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    Predefinito 15 febbraio - San Claudio de la Colombière

    In occasione della ricorrenza del gesuita S. Claudio de la Colombière, riporto in rilievo il thread dedicato al Sacro Cuore di Gesù.

    Augustinus

    *****
    dal sito SANTI E BEATI:

    San Claudio de la Colombière Religioso

    15 febbraio

    pr. Grenoble (Francia), 2 febbraio 1641 - Paray-le-Monial (Francia), 15 febbraio 1682

    Il gesuita francese Claudio de la Colombiere (1641-1682) fu superiore del collegio di Paray-le-Monial e confessore delle vicine suore della Visitazione. Tra esse c'era Margherita Maria Alacoque, propagatrice del culto al Sacro Cuore di Gesù, che sarebbe divenuta santa. Egli fu guida ai fedeli, disorientati dalle dispute tra Francia e Roma per le dottrine gianseniste. Venne poi mandato a Londra come cappellano della futura regina Maria Beatrice d'Este. Fu poi arrestato con l'accusa di voler restaurare la Chiesa cattolica in Inghilterra. Espulso, tornò a Paray-le-Monial, dove morì solo tre mesi dopo. È santo dal 1992. (Avvenire)

    Etimologia: Claudio = zoppo, dal latino

    Martirologio Romano: A Paray-le-Monial in Burgundia, in Francia, san Claudio La Colombière, sacerdote della Compagnia di Gesù: uomo assai dedito alla preghiera, con il suo saldo e retto consiglio avviò molti all’amore di Dio.

    I suoi vogliono mandarlo in convento, ma lui non ne vuole sapere: "Ne avevo un’orribile avversione". Superata la crisi dirà: "Chi si mette al servizio di Dio va sempre incontro a gravi pene". Ma presto il ragazzo (figlio di un notaio) si fa stimare dai gesuiti del noviziato di Lione: "Ha prudenza superiore all’età, giudizio solido, sana pietà". Negli studi passa da Lione ad Avignone e poi a Parigi (1666). Tre anni dopo è sacerdote e ritorna a Lione. Nel 1675 emette i voti solenni nella Compagnia di Gesù e dirige la piccola comunità dell’Ordine a Paray-le-Monial (Saône-et-Loire).
    Ha pure l’incarico di confessore alla Visitazione, un tranquillo monastero diventato quasi una polveriera da quando è arrivata una consorella di 28 anni, bloccata a letto dai dolori reumatici: Margherita Maria Alacoque, malata, ma di spirito vivacissimo, con forte influenza su chiunque l’avvicini. Parla appassionatamente delle sue visioni e rivelazioni, dividendo clero e fedeli. Stimola il culto per il Sacro Cuore, che risale al Sei-Settecento: si tratta dell’adorazione alla persona di Cristo anche nella sua umanità, e al suo amore infinito, che da sempre ha per simbolo il cuore. Ma in Francia il clima religioso è infiammato dallo scontro con Roma per le dottrine giansenistiche, e i devoti del Sacro Cuore vengono irrisi come idolatri da chi non accoglie i fondamenti dottrinali del culto. D’altra parte, certi ambienti devoti alimentano di fatto le accuse con eccessi di parole e gesti che non esprimono una fede illuminata.
    A Paray-le-Monial egli è anche preziosa guida per tanti cattolici disorientati dai contrasti, ma nel 1674 viene mandato a Londra come cappellano di Maria Beatrice d’Este, moglie di Giacomo II, duca di York e futuro re. All’epoca la Chiesa cattolica è fuori legge in Inghilterra: lui deve solo celebrare in una piccola cappella, e farsi vedere poco. Obbediente, vive ritirato, non fa visite. Ma c’è chi visita lui: cattolici inglesi che vogliono ascoltarlo, suore clandestine, preti spretati che vogliono tornare... Riesce perfino a mandare missionari cattolici in America, allora colonia inglese. Ma a 18 mesi dall’arrivo è arrestato con molti altri, accusati di voler restaurare la Chiesa di Roma nel regno. Lui non va in carcere perché protetto dal re di Francia, ma viene espulso. Tornato in patria, nel 1681 è di nuovo a Paray-le-Monial, molto malato. Suo fratello lo vorrebbe con sé nell’aria salubre del Delfinato. Ma lui non si muove, perché ha ricevuto un biglietto di Margherita Maria, che dice: "Il Signore mi ha detto che vuole il sacrificio della vostra vita qui". Tre giorni dopo, padre Claudio muore lì, a Paray-le-Monial. E il suo corpo vi sarà custodito dai gesuiti nella loro cappella. Pio IX lo proclamerà beato nel 1929 e Giovanni Paolo II santo il 31 maggio 1992.

