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    Predefinito 30 settembre - S. Girolamo, Dottore della Chiesa

    Dal sito SANTI E BEATI:

    San Girolamo (o Gerolamo) (Sofronio Eusebio Girolamo), Sacerdote e dottore della Chiesa

    30 settembre - Memoria

    Stridone (confine tra Dalmazia e Pannonia), ca. 347 - Betlemme, 420

    Fece studi enciclopedici ma, portato all'ascetismo, si ritirò nel deserto presso Antiochia, vivendo in penitenza. Divenuto sacerdote a patto di conservare la propria indipendenza come monaco, iniziò un'intensa attività letteraria. A Roma collaborò con papa Damaso, e, alla sua morte, tornò a Gerusalemme dove partecipò a numerose controversie per la fede, fondando poco lontano dalla Chiesa della Natività, il monastero in cui morì. Di carattere focoso, soprattutto nei suoi scritti, non fu un mistico e provocò consensi o polemiche, fustigando vizi e ipocrisie. Scrittore infaticabile, grande erudito e ottimo traduttore, a lui si deve la Volgata in latino della Bibbia, a cui aggiunse dei commenti, ancora oggi importanti come quelli sui libri dei Profeti.

    Patronato: Archeologi, Bibliotecari, Studiosi

    Etimologia: Girolamo = di nome sacro, dal greco

    Emblema: Cappello da cardinale, Leone

    Martirologio Romano: Memoria di san Girolamo, sacerdote e dottore della Chiesa: nato in Dalmazia, nell’odierna Croazia, uomo di grande cultura letteraria, compì a Roma tutti gli studi e qui fu battezzato; rapito poi dal fascino di una vita di contemplazione, abbracciò la vita ascetica e, recatosi in Oriente, fu ordinato sacerdote. Tornato a Roma, divenne segretario di papa Damaso e, stabilitosi poi a Betlemme di Giuda, si ritirò a vita monastica. Fu dottore insigne nel tradurre e spiegare le Sacre Scritture e fu partecipe in modo mirabile delle varie necessità della Chiesa. Giunto infine a un’età avanzata, riposò in pace.

    Martirologio tradizionale (30 settembre): A Betlemme di Giuda la deposizione di san Girolamo Prete, Confessore e Dottore della Chiesa, il quale, versato in tutte le scienze e fattosi imitatore di esemplari Monaci, colla spada della sua dottrina debellò molti mostri di eresie; finalmente, essendo vissuto fino all'età decrepita, si riposò in pace, e fu sepolto vicino al Presepio del Signore. Il suo corpo, trasferito poi a Roma, fu riposto nella Basilica di santa Maria Maggiore.

    (9 maggio): Così pure a Roma la Traslazione di san Girolamo Prete, Confessore e Dottore della Chiesa, da Betlemme di Giuda alla Basilica di santa Maria Maggiore.

