Sermo XXXIX, 2-5, De Quadragesima I. PL 54,264-266.
Durante la quaresima, miei cari, è preciso dovere emendare tutti gli atti passati di negligenza e cancellare tutte le mancanze. Ben lo sanno le potenze del male, che proprio a questo fine indirizzano tutta la loro forza e malvagità. Esse vogliono far sì che quanti si accingono a celebrare la santa Pasqua del Signore contraggano una qualche impurità e trovino un'occasione di colpa proprio là donde avrebbero dovuto attingere il perdono.
Il periodo della quaresima, o miei cari, significa perciò maggiore diligenza nel servizio del Signore, perché iniziamo, per così dire, una gara di opere sante: dobbiamo prepararci alla lotta contro le tentazioni e comprendere che quanto più attivi saremo per la nostra salvezza, tanto più violenti saranno gli attacchi dell'avversario. Ma colui che è in noi è più forte di colui che è contro di noi; il nostro vigore è in lui, nel confidare nella sua forza.
Per questo il Signore ha voluto subire l'attacco del tentatore: per istruirci con il suo esempio e insieme difenderci con il suo aiuto.
Nel vangelo odierno il Signore vinse l'avversario con le testimonianze della legge, senza far uso della sua potenza. In tal modo intese onorare di più l'uomo e punire di più l'avversario; infatti il nemico del genere umano fu vinto da lui, si direbbe, non già in quanto Dio, ma in quanto uomo. Egli dunque combatté in quella circostanza, perché poi anche noi combattessimo; e vinse, perché anche noi come lui potessimo vincere.
Non esiste, miei cari, azione virtuosa senza il vaglio delle tentazioni, non c'è fede senza le sue prove, né combattimento senza nemico o vittoria senza scontro.
La nostra vita si svolge in mezzo ad agguati e battaglie; se non vogliamo essere sorpresi, dobbiamo stare all'erta, e se vogliamo vincere, dobbiamo combattere. Per questo Salomone, l'uomo più sapiente, dichiara: Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione. Quell'uomo, ricco della sapienza di Dio, conosceva bene che la religiosità autentica comporta il travaglio della lotta e in previsione dei pericoli della battaglia volle preavvertirne il combattente. Così intendeva evitare che il tentatore, assalendo qualcuno all'oscuro del pericolo, lo ferisse rapidamente perché appunto impreparato.
Istruiti dall'insegnamento divino, noi scendiamo in campo con cognizione di causa per questa lotta. Ascoltiamo l'Apostolo che ci dice: La nostra battaglia non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.
E teniamo presente che questi nostri nemici comprendono bene che è rivolto contro di loro quanto noi cerchiamo di fare per la nostra salvezza: perciò il fatto stesso che desideriamo qualcosa di buono è tale da provocare i nostri avversari. Tra noi ed essi, a causa dello stimolo dell'invidia demoniaca, esiste un'opposizione di vecchia data, tale che, essendo essi decaduti da quei beni a cui per grazia di Dio siamo elevati, trovano il loro tormento nella nostra giustificazione. Quando noi ci rialziamo, essi crollano; quando noi riprendiamo vigore, essi lo perdono. In breve, quelli che sono rimedi per noi sono colpi per loro, perché il trattamento stesso delle nostre ferite li ferisce.
State dunque ben fermi, - ci esorta l'Apostolo - cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio.
Vedete di quali armi potenti, di quali difese insuperabili ci ha fornito il nostro capo così glorioso e ricco di trionfi, l’invitto comandante supremo della milizia cristiana! Egli ha cinto i nostri fianchi con la cintura della castità, ha calzato i nostri piedi con i vincoli della pace, perché un soldato il cui fianco è scoperto è rapidamente sopraffatto dal provocatore dell'impurità; il soldato privo di calzatura subisce facilmente i morsi del serpente.
Egli ci ha dato lo scudo della fede per la protezione dell'intera persona, ha posto sulla nostra testa l'elmo della salvezza, ci ha messo in mano la spada, cioè la parola della verità. In tal modo colui che combatte in campo spirituale non solo è ben protetto contro le ferite, ma è in grado di ferire l’avversario.
Facciamo affidamento, miei cari, su queste armi, iniziamo con animo pronto e intrepido la battaglia che a noi viene proposta; in questo stadio, quale è appunto il periodo del digiuno, non dobbiamo pensare di essere a posto con la sola pratica dell'astinenza dai cibi. Sarebbe troppo poco ridurre il nutrimento del corpo senza alimentare e rinvigorire l'anima.
Bisogna invece, mentre si mortifica un poco l'uomo esteriore, rimettere in forze l'uomo interiore; mentre si elimina dalla carne la sazietà materiale, irrobustiamo la mente con cibo spirituale e squisito. Ogni cristiano deve oggi guardarsi attorno e scrutare in fondo al suo cuore con diligenza e severità.