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  1. #1
    Ludovico
    Ospite

    Predefinito Falsità della religione pretesa riformata.

    (di Sant'Alfonso Maria de' Liguori)

    §. 1. Si prova esser falsa primieramente perché manca a' loro capi la divina missione.

    1. Bisogna dire a questi novelli maestri di fede quel che dicea Tertulliano a' novatori dei suoi tempi: Qui estis vos? quando et unde1? Diteci, Lutero, Zuinglio, Calvino, Socino, donde siete venuti? Voi eravate già nella chiesa romana; da quella chi vi ha mandati a predicare queste nuove dottrine che avete sparse? Dice l'apostolo che ogni predicazione bisogna che sia approvata dalla legittima missione: Quomodo praedicabunt, nisi mittantur? Quindi gli apostoli, parlando di alcuni ch'erano andati a predicare a' gentili senza essere stati da loro messi, avvertirono que' neofiti che non li sentissero, appunto perché erano andati a predicare a coloro (come dissero) quibus non mandavimus2.

    2. È vero che la missione può essere di due sorte, ordinaria e straordinaria. Può sì bene darsi la missione straordinaria, come fu quella di s. Paolo; ma una tal missione non sarà mai stimata legittima, se non è comprovata da una rara santità di vita ed insieme da' miracoli. Tale fu la missione di s. Paolo, il quale perciò scrisse: Tametsi nihil sum, signa tamen apostolatus mei facta sunt super vos in omnia patientia, in signis et prodigiis et virtutibus3. E pure san Paolo, benché eletto dal medesimo Signore a convertire le genti, non ardì di mettersi a tale officio, senza prenderne prima l'oracolo da s. Pietro, com'egli scrive4. Onde s. Girolamo poi dice: Ostendens (Paulus) se non habuisse securitatem evangelii praedicandi, nisi Petri, et qui cum eo erant, fuisset sententia roboratus5. Tale doveva essere ancora la missione de' capi delle sette contrarie alla chiesa romana, cioè doveva essere almeno accompagnata da una gran santità di vita e da' miracoli. Ma in quanto alla vita santa, noi vediamo che gli eresiarchi e specialmente questi ultimi del settentrione han fatta una vita indegna, non solo di cristiano, ma anche di uomo; e così hanno insegnato a vivere anche agli altri. Giova qui pertanto far menzione speciale di ciascuno per vedere come e per qual causa si ribellarono dalla chiesa.

    3. E parlando in primo luogo di Lutero capo de' novatori, dee sapersi che nell'anno 1517. volendo Leone X. rifare la chiesa di s. Pietro, anzi ridurla in forma più splendida dell'antica, promulgò alcune indulgenze per coloro che volessero colle limosine concorrere alla fabbrica. Delegò pertanto l'affare in Germania a più vescovi e specialmente all'arcivescovo elettor di Magonza; e questi commise la promulgazione delle indulgenze al p. Giovanni Tetzelio domenicano. Ciò offese gli eremitani di sant'Agostino; onde Martino Lutero, trovandosi in detto tempo già fatto eremitano, istigato dalla passione, cominciò a predicare contro il valore delle indulgenze, e disseminò ancora alcune conclusioni a tal fine, le quali essendo state condannate in Roma come eretiche, si diede a pubblicare tutti gli altri suoi errori. Indi apostatò dalla sua religione, si prese per moglie una monaca Caterina de Bore, e visse poi sino alla morte, che accadde nel 1546. da bruto fra le crapole, ubbriachezze ed impudicizie. Ecco la missione del capo de' riformati1.

    Passiamo agli altri.

    4. Ulderico Zuinglio nacque nel 1487. a Wildhaugen nel contado di Toggembourg negli svizzeri. Fece i suoi studj a Basilea dove nel 1505. fu ricevuto per dottore in teologia, e poi fu fatto curato in Zuric. In questa città, dopo che Lutero avea già sparsi i suoi errori, cominciò egli a lodare la lettura de' libri di Lutero, ed a predicare le sue nuove dottrine, discordanti per altro in molte cose da quelle di Lutero. Poiché insegnò specialmente con Pelagio che ogni nostra buon'opera dipende dall'arbitrio umano, e che nell'eucaristia non vi è realmente il corpo di Gesù Cristo, ma il solo pane che rappresenta il di lui corpo, a cui l'uomo si unisce spiritualmente per la fede. Egli poi morì nella battaglia che nel 1531. i cantoni cattolici fecero cogli eretici, dove questi furono tagliati a pezzi.

    5. Giovanni Calvino finalmente nacque in Noyon nel 1509. di parenti oscuri. Studiò in Parigi, dove avendo poi cominciato a spargere i suoi errori, fuggì di là, e, dopo aver mutati diversi paesi, si ridusse finalmente in Ginevra, in cui nel 1536. fu fatto professore di teologia. Ma di poi fu bandito anche da Ginevra come sedizioso, e passò a Strasbourg, dove si ammogliò; ma appresso ritornò a Ginevra, ed ivi insegnò per 23 anni, e morì nel 1564. Egli fu superbo ed ambizioso e preso da un'ostinazione inflessibile. Fu ancora impudico, narrandosi che in sua gioventù fu bandito anche dalla sua patria di Noyon per le sue infami sfrenatezze. Ecco come lo Spondano all'anno 1534. scrive di Calvino: Quod vero traditur vulgo, eum in turpe crimen incidisse, ac propterea in vitae discrimen, nisi poenae moderationem episcopus impetrasset, lilii candentis ad humerum inustionem et exilium. E scrive Bolzech prima discepolo di Calvino ed apostata e poi ravveduto e ritornato alla chiesa, che l'istrumento di tal condanna fu ben riconosciuto in Noyon dal Bertelerio segretario di Ginevra1.

