Poi; succede anche di QUESTO nei Paesi (in parte, almeno) civili...
Altro che salva Previti.
Non passa negli Usa il tentativo di «tutelare» Tom DeLay
Bruno Marolo
WASHINGTON
Ogni paese ha i suoi Previti e i suoi Dell'Utri.
Alcuni, però, sono più rigorosi di altri.
Negli Stati Uniti non è ammesso il salvataggio.
Sotto la pressione di una base popolare sdegnata, la maggioranza repubblicana alla Camera ha rinunciato a votare un nuovo codice di comportamento che secondo gli autori avrebbe messo al riparo il suo capogruppo Tom DeLay dagli assalti dei «giudici politicizzati».
L'assemblea dei deputati, riunita ieri (martedì) per la prima volta dopo le elezioni, ha confermato il regolamento in vigore.
Se il leader di un gruppo parlamentare viene messo sotto accusa dalla magistratura, si deve dimettere immediatamente, senza aspettare il processo.
Per i leader politici non vale il principio per cui ogni cittadino è considerato innocente fino a quando non sia dichiarato colpevole da una sentenza definitiva.
Il prestigio del parlamento non consente che il sospetto sfiori persone chiamate a esercitare una funzione pubblica.
«Un capo deve sacrificarsi per il partito, e non chiedere al partito di esporsi alle critiche dell'opinione pubblica per difenderlo», ha dichiarato il deputato repubblicano Mark Steven Kirk.
Il gruppo parlamentare dal partito, riunito a porte chiuse lunedì sera, ha approvato all'unanimità una mozione che chiede al capogruppo di affrontare la legge in tutto il suo rigore.
Lo stesso DeLay ha preso l'iniziativa.
«Sono fiducioso - ha detto ai colleghi - che non sarà mossa alcuna accusa contro di me ma voglio evitare che le mie vicende giudiziarie diventino un problema per il partito».
All'origine della polemica vi è il provvedimento di un «grand jury», una giuria istruttoria del Texas, che ha incriminato tre attivisti repubblicani per violazione della legge sul finanziamento delle campagne elettorali. Secondo l'accusa i tre hanno accettato da diverse grandi aziende contributi superiori al massimo consentito dalla legge. I soldi erano destinati ai candidati repubblicani per la camera dello stato del Texas. Tom DeLay, che è deputato nel congresso federale e non in quello dello stato, non ha ricevuto neppure un dollaro. Tuttavia i tre attivisti in attesa di giudizio lavoravano anche per lui. La sua posizione a Washington gli consente di svolgere un ruolo di primo piano anche nel Texas dove è stato eletto. Egli stesso si è vantato di avere ispirato la riforma delle circoscrizioni grazie alla quale il suo partito ha ottenuto cinque seggi in più nelle ultime elezioni.
Se il «grand jury» decidesse di mettere sotto accusa DeLay per complicità nella raccolta dei fondi neri, cambierebbe il capogruppo della maggioranza alla Camera e il presidente George Bush perderebbe un alleato prezioso, che viene dal Texas come lui e sostiene a spada tratta i suoi programmi radicali. Gli stessi repubblicani che applaudivano l'inchiesta del grande inquisitore Kenneth Starr sulle trasgressioni sessuali dell'ex presidente Bill Clinton, questa volta hanno fatto quadrato contro le incursioni dei giudici sul terreno politico. Hanno accusato i magistrati del Texas di indagare su Tom DeLay per fare lo sgambetto a George Bush, e hanno cercato di tenerli a bada.
In novembre, i deputati repubblicani hanno preparato una bozza di nuovo regolamento della Camera, che avrebbe autorizzato i capigruppo sotto accusa a rimanere in carica fino alla conclusione del processo. Era ovviamente un provvedimento su misura per Tom DeLay. Il capogruppo aveva già ricevuto tre ammonimenti dalla commissione etica del congresso, per il modo in cui minacciava di sabotare le campagne elettorali dei suoi compagni di partito restii ad approvare le richieste di Bush.
La base del partito si è ribellata. Zach Wamp, un deputato del Tennessee, ha dichiarato: «Se votassi un regolamento simile sentirei il bisogno di una doccia. Quando sono stato eletto per la prima volta nel 1994 mi è stato raccomandato di tenere alto il buon nome del congresso. Dopo dieci anni mi si chiede di adottare una morale più elastica».
Alla fine lo stesso DeLay ha fatto marcia indietro.
«Nelle vacanze di Natale - ha spiegato il suo portavoce Jonathan Grella - ha riflettuto a lungo, e ha deciso di non fornire ai nostri avversari pretesti per criticarci».
Si resta in attesa dei commenti dei vari "amerikani" (de noantri), dei "filo-USA" (a gettone) e dei berlusconidi di qualsiasi genere.
Buona discussione...