    Con quest’uomo intrattabile hanno un debito enorme la cultura e i cristiani di tutti i tempi. Ha litigato con sprovveduti, dotti, santi e peccatori; fu ammirato e detestato. Ma rimane un benefattore delle intelligenze e la Chiesa lo venera come uno dei suoi padri più grandi. Nato da famiglia ricca, riceve il battesimo a Roma, dove va a studiare. Studierà per tutta la vita, viaggiando dall’Europa all’Oriente con la sua biblioteca di classici antichi, sui quali si è formato. Nel 375, dopo una malattia, Gerolamo passa alla Bibbia, con passione crescente. Studia il greco ad Antiochia; poi, nella solitudine della Calcide (confini della Siria), si dedica all’ebraico. Riceve il sacerdozio ad Antiochia nel 379 e nel 382 è a Roma. Qui, papa Damaso I lo incarica di rivedere il testo di una diffusa versione latina della Scrittura, detta Itala, realizzata non sull’originale ebraico, bensì sulla versione greca detta dei Settanta. A Roma fa anche da guida spirituale a un gruppo di donne della nobiltà. E intanto scaglia attacchi durissimi a ecclesiastici indegni (un avido prelato riceve da lui il nome “Grasso Cappone”).
    Alla morte di Damaso I (384), va in Palestina con la famiglia della nobile Paola. Vive in un monastero a Betlemme, scrivendo testi storici, dottrinali, educativi e corrispondendo con gli amici di Roma con immutata veemenza. Perché così è fatto. E poi perché, francamente, troppi ipocriti e furbi inquinano ora la Chiesa, dopo che l’imperatore Teodosio (ca. 346-395) ha fatto del cristianesimo la religione di Stato, penalizzando gli altri culti.
    Intanto prosegue il lavoro sulla Bibbia secondo l’incarico di Damaso I. Ma, strada facendo, lo trasforma in un’impresa mai tentata. Sente che per avvicinare l’uomo alla Parola di Dio bisogna andare alla fonte. E così, per la prima volta, traduce direttamente in latino dall’originale ebraico i testi protocanonici dell’Antico Testamento. Lavora sulla pagina e anche sul terreno, come dirà: "Mi sono studiato di percorrere questa provincia (la Giudea) in compagnia di dotti ebrei". Rivede poi il testo dei Vangeli sui manoscritti greci più antichi e altri libri del Nuovo Testamento. Gli ci vorrebbe più tempo per rifinire e perfezionare l’enorme lavoro. Ma, così come egli lo consegna ai cristiani, esso sarà accolto e usato da tutta la Chiesa: nella Bibbia di tutti, Vulgata, di cui le sue versioni e revisioni sono parte preponderante, la fede è presentata come nessuno aveva fatto prima dell’impetuoso Gerolamo.
    E impetuoso rimane, continuando nelle polemiche dottrinali con l’irruenza di sempre, perfino con sant’Agostino, che invece gli risponde con grande amabilità. I suoi difetti restano, e la grandezza della sua opera pure. Gli ultimi suoi anni sono rattristati dalla morte di molti amici, e dal sacco di Roma compiuto da Alarico nel 410: un evento che angoscia la sua vecchiaia.

    Autore: Domenico Agasso






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    Predefinito Dalla lettera di san Girolamo al monaco Rustico

    Epistola 125, 8-9.11, in PL 22, 1076-1079.

    Gli altri la pensino pure come vogliono; per me la città è un carcere e il deserto un paradiso. Perché desideriamo la calca delle città, noi che portiamo il nome di solitari? Mosè, prima di venir messo a capo del popolo dei Giudei, viene istruito per quarant'anni nel deserto: da pastore di pecore diventa pastore di popoli. Gli apostoli, da pescatori nel lago di Genezaret, divennero pescatori di uomini. Avevano un padre, una rete e una barca, ma come si misero al seguito di Gesù abbandonarono immediatamente tutto, portarono ogni giorno la loro croce, senza neppure un bastone in mano. Ti dico tutto questo, perché, se anche ti solletica il desiderio di diventare chierico, tu sappia ciò che dovrai insegnare. Sarai capace di offrire a Cristo una vittima adulta e responsabile? Non voler essere soldato prima d'aver fatto il coscritto, o maestro prima che scolaro. Mediocre come sono e con le mie limitate capacità, non tocca a me giudicare gli altri e dire qualcosa di poco bello sui ministri della Chiesa. Facciano solo quello che Dio si aspetta dal loro ministero!