    6. Questa fu la santità de' nominati propagatori del nuovo vangelo. Vediamo ora, se fecero alcun miracolo in conferma della loro vantata straordinaria missione divina. Ma parlando dei loro miracoli disse Erasmo: In quibus nec est sanctitas, nec miracula, ut qui nec caudam quidem equi sanare queant2. È celebre non però il gran miracolo che fece Lutero in Vittemberga, come narra Federigo Stafilo, prima luterano e poi convertito alla fede cattolica, il quale vi si trovò presente, e lo vide coi proprj occhi. Egli nel suo scritto intitolato: Responsio contra Iac. Smidelin pag. 404. scrive così: «Fu condotta da Misna una figliuola indemoniata a Lutero, acciò fosse da lui liberata. Egli la fece condurre nella sagrestia della chiesa, e cominciò ad esorcizzare il demonio, non come usa la chiesa cattolica, ma a modo suo. Il demonio non solo non l'ubbidì, ma lo riempì di spavento; onde Lutero cercò di uscire subito da quella stanza, ma lo spirito maligno chiuse le porte. Lutero corse alla finestra, affin di uscire almeno per quella, ma anche la trovò chiusa con ferri. In fine fu somministrata di fuori una scure, ed io come più giovane e robusto, con quella feci in pezzi la porta, e così scappammo.» Più ammirabile poi, ma più funesto fu il miracolo che fece Calvino, come scrive Girolamo Bolzech in vita Calvini cap. 13. Ivi dice così: «Un certo, nomato Bruleo, essendo povero, ricorse a Calvino, il quale promise di sovvenirlo, purché avesse egli fatta una cosa che da lui volea. La cosa era, ch'egli si fingesse morto, e che alla voce poi di esso Calvino, avesse dimostrato di risuscitare. Ubbidì il povero Bruleo, ma che avvenne? Quando Calvino gridò: Bruleo, in nome di Gesù C. alzati, quel misero non fece moto. Replicò Calvino il comando, e Bruleo non si movea. Finalmente andò la moglie a scuoterlo, e lo trovò veramente morto; ond'ella piangendo poi, e gridando ad alta voce, cominciò a raccontare in pubblico il fatto com'era andato.»

    7. Posto dunque che la missione di cotesti nuovi institutori di religione non sia stata straordinaria, perché destituta della santità della vita e dei miracoli, dovrebbero essi provare che la loro missione sia stata almeno ordinaria. La missione ordinaria è quando il sommo pontefice per tutto il mondo, o pure i vescovi per le loro diocesi mandano sacerdoti a propagar la fede nei popoli. Ma i novatori come possono appropriarsi questa missione, quando essi, separandosi da' vescovi e dal capo della chiesa romana, qual è il papa, sono usciti a predicare e piantare una religione tutta opposta a quella che la chiesa romana professa? Se dunque (torniamo a replicare il detto di sopra) la chiesa romana è stata la prima fondata da Gesù Cristo e stabilita dagli apostoli, e tutte le altre società, separandosi da lei, da lei sono uscite; dunque tutte son false e scismatiche, e la sola romana è la vera chiesa di Gesù Cristo.


    ---------------------------------------------------------
    1 De praescript. .c 37.

    2 Act. 15. 24.

    3 2. Cor. 12. 11.

    4 Gal. 1. 18.

    5 Epist. inter Aug. 75. n. 8.

    1 Lutero nacque in Islebio della Sassonia nell'anno 1483. Egli si fece religioso tra gli eremitani di s. Agostino mosso per lo spavento di un fulmine, che uccise un suo compagno che gli stava a lato. Ebbe un ingegno acuto e vivace, né era scarso di lettere; ma non già tanto ricco, quanto la sua superbia gli facea presumere; che perciò nel disputare era molto petulante, e questa petulanza, unita alla sua loquacità, faceagli riportare da' suoi aderenti quell'applauso che non meritava. Ebbe una copiosa memoria di erudizioni, ma così confusa, che niuna materia spettante a varie istorie è stata mai da lui posta in chiaro. Fu eloquente di lingua e di penna, ma talmente scomposto e rozzo, che in tante sue opere non trovasi un periodo che possa dirsi aggiustato, e non abbia dell'inculto. Erasi così invanito di se stesso, che disprezzava tutti, anche gli scrittori più celebri della chiesa, vantandosi di aver acquistata egli la vera scienza delle cose non già da altri, ma per proprio talento: onde pretendea di abbattere Aristotile nella filosofia e s. Tommaso nella teologia.

    Era egli sommamente temerario co' suoi emoli quando eran lontani; ma quando poi vi era per lui qualche pericolo da vicino, era l'uomo più timido e codardo che possa ritrovarsi. Era inoltre molto cupido ed ingordo di ricchezze per vivere da scialacquatore secondo il suo costume, ma fu sempre povero; il che riuscì sommamente intollerabile alla sua alterigia. Furono suoi seguaci più principi, ma questi attesero agl'interessi proprj, e niente pensarono a sovvenirlo; onde egli appena si alimentava col puro salario che avea della sua cattedra. Scrisse Pietro Paolo Vergerio (quell'infelice vescovo di Capo d'Istria e nunzio pontificio in Germania, che poi apostatò dalla fede, e si ritirò a vivere nell'Elvezia) che vide Lutero con un vestito così misero e logoro, che sembrava un mendico.

    Egli si mosse in principio della sua perversione a vomitare i suoi errori spinto parte dallo sdegno conceputo, come dice un istorico, contro la corte di Roma, per un favore colà richiesto e non conseguito, e parte dalla gelosia presa contro i padri domenicani, per l'onore lor dato di pubblicar essi le indulgenze concesse dal papa; indi col favore de' principi suoi fautori ebbe l'agio di pervertire tante anime, che ora gli fan compagnia e corona all'inferno. Scrive il cardinal Pallavicino che Lutero dimostrò spesse volte dolore di essersi tanto inoltrato contro il pontefice e la chiesa cattolica; ma seguitò la sua esecranda impresa, perché gli parve di vedersi tagliato il ponte dietro le spalle.

    Lutero morì di anni 65 nel 1546 nella stessa sua patria d'Islebio in una notte, di cui avea passata la sera in una lauta cena colle sue solite facezie. Ma prima di morire ebbe due ore di dolori così acerbi, che finalmente gli strapparono quell'anima maladetta per mandarla all'inferno. Stando vicino a spirare, rivolto a Giusto Iona suo infame discepolo, in testimonianza dell'ostinazione con cui moriva, gli disse questa bestemmia: Orate pro Domino Deo nostro et eius evangelio, ut ei bene succedat; quia concilium Tridenti et abominabilis papa graviter ei adversantur. E così detto spirò. Il suo cadavere riposto in una cassa di stagno fu come sopra un carro in trionfo portato a Wittemberga seguitato da Catarina sua concubina con tre suoi figli dentro di un cocchio e da più nobili a cavallo e gente plebea a piedi. Filippo Melantone, Giovanni Pomerano e Giusto Iona suoi primarj discepoli, tutti perorarono in lode di Lutero, e 'l Pomerano compose l'epitafio da scolpirsi sopra del di lui sepolcro: Pestis eram vivus, moriens ero mors tua, papa. Le notizie qui poste son ricavate dal Cocleo e dal cardinale Pallavicino.



