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    Predefinito Petizione al parlamento cinese: liberate vescovi e sacerdoti

    CINA - VATICANO

    Petizione al Parlamento cinese: liberate vescovi e sacerdoti

    Campagna per chiedere la liberazione di 19 vescovi e 18 sacerdoti arrestati o impediti a svolgere il loro ministero. Inviamo messaggi all’Assemblea nazionale del popolo e al Comitato Olimpico.



    Roma (AsiaNews) - AsiaNews, insieme all’Holy Spirit Study Centre di Hong Kong e a diverse comunità e siti cristiani in Europa, ha deciso di pubblicare una lista di vescovi e sacerdoti cinesi impediti a svolgere il loro ministero perché arrestati e scomparsi, o rinchiusi in campi di lavoro e di rieducazione. Essi fanno tutti parte della cosiddetta Chiesa clandestina, formata cioè da cattolici che rifiutano il controllo capillare e asfissiante del governo sulle attività religiose, per praticare la loro fede al di fuori delle strutture ufficiali e registrate. Essi fanno ciò non per sfida contro il governo, ma per esigere la libertà religiosa che, seppure in teoria, è garantita dalla costituzione cinese, oltre che per conservare il legame di fedeltà con il Papa, che Pechino vuole sia spezzato.

    Fra di essi vi sono 6 vescovi, di età fra i 50 e gli 83 anni, arrestati e poi scomparsi nelle mani della polizia. Quelli sequestrati da più tempo sono i due vescovi di Baoding (Hebei): mons. Giacomo Su Zhimin, l’ordinario, e mons. Francesco An Shuxin l’ausiliare, arrestati nel ’96 e nel ’97. Su di loro, sebbene sollecitato da tante personalità internazionali, il governo ha sempre taciuto, facendoci temere l’irreparabile.

    Segue una lista di altri 13 vescovi, non arrestati in modo ufficiale, ma agli arresti domiciliari. Essi sono sempre sotto stretta sorveglianza, non possono esercitare il loro ministero in pubblico, non possono ricevere visite dai fedeli o dai loro sacerdoti. La maggior parte di essi sono intorno agli ottanta anni di età. Eppure il governo li costringe di continuo a controlli, indottrinamenti, lavaggi del cervello, incurante della loro età o delle loro malattie.

    Nessuno di loro si è mai macchiato di alcun crimine: non sono terroristi, né guerriglieri, né estremisti. Molti di essi, come il vescovo Jia Zhiguo, sono famosi per la loro carità e generosità, provvedendo a proprie spese a centinaia di bambini abbandonati. L’unico loro “crimine” è non accettare di essere iscritti all’Associazione patriottica, l’organismo, voluto dal governo per il controllo della Chiesa che, fra i suoi scopi, ha ancora di mira la costruzione di una Chiesa separata dal Papa.

    Vi è anche una lista di 18 sacerdoti, alcuni arrestati e scomparsi; altri condannati a 3 o più anni di lager. I motivi delle condanne sono: l’evangelizzazione, aver partecipato a una messa di ordinazione; aver dato l’estrema unzione a un moribondo, aver predicato un ritiro spirituale. Di alcuni di loro AsiaNews non è riuscita a sapere notizie recenti: dove si trovano, come è il loro stato di salute. È anche possibile che alcuni di loro abbiano già terminato di scontare la loro condanna. Ma questo non significa che siano liberi: il silenzio e le difficoltà poste dal governo cinese su queste situazioni è tale da farci temere che queste liste siano soprattutto incomplete per difetto.

    Abbiamo deciso di pubblicare queste liste perché ci avviciniamo alla Pasqua, che è la celebrazione della vittoria di Gesù Cristo sulla morte. Il solo sguardo a questa lista e la preghiera per questi martiri ci conforta: essi soffrono in luoghi come l’Hebei, il Zhejiang, il Fujian, l’Henan, dove si registra una rinascita religiosa impressionante e una conversione sempre più forte al cristianesimo. Essi sono il segno che “la parola di Dio – come diceva san Paolo – non può essere incatenata”.

    Nello stesso tempo, come cristiani, non possiamo non condividere – almeno nella preghiera e nella comunicazione – le loro catene.