    Autore: Domenico Agasso

    *****
    Sempre dallo stesso SITO altro profilo biografico:

    E’ un uomo di cuore, dotato di una sensibilità delicata e di un gusto profondo dell’amicizia. Sente una profonda inclinazione verso il calore della famiglia e “un’avversione orribile” per la vita religiosa. E sceglie quest’ultima, non sappiamo bene perché. Claudio, terzo figlio di un notaio, ha una posizione economicamente solida e un avvenire sicuro. Brillante negli studi, entra a 17 anni nel Noviziato di Avignone della Compagnia di Gesù, dove termina il corso di Filosofia e poi, per cinque anni, è professore. A 25 anni lo mandano a Parigi, per studiare teologia nel celebre collegio di Clermont. All’impegno nello studio i superiori gli aggiungono l’incarico di precettore dei figli di Colbert, ministro delle finanze del re di Francia, e questo è un chiaro riconoscimento delle sue doti di prudenza, finezza e del profondo gusto dell’amicizia che lo contraddistingue. Sacerdote a 28 anni, gli affidano a Lione l’incarico di professore e predicatore, che esercita per cinque anni. A sorpresa, nel 1675, Padre Claudio viene destinato come Superiore della comunità dei Gesuiti di Paray-le-Monyal, decisamente sproporzionata, per dimensioni, importanza e dislocazione geografica, alla fama che si è venuta acquistando ed alle doti che tutti gli riconoscono. E se non c’è una spiegazione “logica” a questa improvvisa e inadeguata nomina, non c’è che da rallegrarsi, con il senno del poi, con i suoi superiori per quello che egli da quel momento diventerà. A Paray-le-Monyal una suora, che per ceto sociale e cultura è inferiore a tutte le altre consorelle, sta mettendo a subbuglio il monastero delle suore Visitandine in cui vive, con le sue stranezze e le sue visioni. E mentre sacerdoti prudenti e illuminati giudicano opera diabolica i suoi doni mistici, lei continua a sentirsi portatrice di un messaggio affidatole da Gesù stesso, che le chiede di diffondere nel mondo la devozione al Suo Cuore. In mezzo alle incomprensioni che sta sopportando soprattutto da parte del clero, Gesù promette a Suor Margherita Maria Alacoque (che la Chiesa proclamerà poi santa) di mandarle “un suo servo fedele e perfetto amico”, che l’avrebbe sostenuta e incoraggiata. Suor Margherita Maria, durante la prima predica di Padre Claudio nella chiesa del monastero, sente che è sicuramente lui il sacerdote promessole da Gesù. Ed infatti, nei pochi mesi di permanenza, Padre Claudio diventa il primo apostolo della devozione al Sacro Cuore, accettando con docilità ed entusiasmo il ruolo che il Cielo gli ha assegnato. Un anno dopo è mandato a Londra, come predicatore della duchessa di York, e l’ambiente protestante che lo circonda rende estremamente amaro il suo soggiorno inglese. Addirittura lo arrestano, con l’accusa calunniosa di “complotto papista”, e dopo tre settimane di carcere, viene espluso dall’Inghilterra. L’amarezza del carcere, insieme ai maltrattamenti subiti, incidono sulla sua salute, già provata da gravi disturbi polmonari. Dopo un periodo trascorso a Lione, i superiori, confidando nel clima migliore, lo fanno tornare a Paray-le-Monial, dove muore il 15 febbraio 1682 ad appena 41 anni. Nel 1994 Papa Giovanni Paolo II° proclama santo il Padre Claudio La Colombière, “maestro di illuminata spiritualità”, che Dio stesso aveva scelto per far conoscere “le imperscrutabili ricchezze” del Cuore di Cristo.

    Autore: Gianpiero Pettiti


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    Di questo Santo, canonizzato dall'attuale Pontefice il 31 MAGGIO 1992, nella Basilica Vaticana, riporto il profilo biografico così come è nel sito www.vatican.va:

    Claudio la Colombière, terzo figlio del notaio Bertrando La Colombière e di Margherita Coindat, nacque il 2 febbraio 1641 a St. Symphorien d'Ozon nel Delfinato.

    Essendosi trasferita la famiglia a Vienne, Claudio ricevé qui la sua prima educazione scolastica, che completò poi a Lione con lo studio della Retorica e della Filosofia.

    E' in questo periodo che si sente chiamato alla vita religiosa nella Compagnia di Gesù; ma non conosciamo i motivi che lo spinsero a questa decisione. Di contro egli ci ha lasciato in uno dei suoi scritti questa confessione: "Avevo una avversione orribile per la vita che abbracciavo". Questa affermazione è agevolmente comprensibile da chi si è interessato alla vita di Claudio, la cui natura, sensibile ai rapporti familiari ed amichevoli, era anche grandemente incline alla letteratura e all'arte e attratta da ciò che ha di più degno la vita di società. Ma non era, d'altra parte, uomo che si lasciasse guidare dal sentimento.

