La sera del 31 ottobre 1946 due squadre dell'Irgun, l'organizzazione della destra sionista di Palestina, attuarono un'azione terroristica ai danni della sede dell'Ambasciata della Gran Bretagna a Roma.
Una prima squadra doveva "decorare" la facciata dell'edificio con una grande svastica, a dimostrazione del fatto che per i sionisti revisionisti dell'Irgun, la Gran Bretagna si stava comportando nei confronti degli ebrei, con atteggiamenti che ricordavano le persecuzioni della Germania NazionalSocialista.
Una seconda squadra collocò due valigie piene di esplosivo nell'Ambasciata regolando il timer in modo che l'esplosione avvenisse a notte tarda, evitando perciò il più possibile di provocare vittime tra la gente comune.
Alle 2,43 della mattina del primo novembre 1946 un grande boato fu udito in tutta Roma, e le finestre delle case andarono in frantumi nel raggio di un chilometro.
Nonostante la tarda ora un passante, che pare rientrasse a casa dopo una serata in un locale notturno, transitando casualmente innanzi all'edificio fu gravemente ferito, così come il portiere dello stabile.
Prontamente accorsero sul luogo le forze dell'ordine italiane mentre il ministro degli Esteri del nostro paese, il socialista Pietro Nenni, si metteva immediatamente in contatto con la missione diplomatica britannica per esprimere la solidarietà del governo.
Fin dall'inizio i sospetti degli inquirenti si indirizzarono verso "mano straniera e precisamente gli ebrei". Secondo il capo della polizia di Roma, infatti, le modalità dell'attentato erano molto simili a quelle di azione analoghe recentemente verificatesi in Palestina " che rivelano negli esecutori e nei mandanti il fine di una clamorosa protesta, più che a far vittime umane ".
La stampa italiana non cessò di interrogarsi sull'azione terroristica dimostrativa che aveva colpito i britannici (che ancora erano forza di occupazione nel nostro Paese, che avevano contribuito grandemente a liberare dal "nazifascismo"), fino a che il 4 novembre 1946 giunse finalmente la rivendicazione ufficiale del movimento IRGUN ZVAI LEUMI.
La rivendicazione del movimento della destra sionista (revisionista) affermava che i pionieri della libertà del popolo ebraico " continueranno a combattere contro l'asservitore britannico dando seguito a quell'azione che costituiva " l'apertura del fronte militare ebraico nella diaspora .
Contemporaneamente l'IRGUN inviava al governo italiano una nota con la quale si presentavano le scuse dei combattenti sionisti al popolo italiano, che non era certo, in quanto ritenuto popolo amico, nel bersaglio della lotta armata ebraica.
L'unico nemico da colpire, seppure necessariamente anche sul suolo italiano, era dichiarato dall'IRGUN, l'oppressore inglese (che aveva usato anche il territorio italiano, disseminandone le coste di "seguci" per "eliminare il movimento di ritorno degli ebrei").
Nella lettera al governo italiano il grave atto terroristico veniva spiegato ricordando che " La gioventù ebraica vide l'asservitore britannico chiudere le porte del nostro paese in faccia ai suoi fratelli, affondare navi piene di reduci, scacciare con la forza donne e bambini che gridavno e imploravano aiuto. E la nostra terra fu calpestata, e i suoi abitanti furono privati dei diritti più elementari dell'uomo. La nostra Patria fu trasformata da un lato in un carcere e dall'altro in una caserma. Non c'è da meravigliarsi dunque se i giovani di Israele abbandonarono l'aratro, l'officina, i banchi della scuola e si arruolarono per combattere l'asservitore. ".
Il 5 novembre il quotidiano del Partito Comunista "L'Unità" condannava l'attentato rilevando come i metodi dell'Irgun non fossero certo quelli che avrebbero potuto servire gli interessi e le aspirazioni del popolo ebraico.
Da parte loro l'UNIONE DELLE COMUNITA' ISRAELITICHE ITALIANE e la FEDERAZIONE SIONISTICA ITALIANA, con la maggior parte delle altre associazioni ebraiche in Italia, diramarono un comunicato con il quale prendevano fortemente le distanze dall'azione terroristica. Nel documento redatto dalle associazioni israelitiche e sionistiche italiane si poteva leggere del dolore provocato agli ebrei italiani dal dover constatare " come il gruppo di individui che ha posto in essere l'attentato contro l'ambasciata britannica, faccia parte di quel popolo che fino a ieri ha partecipato a fianco della Gran Bretagna alla guerra di liberazione ed ha per anni vissuto lavorando e combattendo per la Gran Bretagna. Questi giovani sono adesso indotti a dichiarare alla Gran Bretagna una guerra aperta e senza quartiere, perchè ravvisano tradimento e provocazione nella politica di rinnegamento della dichiarazione di Balfour e del Mandato, e nella mobilitazione delle forze britanniche contro l'immigrazione degli ebrei in Palestina ".
Una dichiarazione di orrore e di condanna fu consegnata al Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi dalla Jewish Agency for Palestine ( a firma di Shelomò Umberto Nahon).
Dal canto suo la rivista degli ebrei italiani "ISRAEL", nel numero del 7 dicembre 1946, deplorava l'uso del terrorismo e della violenza, affermando come solo con metodi democratici le aspirazioni legittime degli ebrei sionisti sulla Palestina avrebbero potuto concretizzarsi.
Meno netto e più giustificazionista fu l'intervento, seppur di presa di distanze, che Eucardio Momigliano pubblicò su L'INDIPENDENTE del 15 novembre 1946, laddove l'attentato fu paraganoto " ad uno straziante grido di dolore che sale dalle tolde delle navi clandestine che cercano di attraccare ai porti palestinesi con il loro carico di *folli di Sion* ".
..... continua .....
Shalom!!!