi.
    Caterina infatti nacque proprio nella città emiliana l’8 settembre del 1413 da Benvenuta Mammolini e da Giovanni Vigri. Il padre, un patrizio e un giurista ferrarese, lavorava per la corte degli Estensi.
    All’età di nove anni Caterina si trasferì con la famiglia a Ferrara: una delle più giovani città d’Italia, strappata all’Adriatico dal “lavoro” del potente fiume Po. Il Carducci la definirà “ultima nata, creatura nova, dell’Apennin, del Po, del faticoso dolore umano”. Ebbe grande splendore artistico grazie agli Estensi che la governarono fino al 1597, facendone uno dei grandi centri del Rinascimento italiano.
    Caterina visse per alcuni anni nella corte come piccola dama di Margherita, la figlia di Niccolò III. Qui in un ambiente sfarzoso, festaiolo, ma anche di cultura raffinata e di interessi artistici, Caterina si distinse per la sua grazia nel comportamento, per la sua gentilezza e modestia apprezzate da tutti.
    Era anche di buona intelligenza, di pronta memoria, di facilità nell’apprendere: il tutto accompagnato dalla volontà e desiderio di conoscere. Imparò così il latino, l’italiano, la musica, la pittura (per questo è stata proclamata patrona dei pittori) e la scrittura calligrafica. Queste buone doti in campo letterario e artistico le coltiverà anche da monaca e ne fanno fede i suoi scritti, in particolare “Le Armi necessarie alle battaglie spirituali” e il “Breviario” che ella ornerà anche di suoi dipinti. Di queste due opere e della loro autenticità nessuno dubita.

    Dalla corte degli Estensi al... monastero

    Due furono gli avvenimenti che impressero alla vita di Caterina una svolta radicale e decisiva: il dolore che bussò alla porta della famiglia portandosi via il padre, e le seconde nozze della madre. Proprio dopo questi fatti nel 1427 Caterina abbandonò la corte degli Estensi e si ritirò presso Lucia Mascheroni, che da alcuni anni dirigeva una istituzione religiosa rimanendo con lei cinque anni, prima di diventare religiosa.
    Può destare sorpresa la chiamata alla vita religiosa di una ragazza che vive in una corte principesca, dove certo non mancavano i divertimenti e gli stimoli per una vita mondana, senza particolari richiami al soprannaturale. Scrive M. Muccioli in una biografia su Caterina: «Sembra un anacronismo che la bimba abbia potuto raccogliere il delicato e invitante sussurro di Dio in un ambiente in cui le attrattive di una vita mondana e frivola si snodavano libere e facili, le avvincenti movenze delle feste e dei ricevimenti si susseguivano a ritmo incalzante, lo scintillio degli ori e degli arazzi deliziavano lo sguardo fuggente nell’insaziabile: e anacronismo ancor più vero appare questo, battaglie spirituali che: “in sua giovenetta etade illuminata dalla divina grazia venne al servizio de Dio in questo monastero, e con sana coscienza e bono fervore era sollecita dì e nocte alla santa orazione... e ogni virtude che essa avesse veduta o udita essere in altrui, se studiava prendere per si: e questo faceva non per invidia ma per più piacere a Dio, in cui aveva posto tutto il suo amore”».