    All'età di 17 anni entrò nel Noviziato della Compagnia di Gesù, ad Avignone. In questo stesso luogo, nel 1660, passò dal Noviziato al Collegio, per condurre a termine gli studi di Filosofia e simultaneamente pronunciare i primi voti religiosi. Alla fine del corso, fu nominato professore di Grammatica e Letteratura; incarico che mantenne, in quel Collegio, durante cinque anni.
    Nel 1666 fu mandato a Parigi, per studiare Teologia nel Collegio di Clermont: in quella stessa epoca gli venne pure affidato un incarico di grande responsabilità. La notevole attitudine che Claudio aveva manifestato per gli studi umanistici, unita alle sue doti di prudenza e finezza, decisero i Superiori a sceglierlo come precettore dei figli di Colbert, Ministro delle Finanze di Luigi XIV.

    Terminato lo studio della Teologia e ricevuto il Sacerdozio, tornò di nuovo a Lione: per qualche tempo in qualità di professore, poi per dedicarsi completamente alla predicazione e direzione della Congregazione Mariana.

    La predicazione di La Colombière si distinse sempre per la sua solidità e profondità: non si perdeva nel vago, ma si dirigeva abilmente verso un uditorio concreto, e con una ispirazione evangelica così vigorosa da infondere in tutti serenità e fiducia in Dio. Le edizioni dei suoi sermoni produssero nelle anime, e continuano ancora a produrre, grandi frutti spirituali; infatti, considerato il luogo e la durata del suo ministero, essi sembrano meno invecchiati di quelli di altri oratori di maggior fama.

    L'anno 1674 fu decisivo nella vita di Claudio. Fece dunque la III Probazione nella "Maison Saint-Joseph" di Lione e, durante il mese di Esercizi che solitamente si praticano, il Signore lo andò preparando per la missione che gli aveva destinato. Gli appunti spirituali di questo tempo ci permettono di seguire passo passo le lotte e i trionfi del suo spirito, straordinariamente sensibile alle attrattive umane, ma generoso con Dio.

    Il voto che fece di osservare tutte le Costituzioni e Regole della Compagnia non aveva come scopo essenziale di legarsi ad una serie di osservanze minuziose, ma di riprodurre quel vivido ideale di apostolo descritto da S. Ignazio. E poiché questo ideale gli parve magnifico, Claudio lo adottò come programma di santità. Che ciò rispondesse ad un invito dello stesso Gesù Cristo, è provato dal conseguente sentimento di liberazione che sperimentò, insieme con l'aumentata ampiezza degli orizzonti apostolici, che egli stesso testimonia nel suo diario spirituale.

    Il 2 febbraio 1675 pronunciò la Solenne Professione e fu nominato Rettore del Collegio di Paray-le-Monial. Non mancò chi si sorprese che un uomo così eminente fosse destinato ad una città tanto remota come Paray. La spiegazione sta nel fatto che i Superiori sapevano che qui, nel Monastero della Visitazione, un' umile religiosa, Margherita Maria Àlacoque, alla quale il Signore andava rivelando i tesori del suo Cuore, viveva in una angosciosa incertezza; aspettava che lo stesso Signore adempisse la promessa data di inviarle un suo "servo fedele e amico perfetto", che l'avrebbe aiutata a realizzare la missione alla quale la destinava: manifestare al mondo le ricchezze imperscrutabili del suo amore.

    Una volta giunto nella sua nuova destinazione il P. La Colombière, dopo i primi incontri con Margherita Maria, questa gli manifestò tutto il suo spirito e quindi anche le comunicazioni che ella credeva ricevere dal Signore. Il Padre, da parte sua, approvò pienamente e le suggerì di mettere per iscritto tutto ciò che passava nella sua anima, orientandola e sostenendola nell'adempimento della missione ricevuta. Quando poi fu certo, grazie alla luce divina manifestatasi nella preghiera e nel discernimento, che Cristo desiderava il culto del suo Cuore, si votò ad esso senza riserve, come ci testimoniano la sua dedizione e i suoi appunti spirituali. In questi ultimi appare chiaro che, già prima delle confessioni di Margherita Maria Alacoque, Claudio, seguendo le direttive di S. Ignazio negli Esercizi, era giunto alla contemplazione del Cuore di Cristo come simbolo del suo amore.

    Dopo un anno e mezzo di permanenza a Paray, nel 1676 il P. La Colombière partì per Londra, essendo stato nominato predicatore della Duchessa di York. Era un incarico delicatissimo, considerati gli avvenimenti che in quel tempo agitavano l'Inghilterra; prima della fine di ottobre dello stesso anno, il Padre già occupava l'appartamento che gli era stato riservato nel palazzo di St. James. Oltre ai sermoni pronunciati nella cappella e alla costante direzione spirituale, sia orale che scritta, Claudio potè dedicarsi a una solida istruzione nella vera fede di non poche persone che avevano abbandonato la Chiesa Romana. E, anche se tra grandi pericoli, ebbe la consolazione di vedere molti ritornarvi, al punto che, dopo un anno, diceva: "Potrei scrivere un libro sulla misericordia di cui Dio mi ha fatto testimone da quando sono qui".