    Mi limiterò a trattare dei primi passi e della condotta che deve tenere un monaco. Anzitutto: devi vivere da solo, oppure con altri in un monastero? Preferirei che tu fossi in una comunità, per non far da maestro a te stesso e non intraprendere senza guida una strada mai fatta, col rischio di imboccare subito una direzione sbagliata. Da solo ti esponi a camminare o troppo o meno di quanto occorra, stancandoti eccessivamente se corri, o finendo con l'addormentarti se rallenti. Nel deserto s'insinua facilmente la superbia: per poco che il solitario abbia digiunato, si crede un grand'uomo. Dimentica chi è in realtà, la sua origine e il posto che è venuto a cercare; poi, comincia a divagarsi interiormente ed esteriormente. Condanno per questo la vita eremitica? Nient'affatto; anzi, più volte ne ho tessuto l'elogio. Ma vorrei che dalla palestra dei monasteri uscissero soldati che non hanno paura della vita dura, soldati che abbiano dato lunga prova di saperla condurre. Vorrei vedere uomini che si ritengono inferiori a tutti per essere primi fra tutti; uomini tali che né la fame né la sazietà siano mai riusciti a piegare, e che siano felici nella povertà; uomini che tengano un atteggiamento, un linguaggio, un aspetto, un'andatura che siano insegnamento morale.

    Se vuoi abbracciare la vita consacrata a Dio, preferisco che tu non abiti con tua madre. Eviterai di rattristarla con un rifiuto quando ti offre cibi prelibati, o di buttar olio sul fuoco accettandoli. E c'è anche un altro motivo: perché non ti succeda di vedere quello che poi durante la notte alimenterà la tua fantasia. Tieni sempre fra le mani e sotto gli occhi la Bibbia; impara il salterio parola per parola; prega incessantemente; la tua mente sia in stato di veglia, e non aperta a pensieri vani. Corpo e spirito siano orientati entrambi al Signore. Domina ira con la pazienza; ama la scienza della Scrittura e non amerai i vizi della carne. La tua mente non si abbandoni alle varie passioni, le quali, se s'installano nel cuore e s'impadroniscono di te, ti condurranno alle colpe più gravi. Attendi a qualche lavoro manuale, perché il diavolo ti trovi sempre occupato. Ricordati che gli apostoli, pur avendo il diritto di vivere del vangelo, lavoravano con le loro mani per non essere di peso a nessuno; anzi, essi porgevano ristoro agli altri, dai quali avevano diritto di cogliere beni materiali in cambio di quelli spirituali. Perché non dovresti procurarti con il lavoro il necessario al tuo sostentamento?

    Puoi intrecciare una cesta con i giunchi, intessere canestri di vimini flessibili, sarchiare la terra. Traccia solchi regolari nei tuo campicello, e dopo averci seminato i legumi e disposto con ordine le piante, portaci l'acqua per l'irrigazione. Potrai cosi assistere allo spettacolo descritto da questi magnifici versi: "Ecco, dal ciglio d'un sentiero scosceso fa sgorgare l'onda; questa cadendo fra sassi levigati sprigiona un roco mormorio e con i suoi zampilli irrora le zolle riarse". Innesta gli alberi sterili con gemme o polloni, e in poco tempo potrai cogliere i dolci frutti del tuo lavoro. Costruisci arnie per le api, secondo il consiglio del libro dei Proverbi (Prv 6, 8), e impara da questi insetti l'ordine e la disciplina regale che devono regnare in un monastero. Intessi anche reti per la pesca, trascrivi dei libri: cosi la mano ti procurerà il cibo e la lettura sazierà l'anima.Ricordati sempre che l'ozioso è in balia delle passioni. I monasteri d'Egitto seguono la consuetudine di non accettare mai chi rifiuti il lavoro manuale. Questa tradizione, più che a procurare il cibo, mira a sostentare l'anima perché non si perda in pericolose fantasie e possa perveni alla salvezza.

  3. #3
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    Predefinito Una lettera sulla vita monastica di san Girolamo

    Sermones ad fratres in eremo, 60, in PL 40, 1343-1344.

