Dal forum de La Cittadella MTR
Premessa. Sul n. 29, luglio-agosto 2004, della rivista “LETTERATURA-TRADIZIONE”, pubblicazione che invitiamo tutti i nostri lettori a seguire, su invito del direttore Sandro Giovannini, è apparso questo mio scritto per il ventennale de “La Cittadella”. In esso si annuncia anche per linee generali (dandolo come doppio, mentre sarà triplo) il sommario del n. speciale della nostra rivista su Evola. In merito a ciò, devo specificare che quanto qui indicato va rettificato, poiché il prof. Aldo A. Mola non ha collaborato al n. suddetto (né ad altri), avendo dovuto dare la precedenza ad altri impegni professionali; anche qualche altra indicazione non è più valida, ma a meno importanza sottolinearla. L’articolo era corredato, su iniziativa di Giovannini, anche da una bella illustrazione, intersecante il n. de “La Cittadella” dedicato alla scomparsa del suo fondatore, S. C. Ruta, con l’effigie di un’aquila romana proveniente da Zara, ultimo lembo dell’Italia augustea e dantesca, sottratto alla Patria da un iniquo trattato “di pace”. (s. c.)
“LA CITTADELLA”:
VENT’ANNI AL SERVIZIO DEL “MITO” DI ROMA
Vent’anni fa, il 1° marzo 1984, usciva a Messina il primo numero (lo 0 per l’esattezza), de “La Cittadella”, trimestrale di studi storici e tradizionali. Fatto “in casa”, con macchina da scrivere, poi computer, carta, forbici, colla e fotocopiatrice, il periodico era stato ideato, e fu diretto fino al n. 59/60 del 1999, da Salvatore Ruta (n. 1923 - m. 2002), singolare figura della cultura di destra e del tradizionalismo italiano: “resistente” del Sud contro gli alleati e internato nel campo di Padula, tra i fondatori a Messina del MSI e poi di Ordine Nuovo, direttore con Giovanni Allegra de “Il Ghibellino”, in rapporti personali con Julius Evola e Attilio Mordini, partecipe dell’esperienza del gruppo magico dei Dioscuri, tra i fondatori agli albori degli anni ’90 del Movimento Tradizionale Romano (niente a che fare con un omonimo gruppo politico di molti anni fa). Chi scrive ha letteralmente “ereditato” da Ruta “La Cittadella”, che, grazie alle romane Edizioni del Graal di Serafino Di Luia, dal 2001 esce in una fortunata nuova serie, che giunge ora al 14°/15° numero.
Che cos’è “La Cittadella”? Il suo sottotitolo la dice “rivista trimestrale del Movimento Tradizionale Romano” (MTR), che è un movimento oggi guidato, ma è più giusto dire “amorevolmente curato”, da Renato del Ponte, Roberto Incardona, Daniele Liotta e, pure, da chi scrive. Il prof. Piero Di Vona di recente (Risguardo V, Libreria Ar, Salerno 2004, p. 40) ha ritenuto di poter indicare il MTR come uno dei frutti postumi dell’evoliano Imperialismo pagano del 1928. E in effetti il Movimento, come la rivista, opera per ridare un legittimo volto e una legittima presenza nell’Italia e nell’Europa di oggi alla spiritualità e alla cultura del “paganesimo” romano-italico. Qui si è lontani dall’atmosfera dei molteplici “nuovi culti” di questa nostra epoca. “La Cittadella” sceglie di dirsi “pagana” perché la cultura occidentale dà ormai storicamente tale aggettivo a tutta la civiltà precristiana, e in particolare a quella ellenico-romana. Come già fece Giuliano Imperatore, si tratta di rendere esplicita l’inscindibilità di tutte le forme culturali del nostro mondo antico, dalla letteratura all’arte e alla filosofia, dalla religiosità “pagana”. Quindi di cogliere nella storia dell’Occidente, e dell’Italia in primo luogo, la “lunga durata” della spiritualità e della cultura precristiana, in primis quella romano-italica Ciò mostrando anche come quello spazio vuoto che lo stesso Evola credeva di vedere tra l’antica Roma e il recupero del simbolo romano durante il fascismo, in realtà è pieno di uomini, simboli, riti, azioni nei domini della politica, del pensiero, delle arti, che testimoniano una presenza mai interrotta, grazie soprattutto al riaffiorare di tempo in tempo di una pietas capace di farsi rito, del “mito di Roma” nel nostro Paese: un “mito” irrinunciabile per ogni più alta prospettiva, anche politica, dell’Italia e dell’Europa.