    Abbiamo deciso di pubblicarla oggi, in contemporanea con l’apertura dell’Assemblea nazionale del Popolo perché in questo periodo vi sono molti cinesi che tentano di raggiungere in piazza Tiananmen i delegati di questa Assemblea per consegnare loro una petizione, raccontare un’ingiustizia, domandare aiuto. Questa lista è la nostra petizione ai quasi 3 mila delegati dell’Assemblea, per chiedere loro la liberazione per questi vescovi e sacerdoti e una piena libertà religiosa per il popolo cinese.

    Alla Cina dei grandi successi economici e agli investitori internazionali la libertà religiosa sembra essere un’appendice di poco conto. In realtà essa è la base solida su cui la Cina potrà costruire un sviluppo equilibrato, rispettoso della persona e della società. Attualmente in Cina la gente muore nelle fabbriche per sovra-sfruttamento, nelle miniere per mancanza di sicurezza, nelle campagne per fame o disperazione. Mentre governo e imprenditori stranieri celebrano la Cina come “il centro di gravità dell’economia universale”, la società continua ad essere scossa da tensioni fra polizia e disoccupati, partito e villaggi. Solo cinesi liberi di esprimere la loro fede potranno trovare la via per affermare la dignità della persona e la solidarietà nella società.

    Nel 2008 Pechino ospiterà i Giochi olimpici. Molte persone nel mondo vorrebbero penalizzare la Cina per le violazioni ai diritti umani. Per ora noi preferiamo inviare questa lista di vescovi e preti all’Assemblea nazionale del Popolo e al Comitato olimpico per chiedere di preparare l’evento liberando questi martiri della fede. Che Giochi sarebbero se dietro ai nuovi e fiammanti palazzi dello sport ci fossero carceri e persone ingiustamente imprigionate?



    Chiediamo a tutti coloro che aderiscono a questa campagna di inviare via e-mail o via fax un messaggio, anche breve, insieme alla lista qui pubblicata a questi indirizzi:



    Assemblea Nazionale del Popolo

    e-mail: xwzx2005@peopledaily.com.cn



    Comitato Olimpico Internazionale

    Pechino: Presidente Qi Liu e-mail: 2008@beijing-olympic.org.cn

    Losanna: Presidente: Jacques Rogge

    International Olympic Committee

    Château de Vidy

    1007 Lausanne

    Switzerland


    Tel: +41.21. 621 61 11

    Fax: +41.21. 621 62 16



    Ambasciata Rep. Popolare Cinese in Italia (ma ognuno scrive all’ambasciata cinese nel proprio Paese)



    Via Bruxelles 56

    00198 Roma RM

    Tel. +39-06-8413458

    Fax +39-06-85352891

  2. #2
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    9 Marzo 2005
    Si diffonde in Europa e America la campagna per liberare vescovi e preti prigionieri in Cina

    L’appoggio del card. Shan; dell’on. Mario Mauro, vice-presidente del parlamento Europeo, e di molti siti cattolici, ortodossi e protestanti.

    Roma (AsiaNews) - La campagna lanciata da AsiaNews per liberare 18 vescovi e 19 sacerdoti imprigionati in Cina, sta riscuotendo appoggio da diverse personalità. Fra i più illustri vi è il card. Paolo Shan Kuo-hsi, vescovo di Kaohsiung (Taiwan), che ha commentato in questo modo la campagna lanciata da AsiaNews: “Tutti noi vogliamo che questi nostri fratelli, vescovi e preti, siano liberati. Il governo cinese non ha alcun motivo per aver paura della Chiesa. Per così tanti anni la Chiesa non ha mai fatto alcun male e alcuna violenza contro il governo di Pechino. Anche la chiesa sotterranea non ha mai fatto gesti violenti. Non ci resta che pregare per la Chiesa di Cina e chiedere che in Cina vi sia più rispetto per la libertà religiosa”.

    Un’altra personalità che appoggia in pieno la campagna per liberare i vescovi e sacerdoti in prigione è l’on. Mario Mauro, vice-presidente del parlamento Europeo e membro di Forza Italia. In un messaggio inviato ad AsiaNews, egli dice: “Mi impegno fin da ora a condurre presso il Parlamento Europeo una battaglia che porti la UE a muoversi per condannare questa inaccettabile azione che le autorità cinesi stanno perpetuando contro cattolici che rifiutano il controllo capillare del governo sulle attività religiose, per praticare la loro fede al di fuori delle strutture ufficiali e registrate”.