    1 Calvino e Lutero furono, come già si sa, l'uno più empio dell'altro, ma furono di naturali e costumi differenti. Calvino di natura malinconica e taciturna; Lutero di animo scomposto e abbondante di parole: Calvino parco di cibo e macilente di corpo, afflitto continuamente dalla emicrania e doglia di stomaco; Lutero di grossa corporatura e grassa, scialacquato ne' conviti e di buona sanità: Calvino cauto, flemmatico e perciò tedioso nel parlare; Lutero molto loquace e precipitoso e perciò benvoluto da' suoi seguaci: Calvino elegante nelle sue composizioni; Lutero di stile rozzo e disordinato. Onde successero tra loro diversi atti di sdegno. Lutero esclamava contro i Calvinisti, e Calvino contro i Luterani. Ecco come Calvino parlò di Lutero nella sua epistola 57 a Bullingero: Cognosco quidem Lutherum ut insignem Dei servum; sed sicut multis pollet virtutibus, ita magnis vitiis laborat. Lutero ebbe l'infame vanto di aver pervertita la Germania, Calvino di aver pervertita, oltre di Ginevra, l'Inghilterra e la Francia; e perché le sue infermità gli impedivano di accrescere il fuoco già acceso colla voce, egli si affaticò colla penna a mandare per tutta l'Europa molti suoi pestiferi libri in danno della fede. Calvino finalmente nell'anno 1564 a' 26 di maggio morì in età di anni 55 non ancora terminati, oppresso da acerbi dolori di viscere; e non già, come scrive Teodoro Beza, placidissime, ma, come attesta Bolzech (in vita Calvini) finì la vita daemones invocans, vitae suae diras imprecans, ac suis studiis et scriptis maledicens; denique ex suis ulceribus intolerabilem foetorem emittens, in locum suum descendit. E morì odiato da' suoi stessi ginevrini, i quali nella di lui vita soleano dire: Malle se apud inferos esse cum Beza, quam apud superos cum Calvino.

    2 Tract. de l. arbitr.

  2. #2
    Ludovico
    Ospite

    Predefinito

    Originally posted by Thomas Aquinas
    L'insegnamento di sant'Anfolso deve essere costentualizzato e letto nella luce del Concilio, senza aver paura di falciar via gli errori dell'epoca che ora, dopo secoli di studi, che non sono stati inutili, sono stati superati.

    cordialmente.

    Thomas, non ho voglia di polemizzare. Faccio la seguente precisazione solo per gli utenti che leggono per la prima volta queste cose: le verità di Fede, la dottrina cattolica insegnata dai padri e dottori della Chiesa o quello che dicono in un Concilio i vescovi uniti al Papa o che insegnano i Pontefici non muta e non può mutare. E non può essere superato. La dottrina cattolica si distingue per essere divinamente rivelata e, di conseguenza, eterna. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
    Non m'interessa se per te ciò che dice sant'Alfonso è pieno di errori da dover essere falciato. O se per te la verità può essere "superata" e tutto ha un valore relativo all'epoca storica in cui viene detto. Ti invito a non crederlo; di più non posso dirti.
    Perciò, se magari non risponderò ai tuoi prossimi post provocatori, saprai che lo farò per non ripetere le cose che ho detto qui. Cordialmente.

  3. #3
    Ludovico
    Ospite

    Predefinito

    §. 3. La regola della fede è la definizione della chiesa.

    (di Sant'Alfonso Maria de' Liguori)

    20. I dogmi della fede debbono esser certi; ma perché circa le cose della fede doveano anche tra gli stessi fedeli sempre insorgere molti dubbj e diversità di opinioni, è stato sempre ed assolutamente necessario che vi fosse un giudice infallibile, che avesse da Dio la facoltà di decidere le controversie, ed al quale tutti dovessero sottomettere il lor giudizio, ed ubbidire, tenendo tutti per certo quello che egli definisce così a rispetto della veracità delle scritture e del vero lor senso, come degli altri punti di fede; altrimenti circa la loro credenza non vi sarebbe regola certa, né finirebbero mai i contrasti, ed ognuno si formerebbe una fede a parte, ma fede, che, essendo incerta, non è più fede. Ed in tal modo resterebbero gli uomini sempre divisi e discordi nella credenza.

    21. Questa verità della necessità di un giudice infallibile nelle controversie la riconoscono anche i riformati. Scrive monsig. Bossuet nella sua conferenza avuta col signor Claudio calvinista, che nel libro della disciplina della religion pretesa riformata vi sono due atti, nel primo si legge così: Che le quistioni di dottrina sarebbero terminate colla parola di Dio (se si può) nel concistoro; quando no, l'affare sarebbe portato al colloquio, indi al sinodo provinciale, e per ultimo al nazionale, in cui si farebbe la final risoluzione colla parola di Dio; alle quali, se alcuno ricusasse di acchetarsi in tutti i punti e con espressa abiura de' proprj errori, sarebbe smembrato dalla chiesa. Il secondo atto era la condanna degl'indipendenti, i quali diceano che ciascuna chiesa dovea governarsi da se stessa, senza veruna dipendenza da chi si sia. Questa proposizione fu condannata nel sinodo di Charenton come pregiudiziale alla vera chiesa, e che dava libertà di formare tante religioni, quante parrocchie. Sicché ancora gli eretici conoscono che non basta la sola scrittura ad assicurarli nella credenza, ma che è necessaria soggettarsi al giudizio della chiesa, che loro spieghi il senso vero delle scritture; altrimenti sempre sarebbe rimasta la porta aperta a stabilire tante religioni, quante sono non solo le parrocchie, ma anche le teste degli uomini. Ma perché il giudizio de' loro sinodi non è giudizio infallibile, perciò essi restano sempre discordi e diversi nella credenza.

    22. Finché dunque gli eretici non trovano una regola stabile, che gli assicuri con certezza di fede del vero senso delle scritture, essi non possono mai aver certa regola di fede. Ond'è che questi evangelici riformatori stanno sempre in continua discrepanza non solo colle altre chiese riformate, ma anche tra di loro stessi. Quindi confessò il celebre Puffendorfio protestante: Pontificiorum melior est conditio, quam protestantium: illi pontificem ecclesiae ut caput omnes agnoscunt; protestantes contra, capite destituti, fluctuant foede lacerati et discerpti. Ad suum unaquaeque respublica arbitrium omnia administrat et moderatur1.

    23. All'incontro noi altri cattolici siamo sicuri di nostra fede, perché abbiamo un giudice infallibile, che definisce tutte le controversie; e questo giudice è la nostra santa chiesa romana stabilita da Gesù Cristo, la quale non può errare, poiché egli stesso l'ha stabilita per colonna e firmamento della verità, ed ha promesso di assisterla sino alla fine de' secoli. Ella dunque ci assicura delle vere scritture e del vero senso di quelle. E Dio a questo fine anche ha disposto che le scritture non sieno tutte chiare nelle loro sentenze, per esperimentare l'ubbidienza e l'umiltà de' fedeli alla chiesa loro madre e maestra.