    Il lavoro così intenso e il clima poco propizio minarono la sua salute; cominciarono così a manifestarsi i sintomi di una violenta affezione polmonare. Tuttavia P. Claudio portò avanti con coraggio il suo sistema di vita.

    Improvvisamente, alla fine del 1678, fu arrestato sotto un'accusa calunniosa di complotto papista. Dopo due giorni fu trasferito nell'orribile carcere di King's Bench, dove restò durante tre settimane, sottoposto a gravi privazioni, finché per decreto reale fu espulso dall'Inghilterra.

    Tutte queste sofferenze minarono ancor più la sua salute che, con alterne vicende, andò peggiorando al suo rientro in Francia. Nell'estate del 1681, essendo già molto aggravato, fu rimandato a Paray. Il 15 febbraio 1682, prima domenica di Quaresima, all'imbrunire, sopravvenne una forte emottisi che pose fine alla sua vita. Il 16 giugno 1929, il Papa Pio XI beatificò Claudio La Colombière, ìl cui carisma, secondo S. Margherita Maria Alacoque, sarebbe stato quello di condurre le anime a Dio, seguendo il cammino di amore e di misericordia che Cristo ci rivela nel Vangelo.



    Santino francese del 1890 del Sacro Cuore

    Santino francese del 1918 con la Francia ai piedi del Sacro Cuore

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    Iddio, che aveva predestinato Claudio ad essere il direttore ed il cooperatore di S. Margherita M. Alacoque (+1690) nella diffusione della devozione al Sacro Cuore di Gesù, gli fece capire che la Compagnia di Gesù era un asilo sicuro in cui avrebbe potuto praticare quella perfezione alla quale aspirava. Fece il gran passo senza entusiasmo. Più tardi scriverà: "Io so che avevo un'orribile avversione alla vita che ho abbracciato, quando mi feci religioso... I disegni che si fanno per servire Dio, non si eseguiscono mai senza una gran pena". Claudio entrò nel noviziato dei gesuiti della provincia di Lione nel 1658. Un contemporaneo lo descrisse "di complessione robusta, di spirito vivace e naturalmente gentile, d'intelligenza ferma e sottile, di sentimenti onesti, abile e grazioso in ogni cosa". Il Beato attestava di essere entrato nella Compagnia di Gesù per la stima che aveva delle sue sapienti regole e perché aveva veduto i superiori esigerne tanto l'osservanza che stimava cosa facile in essa santificare se stesso e gli altri.