    Ti ricordo, o monaco, che eri libero di fare come volevi prima di impegnarti con la professione monastica. Orma la tua stessa voce ti ha legato a me. Chi ti costrinse? T’usai forse violenza? Non eri libero? Era in tuo potere promettere o no Hai promesso. Orma sei mio e non lascerò quello che mi appartiene. Non ha più la possibilità di far marcia indietro. Era in tuo diritto impegnarti, ma non lo è sciogliere la promessa. Se ti ritratti, non sarai più nella stessa situazione in cui ti trovavi avanti di impegnarti. Prima, eri un uomo libero, persino un membro della mia famiglia. Mi stavi accanto, ma non come un servo, poiché non eri al mio servizio; eri mio soltanto per i vincoli di sangue che ti univano a me. Se adesso rifiuti l'impegno preso, non ti considererò più come un parente, ma come un servo fuggiasco. Perché ti dico tutto questo? Perché siamo liberi di impegnarci a servire Dio, ma non è in nostro potere ritrarci dall'impegno assunto. Hai promesso? Avrai la tua ricompensa. Hai rinnegato? Avrai il tuo castigo. Ricompensa o castigo sono le conseguenze di come ti collochi davanti alla professione monastica.

    Ti propongo di scegliere tra la vita e la morte. Scegli quello che vuoi. Ti dico tutto questo, perché tu non creda a che ti sia lecito abbandonare i tuoi voti. Non metterti a dire: "Tutti quelli che si sposano, che vivono nelle città, che sono funzionari o commercianti, sono tutti in pericolo. Soltanto i monaci si salvano". Non c'è da far paragoni tra loro e noi, giacché si tratta di stati diversi. I secolari conoscono la propria debolezza e non promisero quello che non potevano assumere. Sono si, cristiani, ma secondo lo stato di laico, ad esempio, negoziante, di soldato. Cornelio era centurione, eppure si salvò. Tu eri secolare, e sei diventato monaco. Ormai devi lavorare alla tua salvezza nella condizione di monaco, altrimenti non troverai la vita. Non c'è via di mezzo. Se vuoi abbandonare la vita monastica e ritornare alla vita del mondo, il Signore non ti giudicherà come se tu fossi un secolare, ma come un monaco che mancò al suo dovere, come un prevaricatore. Non ti è lecito rinnegare i tuoi voti.

    Se cadi in peccato, dopo aver abbandonato il tuo impegno monastico, può essere che tu dica: "Che farò, ora che non sono più veramente un monaco e neppure ancora davvero un secolare? ". Bada di non aggiungere al primo un peccato ancora più grave. Se la tua vocazione è di essere monaco, sii penitente come monaco e non come secolare. Ammettiamo che, dopo essere fuggito dal padrone che ti batteva, tu ti penta. Non pensare di dover continuare a fuggire. Per essere monaco pentito, devi tornare dal tuo padrone. Non dire mai: "Mi pento di essere fuggito, ma ormai sono costretto a restare un fuggitivo". Santi o peccatori, nulla giustifica che si cambi vocazione. Se sei un santo, sei un monaco felice;se invece sei peccatore, sei un monaco miserabile. Ma rimani sempre un monaco e non puoi cambiare vocazione, pur avendone perdutala dignità.

    Nessuno pensi di aver la facoltà di cambiare vocazione. Vi dico questo in generale, e lo dico anche per me. Aggiungo inoltre che le mie parole hanno un valore relativo, non sono un comando. Ammettiamo che due monaci siano caduti entrambi in peccato. L'uno si è dichiarato puramente e semplicemente secolare; per esempio, si sposa, perché disse che non gliela faceva, non se la sentiva di continuare a essere monaco. L'altro invece piange quello che commise, giorno e notte implora la misericordia del Signore. Non dico che fece bene a peccare, ma in confronto a quello che si disonorò pubblicamente, e un santo. Perché tutto questo discorso? Non certo per incoraggiare i peccatori a far il male quanto vogliono, ma per mettere bene in chiaro che la vocazione rimane, nonostante il peccato. Dio è abbastanza potente per liberare, me e te, da tutti i lacci del demonio.

  4. #4
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    Predefinito Dal Commento di san Girolamo al vangelo di Marco

    Tractatus in Marci evangelium, VI, ad Mc 9,1-7, in PLS 11, 153-155.157.

