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    La Lupa romana è una cagna bastarda che muore allattando 2 figli di puttana
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    Predefinito Report: Se questo è l'ONU

    SE QUESTA E’ L’ONU

    di Giorgio Fornoni
    Sabrina Giannini
    Paolo Mondani "Se questa è l'Onu" venerdì 10 settembre 2004 ore 21:00 - Rai 3

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    Questa sera parleremo dell’unico strumento che il Mondo ha per mantenere la pace e ostacolare il terrorismo. Ma non parleremo dell’Ossezia perché non abbiamo informazioni in più rispetto a quello che riferiscono le cronache. Ai bimbi di Beslan dedichiamo tutto il lavoro che abbiamo messo nella nostra prima puntata.

    sigla

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    Buona sera, è con piacere che ricominciamo ricominciamo la nostra nuova serie e saremo qui per 6 settimane, sempre di venerdì, con 6 nuove inchieste. Ogni puntata sarà preceduta dal racconto di un attore che ha lavorato apposta per noi e vedremo Antonio Albanese, Giuliana Musso, Bebo Storti, Angela Finocchiaro, molto plastica e Laura Curino. E adesso si comincia con l’ONU.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Si chiama Oil for food lo scandalo delle tangenti travolge l’Onu e arricchisce Saddam. Tutto comincia nel 1995, quando le Nazioni Unite con una risoluzione, decidono che occorre dare una mano all’Iraq, sotto embargo da quattro anni. Parte il programma Oil for food, cioè l’Iraq può rivendere il suo petrolio e in cambio riceverà, cibo, medicine e infrastrutture. A decidere quale paese e quale azienda devono vendere i loro prodotti all’Iraq, una commissione dell’Onu espressa dai cinque paesi che contano: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia ,Cina.

    DENNIS HALLIDAY – ex capo missione Oil for food in Iraq
    Io stesso andai sul confine turco e contai centinaia di camion che entravano in Iraq portando verdure, olio da cucina, patate e in cambio avevano il permesso di portare via 5 mila galloni di benzina o paraffina. Era Washington a consentire a Saddam di contrabbandare molto più petrolio del consentito alla Turchia perché questa è un paese della Nato e molto amica degli Stati Uniti.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    L’Onu che avrebbe dovuto controllare, permise invece a Saddam di imporre le tangenti ai suoi clienti: il 10 per cento del valore di ogni contratto. Oggi sappiamo che la responsabilità si estende ad alcuni membri del Consiglio di sicurezza che favorivano un loro interesse o una loro azienda.

    DENNIS HALLIDAY - ex capo missione Oil for food in Iraq
    In particolare furono Washington e Londra a fare i loro giochetti, videro ogni contratto, erano a conoscenza di ogni bustarella. Così funziona il settore privato: è corrotto. Le bustarelle sono uno stile di vita. Dov’è la sorpresa? Questa è la realtà, lo sapevano fin dall’inizio che a Bagdad arrivavano i soldi. Gli importava qualcosa? Certo che no.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Dal 1996 al 2003 con il programma Oil for food, l’Iraq ha venduto petrolio per 64 miliardi di dollari e ricevuto prodotti essenziali per la sua sopravvivenza per 27 miliardi di dollari. Dove sono finiti gli altri 37?

    DENNIS HALLIDAY - ex capo missione Oil for food in Iraq
    Gli americani bloccarono centinaia di contratti anche se erano stabiliti in accordo con l’Onu. Riguardavano il cibo ma soprattutto i farmaci di base. Questo è fare politica dentro un programma umanitario e io lo considero una violazione della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    Su questo scandalo è in corso una commissione d’inchiesta. Tutto quello che l’Onu dovrebbe essere e invece non è. Lo vedremo questa sera passando dalla Palestina, dal Saharawi, dalla Liberia, dal Kossovo e ovviamente dall’Iraq. Ma prima torniamo indietro, ai bombardamenti su Palermo nel 43. Report ha il piacere di ospitare l’interpretazione di un grande talento, Davide Enia.

    L’asso dell’aviazione monologo di Davide Enia

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    Lo sbarco degli alleati nel 43 non è stata per tutti una festa. In Sicilia i fanti americani uccisero deliberatamente cento prigionieri italiani, e a questo fatto, solo di recente, è stata dedicata qualche riga. Ma l’entrata in gioco degli Stati Uniti chiudeva un periodo tragico, e il mondo intero disse: ‘Mai più!’. Da allora la pace ha uno strumento per tutelare tutti, si chiama Onu. La sede è a New York, ed è meglio nota come “il Palazzo di vetro” e lì comincia il viaggio di Paolo Mondani, Giorgio Fornoni e Sabrina Giannini.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    L’Onu nasce dopo la Seconda guerra mondiale con il compito di mantenere la pace e la sicurezza nel Mondo. Ne fanno parte ad oggi 191 stati. Altissimo il numero del personale addetto.

    GUIDO BERTUCCI - direttore Divisione Amministrazione Onu New York
    È di circa 15 mila persone delle quali diecimila lavorano qui a New York e poi se si contano le altre organizzazioni arriviamo a, direi, decine di migliaia, circa 61 mila funzionari

    AUTORE
    Quanto guadagna un funzionario medio delle Nazioni Unite qui a New York?

    GUIDO BERTUCCI - direttore Divisione Amministrazione Onu New York
    Un funzionario medio guadagna circa 60 mila dollari all’anno e un direttore guadagna circa 120 mila dollari all’anno.