    "L'amico vero e servo fedele" del Sacro Cuore di Gesù nacque il 2-2-1641 a St-Sinforien d'Ozon, nella diocesi di Grenoble (Francia), dal benestante Bertrando, il quale dei sette figli che ebbe quattro li consacrò al Signore. Quando divenne notaio regio e si trasferì a Vienne (1650), affidò Claudio, il terzogenito, ai gesuiti di Lione, i quali lo educarono per tre anni nel piccolo collegio della Madonna del Buon Soccorso, e per cinque anni nel gran collegio della Trinità. In entrambi gl'istituti il giovanotto appartenne alla Congregazione Mariana che fioriva tra gli scolari.
    Iddio, che aveva predestinato Claudio ad essere il direttore ed il cooperatore di S. Margherita M. Alacoque (+1690) nella diffusione della devozione al Sacro Cuore di Gesù, gli fece capire che la Compagnia di Gesù era un asilo sicuro in cui avrebbe potuto praticare quella perfezione alla quale aspirava. Fece il gran passo senza entusiasmo. Più tardi scriverà: "Io so che avevo un'orribile avversione alla vita che ho abbracciato, quando mi feci religioso... I disegni che si fanno per servire Dio, non si eseguiscono mai senza una gran pena".
    Claudio entrò nel noviziato dei gesuiti della provincia di Lione nel 1658. Un contemporaneo lo descrisse "di complessione robusta, di spirito vivace e naturalmente gentile, d'intelligenza ferma e sottile, di sentimenti onesti, abile e grazioso in ogni cosa". Il Beato attestava di essere entrato nella Compagnia di Gesù per la stima che aveva delle sue sapienti regole e perché aveva veduto i superiori esigerne tanto l'osservanza che stimava cosa facile in essa santificare se stesso e gli altri. Il maestro dei novizi così si espresse nei suoi riguardi: "E un giovane di una prudenza superiore alla sua età, di giudizio solido, di rara pietà, e le più alte virtù non sembrano eccessive al suo fervore".
    Ad Avignone Claudio compì gli studi di filosofìa già iniziati a Lione e, dopo cinque anni d'insegnamento ai ragazzi del collegio della Trinità, fu mandato a studiare teologia nel collegio di Clermont a Parigi ( 1666), dove venne a contatto dei maggiori eruditi e polemisti del tempo e fu il pedagogo dei due figli di G. B. Colbert (+1683), celebre ministro del re Luigi XIV (+1715). Dopo l'ordinazione sacerdotale (1669) fu richiamato ad insegnare a Lione per tre anni retorica nel collegio della Trinità, ma siccome aveva particolare attitudine alla predicazione, per un anno si fece banditore della divina parola nei conventi e nelle parrocchie.
    Il P. Gian Paolo Oliva (+1681), proposito generale dei gesuiti, da tempo aveva notato nella provincia di Lione diversi difetti che attribuiva in parte ai superiori in quanto trattavano i giovani come dei servi, e in parte agli inferiori in quanto erano privi di spirito soprannaturale e non osservavano alla perfezione le regole per il cattivo esempio di qualche anziano. Per togliere ogni abuso aveva posto a Lione due gesuiti parigini: il P. Stefano de Champs, come provinciale, e il P. de La Chaize, come rettore del collegio della Trinità. Il P. Claudio, testimone del relativo rilassamento, si adoperò perché la comunità ritornasse al primitivo fervore formulando per proprio conto, durante il terzo anno di probazione (1674), il voto di osservare tutte le regole e le costituzioni dell'Ordine per imporsi come una necessità indispensabile l'adempimento dei doveri del proprio stato, per spezzare d'un colpo tutte le catene dell'amor proprio e riparare le passate irregolarità. Il desiderio di darsi a Dio senza riserva affiorerà di continuo nelle sue lettere e costituirà l'essenza delle direttive che impartirà alle anime desiderose di perfezione.
    Il 2-2-1675 il P. de La Colombière fu ammesso ai voti solenni e pochi giorni dopo fu nominato superiore della piccola casa di Paray-le-Monial. Quando vi giunse i preti del luogo, richiesti del loro parere dalla badessa Madre de Saumaise, discutevano animatamente riguardo alla giovane visitandina Margherita Maria, la quale trasmetteva dei messaggi da parte del Sacro Cuore di Gesù. Il priore della vicina abbazia benedettina da parte sua sentenziava: "Fate mangiare della buona zuppa a questa figlia, e tutto andrà meglio"'. La veggente cercava per ubbidienza di resistere alle mozioni dello Spirito Santo, ma non le era possibile. Poiché soffriva crudelmente per l'incomprensione delle consorelle, il Signore la consolò dicendole: "Ti manderò il mio fedele servitore e perfetto amico il quale t'insegnerà a conoscermi e ad abbandonarti a me".
    Pochi giorni dopo il suo arrivo, il beato si presentò alla Visitazione per prendere contatto con la comunità di cui doveva essere, come il suo predecessore, il confessore straordinario. Madre de Saumaise riunì le monache in parlatorio e mentre il Padre rivolgeva loro alcune parole di edificazione, Margherita Maria udì internamente una voce che le diceva: "Ecco colui che io ti mando". La santa scrisse: "Io riconobbi ben presto la verità di queste parole giacché alla prima confessione delle quattro tempora, senza che noi ci fossimo mai veduti né parlato, egli mi parlò come se avesse già conosciuto tutto quello che accadeva in me... Egli mi assicurò che non vi era nulla da temere nella condotta dello spirito che agiva in me, finché esso non mi ritraeva dall'ubbidienza; che io dovevo seguire le sue mozioni, abbandonandogli tutto il mio essere per sacrificarmi e immolarmi a suo piacere".