    Chi si ferma alla lettera della Scrittura, rimane fisso al suolo; guarda in giù come animale privo d'intelligenza e non può vedere Gesù nelle sue vesti candide. Chi invece segue la parola di Dio, sale sul monte, perché si eleva verso le realtà più alte; davanti a lui Gesù si trasfigura e le sue vesti diventano splendenti. Se ci fermiamo alla lettera, che vi è di scintillante, di splendido, di sublime in quello che leggiamo? Se invece ci mettiamo a leggere secondo lo spirito, le vesti delle parole da cui è avvolta la Scrittura, si illuminano d'un tratto e luccicano candide come neve: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle cosi bianche (Mc 9, 3). Considera una qualsiasi profezia o parabola evangelica. Se leggi restando attaccato alla lettera, che avrà di luminoso o di sfavillante? Ma se ponendoti alla sequela degli apostoli, cerchi di cogliere lo spirito del testo, le parole che rivestono la Scrittura si trasfigurano d'un tratto e divengono luminosissime.

    Se gli apostoli non avessero veduto Gesù trasfigurato con le vesti d'una bianchezza sfolgorante, non avrebbero nemmeno potuto scorgere Mosè ed Elia che parlavano con lui. Finché comprendiamo la Scrittura secondo la lettera che uccide, al modo dei Giudei, non vediamo Mosè ed Elia discorrere con Gesù, poiché essi non possono conoscere il vangelo. Chi invece segue il Signore e merita di contemplarlo trasfigurato con le vesti sfolgoranti, questi comprende secondo lo spirito quello che sta scritto. Allora, ecco venire Mosè ed Elia, cioè la legge e i profeti, a parlare con Gesù, cioè con il vangelo. Essi parlavano della sua dipartita, che avrebbe portato a compimento a Gerusaleme (Lc 9, 31), vuoi dire che la legge e i profeti annunziano la passione del Signore. Vedi quanto è importante capire la Scrittura secondo lo spirito? Anche Mosè ed Elia appaiono scintillanti di gloria, ma senza di Gesù sono uomini comuni, privi di fulgore. Quando leggi Mosè ed Elia, cioè la legge e i profeti, ma non intendi in Cristo ciò che hanno scritto, non puoi capire che annunziano la passione del Signore. Per te Mosè ed Elia non salgono sul monte, non indossano bianche tuniche di gloria, ma poveri cenci.

    Fino allora Pietro, Giacomo e Giovanni avevano scorto Mosè ed Elia senza Gesù. Quando li vedono discorrere con il Signore, anch'essi in candide vesti ossia capiscono quanto annunziavano la legge e i profeti si rendono conto di stare sul monte. Anche noi siamo sulle altezze quando comprendiamo la Scrittura secondo lo spirito. Se leggo il Pentateuco fermandomi al senso letterale, precipito in basso; ma se lo comprendo secondo lo spirito, salgo sulle vette. Osserva come i tre discepoli, quando si accorgono di stare sul monte, cioè di capire secondo lo spirito, disprezzano le realtà terrene e umane, mentre desiderano le verità celesti e divine. Non vogliono più scendere in terra, ma permanere nel mondo dello spirito. Maestro, è bello per noi stare qui (Lc 9, 33). Anch'io, quando leggo le Scritture e le capisco secondo lo spirito, non voglio più scendere in basso; anelo a piantare nel mio cuore una tenda per Cristo, una per la legge, una per i profeti.

    Quando leggo il vangelo e scorgo in esso le testimonianze tratte dalla legge e dai profeti, considero soltanto Cristo; vedo cioè Mosè, i profeti, ma solo per capire che essi parlano di Cristo. E quando sarò giunto allo splendore di Cristo, quando lo guarderò nell'abbagliante luce del Sole fulgente, non potrà vedere la debole luce della lampada. Forse che se accendi una lampada di giorno, essa da luce? Se il sole splende, la luce della lampada non è manifesta. Cosi, paragonati a Cristo presente, la legge e i profeti non danno affatto luce. Non li sottovaluto; anzi li lodo con tutte le mie forze, perché annunziano Cristo; ma leggo la legge e i profeti con l'obiettivo di non fermarmi ad essi, ma di arrivare tra mite loro a Cristo.