    La campagna si sta diffondendo in Europa e America, sostenuta anche da gruppi non cattolici. Il sito russo www.portal-credo.ru - il cui direttore è il sociologo ortodosso Alexandr Schipkov - ha pubblicato la notizia con risalto, pubblicando le statistiche della Chiesa cattolica in Cina e i link col sito di AsiaNews per partecipare alla campagna. Stessa cosa per il sito polacco www.ekumenizm.pl.

    Nel mondo protestante, la campagna è stata pubblicizzata in Gran Bretagna dal sito anglicano www.christiantoday.com, sempre molto attento alle notizie di persecuzione; e dal sito californiano protestante www.christianpost.com. In Canada, la campagna è stata lanciata anche dalla Radio cattolica canadese, basata nell’Ontario (www.canadiancatholicradio.ca ). Negli Stati Uniti il sito cattolico www.cwnews.com se ne sta facendo carico. In Europa, il sito portoghese cattolico www.pensaBEM.net ha sposato totalmente la campagna per liberare i vescovi e i sacerdoti cinesi.

    In Italia, grande risalto alla campagna è stato dato dalla Radio Vaticana, lo stesso giorno del lancio, il 5 marzo scorso. Anche il quotidiano cattolico Avvenire ha dedicato una pagina alla campagna, come anche diversi giornali e agenzie. Sostenitori appassionati della campagna, spingendo i lettori a scrivere all’Assemblea nazionale del popolo e al Comitato Olimpico Internazionale, sono i siti di www.stranocristiano.org, il sito dell’agenzia Zenit e www.korazym.org, un sito del mondo giovanile cattolico in Italia.

    In Cina la Chiesa non ufficiale sta diffondendo la lista in tutte le comunità del paese.

  3. #3
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    15 Marzo 2005
    Campagna per vescovi cinesi: autorevoli adesioni da Europa e Usa

    Presentata al Parlamento europeo la richiesta di intervenire per la loro scarcerazione. I vescovi cattolici americani alla Cina: Trattate i vescovi e preti come criminali.

    Roma (AsiaNews) - La campagna di AsiaNews per la liberazione di 19 vescovi e 18 sacerdoti detenuti a diverso modo dal governo cinese ha ricevuto in questi giorni ulteriori, importanti adesioni dal Parlamento europeo e dalla Conferenza episcopale americana.

    Oggi Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento europeo, ha chiesto che l’assise di Strasburgo assuma “un’iniziativa d’urgenza” in favore dei vescovi e sacerdoti cinesi sotto custodia. “Temo che in Cina sia in atto una vera e propria azione di ‘purificazione’ religiosa dove chi riconosce la Chiesa cattolica e il Papa è emarginato o arrestato” scrive Mauro in un messaggio a Hans-Gert Poettering, presidente del Partito popolare europeo. “Il Parlamento europeo” sottolinea Mauro “non può rimanere indifferente a questa drammatica situazione”. Per questo il parlamentare italiano conclude la sua lettera confidando che “la prossima Conferenza dei Presidenti prenda le adeguate misure al fine di aiutare i 37 fra vescovi e sacerdoti a cui le autorità cinesi negano la libertà nell’esercizio delle loro funzioni”.

    Nei giorni scorsi, un altro autorevole, indiretto appoggio alla campagna di AsiaNews per la liberazione dei religiosi sotto arresto in Cina è arrivata dai vescovi cattolici americani. Mons. John H. Ricard, presidente della sezione esteri della Conferenza episcopale americana, ha inviato una lettera all’ambasciatore cinese a Washington chiedendo “informazioni sui vescovi e i preti imprigionati” in Cina.

    Nel suo messaggio – inviato l’11 marzo – mons. Ricard manifesta a Yang Jiechi, ambasciatore negli Stati Uniti, “la grave preoccupazione di numerose persone in tutto il mondo per l’ostile trattamento accordato dal vostro governo verso diversi vescovi e preti cattolici” secondo le notizie ricevute “dalle fonti più attendibili”. Il prelato americano lamenta il fatto di non aver ricevuto dal diplomatico di Pechino nessuna risposta a precedenti richieste di chiarimenti sull’arresto di personale ecclesiastico in Cina. “Posso sperare - chiede mons. Ricard a Yang - che lei prenderà in seria considerazione la richiesta di ricevere informazioni sulla condizione e la salute di questi vescovi, la maggior parte dei quali anziani e malati, e dei sacerdoti?”.