    24. Dunque la chiesa è quella che forma le cose di fede, e dà l'autorità alla parola divina? No, la chiesa non forma le cose della fede, né la chiesa insegna cose nuove di fede, ma solamente dichiara quelle che sono state insegnate a noi da Gesù Cristo per la scrittura o per la tradizione, parola divina scritta e non iscritta. Né mai la chiesa ha preteso di dare autorità alle sacre scritture, come gli eretici vogliono calunniarla, ma solo di dichiarare quelle che sono veramente sacre e canoniche, ritrovandole come sacre ricevute sino da' primi tempi, almeno in più parti del mondo cristiano; e quindi, assicurata dalla perpetua tradizione e dall'assistenza dello Spirito santo, comanda che si tengano come divine da' fedeli. E questa giustizia ce la rende ancora lo stesso Basnagio calvinista nei suoi annali1, ove dice: Patres ecclesiae sunt in ea re, non auctoritatis quidem, quam canon ex se habet, adiunctio, sed declaratio. Sicché la chiesa, insegnando a noi quali sono le vere scritture e il vero senso di quelle, non già da' l'autorità, né si antepone alla scrittura, ma si antepone al giudizio degli uomini privati, con esercitare quell'autorità che Dio le ha data.

    25. Né qui vale ad opporre, come oppongono i novatori, che questo è circolo vizioso, credendo infallibile la scrittura, perché lo dice la chiesa, ed infallibile la chiesa, perché lo dice la scrittura. Perocché tale opposizione varrebbe se si parlasse con un infedele che nega l'infallibilità così della scrittura, come della chiesa; ma non è circolo vizioso, parlando con un cristiano, benché eretico, che ammette la divinità della scrittura; onde se nella scrittura sta dichiarato che la chiesa non può errare, ogni cristiano dee credere quel che dichiara la chiesa. E perciò dicea s. Agostino2: Ego evangelio non crederem, nisi me ecclesiae commoveret auctoritas. All'incontro vero circolo vizioso è quello de' novatori, i quali dicono che per la scrittura si prova il senso privato, e per il senso privato si prova la scrittura; mentre l'una e l'altra proposizione son false, come abbiamo dimostrato. Essi dicono che col testo Oves meae vocem meam audiunt3 si prova il senso privato. Ma si dimanda: come si prova poi che da questo testo si approvi il senso privato? Altro non possono rispondere che col senso privato; ed ecco il circolo vizioso. Altro è poi quando il senso della scrittura è approvato dalla chiesa, la quale secondo la stessa scrittura non può errare.

    26. Sicché la regola di fede de' cattolici così intorno al credere come all'operare, è la divina parola. Questa divina parola essi poi la ricavano dalla chiesa romana, che loro dichiara qual è la vera parola divina e quale il vero senso di quella, e questa chiesa è infallibile, mentre Iddio le ha promessa la sua assistenza sino alla fine del mondo, acciocché non erri. Gli eretici moderni vantano di credere alle s. scritture; ma perché non hanno chi gli assicuri dei veri libri canonici e del vero lor senso, le scritture loro non giovano, perché, ricorrendo essi al senso privato, formano tra loro tante fedi diverse, quante son le persone, come è avvenuto coll'esperienza. Essi si appoggiano al loro esame, e perciò non possono esser mai sicuri di alcuna scrittura e del suo senso. Noi ci appoggiamo all'autorità della chiesa dichiarata da Dio Colonna della verità, e così siamo sempre sicuri. Né sappiamo come i riformati, secondo il lor sistema, possano chiamar eretici i sociniani, o altri simili che negano la trinità e la divinità di Gesù Cristo. Diranno che in quanto a questi due misterj e punti fondamentali, le scritture son chiare. Ma quelli risponderanno ch'essi non l'intendono così, dicendo che alcuni sensi delle scritture non letteralmente, ma solo allegoricamente debbono intendersi. Or chi deciderà questa causa, se la chiesa non la decide? Eh che tolto l'argine dell'ubbidienza all'autorità della chiesa, non v'è più errore che possa convincersi di errore circa qualunque dogma ed anche circa la religion naturale.

    27. Senza l'autorità della chiesa a che serve la rivelazione divina e la stessa ragion di natura, se l'una o l'altra possono interpretarsi da ognuno a suo modo? Tolta l'autorità della chiesa, ognuno potrà dire che la materia è eterna e che l'anima è mortale, ch'è falsa la trinità delle persone, l'incarnazione del Verbo e tutto quel che vuole. Questo succede, dice bene il signor Ramsay parlando di Locke, quando l'autorità della chiesa non guida il filosofo; le decisioni di quella non gli servon di bussola, e perciò allora non può non errare. Ecco come un ariano si oppone a' riformati, parlando del sinodo di Dordrect: Tutti i dottori riformati, dice, tra' quali si noverano Calvino e Beza come principali, s'accordano in questo punto generale, che tutti i concilj e sinodi, per santi che sieno, possono errare in ciò che spetta alla fede. Onde poi siegue a dire: Il fondamento della vera riforma... esige che né si possa, né si debba alcuno sottomettere, né soscrivere a sinodo alcuno, se non con questa condizione che dopo aver bene esaminati i di lui decreti al paragone della parola di Dio, che solo ci serve di legge in materia di fede, si trovino essi conformi a questa parola. Quindi, parlando dei protestanti, dice: Ma se eglino cangian massima, e vogliono che ciascun si sottometta a' loro sinodi assolutamente, essi allora non possono più rispondere a' papisti cosa che vaglia, e bisognerà che diano loro vinta la causa1. Questo è quel grande argomento che convertì un ministro francese, come porta il p. Valsecchi. Questi considerando che il sistema calvinistico lo portava a tollerare qualunque errore di eresia, di deismo ed anche di ateismo, si fece cattolico, e poi cacciò fuori un'opera molto utile, le due vie opposte in materia di religione. Ed in verità da tal sistema è nata quella moltitudine di empj, che nel passato e presente secolo sono abbondati nei paesi protestanti, ed hanno da per tutto seminati i loro errori.