    AUTORE
    Qual è il bilancio annuo delle Nazioni Unite qui a New York?

    GUIDO BERTUCCI - direttore Divisione Amministrazione Onu New York
    Circa un miliardo e mezzo di dollari all’anno. Se poi aggiungiamo tutte le agenzie specializzate, il sistema planetario dell’Onu che include la Banca mondiale, la Fao, l’Unesco, i fondi per lo sviluppo e i programmi arriviamo a 12 miliardi di dollari all’anno. Oltre a questo ci sono le spese per le operazioni di pace che ammontano in media, quest’anno per esempio, il costo totale è di 4,2-4,3 miliardi di dollari

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Per chi vuole risparmiare c’è la mensa dove si spendono 7-8 dollari per un pasto, al ristorante si spendono circa 35 dollari con vista sul ponte di Queensborough che unisce Manhattan al Queens e sui giardini dell’Onu, oggi chiusi per motivi di sicurezza.

    GUIDO BERTUCCI - direttore Divisione Amministrazione Onu New York
    Il Segretario generale viene spesso a mangiare e gli viene riservata la tavola d’angolo per avere più tranquillità

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Nei sotterranei le colonne portanti e i muri sono protetti da sacchi di sabbia contro i danni che potrebbero venire da un attentato, la paura è quella che facciano la stessa fine delle fondamenta delle Torri gemelle. Il sistema delle Nazioni Unite comprende il Consiglio di sicurezza, dove vige il potere di veto degli stati più forti: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Cina e Russia. Al Consiglio fanno capo le attuali 17 operazioni di peace-keeping, le 12 operazioni di peace-buildings e i tribunali internazionali. Del sistema fa parte l’assemblea generale, da cui dipendono tra gli altri l’Unicef, l’Alto commissariato per i rifugiati, il World food programme, e il Consiglio economico e sociale da cui dipendono le agenzie specializzate come la Fao, l’Unesco, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, l’Organizzazione mondiale della sanità.

    GIANDOMENICO PICCO – rappresentante Onu Dialogo fra le civiltà
    La burocrazia dell’Onu come le burocrazie dell’occidente in particolare hanno interinato, come dicono i francesi, il concetto che il funzionario non esiste, esiste la macchina. Questo ha fatto sì che le responsabilità individuali vengano quasi coperte dalla responsabilità collettiva che io nego esista

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Giandomenico Picco è stato il numero due dell’Onu quando Perez de Cuellar era segretario generale

    GIANDOMENICO PICCO – rappresentante Onu Dialogo fra le civiltà
    Il difetto vero dell’Onu, della burocrazia dell’Onu è che abbiamo pochi commandos, una burocrazia vera funziona bene quando lei lascia liberi i commandos. Cosa sono i commandos? I commandos sono gruppi di persone, piccolissimi gruppi di persone che operano in maniera diversa dalla burocrazia e qual è l’elemento principale: che dicono se la cosa non funziona io me ne vado, si assumono la responsabilità in modo diretto o personale, se non funziona mi ammazzano, o personale, se non funziona me ne vado. In questo modo le macchine funzionano. I grandi successi dell’Onu sono arrivati quando un commandos ha preso in mano un caso specifico e lo ha spinto. Gli altri poi seguono. Se lei non ha commandos non funziona niente.

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    Ci sono missioni andate bene come la Namibia e il Mozambico, dove però il ruolo di commandos lo ha giocato più la Comunità di S. Egidio che non le Nazioni Unite. Certamente nei 60 anni di storia dell’ONU la lista dei fallimenti è lunga: non è stato mosso un dito per chiudere i gulag , per frenare la sistematica violazione dei diritti umani in Cina, per fermare la guerra del Vietnam, il genocidio in Cambogia e in Ruanda. L’ONU ha tollerato il cannibale Bokassa, ha sbagliato in Somalia, in Congo in Sudan, non ha messo piede in Cecenia, non ha saputo evitare la guerra in Iraq. E oggi che da quella guerra dovrebbe portarci fuori, i suoi uomini non ci sono.

    L’Onu in Iraq

    AUTORE
    Ministeri, alberghi, militari hanno da tempo il loro muro. Ora anche gli irakeni si sono ingegnati con bidoni, vasi, blocchi di cemento armato, filo spinato pur di tenere lontane le autobomba. Bagdad è muri ovunque una città come una trincea. L’Onu per ora non c’è.

    Alla conferenza stampa delle associazioni delle donne che partecipano alla nuova Assemblea nazionale salta improvvisamente la luce, ormai è la normalità a Bagdad. Chiedo alla loro responsabile che per trent’ anni è stata nella resistenza anti-Saddam se agli Irakeni l’Onu finora è servito a qualcosa.

    HANAA EDWARD – direttore Al Amal association
    L’Onu dovrebbe avere un ruolo forte, dovrebbe lavorare alla preparazione delle prossime elezioni di gennaio, saranno le prime elezioni libere, e ci vorrebbe tutta la sua esperienza. La principale critica che gli Irakeni fanno all’Onu è che i suoi programmi e la sua burocrazia sono troppo costosi. Ha portato qui i suoi esperti ma gli esperti Irakeni ci sono, perché non li usa? Porta riso e cibo da fuori distruggendo cosi la nostra produzione agricola locale, perché?

