Riporto alcuni articoli interessanti da http://www.venet.net/libertarissima/,buona lettura.
Il diritto di portare armi
Curiosamente, quando si parla di porto d'armi non si inquadra mai la questione nell'ottica più generale del diritto - o meno - alla proprietà privata. Qualcuno potrà ritenere che essa non sia un diritto di ogni individuo: e allora non c'è niente da fare, perché il dibattito parte da presupposti talmente inconciliabili da essere perfino inutile. Se però si accetta l'affermazione che, ad esempio, "il mio orologio è mio", le cose sono diverse. Non è qui il caso di indagare sulla natura profonda del diritto alla proprietà, sulla sua nascita e sulla sua evoluzione durante le diverse epoche storiche. Basti dire che esso esiste: nessuno di noi ha bisogno di spiegare agli altri che non possono entrare in casa sua senza il suo esplicito consenso.
Orbene, ammettere l'esistenza e la necessità del diritto alla proprietà privata significa ammettere che chiunque può fare ciò che crede delle proprie cose, purché le abbia ottenute con mezzi legittimi (scambi, donazioni, acquisti…) e non le utilizzi per fini aggressivi. Tornando all'esempio precedente, se io ho comprato un orologio con soldi non rubati posso farne letteralmente ciò che voglio, purché le mie azioni non interdicano l'analogo esercizio dei propri diritti da parte di altre persone. Vale a dire: non posso tirare l'orologio dalla finestra in testa a un passante. Al di là di questo, però, ho piena libertà di determinarne l'utilizzo: posso portarlo al polso o lasciarlo in casa, regalarlo a un'amica o tenerlo chiuso in un cassetto, distruggerlo o metterlo nel forno per vedere se resiste al calore. Nessuno può permettersi di impedirmi di fare una qualsiasi di queste cose. Certo, mi si potranno rivolgere delle obiezioni, delle critiche o delle osservazioni, ma nulla più.
Lo stesso discorso, preciso e identico, può essere fatto a proposito di un coltello. Non vi è alcun motivo razionale per dire: tu puoi tenere nell'armadio un orologio ma non un coltello. E, analogamente, si può dire di un fucile. Questo purché, beninteso, io non utilizzi il fucile per sparare ai passanti dalla finestra. Ma, anche in questo caso, non è il possesso del fucile che va criminalizzato, ma l'utilizzo che ne faccio. In altri termini, non è il fucile che spara, ma colui che preme il grilletto il responsabile del ferimento o della morte di altre persone. Al di là di questo, dunque, non vi è nulla per cui un fucile dovrebbe essere diverso da un altro oggetto. Vietare il possesso di un'arma da fuoco in quanto "arma da fuoco" significa in realtà porre una limitazione arbitraria al diritto (universale) alla proprietà privata. Una limitazione che, "naturalmente", può essere decisa solo dallo Stato, ovvero da quella banda di criminali che già impedisce a tutti noi di esercitare in santa pace la nostra ricerca della felicità.
Il fatto, che molti politici non capiscono o non vogliono capire, è che - in sé e per sé - un'arma da fuoco non è diversa da una spada, da una forchetta, da un'automobile o da un orsacchiotto di peluche. Un'arma è semplicemente un oggetto, non gode di volontà propria, non è in grado di muoversi autonomamente o di decidere cosa farà domani pomeriggio. Tutto dipende dalla volontà, dall'intelligenza e dalle intenzioni del proprietario. A priori, un'arma da fuoco non è più pericolosa di un piccone o di una sedia. Il fatto puro e semplice di avere un'arma in casa, insomma, non implica che il suo possessore sia un pazzo assassino e che, nel volgere di pochi giorni, si renderà protagonista di una strage fra civili innocenti e inermi. Ancora una volta, a costo di essere ripetitivi, bisogna sottolineare che - tutte le volte che assistiamo a un delitto - va punito l'esecutore, non il mezzo. E' appena il caso di dire che (dal punto di vista dei diritti di proprietà) non vi è alcuna differenza significativa neppure in relazione al tipo di arma. Di per sé, ovvero per quanto attiene al diritto di detenerlo, parlare di un bastone è la stessa cosa che parlare di una rivoltella, di una 44 magnum, di un fucile a canne mozze, di un kalashnikov o di un carro armato.
C'è poi un altro discorso da affrontare, perfettamente complementare a quello appena svolto. Dire che noi tutti abbiamo diritto a essere proprietari implica, naturalmente, che nessuno può derubarci di ciò che è nostro. Delle due, quindi, l'una: o riteniamo che sulla faccia della terra esistano solo persone brave, buone, belle e simpatiche, e allora non esiste il problema e questo saggio è una mirabile sintesi di tempo perso e spazio sprecato. Oppure, più realisticamente, riconosciamo che i criminali, piaccia o no, esistono: bisogna quindi escogitare un metodo per garantire i diritti di cui godiamo. Un modo potrebbe essere "delegare" l'onere di difenderci dai malviventi a qualcuno: lo Stato, ad esempio. Questa è una soluzione chiaramente ingiusta: perché mai noi dovremmo essere obbligati ad acquistare un servizio da qualcuno, indipendentemente dalla nostra volontà? Questo per non dire dell'inefficienza di una tale soluzione, su cui torneremo tra poco.
L'unica alternativa alla delega, però, è assumersi in proprio la responsabilità di difendere ciò che legittimamente ci spetta. Questo, si badi bene, non va confuso con un "regresso a un passato barbaro" fatto di faide e "giustizia privata". Si tratta piuttosto dell'esplicita ammissione che il proprietario è la persona più indicata a difendere la proprietà. Naturalmente, ogni tipo di reazione (difesa) deve essere commisurata all'azione (offesa) secondo un criterio di proporzionalità: ma questa è materia per i tribunali, non per queste pagine. Basti qui osservare che il diritto alla proprietà privata implica, e non esclude, il corrispettivo diritto all'autodifesa.
E' banale, a questo punto, l'osservazione che l'autodifesa è più efficiente e sicura se può avvalersi di strumenti quali possono essere le armi da fuoco: ma, per essere utilizzate, bisogna che siano anche possedute… Certo, sono giuste e legittime le preoccupazioni che taluno avanza sul rischio di ferimento, o addirittura di uccisione, dell'aggressore: ma tale rischio è anche soltanto paragonabile al ben più concreto rischio di ferimento, o di uccisione, dell'aggredito? Non ci pare proprio. Certo, l'autodifesa è possibile anche senza armi: eppure la loro presenza può essere dannatamente utile.
Alla luce di tutto questo, insomma, nasce spontanea l'osservazione: possedere armi è un diritto in sé ed è praticamente richiesto affinché ogni cittadino possa esercitare il diritto all'autodifesa, complemento e garanzia a favore della proprietà privata.