    Mons. Ricard conclude la sua lettera affermando che i vescovi e i sacerdoti sotto arresto si sono rifiutati “per motivi di coscienza” di registrarsi nell’Associazione patriottica, ma nonostante ciò sono “cittadini cinesi seri, responsabili e anche patriottici che meritano molto di più che essere trattati da criminali”. (LF)

    tratto da Asianews.it

  4. #4
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    Cina. Le carezze del cardinale non liberano nessun vescovo

    “Asia News” lancia una campagna per la scarcerazione di vescovi e preti. Proprio mentre il cardinale Etchegaray racconta in un libro l’incantevole Cina vista nei suoi quattro viaggi
    di Sandro Magister


    ROMA, 21 marzo 2005 – L’ultimo vescovo cattolico cinese uscito dal carcere è Giovanni Gao Kexian. Era agli arresti dal 1999, in località sconosciuta. Lo scorso agosto i suoi famigliari ne ricevettero il corpo senza vita. Il successivo 11 settembre la Santa Sede pubblicò una severa nota di protesta per la sua morte e per l’arresto di altri vescovi e preti: passo insolito per una diplomazia come la vaticana, molto prudente con le autorità cinesi.

    Di vescovi e di preti in prigione, in Cina, ve ne sono parecchi. L’agenzia “Asia News”, diretta da padre Bernardo Cervellera che per molti anni è stato missionario in quel paese, ne ha recentemente diffusa la lista aggiornata al 1 marzo 2005.

    I vescovi cinesi in prigione sono oggi 6. Altri 13 sono agli arresti domiciliari. Di sacerdoti arrestati e scomparsi ve ne sono 19, più altri 3 condannati ai campi di concentramento. Tutti appartengono alla Chiesa clandestina, quella che rifiuta di far parte della Chiesa “patriottica” controllata dal regime comunista.

    Padre Cervellera ha reso pubblico l’elenco degli incarcerati in coincidenza con l’apertura dell’annuale sessione del parlamento cinese. E ha lanciato una campagna internazionale per la loro liberazione.

    La campagna ha avuto un’eco anche nel parlamento dell’Unione Europea, per iniziativa del suo vicepresidente italiano, Mario Mauro. Negli Stati Uniti il vescovc John H. Ricard, presidente della sezione esteri della conferenza episcopale, ha inviato l’11 marzo una lettera all’ambasciatore cinese a Washington, in cui chiede spiegazioni sugli arrestati e lamenta di non aver ricevuto risposta a tre sue precedenti lettere di protesta del 2004.

    La campagna di “Asia News” si muove in controtendenza rispetto alle politiche di conciliazione con la Cina promosse ultimamente da molti governi, specie europei. Rompe il silenzio sulle violazioni delle libertà che il regime cinese compie sistematicamente. Denuncia la clamorosa contraddizione tra questo silenzio e la ripresa delle vendite di armi alla Cina volute da tanti governi, per interessi economici e di Realpolitik.


    * * *

    Proprio negli stessi giorni, tuttavia, è uscito a Roma un libro di un cardinale della curia vaticana che non collima affatto con la campagna di “Asia News”. Anzi, si colloca sul versante opposto, quello dell’”appeasement” col governo cinese, del quasi silenzio sul suo sistema di oppressione.

    Il cardinale è il francese Roger Etchegaray, presidente emerito del pontificio consiglio della giustizia e della pace e per molti anni inviato personale del papa sui fronti caldi del globo. In quattro occasioni, nel 1980, nel 1996, nel 2000 e nel 2003, Etchegaray ha compiuto dei viaggi in Cina, alcuni con il consenso di Giovanni Paolo II. Nel libro che ora ha pubblicato fa il resoconto di “ciò che ho visto e sentito” nei suoi viaggi.

    Ed evidentemente ha visto e sentito poco e male. È lui il primo ad ammetterlo. La Cina che racconto – scrive Etchegaray all’inizio del libro – è solo il “piccolo spicchio di cielo” che può vedere “una rana dal fondo di un pozzo”.

    Ma allora perché egli non ha affiancato questo “piccolo spicchio” ai fatti che i suoi ospiti accuratamente gli occultavano, ma che poteva conoscere da altre fonti, se non allora, dopo? Perché non ha smontato l’inganno di cui erano sostanziati i suoi viaggi?