    AUTORE
    La Commissione delle Nazioni Unite sulle compensazioni di guerra sta risarcendo il Kuwait invaso nel 1991 e Stati Uniti e Gran Bretagna che hanno sopportato le spese del conflitto. Chi paga è l’Iraq di oggi non Saddam. Il paradosso è che L’Onu preleverà parte dei 50 miliardi di dollari necessari per gli indennizzi dal fondo delle emergenze umanitarie che era destinato al popolo iraqeno. Lei cosa ne pensa?

    HANAA EDWARD – direttore Al Amal association
    Oh mio dio, oh mio dio, per noi Irakeni questa è la cosa più dura da sopportare. Le compensazioni sono il 30 per cento del nostro prodotto interno e lo dobbiamo dare al KUwait. Ma di chi è la colpa di tutto quel che è successo in Iraq? Di Saddam, che cosa c’entra oggi il popolo irakeno. Saddam non è stato danneggiato dalle sanzioni ma si è arricchito con l’esportazione illegale del petrolio. Su di noi pesa anche l’embargo dell’Onu da 12 anni. Potevano fare sanzioni politiche, sanzioni militari ma non economiche contro la popolazione. Guardi in giro, per il popolo irakeno non c’è acqua potabile, non ci sono scuole, non c’è elettricità, non ci sono case decenti, questo dovrebbe fare oggi l’Onu.

    Immagini di repertorio 19 agosto 2003

    AUTORE
    19 agosto del 2003. Qui alle mie spalle, all’hotel Canal stavano gli uffici dell'Onu a Bagdad. Quel giorno un'autobomba fa saltare tutto e muoiono 22 persone tra cui il vice di Kofi Annan, Sergio Vieira de Mello. Perché l'Onu era diventata un target?
    Lo scrive con precisione questo rapporto investigativo dell'Onu: all'interno del Canal hotel sostavano reparti dell'esercito americano e questo aveva creato disagio nel personale. La paura di essere trattati come forza belligerante era forte.
    Gli americani non dovevano stare lì, l'Onu glielo disse, gli scrisse persino una lettera ufficiale di protesta ma gli americani non se ne andarono. L’Onu che è nata per intervenire nelle situazioni di emergenza non è più tornata in Iraq.
    La cupola della moschea di Zafarania è stata mitragliata dagli americani eppure Mohamed Alì Khorayry è un religioso sunnita che non coltiva sentimenti di vendetta, ma una sola grande delusione

    MOHAMED ALÌ KHORAYRY – Sheik sunnita di Zafarania
    È grave che l'Onu se ne sia andata dopo l'attentato dell'anno scorso, non dovevano scappare, noi speravamo nell'Onu, anche se le loro sanzioni hanno causato la morte di 1 milione e mezzo di bambinimi dicono i dati delle organizzazioni umanitarie. Oggi l'Onu è senza vita, esiste senza esistere.

    VOCE DELL’AUTORE FUORI CAMPO
    A Bagdad l'incubo della sicurezza riguarda tutti, anche le chiese cristiane davanti alle quali ad agosto sono scoppiate 5 autobombe. Ma mons Warduni mi racconta che tra gli iraqeni si sta diffondendo un nuovo terrore, quello dei sequestri di persona.

    ISHLEMON WARUNI – Vescovo Caldeo
    Un giovane universitario per esempio, che l'hanno preso. Hanno chiesto 30/40 mila dollari e era universitario doveva fare gli esami, l'hanno lasciato da loro 45 giorni.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Simona Pari mi ha ospitato ed aiutato. Insieme siamo stati alla biblioteca di una scuola cranica a parlare con uno sheik sciita di un intervento umanitario e politico dell’Onu. E infine scortati dai religiosi siamo andati nel suk di Khadimia dove Simona ha comprato un anello. Con Simona Torretta sono volontarie dell’ ong Italiana Un ponte per Bagdad, l’unica ad aver aiutato la biblioteca nazionale della città, a cui hanno installato i computer per l’archivio. Il 9 aprile del 2003, durante il gigantesco sacco seguito all’arrivo dei marines la biblioteca venne bruciata e saccheggiata. Il direttore, ha cercato ovunque aiuto: ma l’Onu dov’era?

    SAAD ESKANDER – direttore Biblioteca nazionale Bagdad
    Lanciammo un allarme e le Nazioni Unite ci risposero subito, vennero quelli dell’ Unesco, hanno fatto promesse e non si sono più fatti vedere. Qui abbiamo materiale unico, testi del periodo ottomano, fotografie e documenti segretati da Saddam la cui lettura in futuro permetterà di ricostruire tutta la nostra vera storia.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Di fronte ai negozi di Carrada street sono ammucchiati centinaia di condizionatori arrivati dall’India mentre l’industria irakena di condizionatori Al Hilal è praticamente ferma

    GHASSAN ABDULGHANI - direttore industrie Al Hilal Bagdad
    Questa fabbrica è una delle più grandi dell Iraq. Qui si producevano circa 200 mila condizionatori l’anno e ci lavoravano 700 operai. Prima della guerra il governo favoriva i prodotti iracheni, a quelli importati dall' estero veniva infatti imposta un’iva altissima. Il nuovo governo ora ha quasi azzerato l’iva. Così nostri prodotti sono più cari e quelli che arrivano dall' estero sono più a buon mercato. E il risultato è che loro vendono e noi chiudiamo. Fine della storia.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    In effetti la risoluzione Onu dello scorso giugno assegna all’Onu stessa il compito di tutelare e sviluppare l’economia irakena, ma nei fatti non controllano quello che fa l’attuale governo, sebbene siano stato approvato proprio dalle Nazioni Unite. Alle discussioni dell’Onu sulla formazione del nuovo governo ha partecipato il capo religioso sciita della scuola coranica di Khadimia.