Per partecipare all’avventura de “La Cittadella”, che ha un suo sviluppo anche su internet (il sito è www.lacittadella-mtr.com), non è necessario far parte del MTR, né dirsi necessariamente “pagani”, e così in essa sono ormai coinvolti parecchi nomi, più e meno noti, della cultura tradizionale italiana, ma anche della cultura accademica. Un elenco di tutti coloro che hanno scritto sulla rivista (oltre i già citati responsabili del MTR) può esser significativo: Michela Alessandroni, Marco Allasia, Alberto C. Ambesi, Stefano Arcella, Giandomenico Casalino, Nuccio D’Anna, Alfonso De Filippi, Piero Di Vona, Gennaro D’Uva, Mario Giannitrapani, Andrea Marcigliano, Oscar A. Marino, Mario E. Migliori, Aldo A. Mola, Luigi Moretti, Alfonso Piscitelli, Pio Filippani Ronconi. Credo sia la prima volta, nell’Italia del dopoguerra, che a un discorso su Roma e sul paganesimo viene riconosciuta una piena dignità culturale, così che i nostri numeri escono incontrando la simpatia e l’incoraggiamento, e a volte perfino la collaborazione esplicita, di personalità certamente anticonformiste ma di incontestato rilievo nell’ambito della stessa cultura ufficiale Ho già fatto i nomi dell’orientalista Pio Filippani-Ronconi, del filosofo Piero Di Vona e dello storico Aldo A. Mola, ma devo aggiungere tra coloro che ci leggono il prof. Pierangelo Catalano, autorità nel campo del Diritto Romano e patrocinatore dei convegni internazionali Da Roma alla Terza Roma, il filosofo Stefano Zecchi, poeti come Giuseppe Conte e Rosita Copioli. Già la vecchia serie era letta da Alain de Benoist.
Particolarmente significative, nella rivista, sono due rubriche fisse: Auctores, dove vengono presentati brani di autori classici (latini, raramente greci) con l’occhio rivolto sempre a tematiche religiose o politico-sociali di interesse attuale, e Pagine ritrovate, ripescaggio di pagine inusuali, ma profondamente legate ai nostri temi, di autori, italiani e non, dal Medioevo ai nostri giorni (tra i moderni Henry James, Papini, D’Annunzio, Pavese). Si è poi iniziata la riscoperta, con relativa pubblicazione degli scritti, di figure di fine Ottocento-inizio Novecento, come l’antichista Ersilia Caetani Lovatelli. Il resto della rivista è stato occupato da saggi a carattere metafisico, esoterico, religioso, cultuale, archeologico, storico, letterario, politico-sociale tanto seri quanto volutamente accessibili a un pubblico il più vasto possibile, che comprende professori universitari come operai.
Il 2004 lo abbiamo iniziato con un n., il 13, monografico su Roma e l’Oriente, che ha riproposto anche scritti obliati (del 1933-34) di Mussolini ed Evola; ma il massimo impegno lo ha richiesto la preparazione del n. doppio 14/16 dedicato a Julius Evola nel trentennale della morte. Non si tratta del solito omaggio di rito ad una figura fondamentale un po’ per tutta l’area della nostra cultura, ma di un lavoro apportatore di autentiche novità: in primis il testo assolutamente inedito di un lungo colloquio, registrato su nastro, avuto con Evola nel 1971 dal messinese Attilio Spadaro, e che il prof. Di Vona ha adeguatamente commentato. Il prof. Aldo A. Mola ha preso lo spunto da un dimenticato articolo di Evola sulla dimensione esoterico-guerriera dei Savoia per sfatare l’idea, erronea ma diffusa, di un Evola anti-sabaudo. Gennaro D’Uva ha compiuto uno degli studi più importanti finora apparsi, e forse il più originale, sull’operato evoliano nella vita spirituale, politica e culturale dell’Italia contemporanea. Io ho approfittato del sessantesimo anniversario dell’assassinio di Gentile per “pacificare” il giudizio evoliano sul padre dell’attualismo. Roberto Incardona ha sottolineato le costanti “giulianee” del pensiero evoliano. Alfonso Piscitelli ha riguardato il “mito solare” di Rivolta contro il mondo moderno. Luigi Moretti ha tracciato il profilo astrologico di Evola. Oscar A. Marino ha raccontato la vera storia della “edizione pirata” di Imperialismo pagano del 1968 e Renato del Ponte quella del Centro Studi Evoliani. In più sono stati ripubblicati e annotati capitoli “perduti” di prime edizioni di libri di Evola e un’appendice di documenti. Un numero “storico”, dunque, che è anche un riconoscimento di quelle lontane radici che, dicevo all’inizio, il prof. Di Vona ha voluto assegnarci in sede di indagine storiografica.
Sandro Consolato