    28. Ma replica un riformato: non ostante l'autorità e l'infallibilità che vanta la vostra chiesa, pure l'Italia abbonda di deisti materialisti. Rispondiamo: volesse Dio e non fosse vero che alcuni libertini, e forse anche molti, nella nostra Italia, per vivere con maggior licenza e con minor rimorso, colla pena del quale troppo caro si compra il piacer del peccato, non si fossero aggregati all'infelice numero de' miscredenti. Ma di chi mai è un tal acquisto, se non degli infami libri usciti da' paesi oltramontani, che son giunti ad infettare anche le nostre parti? Questi non però tra noi, se sono scoperti, non si tollerano, ma si castigano e si sbandiscono dal commercio degli altri. Del resto la certezza dell'infallibilità della nostra chiesa è ben atta da sé a terminare le questioni di fede; e gli empj che tra noi dimorano, perciò sono empj, perché non ubbidiscono alla chiesa: a differenza del sistema de' novatori, che non è atto a raffrenare le libertà di coscienza, ma col principio dell'esame ad ognuno permesso delle cose di fede, apre da se stesso la via ad abbracciare ogni sistema di credere e per conseguenza ogni errore.

    29. Ma come, replicano i protestanti, la chiesa romana poteva accertarsi della verità delle scritture e del vero lor senso e di tutti gli altri punti che ha definiti di fede? Come? Coll'assistenza dello Spirito santo e colla tradizione la quale è vera parola di Dio, siccome è la scrittura, e senza la quale non si avrebbe potuta ottenere la certezza della scrittura. E ciò proveremo nel seguente paragrafo.


    --------------------------------------------------------
    1 De Mon. Pont. p. 134.

    1 Sec. 3. diss. 9. n. 16.

    2 L. 1. controv. ep. Manich. c. 5.

    3 Ioan. 10. 27.

    1 Ep. Ioan. Vytembogardi ad Lud. Colin. etc.

  4. #4
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    Predefinito

    Originally posted by Thomas Aquinas
    La risposta mia e qualla di Dreyer, due tagli diversi.

    senza entrare nel merito della questione, davvero avvilente la risposta data da Ludovico (Dreyer) nei confronti di un dotto santo della Chiesa, S. Alfonso Maria de' Liguori, che avrebbe scritto "cazzate"
    Soprattutto se coloro che coloro che scrivono queste cose si professano "cattolici". Un po' di linguaggio contenuto, senza debordamenti, condito con una buona dose di modestia ed umiltà, forse, non farebbe male, soprattutto laddove si abbia a che fare con i Santi.
    Per incidens, se anche S. Alfonso assieme a S. Massimiliano M. Kolbe hanno scritto "cazzate", non vedo dove potremmo andare a finire. Praticamente certuni si ergono al di sopra dei Santi e dei Dottori della Chiesa ... . E questo a prescindere dalle motivazioni addotte, che meriterebbero ben altro approfondimento ed una più puntuale replica.

    Su Lutero, v. QUI, QUI e QUI.

  6. #6
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    Predefinito Contro possibili obiezioni ...

    Innanzitutto chiariamo: il termine di Dottore della Chiesa è attribuito, riprendendo il significato originario, a coloro i quali, tramite il loro insegnamento della fede, hanno consentito un progresso nella conoscenza della dottrina da parte della Chiesa. Esso non può non essere attribuito che a quei Santi che si sono contraddistinti per la limpidezza della dottrina e per l'integrità della fede professata in esse (come direbbe Paolo VI nel proclamare S. Teresa d'Avila a Dottore della Chiesa, la dottrina di chi è fregiato di questo titolo "risplende dei carismi della verità, della conformità con la fede cattolica, dell’utilità per l’erudizione delle anime" - Omelia del 27.9.1970).
    Insomma, "Dottore della Chiesa" è una locuzione usata, sin dai tempi del Savonarola (fine del XV sec.), per indicare uno scrittore ecclesiastico, dichiarato dalla Chiesa di dottrina ortodossa, uomo di eminente scienza e santità di vita.
    V'è da dire che per conseguire questo titolo onorifico, gli scritti del Santo sono sottoposti ad un rigoroso processo canonico (simile a quello di beatificazione/canonizzazione) e la pronuncia relativa del Sommo Pontefice gode del dono dell'infallibilità (così come la pronuncia di canonizzazione).
    Ciò detto, evidentemente, Dreyer si è espresso in termini affatto rispettosi di S. Alfonso. Quindi è inutile che cerchi di difendere l'indifendibile. Altro è dire che non si condivide ciò che un Dottore della Chiesa ha scritto (ovviamente puntualmente argomentando e non già limitandosi a petizioni di principio del tipo "non sta nè in Cielo nè in terra": bisogna portare le proprie ragioni, motivando rigorosamente, altrimenti quantomeno si pecca di superbia); altro è adoperare termini, nei riguardi dei Santi e di quelli, poco ... felici.
    Quanto al Dreyer "storico", beh ... lasciamo stare. Non è neanche (ancora) laureato ... . E comunque un po' di sana umiltà ogni tanto non guasta, soprattutto quando ci si confronta con grandi personalità della Chiesa, come, appunto, S. Alfonso de' Liguori.
    In ogni caso, apprezzo la difesa di M. Lutero e la critica senza quartiere di Leone X (che, nonostante i suoi limiti personali, rimane un Pontefice della Chiesa, degno per questo solo di rispetto, come tutti gli altri Papi, del passato come di quelli recenti).
    E con questo invito i cattolici o chi si professa tale di non limitarsi a mere petizioni di principio ed ad adoperare un linguaggio più rispettoso dei Santi e Dottori della Chiesa.

  7. #7
    Ludovico
    Ospite

    Predefinito

    Originally posted by Thomas Aquinas
    -1)Quello che hai riportato non è Magistero pontificio e\o ordinario e universale.
    Originally posted by Thomas Aquinas
    Sant'Anfolso ha attinto alla bassa propaganda che girava al tempo, le sue fonti erano quelle, c'era poco da fare.
    E' santo sì, ma non per questo ha la scienza infusa.
    Oggi, grazie al Cielo, sappiamo che le cose che dice sono in parte false congetture dovute alla scarsa conoscenza del protesantesimo.
    La fede non c'entra.
    saluti
    Veramente sant'Alfonso, che non scrive una sola virgola fondata sul niente (o come dici te, "attingendo alla bassa propaganda che girava al tempo") basa i suoi scritti soprattutto sul Magistero della Chiesa.
    Con particolare riguardo al protestantesimo, nell'opera intitolata "Opera dogmatica contra gli eretici pretesi riformati" del 1769 nell'"Avvertimento" introduttivo si legge: "In quest'opera si espongono tutti i punti di fede discussi e definiti dal sacro concilio di Trento, si confutano gli errori di essi novatori e si risponde alle opposizioni loro[...].
    Ne approfitto per mostrare almeno l'indice di quest'opera che combatte l'eresia protestante. Valutino i lettori se "la fede non c'entra"...