    JAMAD AL KHALESI – sheik sciita di Khadimia
    Avevamo chiesto che gli uomini di governo non fossero collegati all' autorità americana, perché non avrebbero avuto nessuna credibilità. I rappresentanti dell'Onu ci dissero che avevamo ragione. Poi improvvisamente si sono sottomessi alla volontà americana e hanno lasciato fallire gli impegni presi con noi. Siamo delusi, eppure diciamo all'Onu di tornare a prendere il controllo perché questo è il suo ruolo nella storia.

    HANS BLIX – ex capo ispettori Onu in Iraq
    Non penso che il Consiglio di sicurezza abbia ratificato la presenza delle truppe americane. Ha accettato un governo provvisorio perché non c’era alternativa.

    AUTORE
    Che futuro avrà questo attuale governo?

    HANS BLIX – ex capo ispettori Onu in Iraq
    Il punto è questo: 140 mila soldati americani presenti nel paese non sono lì per fare i turisti a Babilonia e l’ambasciata americana che lavoro a mille persone. È un’ambasciata piuttosto inconsueta. È evidente che sono gli americani a governare l’Iraq, e finché non trasferiranno l’autorità agli Irakeni, gli Irakeni non si fideranno mai.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Nel quartiere di Bataween l'Unicef e l'Onu hanno fatto qualcosa di buono, con il progetto di terre del hommes hanno costruito una scuola e dato casa ad alcuni bambini di strada di sei, sette, otto anni, costretti dalle organizzazioni criminali a prostituirsi

    AMAL MOHAMED – psicologa scuola di Bataween
    Ci sono tanti bambini che vivono ai giardini del popolo e per le strade. Vengono sfruttati sessualmente a mille e cinquecento dinari per una prestazione che dura anche 2 o 3 ore. Alcuni di loro sniffano colla. Sono tutti là e dalle 5 alle 9 di sera vengono portati in case chiuse, ai tempi di Saddam il fenomeno esisteva ma non si vedeva, oggi quei bambini li vedono tutti.

    AUTORE
    È vero che anche i militari della coalizione vanno coi bambini?

    AMAL MOHAMED - psicologa scuola di Bataween
    Si è vero, e hanno un mediatore che li porta da loro

    DENNIS HALLIDAY – ex capo missione Oil for food in Iraq
    L’articolo 99 della Carta delle Nazioni Unite conferisce al Segretario generale l’autorità di parlare all’Assemblea generale, al Mondo e dire che questa guerra è incompatibile con le leggi internazionali. Invece Kofi Annan non l’ha fatto. L’aggressione è considerata da queste leggi il crimine più grave. Questo crea una situazione in cui il Presidente degli Stati Uniti è un criminale di guerra che dovrebbe essere messo in stato di accusa dagli Stati Uniti o arrestato oltreoceano.

    AUTORE
    Ma allora perché Kofi Annan non ha usato quest’arma? Perché è politicamente compromesso, perché è un debole, per quale motivo?

    DENNIS HALLIDAY – ex capo missione Oil for food in Iraq
    Il signor Kofi Annan è una creazione di Washington che decise che lui sarebbe stato il segretario generale più adatto a prendere il posto di Boutros-Ghali. Washington fece cadere Boutros-Ghali perché lui non prendeva i loro ordini. Il signor Kofi Annan sa che se volessero sostituirlo potrebbero farlo più o meno in qualsiasi momento.

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    Insomma l’Iraq è il luogo in cui l’Onu si è giocata tutte le sue carte peggiori, e il modello di pace che propone è un modello ideale ma la realtà è un’altra. La pace di cui si parla oggi è una finzione, un lento imbroglio e invece il terrorismo va veloce. Torniamo dopo la pubblicità.

    L’Onu in Palestina

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    E ritorniamo all’Onu. Oggi le missioni in corso sono 29, le risoluzioni 1558. Solo sulla questione israelo-palestinese sono 73, nessuna è mai stata applicata. L’11 settembre ha seminato dubbi sulla forza della legge internazionale, e indebolito i principi stessi a cui l’Onu si ispira. Se le risoluzioni erano deboli prima, adesso sono carta straccia.

    ROBERT BAR DAN - Colonnello dell’esercito israeliano
    Non si può combattere il terrorismo con i sistemi convenzionali che abbiamo conosciuto fino adesso e siccome le Nazioni Unite e la maggioranza del mondo non ha ancora capito esattamente come si combatte, non ha imparato ancora come si combatte il terrorismo io credo che Israele deve ignorare queste soluzioni, suggerimenti o decisioni delle Nazioni Unite

    SHIRIN EBADI - premio Nobel per la pace
    A me sembra che l’11 settembre la lotta al terrorismo sia diventato un pretesto per infrangere i diritti umani.

    ROBERT BAR DAN - Colonnello dei servizi di sicurezza israeliani
    Anche questo muro non è una cosa perfetta, comunque questo muro ha già dimostrato fino a oggi che riesce a ridurre in percentuale molto alta i tentativi dei vari attentatori.