    Non l’ha fatto. E con questo il cardinale Etchegaray s’è aggiunto alla lista ingloriosa dei pellegrini illustri – della politica e della cultura – che nei decenni passati hanno visitato l’URSS, Cuba, la Cina e altre mete del genere, per puntualmente riportarne cronache esaltanti od ingenue, in ogni caso lontane dalla realtà.

    Nel suo primo viaggio, nel 1980, Etchegaray è accolto a Pechino dal vicepresidente dell’Associazione del popolo cinese per l’amicizia con lo straniero. E subito annota: “Desidero rendere omaggio a questa prestigiosa Associazione della quale ero ospite vezzeggiato, e al suo presidente”.

    Gli assegnano un interprete “che sarà per noi il più squisito, il più comprensivo intermediario”. E subito costui, a una timida obiezione del cardinale, gli risponde esaudendolo, da perfetto professionista dei servizi segreti: “La ringrazio per la sua franchezza, noi ci capiremo bene”. L’obiezione riguarda l’incontro con un vescovo patriottico in contrasto col papa, Michele Fu Tieshan, che Etchegaray esita a incontrare nella sua chiesa di Pechino, in veste ufficiale. Infatti se lo ritrova la sera a cena. Oggi, venticinque anni dopo, Fu Tieshan continua a essere il numero uno dei vescovi asserviti al regime, ma Etchegaray non ne fa parola.

    L’indomani, il cardinale subisce senza nulla obiettare, nemmeno nel libro, l’umiliazione di un questionario con domande del tipo: “In che modo lei esercita la sua autonomia di arcivescovo sotto l’imperialismo del pastore della Chiesa universale?”. Ma grazie a questo esame ha l’onore di essere ammesso, primo cardinale, nella sede dell’Assemblea nazionale del popolo, che è “l’organo supremo dell’autorità dello stato”.

    Etchegaray ricorda con entusiasmo i “magnifici spettacoli di ballo con soggetto l’amicizia tra i popoli”. E quanto al trattamento ricevuto scrive:

    “Mi fa piacere annotare il seguente aneddoto nell’albergo che ci ospitava. All’ora di pranzo, il cameriere della sala mi dice: ‘Monsignore, penso che lei desideri rispettare oggi il venerdì di magro, le proponiamo quindi un buon pesce di fiume’. Confesso che io ero lontano da un tale pio pensiero. Fino a che punto può arrivare, in un regime ateo, la delicatezza cinese nei confronti di un cardinale!”.

    Etchegaray pare del tutto ignaro che episodi del genere siano la regola, nei racconti degli ospiti d’onore nei paesi comunisti.

    E anche gli incontri d’ufficio si svolgono secondo i canoni. Il direttore dell’Ufficio per gli affari religiosi assicura il cardinale che “qui tutti hanno la libertà di credere o non credere, riconosciuta dalla costituzione del 1978”. Ed Etchegaray non lo contraddice. Come bilancio del suo primo viaggio scrive che “l’apertura in tutti i campi, compreso quello religioso, avviene senza peraltro rinunciare ai principi fondatori della nuova Cina”. Il suo unico dispiacere è che la Chiesa cinese “soffre delle proprie divisioni”.

    Nel suo secondo viaggio in Cina, nel 1993, il cardinale è ospite del Comitato organizzativo dei Giochi Nazionali. “Devo ringraziare particolarmente Sun Linghua, mia qualificata interprete del ministero degli esteri”, si sente in dovere di scrivere ancor oggi. Incontra l’immancabile vescovo patriottico Fu Tieshan. Al momento di far ritorno a Roma rilascia una dichiarazione, che riporta nel libro. In tredici righe all’insegna dell’amicizia e della riconciliazione, non c’è il minimo cenno all’assenza di libertà.

    Il terzo viaggio, nel 2000, è “sfortunatamente” disturbato dalle reazioni delle autorità di Pechino alla canonizzazione di martiri cinesi da parte di Giovanni Paolo II, annunciata per il 1 ottobre, festa nazionale della Cina comunista. Etchegaray si sorbisce due “requisitorie” consecutive, per complessive quattro ore e mezza, da parte di due dirigenti “ad altissimo livello”. E lui? Scrive nel libro, con la cenere sul capo:

    “Al mio ritorno da Pechino, in un’intervista alla Radio Vaticana, ho definito ‘molto spiacevole’ la concomitanza della canonizzazione con la festa nazionale del popolo cinese, che ha ferito profondamente una sensibilità a fior di pelle dopo tutte le umiliazioni subite da parte delle potenze occidentali”.