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    Predefinito Dal «Prologo al commento del Profeta Isaia» di san Girolamo, sacerdote

    Nn. 1. 2; CCL 73, 1-3

    Adempio al mio dovere, ubbidendo al comando di Cristo: «Scrutate le Scritture» (Gv 5, 39), e: «Cercate e troverete» (Mt 7, 7), per non sentirmi dire come ai Giudei: «Voi vi ingannate, non conoscendo né le Scritture, né la potenza di Dio» (Mt 22, 29). Se, infatti, al dire dell'apostolo Paolo, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio, colui che non conosce le Scritture, non conosce la potenza di Dio, né la sua sapienza. Ignorare le Scritture significa ignorare Cristo.
    Perciò voglio imitare il padre di famiglia, che dal suo tesoro sa trarre cose nuove e vecchie, e così anche la Sposa, che nel Cantico dei Cantici dice: O mio diletto, ho serbato per te il nuovo e il vecchio (cfr. Ct 7, 14 volg.). Intendo perciò esporre il profeta Isaia in modo da presentarlo non solo come profeta, ma anche come evangelista e apostolo. Egli infatti ha detto anche di sé quello che dice degli altri evangelisti: «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi, che annunzia la pace» (Is 52, 7). E Dio rivolge a lui, come a un apostolo, la domanda: Chi manderò, e chi andrà da questo popolo? Ed egli risponde: Eccomi, manda me (cfr. Is 6, 8).
    Ma nessuno creda che io voglia esaurire in poche parole l'argomento di questo libro della Scrittura che contiene tutti i misteri del Signore. Effettivamente nel libro di Isaia troviamo che il Signore viene predetto come l'Emmanuele nato dalla Vergine, come autore di miracoli e di segni grandiosi, come morto e sepolto, risorto dagli inferi e salvatore di tutte le genti. Che dirò della sua dottrina sulla fisica, sull'etica e sulla logica? Tutto ciò che riguarda le Sacre Scritture, tutto ciò che la lingua può esprimere e l'intelligenza dei mortali può comprendere, si trova racchiuso in questo volume. Della profondità di tali ministeri dà testimonianza lo stesso autore quando scrive: «Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato: si dà a uno che sappia leggere, dicendogli: Leggio. Ma quegli risponde: Non posso, perché è sigillato. Oppure si dà il libro a chi non sa leggere, dicendogli: Leggio, ma quegli risponde: Non so leggere» (Is 29, 11-12).
    (Si tratta dunque di misteri che, come tali, restano chiusi e incomprensibili ai profani, ma aperti e chiari ai profeti. Se perciò dai il libro di Isaia ai pagani, ignari dei libri ispirati, ti diranno: Non so leggerlo, perché non ho imparato a leggere i testi delle Scritture. I profeti però sapevano quello che dicevano e lo comprendevano). Leggiamo infatti in san Paolo: «Le ispirazioni dei profeti devono essere sottomesse ai profeti» (1 Cor 14, 32), perché sia in loro facoltà di tacere o di parlare secondo l'occorrenza.
    I profeti, dunque, comprendevano quello che dicevano, per questo tutte le loro parole sono piene di sapienza e di ragionevolezza. Alle loro orecchie non arrivavano soltanto le vibrazioni della voce, ma la stessa parola di Dio che parlava nel loro animo. Lo afferma qualcuno di loro con espressioni come queste: L'angelo parlava in me (cfr. Zc 1, 9), e: (lo Spirito) «grida nei nostri cuori: Abbà, Padre» (Gal 4, 6), e ancora: «Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore» (Sal 84, 9).