    SHIRIN EBADI - premio Nobel per la pace
    Israele deve stare attento. Se vuole vivere in pace deve rispettare i diritti dei palestinesi attraverso la giustizia e non costruendo un muro

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Lo scorso 9 Luglio la Corte internazionale di giustizia dell’Aia ha giudicato il muro illegale. Per l’Alta Corte non è una barriera giustificata dalla sicurezza ma un nuovo confine che permette a Israele di annettersi il territorio del futuro Stato palestinese.

    Immagini di repertorio

    Nel 1947 la risoluzione 181 dell’Onu decretò la nascita dello Stato ebraico in terra palestinese. Gli Stati Arabi insorsero. L’esercito israeliano rispose invadendo 418 villaggi palestinesi. Li rase al suolo. I profughi furono 800 mila.

    57 anni dopo, Asqelon è una moderna città israeliana costruita su uno di quei villaggi, Majdal. In questo parco archeologico, dove nei giorni di festa le famiglie vengono a fare il barbecue, sorgeva una parte di Majdal. Le famiglie palestinesi di Majdal si misero in viaggio, a piedi, e giunsero qui, a Gaza. Vivono tutte nel quartiere dove oggi Hamas ha il suo centro di comando.

    DONNA 1
    Gli israeliani pensavano che mandandoci via ci saremmo scordati del passato, che solo i vecchi volessero tornare alla loro terra e invece no, anche i giovani vogliono tornare. Ci chiamano terroristi, ma loro che uccidono e tagliano sistematicamente i nostri alberi di ulivo, loro come li dovremmo chiamare?

    DONNA 2
    Ricordo che a Majdal ci cacciarono sparandoci addosso, lasciammo per terra gli uomini, i vecchi, i bambini.

    DONNA 3
    Anni fa l’Onu ci dava tantissimo cibo, ma non perché ci volevano bene, per farci dimenticare Majdal. Ora ci danno via via sempre di meno, siamo diventati un peso per loro.

    RAGAZZO 1
    Una notte vennero i soldati, mi legarono le mani dietro la schiena e mi bendarono. Mi picchiarono per tre ore nell’auto blindo e poi finì in carcere. Mi trattarono come gli Americani trattano gli Irakeni. Con disonore. Il carcere di Alma Chab è in un deserto. D’inverno era ghiacciato e ci tenevano nudi. In estate si moriva di caldo e ci gettavano i lacrimogeni nelle celle.

    RAGAZZA
    Siamo migliaia di laureati senza lavoro e io quest’anno non posso nemmeno pagarmi la rata dell’università. Quindi meglio decidere noi come morire piuttosto che essere ammazzati da loro

    AUTORE
    Questa è la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu datata 19 maggio 2004. Dice: “Israele deve assolutamente rispettare la Convenzione di Ginevra per quel che riguarda la protezione dei diritti e della sicurezza dei civili in tempo di guerra e poi condanna l’uccisione di civili palestinesi e la distruzione sistematica delle case a Gaza e nei territori occupati.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    A Gaza ci sono un milione e mezzo di palestinesi. Ma una parte del territorio è occupato dai coloni israeliani, 7 mila persone in tutto. Gush Qatif è la colonia che nel piano di ritiro predisposto da Sharon dovrebbe abbandonare questa terra per restituirla ai palestinesi. I ragazzi di Gush Qatif se ne andranno davvero?

    RAGAZZA 1
    Sharon ha sbagliato, noi siamo venuti qui per vivere insieme agli arabi anche se io alla pace non ci credo, comunque ognuno potrebbe vivere a casa sua. Sharon si è proprio impazzito.

    UOMO 1
    L’unica cosa che mi interessa è tenermi la mia Gush Qatif. Penso a guadagnare quel che serve ai miei nove figli voglio la mia terra. Quelli che pensano a darci qualche soldo per farci andare via non mi interessano.

    AUTORE
    Tutti terroristi per te?

    RAGAZZA 2
    Non tutti, ma tutti hanno l’intenzione di diventarlo e non puoi fidarti di loro.

    RAGAZZO 1
    I terroristi pensano che dovremmo andarcene ma guardate quanto è bello qui. Io sono stato soldato a Gush Qatif, pilota di tank. Noi dobbiamo decidere, non Sharon che ora decide sopra di noi. Venga lui qui in persona a parlarci. Chiedete a tutti: se ce ne andassimo finirebbe tutto in mano ai terroristi. Ci sono arabi che verrebbero via con noi perché non vogliono finire sotto Hamas e Jihad. Ovunque ci sono ebrei ci sono problemi: allora rimandiamoli tutti indietro, tutti noi ebrei torniamo da dove siamo venuti, dall’Italia, dalla Germania, dall’Europa, ridiamola tutta agli arabi questa terra.

    ZAQARIA DORAHIM BBALLUSHA – generale palestinese
    Se Israele avesse rispettato tutte le risoluzioni dell’Onu, Hamas non esisterebbe. E poi anche questa Onu: ci aiuta a parole ma dovrebbe fare fatti politici.

    AUTORE
    Eppure l’Onu vi ha ricoperto di risoluzioni positive per i palestinesi.

    ZAQARIA DORAHIM BALLUSHA – generale palestinese
    Non dateci risoluzioni, dateci uno stato democratico. Credete che un po’ di cibo e vestiti sia una soluzione?