    Il mutato parere del P. Claudio sulla visitandina diede esca alle male lingue. La santa stessa confessò: "Il Padre ebbe molto da soffrire per cagione mia: si diceva che io volevo ingannarlo, come gli altri, come le mie illusioni. Ma questo non gli faceva alcuna pena: egli continuò ad aiutarmi durante il poco tempo che rimase in questa città e continuò ad aiutarmi sempre in seguito. Del resto non risparmiava nulla per umiliarmi e rendermi forte, la qual cosa mi faceva gran piacere". Il Signore le diede ben presto un segno tangibile della sua predilezione divina. Narra la santa: "Un volta che il P. de la Colombière venne a dire la Messa nella nostra chiesa, Nostro Signore fece a lui ed a me grazie assai grandi. Difatti mentre mi accostavo alla comunione, Egli mi mostrò il suo Cuore come una fornace ardente, e due altri cuori che stavano per unirsi al suo ed inabissarvisi, e frattanto mi disse: "Così il mio puro amore unisce questi tre cuori per sempre". Mi fece capire che questa unione sarebbe stata tutta per la gloria del suo Sacro Cuore, del quale voleva che io scoprissi al Padre i tesori, affinchè egli ne facesse conoscere e ne pubblicasse la ricchezza e l'utilità, e che per questo Egli voleva che noi fossimo come fratello e sorella egualmente partecipi di beni spirituali".
    Il 16-6-1675 il Sacro Cuore apparve alla sua confidente per chiederle l'istituzione della festa riparatrice da celebrarsi in suo onore il venerdì seguente l'ottava del Corpus Christi. Poiché la santa gli chiese il mezzo per fare quello che le comandava, si sentì rispondere: "Rivolgiti al mio servo, il P. de La Colombière, e digli da parte mia di fare quanto gli è possibile per stabilire questa devozione e dare questo piacere al mio Cuore. Non si scoraggi per le difficoltà che incontrerà, giacché non ne mancheranno; ma egli deve sapere che quegli appunto è onnipotente, il quale diffida di sé per confidare unicamente in me". Per conto suo il beato volle essere il primo a fare al S. Cuore proprio il venerdì indicato, una totale consacrazione di sé per riparare a tanti oltraggi e ingratitudini che riceveva anche da parte delle persone a Lui consacrate.
    Finché rimase a Paray il P. Claudio continuò a fare da padre e da maestro a Margherita Maria, e a prodigarsi nelle più svariate opere apostoliche. Nella città i protestanti tenevano sotto controllo quasi tutta la popolazione per via di prestiti e di vessazioni. Il beato si oppose alla loro azione fondando la Congregazione Mariana dei nobili e dei professionisti e accendendoli di tanto amore e zelo da vedere presto passare nelle mani dei cattolici le cariche prima tenute dai protestanti.
    Da qualche tempo l'umile visitandina aveva avvertito il suo direttore che sarebbe stato presto allontanato per essere impiegato nella conversione delle anime tra gli eretici. Per interessamento del P. de La Chaize, confessore di Luigi XIV, fu nominato infatti predicatore di Maria Beatrice d'Este, passata a nozze con Giacomo II, erede del trono d'Inghilterra, con il titolo di duchessa di York. Fu alloggiato nello stesso palazzo di lei, separato dal castello reale soltanto da un grande parco, ma il beato non si lasciò soggiogare dalla movimentata vita di corte. Durante i diciotto mesi in cui soggiornò a Londra non prese parte ad alcuno spettacolo, non visitò la città, si astenne dal frequentare conoscenti senza vera necessità o utilità, e poiché godeva di una pensione, ne utilizzava al massimo per sollevare i poveri ed i malati o per aiutare i convertiti. Quanto al suo spirito di mortificazione basti ricordare che visse senza fuoco tutto un inverno particolarmente rigido, il che contribuì ad aggravare la tubercolosi che lo avrebbe portato alla tomba.
    La cappella in cui il beato doveva predicare in francese era piccola e in principio l'accesso era vietato agl'inglesi. Nonostante tali limitazioni, egli conquistò rapidamente un grande ascendente su tutti. Appena giunse a Londra si mise a studiare l'inglese e riuscì in breve tempo ad esprimersi in detta lingua con le religiose che si erano stabilite clandestinamente in città. Esse formavano la sua ammirazione e opponeva la loro condotta a quella di molti cattolici i quali, per paura o per debolezza, si lasciavano influenzare dagli anglicani. I cattolici costituivano una buona parte del suo uditorio, che istruiva con zelo infaticabile nella devozione all'Eucaristia, tanto osteggiata dai giansenisti, e nell'amore al Sacro Cuore di Gesù. Tuttavia non disse in pubblico quello che scrisse durante gli esercizi spirituali del 1677 e la cui pubblicazione, dopo la sua morte, fece conoscere al mondo le rivelazioni che il Cuore di Gesù aveva fatto alla sua confidente. Tra tanti peccatori egli ricondusse a Dio venticinque religiosi apostati da vari Ordini e intere famiglie di eretici. Numerose anime della più eletta società di Londra, in seguito al suo consiglio, andarono a rinchiudersi nei monasteri di Francia o si adunarono nei pressi della chiesa di San Paolo in comunità religiosa senza le esterne apparenze.