    Il quarto viaggio, nel 2003, porta invece Etchegaray su e giù per “i grandi spazi del Sichuan, dove oggi vivono protetti i celebri panda”. L’ha invitato un sindaco del luogo. E “quale sorpresa, nell’alta vallata di Bi Feng Xia, nell’ammirare gli scintillanti fuochi d’artificio sparati in mio onore in occasione del mio compleanno, scoperto sul passaporto!”.

    Chiudono il libro poche pagine di considerazioni sulla Cina d’oggi, e un paio di allegati.

    Il secondo allegato è il messaggio di Giovanni Paolo II del 24 ottobre 2001 in cui il papa chiede perdono alla Cina per tutti “gli errori” commessi da parte cattolica che hanno potuto ferire il popolo cinese. Etchegaray aggiunge che “purtroppo una tale confessione non è stata quasi recepita”.

    Il primo allegato è invece un testo ufficioso, anch’esso del 2001, di uno studioso cinese marxista “apprezzato in seno al partito comunista”, Pan Yue. Il capoverso finale ha per titolo: “Costruire una relazione scientifica e ragionevole tra politica e religione”. E la tesi conclusiva è che “la tradizione culturale cinese obbliga tutte le religioni a sottomettersi al potere sovrano, a rendere servizio al potere”. Tutte le religioni: compreso il cristianesimo “entrato con la forza del cannone”.

    Etchegaray chiosa, ammirato:

    “La Cina oggi non è più Mao, è soprattutto Confucio. [...] L’integrazione delle religioni nell’ordinamento statale risale alla tradizione imperiale della ‘burocrazia celeste’. Ai giorni nostri, paradossalmente, è un regime ateo che stabilisce in Cina quali sono ufficialmente le religioni riconosciute come tali. Queste sono cinque: il taoismo, il buddismo, l’islam, il cattolicesimo e il protestantesimo. I rappresentanti di queste religioni – bonzi, imam, sacerdoti e pastori – partecipano annualmente alla Conferenza consultiva politica del popolo cinese e, mensilmente, si ritrovano a livello locale. Quale altro paese al mondo potrebbe realizzare simili incontri, senza però un reale dialogo interreligioso, orientati verso un buon funzionamento della politica religiosa regolata dal potere?”.

    Detto questo, il cardinale finalmente introduce poche timide righe sul “problema della libertà religiosa”, che “rimane la preoccupazione centrale per tutte le religioni, in particolare per la religione cristiana”.

    Sarà ascoltato? Padre Bernardo Cervellera, che in Cina ha vissuto per anni, ha scritto in un suo recente editoriale su “Asia News”:

    “Un vescovo cattolico cinese mi ha detto una volta: i politici di Pechino sono arroganti. Se vuoi rispetto devi trattarli a pesci in faccia come sono soliti fare loro. Accarezzarli equivale a mostrarsi debole, ti disprezzano”.

    Per aver denunciato con forza le malefatte del regime cinese quand’era direttore dell’agenzia missionaria vaticana “Fides”, padre Cervellera fu rimproverato in pubblico dal portavoce ufficiale della Santa Sede, e poi nel 2002 licenziato.

    Le “carezze” di un Etchegaray producono effetti migliori? La risposta è la lista di perseguitati che “Asia News” ha diffuso.

    tratto da

    www.Chiesa

  5. #5
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    Esiste già un testo da mandare via email all'Assemblea Nazionale del Popolo e al Comitato Olimpico? Lo chiedo perchè non otterrei grandi risultati se la scrivessi io (in inglese, di cinese non conosco niente...).
    Grazie

  6. #6
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    guarda ho cercato un pò in giro ma non ho trovato niente.
    mi dispiace.

  7. #7
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    2005-04-27

    “La Cina non fa passi avanti in fatto di libertà religiosa”

    Secondo il Direttore di “AsiaNews”, padre Bernardo Cervellera

    ROMA, mercoledì, 27 aprile (ZENIT.org).- Il Direttore dell’Agenzia di notizie "asianews", padre Bernardo Cervellera, commenta in una intervista con ZENIT lo spinoso tema della libertà religiosa in Cina.