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    L’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi, è qui da 55 anni, ha 25 mila addetti e si occupa di portare istruzione e cibo ai campi profughi….farina, zucchero, lenticchie rosse e latte in polvere. Dicono che non possono fare di più, il mandato del Consiglio di sicurezza non può oltrepassare l’emergenza.

    AUTORE
    Questo libro israeliano dice che l’Unrwa è connesso al terrorismo palestinese

    SHAHANI MISHASHA – portavoce Unrwa Onu
    Degli 11500 addetti dell’Unrwa a West Bank e Gaza mai nessuno è stato incriminato dai tribunali israeliani per connessioni col terrorismo.

    AUTORE
    Il documento dice che voi esagerate il numero di rifugiati.

    SHAHANI MISHASHA – portavoce Unrwa Onu
    Noi possiamo provare uno per uno che i nostri 4,1 milioni di rifugiati sono registrati dai nostri assistenti sociali che lavorano con le famiglie. Anzi, i palestinesi dicono che sono troppo pochi, perché secondo loro i rifugiati sono 7 milioni.

    Immagini di arrivo a Jenin

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    19 aprile 2002: il Consiglio di sicurezza dell’Onu decide all’unanimità l’invio urgente di una commissione di indagine a Jenin. Il 1 maggio 2002, solo 10 giorni dopo, il Consiglio di sicurezza sotto il veto americano torna indietro e scioglie la commissione. Su quel che accadde due anni fa a Jenin non avremo forse mai una verità definitiva

    OMAR STETI - medico
    Nell’aprile del 2002 gli israeliani vennero qui con 500 carri armati, molti elicotteri, e 11 mila soldati. 485 case furono completamente distrutte.

    AUTORE
    Quanti morti ci sono stati?

    OMAR STETI - medico
    Qui 56 persone, più 225 combattenti e molte altre persone in altre zone. Non diedero il permesso ai medici di portare assistenza. Io sono medico e stavo all’ospedale, venne un militare a dirci: “nessuno puo uscire di qua, se vedo qualcuno che esce, un’infermiera, un medico, gli sparo e lo ammazzo”.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Il capo delle brigate Al Aqsa si nasconde qui a Jenin, il suo nome è Zaqaria Zubeidi, è uno degli organizzatori del movimento di protesta che accusa di corruzione alcuni ministri e generali di Arafat

    ZAQARIA ZUBEIDI – brigate Martiri di Al Aqsa
    Dopo le distruzioni del 2002 è partita la ricostruzione con i soldi degli emirati arabi. L’agenzia dei rifugiati dell’Onu, l’Unrwa, gestisce tutta l’operazione ma dal piano di ricostruzione ha escluso alcune famiglie che avevano perduto la casa perché famiglie sospette agli occhi degli israeliani. Purtroppo, l’agenzia dell’Onu subisce pressioni da parte israeliana e americana e quindi dubitiamo della sua volontà di ricostruire le case per tutti.

    AUTORE
    7 maggio 2002, l’Assemblea generale dell’Onu approva a maggioranza una risoluzione che condanna Israele per i fatti commessi a Jenin: la distruzione del campo profughi. La risoluzione è stata votata a grande maggioranza solo 4 i contrari: Israele, le isole Marshall, gli Stati di Micronesia e gli Stati Uniti.

    GIULIANO MER – regista israeliano
    Il campo profughi è molto piccolo, controllato dal più potente esercito del mondo con le apparecchiature più sofisticate del mondo. Circondati da elicotteri apache e carri armati, l’unica cosa che possono fare contro a questa enorme macchina è farsi saltare in aria. Dei 23 kamikaze che si sono fatti esplodere a Jenin io ne conoscevo 6: nessuno era religioso, nessuno cercava vergini nel cielo, ciò che li spinge è che preferiscono morire piuttosto che vivere come morti. Io credo che se i palestinesi avessero il Vietnam dietro di loro si comporterebbero come i Vietcong ma invece hanno intorno solo cemento, cemento muri muri, muri, muri, muri e muri una piccola quantità di esplosivo, chiodi, e si fanno saltare in aria, questo è quello che gli è rimasto.

    AUTORE
    Crede che Israele possa e debba fare lotta al terrorismo superando i limiti imposti dalla Convenzione di Ginevra?

    ROBERT BAR DAN - Colonnello dell’esercito israeliano
    Abbiamo una informazione di intelligence che qualche sabotatore ha messo una bomba in un supermercato ma non sappiamo quale supermercato. L’orologio funziona, cioè l’orologio ha ancora tre ore prima di scoppiare ma non sappiamo dove si trova. Come fare, cosa fare? Naturalmente che in questo caso non si può applicare le leggi delle Nazioni Unite, cioè io ho in mano una persona che sa a che ora deve esplodere questa bomba e in che supermercato e che farà fuori cento persone. Naturalmente non posso portarlo al Tribunale di Ginevra e mettermi in ginocchio e chiedergli: fammi un piacere dimmi dov’è questa bomba e quando esplode.

    AUTORE
    Lei ritiene legittimo usare maniere dure ma da qui alla tortura siamo a un passo colonnello.

    ROBERT BAR DAN - Colonnello dei servizi di sicurezza israeliani
    Non vorrei usare la parola tortura ma dall’altro lato se io sono sicuro che quella persona arrestata ha delle informazioni e se io vengo a sapere quelle informazioni e con quelle informazioni posso salvare vite umane io direi di fare tutto il possibile per estrarre quelle informazioni.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Verso Tulkarem incontro il muro di Galkilija. Prima del check-point ancora muri, cemento armato, filo spinato ovunque. I soldati sono giovanissimi, di fronte alla casa di Jamal è stata costruita una rete, più lontano dietro la collina c’è il muro.