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    Andrea del Castagno, SS. Trinità con S. Girolamo e due Sante, 1453 circa, Chiesa della SS. Annunziata, Firenze

    Antonello da Messina, S. Girolamo nel suo studio, 1460, National Gallery, Londra

    Federico Fiori Barocci, S. Girolamo , 1598, Galleria Borghese, Roma

    Jacopo da Bassano, S. Girolamo , 1556, Gallerie dell'Accademia, Venezia

    Giovanni Bellini, S. Girolamo , Pala di Pesaro, 1471-74, Musei Civici, Pesaro

    Giovanni Bellini, Altare di S. Zaccaria, 1505, Chiesa di San Zaccaria, Venezia. I Santi sono Zaccaria, Caterina, Lucia e Girolamo

    Giovanni Bellini, S. Girolamo , 1480-85, National Gallery, Londra

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    Giovanni Bellini, S. Girolamo , 1505, National Gallery of Art, Washington

    Giovanni Bellini, SS. Girolamo, Cristoforo e Ludovico di Tolosa, 1513, S. Giovanni Crisostomo, Venezia

    Trophîme Bigot, S. Girolamo, 1630 circa, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma

    Jacques Blanchard, S. Girolamo, 1632, Museum of Fine Arts, Budapest

    Hieronymus Bosch, S. Girolamo in preghiera, 1505 circa, Museum voor Schone Kunsten, Ghent

    Sandro Botticelli, Incoronazione della Vergine e Santi (SS. Giovanni Evangelista, Agostino, Girolamo ed Eligio), 1490-92, Galleria degli Uffizi, Firenze

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    Sandro Botticelli, Lamentazione sul Cristo morto e Santi, 1490 circa, Alte Pinakothek, Monaco. I Santi sono le due Marie, Girolamo, Pietro e Paolo

    Sandro Botticelli, L'ultima Comunione di S. Girolamo, 1495 circa, Metropolitan Museum of Art, New York

    Sandro Botticelli, S. Girolamo in penitenza, 1490-92, Galleria degli Uffizi, Firenze

    Sandro Botticelli, Trasfigurazione con i SS. Girolamo ed Agostino, 1500 circa, Galleria Pallavicini, Roma

    Caravaggio, S. Girolamo, 1605-06, Monastero, Montserrat

    Caravaggio, S. Girolamo, 1606, Galleria Borghese, Roma

    Caravaggio, S. Girolamo, 1607, St John Museum, La Valletta

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    Vittore Carpaccio, S. Girolamo ed il leone, 1502, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni, Venezia

    Vittore Carpaccio, Funerale di S. Girolamo, 1502, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni, Venezia

    Cima da Conegliano, Madonna dell'albero di arance con i SS. Girolamo e Ludovico di Tolosa, 1495 circa, Gallerie dell'Accademia, Venezia

    Correggio, Madonna con S. Girolamo (Il Giorno), 1522 circa, Galleria Nazionale, Parma

    Guido Reni, S. Girolamo, 1635, Kunsthistorisches Museum, Vienna

    Lorenzo Costa, S. Girolamo, 1485, Basilica di S. Petronio, Bologna

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    Carlo Crivelli, SS. Agostino e Girolamo, 1490 circa, Gallerie dell'Accademia, Venezia

    Albrecht Dürer, S. Girolamo, 1521, Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona

    Albrecht Dürer, S. Girolamo, 1492, Kupferstichkabinett, Öffentliche Kunstsammlung, Basilea

    Albrecht Dürer, S. Girolamo penitente, 1496 circa, Metropolitan Museum of Art, New York

    Albrecht Dürer, S. Girolamo penitente, 1512, Museum of Fine Arts, Boston

    Albrecht Dürer, S. Girolamo penitente, 1495 circa, National Gallery, Londra

    Jan van Eyck, S. Girolamo, 1442, Detroit Institute of Art, Detroit

    Francesco Francia, Crocifissione con i SS. Giovanni e Girolamo, 1485, Collezioni Comunali d'Arte, Bologna

 

 
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  2. 30 settembre: San Girolamo, confessore e dottore della Chiesa
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