    ALLA SANTITÀ DI N. S. CLEMENTE XIV.
    AVVERTIMENTO
    INTENTO DELL'OPERA


    SESSIONE IV. Della scrittura e delle tradizioni.
    -------------------------------------------------------------------------

    § 1. Dell'approvazione de' sacri libri e delle tradizioni.
    § 2. Dell'edizione ed uso de' sacri libri.
    § 3. Diverse notizie utili ai lettori circa i libri canonici della scrittura.
    §. 4. Opposizioni che si fanno da' contrarj a' libri deuterocanonici.
    §. 5. Se le divine scritture furono inspirate da Dio così in quanto alle cose come in quanto alle parole.
    §. 6. Del senso delle divine scritture.
    §. 7. Delle diverse versioni della scrittura.
    § 8. Si aggiungono qui per fine più notabili dottrine circa le tradizioni.
    §. 9. Regole con cui può conoscersi che una tradizione è divina e non umana.


    SESSIONE V. Del peccato originale.
    --------------------------------------------------------------------------------

    SESSIONE VI. Della giustificazione. Proemio.
    --------------------------------------------------------------------------------

    TRATTATO AGGIUNTO
    § 1. Del sistema de' tomisti.
    §. 2. Del sistema di Molina.
    §. 3. Si espone il sistema de' congruisti.
    §. 4. Del sistema del Tomassino.
    §. 5. Del sistema degli agostiniani, della dilettazione assolutamente vittrice.
    §. 6. Del sistema del p. Berti e di altri suoi compagni, della dilettazione vittrice relativa o sia per superiorità di gradi.
    §. 7. Si stabilisce la nostra sentenza, che per adempire i precetti è necessaria la grazia efficace ab intrinseco, ma questa grazia si ottiene colla grazia sufficiente della preghiera.


    SESSIONE VII. Decreto de' sacramenti.
    --------------------------------------------------------------------------------

    De' sacramenti in genere.
    Del battesimo.
    Della confermazione o sia cresima.


    SESSIONE XIII. Del sacramento dell'eucaristia.
    --------------------------------------------------------------------------------

    SESSIONE XIV. Del sacramento della penitenza.
    --------------------------------------------------------------------------------

    Cap. II. Della differenza della penitenza e del battesimo.
    CAP. III. Delle parti della penitenza.
    Cap. V. Della confessione.
    Cap. VI. Del ministro e dell'assoluzione.
    Cap. VII. Della giurisdizione e riserva de' casi.
    Cap. VIII. Della soddisfazione.
    Cap. IX. Delle opere della soddisfazione.


    DEL SACRAMENTO DELL'ESTREMA UNZIONE
    Cap. I. Dell'istituzione del sacramento dell'estrema-unzione.
    Cap. II. Dell'effetto di questo sacramento.
    Cap. III. Del ministro dell'estrema-unzione e del tempo in cui dee darsi.


    SESSIONE XXI. Della comunione sotto l'una e l'altra specie e della comunione degl'infanti.
    --------------------------------------------------------------------------------

    SESSIONE XXII. Del sacrifizio della messa.
    --------------------------------------------------------------------------------

    Dell'efficacia del sacrificio della messa.


    SESSIONE XXIII. Del sacramento dell'ordine.
    --------------------------------------------------------------------------------

    Cap. I. Dell'istituzione del sacerdozio della nuova legge.
    Cap. II. De' sette ordini.
    Nel cap. III. s'insegna che l'ordine è vero sacramento.
    Cap. IV. Della ecclesiastica gerarchia e della ordinazione.
    §. 1. Del celibato che si pratica nella chiesa in quanto agli ordinati negli ordini maggiori.
    §. 2. Del voto di continenza degli ecclesiastici.
    §. 3. Notizie dell'antichità circa il sacramento dell'ordine.


    SESSIONE XXIV. Del sacramento del matrimonio.
    --------------------------------------------------------------------------------

    SESSIONE XXV. Decreto del purgatorio.
    --------------------------------------------------------------------------------

    De' suffragi che si offeriscono da' fedeli per le anime purganti.
    De invocatione, veneratione et reliquiis sanctorum et sacris imaginibus.
    §. 1. Del culto dovuto a' santi.
    §. 2. Dell'invocazione de' santi.
    §. 3. Della venerazione dovuta alle reliquie de' santi.
    §. 4. Della venerazione alle sacre immagini.


    Delle indulgenze.
    TRATTATO DECIMOSESTO ED ULTIMO AGGIUNTO
    Ringraziamento a Dio per avere a noi dato il dono della santa fede e preghiera per aumento di questa s. fede.

  8. #8
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    Predefinito Falsità della religione pretesa riformata.

    (di Sant'Alfonso Maria de' Liguori)

    §. 1. Si prova esser falsa primieramente perché manca a' loro capi la divina missione.

    1. Bisogna dire a questi novelli maestri di fede quel che dicea Tertulliano a' novatori dei suoi tempi: Qui estis vos? quando et unde1? Diteci, Lutero, Zuinglio, Calvino, Socino, donde siete venuti? Voi eravate già nella chiesa romana; da quella chi vi ha mandati a predicare queste nuove dottrine che avete sparse? Dice l'apostolo che ogni predicazione bisogna che sia approvata dalla legittima missione: Quomodo praedicabunt, nisi mittantur? Quindi gli apostoli, parlando di alcuni ch'erano andati a predicare a' gentili senza essere stati da loro messi, avvertirono que' neofiti che non li sentissero, appunto perché erano andati a predicare a coloro (come dissero) quibus non mandavimus2.

    2. È vero che la missione può essere di due sorte, ordinaria e straordinaria. Può sì bene darsi la missione straordinaria, come fu quella di s. Paolo; ma una tal missione non sarà mai stimata legittima, se non è comprovata da una rara santità di vita ed insieme da' miracoli. Tale fu la missione di s. Paolo, il quale perciò scrisse: Tametsi nihil sum, signa tamen apostolatus mei facta sunt super vos in omnia patientia, in signis et prodigiis et virtutibus3. E pure san Paolo, benché eletto dal medesimo Signore a convertire le genti, non ardì di mettersi a tale officio, senza prenderne prima l'oracolo da s. Pietro, com'egli scrive4. Onde s. Girolamo poi dice: Ostendens (Paulus) se non habuisse securitatem evangelii praedicandi, nisi Petri, et qui cum eo erant, fuisset sententia roboratus5. Tale doveva essere ancora la missione de' capi delle sette contrarie alla chiesa romana, cioè doveva essere almeno accompagnata da una gran santità di vita e da' miracoli. Ma in quanto alla vita santa, noi vediamo che gli eresiarchi e specialmente questi ultimi del settentrione han fatta una vita indegna, non solo di cristiano, ma anche di uomo; e così hanno insegnato a vivere anche agli altri. Giova qui pertanto far menzione speciale di ciascuno per vedere come e per qual causa si ribellarono dalla chiesa.