    Alle numerose occupazioni il beato aggiunse un'intensa corrispondenza con le persone da lui dirette, certune delle quali erano importune. Molto conforto gli recavano le lettere di Madre de Saumaise e Margherita Maria. Egli mostrava loro la sua riconoscenza dando notizie della sua salute. Verso la metà del 1678 cominciò a sentire i primi disturbi di petto che credeva la parte più resistente del suo fisico. La vigilia dell'Assunta ebbe i primi sputi sanguigni e in seguito peggiorò tanto sensibilmente che i superiori gli consigliarono di ritornare in patria. Non essendo in grado di fare il viaggio, i medici si opposero. Era stabilito da Dio che lasciasse l'Inghilterra all'improvviso. Da un po' di tempo il ministro anglicano Tito Oates, perché era stato scacciato dai collegi dei gesuiti in cui era riuscito a farsi ammettere fingendosi convertito, andava accusando detti religiosi di avere ordito una congiura per uccidere il re Carlo II, fare strage dei protestanti e restaurare la Chiesa cattolica in Inghilterra. Tra i 2.000 arrestati figurò anche il B. Claudio de La Colombière. Il prete apostata Oliviero du Fiquet lo accusò di averlo aiutato con del denaro per ricondurlo al cattolicesimo. Essendo il gesuita speciale inviato di Luigi XIV, contro di lui furono accettate solamente le accuse di avere ricevuto abiure, di avere organizzato a Londra un monastero clandestino, di avere procurato alla Virginia, colonia inglese, sacerdoti cattolici.
    I rigori della prigione in cui fu chiuso per alcune settimane cagionarono al P. Claudio nuovi sbocchi di sangue, ma egli scrisse poco dopo ad un confratello che "non si era mai trovato così felice, come in quella tempesta". Bandito per sempre dall'Inghilterra il 6-12-1678 perché il suo modo di agire era pericoloso e si opponeva alla pace e al buon governo del regno, confidò ad un confratello: "Io ero indegno di una maggiore fortuna e son tutto confuso quando penso che nostro Signore è stato obbligato a ritirarmi dalla sua vigna per non avere trovato in me il fervore e la fedeltà ch'egli richiede dai suoi operai".
    Il P. Claudio nel viaggio di ritorno si incontrò a Digione con la Madre de Saumaise, che per prima aveva ricevuto le confidenze di Margherita Maria, e a Paray-le-Monial andò a trovare le Visitandine e le Orsoline. Appena giunse a Lione, prima preoccupazione del suo provinciale fu di mandarlo a curarsi in famiglia, poi gli affidò la direzione spirituale dei religiosi che, dopo il noviziato, studiavano per due anni filosofia nel collegio della Trinità. Costretto dalla malattia e dai medici a curarsi, P. Claudio si accusava di dare cattivo esempio. Un suo figlio spirituale, il P. de Gallifert, che fu in seguito uno dei migliori apostoli del Sacro Cuore, testimoniò invece che destava grande ammirazione in tutti per la fedeltà con cui osservava il voto che aveva fatto di mettere in pratica tutte le regole dell'Ordine.
    La malattia seguiva intanto il suo corso inesorabile. Il beato se ne rendeva conto e diceva: "Nostro Signore m'insegna da qualche giorno a fargli un sacrificio ancora più grande, cioè di essere pronto a fare nulla del tutto, se tale è la sua volontà, a morire il primo giorno ed a spegnere con la morte lo zelo ed i grandi desideri che ho di lavorare per la santificazione delle anime". Nell'agosto del 1681 fu mandato di nuovo a Paray-le-Monial, ma vi giunse talmente indebolito da non potersi spogliare da solo. Dopo un momentaneo miglioramento, ricadde in uno stato ancora peggiore. Pienamente conformato alla volontà di Dio, considerava la malattia come "una delle più grandi misericordie che il Signore gli avesse usato".
    Mentre pensava se era il caso di ritirarsi presso un suo fratello, arcidiacono di Vienne, per cambiare aria, Margherita Maria gli fece pervenire un biglietto su cui aveva scritto: "Il Signore mi ha detto che vuole il sacrificio della vostra vita qui". P. Claudio capì a volo il valore di quell'espressione. Difatti, dopo pochi giorni, fu assalito da una febbre altissima e morì in uno sbocco di sangue il 15-2-1682. Alla persona che gliene portò l'annuncio Margherita Maria disse semplicemente: "Cessate dall'affliggervi; invocatelo e non temete; egli è più che mai potente per soccorrervi". Alla superiora confidò che non aveva bisogno di suffragi perché "solo per soddisfare ad alcune negligenze, che gli erano rimaste, nell'esercizio dell'amor divino, l'anima sua fu privata dal vedere Dio appena uscita dal corpo fino al momento in cui fu deposto nel sepolcro".
    Pochi anni dopo la morte furono pubblicati i ritiri, i sermoni e le lettere del beato al quale Pio XI decretò l'onore degli altari il 15-6-1929. Le sue reliquie sono conservate nella cappella dei gesuiti di Paray-le-Monial.