    Una fede robusta, una grande umiltà e un po’ di... flessibilità

    Nel 1431 Caterina entrò nel monastero del Corpus Domini di Ferrara, che da poco tempo aveva assunto come guida per la vita religiosa la regola delle Clarisse, fondate da Chiara di Assisi due secoli prima. Questo monastero era famoso anche perché ospitava diverse donne, di nobile famiglia, che si erano ritirate là per vivere in povertà e penitenza.
    Pur essendo anche lei di famiglia nobile e ricca, non disdegnava anzi accettava volentieri le più umili mansioni. Uno dei punti fermi della sua vita spirituale era quello di vivere in assoluta umiltà, sottomessa alla volontà di Dio in tutto, anche nelle cose più insignificanti, comandate dall’obbedienza. Caterina viveva e faceva tutto in umiltà, obbedienza e “per amore del Cristo mio bello”. E così diventò portinaia, fece la fornaia e... infine anche la maestra delle novizie. Grande esempio di flessibilità religiosa. Fu specialmente in questo ultimo incarico che rifulse la sua santità e anche la sua abilità di educatrice alla fede. “Era questo un ammaestramento che suscitava fiducia ed entusiasmo nelle allieve, affascinate dalla grazia che emanava dal comportamento e dalle parole di Caterina, che non restava mai oziosa, impiegando il tempo a filare, a cucire, a dipingere, a far versi e a suonare. Particolarmente umile, Caterina schivava uffici e onori, mettendosi in disparte e accettando basse mansioni quali quelle di lavare i piatti e i panni” (G. D. Gordini). Proprio per loro scrisse il libretto “Le armi necessarie per vincere la battaglie spirituali” che ebbe larga diffusione in Italia e all’estero.
    Ma non era tanto la sua parola che trascinava le allieve e novizie al progresso nella vita spirituale: era soprattutto il suo esempio. La continua vicinanza, fisica e spirituale con Caterina, era per loro un richiamo continuo alla santità.
    Un giorno le suore le chiesero: “Quanto saremmo felici se potessimo amare Dio come l’amate voi”. Caterina chiese loro con volto gioioso e sguardo innocente: “E questo da chi dipende?”. “Da noi” risposero le suore. E lei, sorridendo per non umiliarle: “Cercate, cercate con ogni studio di conoscere voi medesime, e che siete fattura di Dio; di conoscere li difetti nostri e la brevità del tempo con quale si può acquistare o perdere la vita eterna a nostro volere; dovete conoscere in voi la grande bontà di Dio e l’amore ineffabile che ci ha portate e ci porta per mezzo del Verbo, l’Unigenito suo Figlio, che ha sparso per noi il suo preziosissimo sangue di cui noi siamo i vaselli e la pietra dov’è confitta la sua santissima croce. Però, sorelle mie, né croce né chiodi sarebbero stati sufficienti a tenere confitto in croce il Verbo divino, se non vi fosse stato l’amore”.
    Era sempre a disposizione della comunità, con umiltà e amore, senza ostentazione o mormorazione. Tutto questo lo fece da semplice suora e da superiora.

    Caterina maestra di spiritualità

    Nel 1456 Caterina insieme a diciotto sue consorelle arrivarono a Bologna, su pressante invito delle autorità della città, per fondarvi un monastero, simile a quello di Ferrara (si chiama ancora oggi del Corpus Domini). Fu nominata badessa, e lo rimase quasi ininterrottamente fino alla morte.
    Come superiora Caterina continuò nel suo amore radicale alla povertà, nel continuo esercizio della umiltà e della carità verso le sue consorelle.
    Caterina è considerata anche una mistica del Quattrocento: ebbe infatti il dono di numerose visioni celesti. Ma tutto questo non la distolse, anzi era uno sprone a continuare con l’amore quotidiano dimostrato verso tutte le sue consorelle, attraverso i servizi più umili che altre non gradivano fare. “Il misticismo di santa Caterina da Bologna non è statico, o semplicemente contemplativo, di una religiosa, cioè che vive nel silenzio del chiostro meditando le cose celesti del tutto assente da quelle della terra... ma tendenzialmente attivo e pratico” (M. Muccioli). A chi pensa che la vita spirituale sia una “facile passeggiata” basta la risposta che Caterina diede alla già citata suor Illuminata che le chiedeva consigli: “Mia figliola carissima, bisogna metterci del proprio; l’amore di Dio non è soltanto un dono, un regalo di preferenza, ma soprattutto una faticosa conquista, una scalata ardita”.
    Una vita di santità saldamente radicata su Gesù Cristo, nella meditazione della vita ma specialmente della sua passione. Cristo fu e rimase sempre al centro dei suoi pensieri, della sua preghiera, nella sua azione come maestra ma anche come semplice fornaia o lavapiatti. Afferma suor Illuminata che per Caterina “tutto el suo portamento è stato per amare” esclamando: “Piacere e dispiacere sia uguagliato, purché io ami e piaccia a Cristo mio bello”. Scrive ancora il Muccioli: “Il suo Cristocentrismo è limpido, affiora sempre, dominando tutta la sua potente azione educativa e le vigorose ascensioni del suo spirito”.
    La morte arrivò il 9 marzo del 1463. Il suo culto subito si estese ben oltre Bologna, anche per numerosi prodigi che le si attribuirono.
    Caterina ci lascia un messaggio spirituale valido ancora oggi. La santità per lei si può raggiungere con lo spirito di orazione, la frequente comunione, e con la devozione a Maria Vergine. E per vincere le battaglie spirituali ella raccomanda la diffidenza di sé (oggi si direbbe una giusta valutazione di sé), la confidenza in Dio, il ricordo della Passione di Cristo e della propria morte, il tutto illuminato dal pensiero del paradiso (la speranza), sotto la guida della Parola di Dio. Armi validissime ancora oggi per noi cristiani del Terzo Millennio.