    JAMAL
    Il mio terreno è a 100 metri da qua ma devo fare 10 chilometri per raggiungerlo aggirando il muro e posso andarci solo con il permesso israeliano e solo a piedi o con l’asino.

    AZIZ MOHAMMED TANJI
    Sul percorso di quella rete ci sono telecamere con sensori molto sofisticati, se qualcuno si avvicina c’è un meccanismo che fa sparare un colpo d’arma da fuoco. Non ci sono militari.

    Immagini del muro di Tulkarem

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Questa è la casa di Abdel Ahmad, sul tetto soldati israeliani come in trincea, a terra quel che resta del suo giardino

    ABDEL AHMAD
    Questo era il mio pozzo e gli israeliani l’hanno coperto di cemento armato

    DONNA DAL BALCONE
    Come va amore mio?

    DONNA DALLA STRADA
    Bene,bene

    DONNA DAL BALCONE
    Salutami i ragazzi

    DONNA DALLA STRADA
    Ci sentiamo nei prossimi giorni

    AZIZ MOHAMMED TANJI
    Qui il muro non separa palestinesi da israeliani ma palestinesi da palestinesi, Sharon dal 1967 ha un piano: vuole un Israele più grande e quindi vuole la terra e l’acqua.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Questa è una risoluzione dell’assemblea generale dell’Onu, è la numero 58 del 17 dicembre 2003, dice che Israele deve assolutamente fermare la costruzione del muro.

    Immagini del muro a Tulkarem

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    E durante la notte passa questa camionetta, spazza il terreno perché nessuno osi lasciare la sua impronta su questa fascia di terra.

    AUTORE
    Risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu del 24 settembre 2002: “Chiediamo che Israele cessi immediatamente gli interventi dentro e fuori Ramallah, incluse la distruzione di case palestinesi di infrastrutture della sicurezza.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    La Muqata, il quartier generale di Arafat, le rovine dei palazzi e un cimitero di auto è tutto quel che rimane dell’intervento dell’esercito israeliano del settembre 2002.

    YASSER ARAFAT – presidente Autorità nazionale palestinese
    La prima cosa è fermare quel muro perché è illegittimo. Anche il quartetto ha detto che non deve esistere per sempre, e le Nazioni Unite hanno fatto una risoluzione contraria. Il Papa ha detto: niente muri ma ponti di pace. Questo muro si prende il 58 per cento della nostra terra e distrugge la nostra agricoltura, le infrastrutture, trasforma le nostre città ghetto in carceri e il Tribunale dell’Aja lo ha condannato.

    AUTORE
    Vorrei sapere cosa pensa del piano di Sharon e se crede che Sharon lo applicherà alla fine?

    YASSER ARAFAT – presidente Autorità nazionale palestinese
    Quando gli israeliani decisero di uscire dal Libano lo fecero in tre giorni, e quando dicono che vogliono ritirarsi da una piccola parte di Gaza vogliono un anno di tempo: non è un ritiro vero, è un ritiro virtuale, dovrebbero ritirarsi contemporaneamente dalla Cisgiordania ma soprattutto dalla città di Betlemme che sono tornati a occupare. Oltre questo commettono crimini contro i luoghi santi, cristiani e mussulmani e ci impediscono di pregare: come si può accettare questo nel mondo? Il mondo ha condannato con forza i talebani che in Afghanistan distrussero la statua di Buddha. Il mondo può accettare quello che è stato fatto contro la statua della Madonna a Betlemme? Questo è accettabile?

    Immagini Gerusalemme

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Gli Israeliani accusano i Palestinesi e Arafat di non far nulla contro il terrorismo dei kamikaze. I Palestinesi accusano Sharon e Bush di bloccare le decisioni dell’ dell’Onu che prevedono la restituzione dei territori occupati. Anche sul futuro di Gerusalemme non c’è accordo. L’Onu la vorrebbe città internazionale ma Israele non la pensa così.

    COLONNELLO BAR DAN – colonnello dell’esercito israeliano
    Gerusalemme è un posto sacro per tutte e tre le religioni monoteistiche, i cristiani hanno la chiesa del santo sepolcro, i musulmani hanno delle moschee, gli ebrei hanno il loro unico posto al mondo che è il muro del pianto, le altre religioni hanno altri posti sacri, altri posti santi, gli ebrei hanno solo il muro del pianto e credo che, anzi sono sicuro che gli ebrei dovrebbero avere un primato su Gerusalemme.

    Immagini camera car verso Abu Dis accanto a Gerusalemme

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Siamo a un paio di chilometri da Gerusalemme. Questa, secondo il Governo israeliano, dovrà essere la futura capitale dello Stato palestinese: è il villaggio di Abu Dis. Qui i Palestinesi potranno costruire il loro Parlamento: il villaggio è dietro questo muro.