    Sac. Guido Pettinati SSP, I Santi canonizzati del giorno, vol. 2, Udine, ed. Segno, 1991, pp. 183-189.

    FONTE

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    Il gesuita S. Claudio de la Colombière

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    Ven. Claude de la Colombière

    Missionary and ascetical writer, born of noble parentage at Saint-Symphorien-d'Ozon, between Lyons and Vienne, in 1641; died at Paray-le-Monial, 15 Feb., 1682. He entered the Society of Jesus in 1659. After fifteen years of religious life he made a vow, as a means of attaining the utmost possible perfection, to observe faithfully the rule and constitutions of his order under penalty of sin. Those who lived with him attested that this vow was kept with great exactitude. In 1674 Father de la Colombière was made superior at the Jesuit house at Paray-le-Monial, where he became the spiritual director of Blessed Margaret Mary and was thereafter a zealous apostle of the devotion to the Sacred Heart of Jesus. In 1676 he was sent to England as preacher to the Duchess of York, afterwards Queen of Great Britain. He lived the life of a religious even in the Court of St. James and was as active a missionary in England as he had been in France. Although encountering many difficulties, he was able to guide Blessed Margaret Mary by letter. His zeal soon weakened his vitality and a throat and lung trouble seemed to threaten his work as a preacher. While awaiting his recall to France he was suddenly arrested and thrown into prison, denounced as a conspirator. Thanks to his title of preacher to the Duchess of York and to the protection of Louis XIV, whose subject he was, he escaped death but was condemned to exile (1679). The last two years of his life were spent at Lyons where he was spiritual director to the young Jesuits, and at Paray-le-Monial, whither he repaired for his health. His principal works, including "Pious Reflections", "Meditations on the Passion", "Retreat and Spiritual Letters", were published under the title, "Oeuvres du R. P. Claude de la Colombière" (Avignon, 1832; Paris, 1864). His relics are preserved in the monastery of the Visitation nuns at Paray-le-Monial.

    Bibliography

    SEQUIN, Vie du P. de la Colombière (Paris, 1876), tr. in Quarterly Series (London, 1883); LUBEN, Der ehrwurdige Diener Gottes P. Claudius de la Colombière (Einsiedeln, 1884); LETIERCE, Le Sacre Coeur, ses apotres et ses sanctuaires (Nancy, 1886); Lettres inedites de la bienheureuse Marguerite Marie (Toulouse, 1890); CHARRIER, Histoire du V. P. Claude de la Colombière (Paris, 1894); BOUGAUD, Histoire de la bienheureuse Marguerite Marie (Toulouse, 1900); Oeuvres completes du R. P. de la Colombière (Grenoble, 1901); HATTLER, Lebensbild der ehrwurdige P. Claudius de la Colombière (1903); POUPLARD, Notice sur le serviteur de Dieu, le R. P. Claude de la Colombière.

    [Note: Claude de la Colombière was beatified in 1929, and canonized by Pope John Paul II in 1992].

    Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. XVI, 1914, New York

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    Paray-le-Monial

    A town of five thousand inhabitants in the Department of Sâone-Loire, Diocese of Autun, France. It is indisputable that Paray (Paredum; Parodium) existed before the monks who give it its surname of Le Monial, for when Count Lambert of Chalon, together with his wife Adelaide and his friend Mayeul de Cluny, founded there in 973 the celebrated Benedictine priory, the borough had already been constituted, with its ædiles and communal privileges. At that time an ancient temple was dedicated to the Mother of God (Charter of Paray). The Cluny monks were, 999-1789, lords of the town.

    Protestantism made many proselytes here, but in 1618 the Jesuits were summoned, and after a century there remained only a few Protestant families, who have long since disappeared. In order to complete the work, Père Paul de Barry, the author of "Pensez-y-bien", in 1678 brought thither the Visitandines.

    Paray-le-Monial has become a much-frequented place of pilgrimage since 1873, as many as 100,000 pilgrims arriving yearly from all parts of Europe and America. The most venerated spot is the Chapel of the Visitation, where most of the apparitions to Blessed Margaret Mary Alacoque took place. Next comes the Basilica of the Sacred Heart, in charge of secular chaplains, formerly the church of the monks, which is one of the most beautiful monuments of Cluniac architecture (tenth or eleventh century). The Hotel de Ville, in Renaissance style, the façade of which is adorned with a large statue of the Blessed Virgin, is also one of the historical monuments. Pilgrimage is also made to the Hieron or temple-palace, erected by a layman in honour of the Eucharistic King, where there is a very curious collection of pictures and objects of art bearing on the Holy Eucharist. Despite the difficulties of the present religious situation in France, Paray still possesses a number of communities or monasteries which justify its surname. Moreover, with this town are connected the associations the object of which is the cult of the Sacred Heart, such as the Apostleship of Prayer, the Archconfraternity of the Holy Hour (estatlished at Paray itself in 1829 by Père Robert Debrosse), and the Communion of Reparation, organized in 1854 by Père Victor Drevon. The latter maintains its headquarters at Paray.

    From a secular point of view the town is unimportant, but its religious glory is abundant. It is more than enough for its honour that it should be, as Leo XIII said in his Brief of Coronation of Notre Dame de Romay (25 July, 1896), "Cœlo gratissimum oppidum", "a town very dear to heaven".

    Bibliography

    CHEVALIER, Cartulaire du Paray-le-Monial (Paris, 1890); SACKUR, Cluniazenser, I (1882), 241 sq.; II (1894), 40-92.

    Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. XI, 1911, New York

 

 

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