    MARIO SCUDU

    FONTE: Rivista Maria Ausiliatrice, 2000, fasc. n. 3

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    Predefinito Dalle Memorie della Beata Illuminata Bembi (testimone oculare della Santa)

    Allorchè la fossa fu pronta e quando vi calarono il corpo, che non era racchiuso in una bara, esso emanava un profumo di indescrivibile dolcezza, riempendo l'aria tutt'intorno. Le due sorelle, che erano discese nella tomba, mosse a compassione dal Suo viso bello e radioso, lo coprirono con un panno e posero una rozza tavola alcuni centimetri sopra il corpo, affinchè le zolle di terra non lo toccassero. Tuttavia lo fissarono così goffamente che, quando la fossa fu riempita di terra, il viso ed il corpo furono comunque coperti. "Le sorelle venivano a visitare spesso il cimitero, piangevano, pregavano e leggevano presso la tomba, e notavano sempre il dolce odore che la circondava. Dal momento che non c'erano fiori, nè erbe aromatiche accanto alla fossa, ma solo arida terra, esse si convinsero che il profumo proveniva proprio dalla tomba.
    Ben presto cominciarono i miracoli, ed alcuni malati gravi, che avevano visitato la tomba, furono guariti. Nel frattempo, le sorelle si erano pentite di averLa seppellita senza bara, e si lamentarono con il loro padre confessore. Egli, un uomo di gran senno, chiese loro cosa intendessero fare per porvi rimedio. Noi rispondemmo:'TirarLa fuori, metterLa in una bara e riseppellirLa'. Egli fu sorpreso da una simile richiesta, poichè erano già passati 18 giorni dalla morte e quindi era sicuro dello stato di decomposizione del cadavere. Tuttavia, noi gli facemmo notare il dolce profumo, ed egli finalmente ci diede il permesso di disseppellirLa, purchè l'odore di putrefazione non si fosse fatto sentire durante l'operazione di scavo.
    Quando trovammo il corpo e ripulimmo il viso, notammo che era stato schiacciato e sfigurato dal peso della tavola di legno che vi era stata posta sopra. Inoltre, scavando, tre delle sorelle l'avevano danneggiato con la vanga. La ponemmo in una bara, e stavamo per riseppellirLa, ma uno strano impulso ci spinse a sistemarLa temporaneamente sotto il portale.
    "E fu allora che il naso schiacciato e l'intero viso ripresero gradualmente la loro forma naturale. La defunta divenne di colore bianco, bella, intatta, come se fosse ancora viva, le unghie non erano annerite ed Ella emanava un odore delizioso. Tutte le sorelle erano profondamente agitate; il profumo si diffondeva nella chiesa e nel convento, impregnando le mani che L'avevano toccata, e non sembrava esserci alcuna spiegazione.
    "Dopo essere diventata abbastanza pallida, Ella cominciò a cambiare colore, diventando più rossa, mentre il Suo corpo cominciava ad emettere un sudore piacevolmente profumato. Passando dal pallore ad un colore d'ambra incandescente, Ella trasudava un liquido aromatico che a volte sembrava acqua limpida, ed a volte un miscuglio di acqua e sangue. Piene di meraviglia e perplessità chiamammo il nostro confessore: la voce si era già sparsa in città ed egli accorse, accompagnato da un colto medico, Maestro Giovanni Marcanova, ed essi osservarono da vicino e toccarono il corpo. Altri li raggiunsero: preti, dottori, laici.

