In autunno un nuovo documento del cardinale Ratzinger:
liturgie "moderne", musiche inadatte, preghiere anomale non saranno
più permesse. Tornerà il canto gregoriano. E il latino...
La «messa fai da te» ha i giorni contati. Le
cerimonie «personalizzate» in cui non pochi sacerdoti si sono
sbizzarriti (e si sbizzarriscono tuttora) a colpi di rituali
stravaganti, musiche inadatte, omelie e preghiere anomale, dovranno
fare i conti con un nuovo e fermo altolà. Dopo l'enciclica
sull'Eucarestia firmata da Giovanni Paolo II il giovedì di Pasqua,
un nuovo e importante documento sta per essere varato dalla Santa
Sede. Riguarda le deviazioni dalla liturgia da parte del clero e
vedrà la luce nel prossimo autunno. Se la stessa enciclica
sull'Eucarestia è stata interpretata in questi giorni come un
richiamo all'ordine nella denuncia dell'impoverimento e della
banalizzazione di aspetti fondamentali nella somministrazione del
sacramento, la nuova iniziativa si muove nella stessa direzione:
ridare dignità e spessore al senso del sacro nelle celebrazioni. Il
cardinale Francis Arinze, africano, dallo scorso 10 ottobre prefetto
della Congregazione per il culto divino, e il cardinale Joseph
Ratzinger, prefetto dell'ex Sant'Uffizio, sono al lavoro per
comporre un elenco di istruzioni che non lascerà spazio alle libere
interpretazioni. Lo stesso Arinze, incontrando i fedeli americani in
un recente viaggio negli Stati Uniti, era stato chiaro: «Ci sono dei
bravi sacerdoti, di certo in buona fede, che la sera prima pensano a
come inventarsi la messa del giorno dopo con procedimenti e idee che
non hanno riscontro nei testi liturgici. Dobbiamo tornare al- le
regole». L'obiettivo di Arinze e di Ratzinger, che agiscono su
preciso mandato del Santo- Padre (e- proprio- Ratzinger è stato
chiamato in causa in questi giorni per il tono e i contenuti
dell'enciclica sull'Eucarestia), è fra l'altro di recuperare il
patrimonio della tradizione messo in ombra da certa disinvolta
pastorale del post Concilio, rivalutare l'uso del latino anche
attraverso un graduale re- cupero del canto gregoriano, ridare
slancio al senso profondo della sacralità e del Mistero.
Perché questa inversione di tendenza? Gli inviti più pressanti sono
venuti dall'Asia e soprattutto dall'Africa. Ma a insistere per un
ritorno allo spirito della tradizione sono soprattutto le nuove
generazioni. «ll senso del sacro affascina i giovani» fanno
osservare in Vaticano, «la banalizzazione della liturgia provoca in
loro un senso di rigetto. Certe esagerazioni del post Concilio hanno
messo troppa enfasi sul piano meramente sociale e umano: oggi
bisogna ritrovare un giusto equilibrio tra l'umano e il divino,
riconoscendo gli errori. Si è saputo di casi in cui era stata negata
la comunione a fedeli che desideravano riceverla in ginocchio. Si è
arrivati perfino a demonizzare la celebrazione in latino come se
esso fosse stato il male assoluto».
Le parole d'ordine sono «recupero» e «ritorno». Del resto, fu lo
stesso Paolo VI nella lettera apostolica Sacrifidum Laudis del 1966
ai «Superiori generali delle comunità religiose con obbligo di coro»
a porre un interrogativo che oggi, a distanza di 31 anni, sembra
tornare di monito anche per il futuro: «Gli uomini desiderosi di
sentire le sacre preci entreranno ancora nei vostri templi, se non
vi risuonerà più l'antica e nativa lingua di quelle preghiere, unita
al canto pieno di gravità e bellezza?».
(questo articolo "La messa fai da te è finita, andate in pace" di A.
Borghese apparso su Panorama del 01/05/2003)