    3. E parlando in primo luogo di Lutero capo de' novatori, dee sapersi che nell'anno 1517. volendo Leone X. rifare la chiesa di s. Pietro, anzi ridurla in forma più splendida dell'antica, promulgò alcune indulgenze per coloro che volessero colle limosine concorrere alla fabbrica. Delegò pertanto l'affare in Germania a più vescovi e specialmente all'arcivescovo elettor di Magonza; e questi commise la promulgazione delle indulgenze al p. Giovanni Tetzelio domenicano. Ciò offese gli eremitani di sant'Agostino; onde Martino Lutero, trovandosi in detto tempo già fatto eremitano, istigato dalla passione, cominciò a predicare contro il valore delle indulgenze, e disseminò ancora alcune conclusioni a tal fine, le quali essendo state condannate in Roma come eretiche, si diede a pubblicare tutti gli altri suoi errori. Indi apostatò dalla sua religione, si prese per moglie una monaca Caterina de Bore, e visse poi sino alla morte, che accadde nel 1546. da bruto fra le crapole, ubbriachezze ed impudicizie. Ecco la missione del capo de' riformati1.

    Passiamo agli altri.

    4. Ulderico Zuinglio nacque nel 1487. a Wildhaugen nel contado di Toggembourg negli svizzeri. Fece i suoi studj a Basilea dove nel 1505. fu ricevuto per dottore in teologia, e poi fu fatto curato in Zuric. In questa città, dopo che Lutero avea già sparsi i suoi errori, cominciò egli a lodare la lettura de' libri di Lutero, ed a predicare le sue nuove dottrine, discordanti per altro in molte cose da quelle di Lutero. Poiché insegnò specialmente con Pelagio che ogni nostra buon'opera dipende dall'arbitrio umano, e che nell'eucaristia non vi è realmente il corpo di Gesù Cristo, ma il solo pane che rappresenta il di lui corpo, a cui l'uomo si unisce spiritualmente per la fede. Egli poi morì nella battaglia che nel 1531. i cantoni cattolici fecero cogli eretici, dove questi furono tagliati a pezzi.

    5. Giovanni Calvino finalmente nacque in Noyon nel 1509. di parenti oscuri. Studiò in Parigi, dove avendo poi cominciato a spargere i suoi errori, fuggì di là, e, dopo aver mutati diversi paesi, si ridusse finalmente in Ginevra, in cui nel 1536. fu fatto professore di teologia. Ma di poi fu bandito anche da Ginevra come sedizioso, e passò a Strasbourg, dove si ammogliò; ma appresso ritornò a Ginevra, ed ivi insegnò per 23 anni, e morì nel 1564. Egli fu superbo ed ambizioso e preso da un'ostinazione inflessibile. Fu ancora impudico, narrandosi che in sua gioventù fu bandito anche dalla sua patria di Noyon per le sue infami sfrenatezze. Ecco come lo Spondano all'anno 1534. scrive di Calvino: Quod vero traditur vulgo, eum in turpe crimen incidisse, ac propterea in vitae discrimen, nisi poenae moderationem episcopus impetrasset, lilii candentis ad humerum inustionem et exilium. E scrive Bolzech prima discepolo di Calvino ed apostata e poi ravveduto e ritornato alla chiesa, che l'istrumento di tal condanna fu ben riconosciuto in Noyon dal Bertelerio segretario di Ginevra1.

    6. Questa fu la santità de' nominati propagatori del nuovo vangelo. Vediamo ora, se fecero alcun miracolo in conferma della loro vantata straordinaria missione divina. Ma parlando dei loro miracoli disse Erasmo: In quibus nec est sanctitas, nec miracula, ut qui nec caudam quidem equi sanare queant2. È celebre non però il gran miracolo che fece Lutero in Vittemberga, come narra Federigo Stafilo, prima luterano e poi convertito alla fede cattolica, il quale vi si trovò presente, e lo vide coi proprj occhi. Egli nel suo scritto intitolato: Responsio contra Iac. Smidelin pag. 404. scrive così: «Fu condotta da Misna una figliuola indemoniata a Lutero, acciò fosse da lui liberata. Egli la fece condurre nella sagrestia della chiesa, e cominciò ad esorcizzare il demonio, non come usa la chiesa cattolica, ma a modo suo. Il demonio non solo non l'ubbidì, ma lo riempì di spavento; onde Lutero cercò di uscire subito da quella stanza, ma lo spirito maligno chiuse le porte. Lutero corse alla finestra, affin di uscire almeno per quella, ma anche la trovò chiusa con ferri. In fine fu somministrata di fuori una scure, ed io come più giovane e robusto, con quella feci in pezzi la porta, e così scappammo.» Più ammirabile poi, ma più funesto fu il miracolo che fece Calvino, come scrive Girolamo Bolzech in vita Calvini cap. 13. Ivi dice così: «Un certo, nomato Bruleo, essendo povero, ricorse a Calvino, il quale promise di sovvenirlo, purché avesse egli fatta una cosa che da lui volea. La cosa era, ch'egli si fingesse morto, e che alla voce poi di esso Calvino, avesse dimostrato di risuscitare. Ubbidì il povero Bruleo, ma che avvenne? Quando Calvino gridò: Bruleo, in nome di Gesù C. alzati, quel misero non fece moto. Replicò Calvino il comando, e Bruleo non si movea. Finalmente andò la moglie a scuoterlo, e lo trovò veramente morto; ond'ella piangendo poi, e gridando ad alta voce, cominciò a raccontare in pubblico il fatto com'era andato.»

    7. Posto dunque che la missione di cotesti nuovi institutori di religione non sia stata straordinaria, perché destituta della santità della vita e dei miracoli, dovrebbero essi provare che la loro missione sia stata almeno ordinaria. La missione ordinaria è quando il sommo pontefice per tutto il mondo, o pure i vescovi per le loro diocesi mandano sacerdoti a propagar la fede nei popoli. Ma i novatori come possono appropriarsi questa missione, quando essi, separandosi da' vescovi e dal capo della chiesa romana, qual è il papa, sono usciti a predicare e piantare una religione tutta opposta a quella che la chiesa romana professa? Se dunque (torniamo a replicare il detto di sopra) la chiesa romana è stata la prima fondata da Gesù Cristo e stabilita dagli apostoli, e tutte le altre società, separandosi da lei, da lei sono uscite; dunque tutte son false e scismatiche, e la sola romana è la vera chiesa di Gesù Cristo.