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    Predefinito Epistola inspirata da Dio a dover poi fare e sottoscrivere qui in Bologna

    In nomine Christi. Sia noto a qualoncha persona che pervenirà in mani questo liberzolo, lo deba dar al nostro padre confexore e esso lo deba rescriver, o vero farlo far a altri se a lui impoxibile fosse, e correger qualoncha cossa li fosse incomposta o inconveniente; e poi dia essa coppia al colegio de le mie madre e cordiale sorelle del Corpo de Cristo in Ferrara e lo sopradeto librizol permanga poi in quel locho cioè monasterio dove finirò el mio peregrinagio, avisando il predeto padre confessor che più presto che lui pò adimpisca quello. L'impongo da la parte del nostro Signor Dio lo qual, per sua clementia, mi ha imposto e revelato che cossì fazia a conforto e cautella di tute le povere e divote sore per lui volontariamente incarcerate; le qual sore prexente e future ricomando instantissimamente ad voi padre e confessori, et a tuti li altri in charità, di Iesù Christo, per amor del qual priego che per l'anima mia faziate limosina di una messa; e per lo simile me ricomando a tuti li altri padri e fradelli in Christo, nella pace e amor del qual permanete sempre. Amen.
    Chaterina poverella bolognesa, cioè in Bolognia acquistata nata e allivata e in Ferrara da Cristo sposata e quel che segue ne le precedente due chartette scritte di mia mano.

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    St. Catherine of Bologna

    Poor Clare and mystical writer, born at Bologna, 8 September, 1413; died there, 9 March, 1463. When she was ten years old, her father sent her to the court of the Marquis of Ferrara, Nicolr d'Este, as a companion to the Princess Margarita. Here Catherine pursued the study of literature and the fine arts; and a manuscript illuminated by her which once belonged to Pius IX is at present reckoned among the treasures of Oxford. After the marriage of the Princess Margarita to Roberto Malatesta, Prince of Rimini, Catherine returned home, and determined to join the little company of devout maidens who were living in community and following the rule of the Third Order of St. Augustine in the neighboring town of Ferrara. Later the community, yielding to the entreaties of Catherine, adopted the Rule of St. Clare, and in 1432 they were clothed with the habit of the Second Order of St. Francis by the provincial of the Friars Minor. The increasing number of vocations, however, made it necessary to establish other monasteries of the Poor Clares in Italy, and in pursuance of the Brief of Callistus III, "Ad ea quf in omnipotentis Dei gloriam", convents were founded at Bologna and Cremona. St. Catherine was chosen abbess of the community in her native town, which office she held until her death. The grievous and persistent temptations which in the early days of her religious life had tried her patience, humility, and faith, especially the latter virtue, gave place in later years to the most abundant spiritual consolation, and enjoyment of the heights of contemplation. A large part of St. Catherine's counsels and instructions on the spiritual life are to be found in her "Treatise on the Seven Spiritual Weapons", which contains, besides, an account of the saint's own struggles in the path of perfection, and which she composed with the aid of her confessor shortly before her death. The body of St. Catherine, which remains in-corrupt, is preserved in the chapel of the Poor Clares at Bologna. St. Catherine was canonized by Pope Benedict XIII. Her feast is kept on the 9th of March throughout the Order of Friars Minor.

    Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. III, 1908, New York

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