    Secondo questo sacerdote missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME), autore del volume “Missione Cina”, pubblicato a Milano dalle edizioni Ancora, è necessario che gli imprenditori che investono in Cina si impegnino anche nella tutela dei diritti umani.

    Per questa ragione rivolge un appello alla comunità internazionale affinché si pronunci in favore della campagna per la liberazione dei cristiani detenuti illecitamente in Cina.

    La campagna per la liberazione dei sacerdoti e di altri fedeli cristiani non può essere in qualche modo controproducente, causando un aumento delle rappresaglie?
    Cervellera: La campagna ce l’hanno chiesta persone amiche degli arrestati. L’unica cosa che i Paesi totalitari temono è l’opinione pubblica internazionale. Presentare le violazioni dei diritti umani e della libertà religiosa in particolare è l’unica via con cui si riesce a ottenere qualcosa.

    La campagna di “AsiaNews” per la liberazione di 19 Vescovi e 18 sacerdoti detenuti a diverso modo dal governo cinese ha ricevuto in questi giorni ulteriori, importanti adesioni dal Parlamento europeo e dalla Conferenza episcopale americana.

    Bisogna tra l’altro dire agli occidentali che vanno a commerciare in Cina di partecipare alla costruzione di una nuova civiltà basata nella dignità dell'uomo. I business a volte fanno più male che bene alla Cina.

    La Cina afferma di non mantenere relazioni con la Santa Sede – e così ha infatti giustificato la sua assenza al funerale di Giovanni Paolo II – perché il Vaticano intrattiene rapporti con Taiwan, è questa la ragione?
    Cervellera: La Cina da almeno venti anni continua a dire che i rapporti diplomatici con il Vaticano non ci sono perché la Santa Sede ha rapporti con Taiwan e che prima di avviarli bisogna che il Vaticano li interrompa con Taiwan.

    Il secondo argomento del governo cinese è che il Vaticano non deve intromettersi negli affari interni della Chiesa, in particolare con le nomine dei Vescovi.

    La Cina però nasconde che le relazioni con Taiwan il Vaticano le ha iniziate perché non ha avuto altra scelta: è stato nel 1951 quando la Repubblica Popolare della Cina ha interrotto i rapporti con la Santa Sede ed ha espulso il Nunzio apostolico.

    La Cina non si accorge che la Santa Sede ha sempre detto che i rapporti con Taiwan non sono così importanti, e lo mostra il fatto che il Vaticano non ha lì un Nunzio ma un incaricato. Non è una Ambasciata (Nunziatura) vera e propria, la vera Ambasciata era quella di Pechino, ma non si può fare altro.

    Il problema molto più grave è quello del rapporto del Papa con le nomine dei Vescovi, poiché lo interpretano tutto in modo politico e non pastorale.

    Le difficoltà dunque sono tutte da parte della Cina, che usa il motivo di Taiwan per non fare passi avanti nella libertà religiosa.

    Il governo teme Taiwan, un'isola con 23 milioni di abitanti di fronte ai 1.300 della Cina, perché Taiwan è un Paese democratico e potrebbe dichiarare prima o poi l'indipendenza.

    In realtà questo problema della unità con Taiwan è un tentativo della Cina di tenere unito il Paese giocando la carta del nazionalismo. Infatti non c'è altro ideale oggi in Cina, un Paese totalmente diviso fra ricchi e poveri, tra zone costiere e interno, città e campagne, dove si annidano molte tensioni sociali.

    Non è però divenuta più aperta, di recente, la regolamentazione concernente la libertà religiosa?
    Cervellera: Non è esattamente così. Con le nuove norme dal primo marzo si permette a comunità cristiane di avere luoghi di culto, ma c’è solo una maggiore efficienza nel controllo, e basta.

    Nessuno dei cattolici vede affatto dei progressi. Si permette agli ortodossi di essere iscritti, ma questo non toglie che il governo determini quanta libertà devono avere le chiese, un diritto che in tutto il mondo tranne lì viene garantito. Non si vedono progressi, anzi, la Cina non sta facendo passi avanti.

    tratto da agenzia Zenit

 

 

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