    ---------------------------------------------------------
    1 De praescript. .c 37.

    2 Act. 15. 24.

    3 2. Cor. 12. 11.

    4 Gal. 1. 18.

    5 Epist. inter Aug. 75. n. 8.

    1 Lutero nacque in Islebio della Sassonia nell'anno 1483. Egli si fece religioso tra gli eremitani di s. Agostino mosso per lo spavento di un fulmine, che uccise un suo compagno che gli stava a lato. Ebbe un ingegno acuto e vivace, né era scarso di lettere; ma non già tanto ricco, quanto la sua superbia gli facea presumere; che perciò nel disputare era molto petulante, e questa petulanza, unita alla sua loquacità, faceagli riportare da' suoi aderenti quell'applauso che non meritava. Ebbe una copiosa memoria di erudizioni, ma così confusa, che niuna materia spettante a varie istorie è stata mai da lui posta in chiaro. Fu eloquente di lingua e di penna, ma talmente scomposto e rozzo, che in tante sue opere non trovasi un periodo che possa dirsi aggiustato, e non abbia dell'inculto. Erasi così invanito di se stesso, che disprezzava tutti, anche gli scrittori più celebri della chiesa, vantandosi di aver acquistata egli la vera scienza delle cose non già da altri, ma per proprio talento: onde pretendea di abbattere Aristotile nella filosofia e s. Tommaso nella teologia.

    Era egli sommamente temerario co' suoi emoli quando eran lontani; ma quando poi vi era per lui qualche pericolo da vicino, era l'uomo più timido e codardo che possa ritrovarsi. Era inoltre molto cupido ed ingordo di ricchezze per vivere da scialacquatore secondo il suo costume, ma fu sempre povero; il che riuscì sommamente intollerabile alla sua alterigia. Furono suoi seguaci più principi, ma questi attesero agl'interessi proprj, e niente pensarono a sovvenirlo; onde egli appena si alimentava col puro salario che avea della sua cattedra. Scrisse Pietro Paolo Vergerio (quell'infelice vescovo di Capo d'Istria e nunzio pontificio in Germania, che poi apostatò dalla fede, e si ritirò a vivere nell'Elvezia) che vide Lutero con un vestito così misero e logoro, che sembrava un mendico.

    Egli si mosse in principio della sua perversione a vomitare i suoi errori spinto parte dallo sdegno conceputo, come dice un istorico, contro la corte di Roma, per un favore colà richiesto e non conseguito, e parte dalla gelosia presa contro i padri domenicani, per l'onore lor dato di pubblicar essi le indulgenze concesse dal papa; indi col favore de' principi suoi fautori ebbe l'agio di pervertire tante anime, che ora gli fan compagnia e corona all'inferno. Scrive il cardinal Pallavicino che Lutero dimostrò spesse volte dolore di essersi tanto inoltrato contro il pontefice e la chiesa cattolica; ma seguitò la sua esecranda impresa, perché gli parve di vedersi tagliato il ponte dietro le spalle.

    Lutero morì di anni 65 nel 1546 nella stessa sua patria d'Islebio in una notte, di cui avea passata la sera in una lauta cena colle sue solite facezie. Ma prima di morire ebbe due ore di dolori così acerbi, che finalmente gli strapparono quell'anima maladetta per mandarla all'inferno. Stando vicino a spirare, rivolto a Giusto Iona suo infame discepolo, in testimonianza dell'ostinazione con cui moriva, gli disse questa bestemmia: Orate pro Domino Deo nostro et eius evangelio, ut ei bene succedat; quia concilium Tridenti et abominabilis papa graviter ei adversantur. E così detto spirò. Il suo cadavere riposto in una cassa di stagno fu come sopra un carro in trionfo portato a Wittemberga seguitato da Catarina sua concubina con tre suoi figli dentro di un cocchio e da più nobili a cavallo e gente plebea a piedi. Filippo Melantone, Giovanni Pomerano e Giusto Iona suoi primarj discepoli, tutti perorarono in lode di Lutero, e 'l Pomerano compose l'epitafio da scolpirsi sopra del di lui sepolcro: Pestis eram vivus, moriens ero mors tua, papa. Le notizie qui poste son ricavate dal Cocleo e dal cardinale Pallavicino.



    1 Calvino e Lutero furono, come già si sa, l'uno più empio dell'altro, ma furono di naturali e costumi differenti. Calvino di natura malinconica e taciturna; Lutero di animo scomposto e abbondante di parole: Calvino parco di cibo e macilente di corpo, afflitto continuamente dalla emicrania e doglia di stomaco; Lutero di grossa corporatura e grassa, scialacquato ne' conviti e di buona sanità: Calvino cauto, flemmatico e perciò tedioso nel parlare; Lutero molto loquace e precipitoso e perciò benvoluto da' suoi seguaci: Calvino elegante nelle sue composizioni; Lutero di stile rozzo e disordinato. Onde successero tra loro diversi atti di sdegno. Lutero esclamava contro i Calvinisti, e Calvino contro i Luterani. Ecco come Calvino parlò di Lutero nella sua epistola 57 a Bullingero: Cognosco quidem Lutherum ut insignem Dei servum; sed sicut multis pollet virtutibus, ita magnis vitiis laborat. Lutero ebbe l'infame vanto di aver pervertita la Germania, Calvino di aver pervertita, oltre di Ginevra, l'Inghilterra e la Francia; e perché le sue infermità gli impedivano di accrescere il fuoco già acceso colla voce, egli si affaticò colla penna a mandare per tutta l'Europa molti suoi pestiferi libri in danno della fede. Calvino finalmente nell'anno 1564 a' 26 di maggio morì in età di anni 55 non ancora terminati, oppresso da acerbi dolori di viscere; e non già, come scrive Teodoro Beza, placidissime, ma, come attesta Bolzech (in vita Calvini) finì la vita daemones invocans, vitae suae diras imprecans, ac suis studiis et scriptis maledicens; denique ex suis ulceribus intolerabilem foetorem emittens, in locum suum descendit. E morì odiato da' suoi stessi ginevrini, i quali nella di lui vita soleano dire: Malle se apud inferos esse cum Beza, quam apud superos cum Calvino.

    2 Tract. de l. arbitr.

 

 

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