    EDWARD MORTIMER – portavoce di Kofi Annan
    Sicuramente il muro è costruito sul territorio palestinese e l’Onu crede che gli Israeliani non abbiamo il diritto di fare questo, sebbene comprendiamo che vogliano proteggersi dal terrorismo. Ma se vuoi costruire un muro devi farlo sul tuo territorio. L’Onu non è un organismo indipendente, consiste nei suoi stessi membri, e io non vedo nessun membro disposto ad agire per impedire agli Israeliani di costruire questo muro. Francamente non ritengo nemmeno possibile che lo faccia il Consiglio di sicurezza perché gli Stati Uniti che sostengono Israele hanno il diritto di veto. In questo senso possiamo certamente dire che gli Israeliani sono degli intoccabili.

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    Le analisi sono una cosa, poi vivere da palestinese o da israeliano su quella terra è un’altra. E i paesi che si mettono di traverso quando in ballo ci sono i loro affari non sono solo gli Stati Uniti. Sono tanti, come i muri costruiti non in casa propria. Per esempio il Marocco nel 1980 fa ne ha costruito uno lungo 2 volte l’Italia: 2.400 km. E’ un paese che non esiste perché non è nemmeno segnato sulle carte geografiche, si chiama Saharawi. A questo popolo nel 1966, all’epoca colonia spagnola, l’Onu riconosce con una risoluzione il diritto all’autodeterminazione. Nel 1975 la Spagna se ne va e nello stesso giorno arriva il Marocco e occupa. L’Onu sforna una risoluzione dopo l’altra e intanto c’è la guerra. Aria fritta, queste risoluzioni, perché per qualcuno quella striscia di sabbia nel deserto vale moltissimo.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Quell’interminabile muro è alto appena tre metri, ma è minato e pattugliato da circa 135 mila militari marocchini per tutta la sua lunghezza e costituisce un ostacolo insuperabile per chi è rimasto dall’altra parte.

    UFFICIALE DEL FRONTE POLISARIO
    Vedi questi muri: li abbiamo liberati noi, ma sono pieni di mine.
    La politica dei muri è iniziata quando i marocchini hanno capito che non potevano tenerci a bada. Prima hanno circondato le città e poi tutto il territorio. Non puoi farlo, perché questo territorio non è il loro, bisogna stabilire di chi è. Lungo il muro ci sono 5 milioni di mine, per la nostra gente ogni sentimento ed ogni rapporto con i familiari è tagliato fuori.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    I 2.400 chilometri di muro nel deserto sono il simbolo odioso e anacronistico di una negazione. La negazione ai Saharawi di tornare nelle loro case. Secondo i principi a cui si ispira il diritto internazionale questo popolo ha il diritto da 30 anni, di scegliere, se diventare indipendente o stare con il Marocco. Ma il referendum non si fa mai, perché chi ha qualche interesse nella vicenda appoggia il più forte. E dall’altra parte c’è l’esilio, nella fascia più inospitale del deserto, dove una intera generazione è nata e cresciuta.
    Ci sono quasi 30 risoluzioni ONU, tutte disattese.

    MOHAMED ABDELAZIZ - Presidente Saharawi
    L’Onu usa 2 pesi e 2 misure. Ci sono dei casi nei quali le decisioni del Consiglio di sicurezza vengono applicate addirittura con pressioni militari, economiche o politiche nei confronti della parte che non collabora, come nel Kuwait, nelle Falkland, nel Kossovo, ma per quanto riguarda il Sahara Occidentale, l’ONU non fa niente!

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Ma cosa c’è di così interessante in questa arida striscia di territorio? Gli immensi giacimenti a cielo aperto di fosfati, un minerale utilizzato come fertilizzante in agricoltura, e il Saharawi è il più grande produttore al mondo. Ma non solo fosfati, anche tanto petrolio.
    E così, l’ex Sahara Spagnolo diventa improvvisamente terra di conquista, mentre il resto del mondo non sa nemmeno dove sia.

    UOMO 1
    Noi saremmo i legittimi proprietari! Ma per esempio, il governo spagnolo continua a rubare il 35 per cento della nostra ricchezza. Queste sono le copie dei contratti, con date e firme…con queste carte la Spagna si è assicurata il 35 per cento nello sfruttamento dei giacimenti di fosfati.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Ma la partita vera la gioca anche la posizione strategica, in parte è zona di confine fra Algeria e Marocco, e il Marocco è considerato da Francia e Stati Uniti uno dei pochi paesi islamici amici, per questa ragione lo appoggiano.

    MOHAMED ABDELAZIZ - Presidente Saharawi
    Vuole sapere cosa pensiamo? Che ci sia un paese, membro del Consiglio permanente di sicurezza, che spinge il Marocco a non rispettare gli accordi. Quel paese è la Francia!

    AUTORE
    E il referendum slitta sine die.

    MOHAMED ABDELAZIZ - Presidente Saharawi
    Si rende conto che sono 13 anni che andiamo di proroga in proroga, per gli ostacoli imposti dal Marocco? E l’Onu non fa nessuna pressione per far imporre il rispetto degli accordi!

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Nel 1997, Kofi Annan, appena eletto Segretario generale dell’Onu, si era impegnato con un piano di pace che prevedeva la smobilitazione dei campi profughi, lo sminamento del muro, il rientro della popolazione. Veniva decisa nuovamente la data definitiva del referendum istituzionale: 7 dicembre 1998. Siamo a Settembre 2004 e quel referendum è ancora da fare.

    MOHAMED ABDELAZIZ - Presidente Saharawi
    Questo non significa che sia tutto negativo: la presenza delle Nazioni Unite serve a mantenere il cessate il fuoco. La commissione è anche riuscita a stabilire chi ha diritto di voto. E ogni tanto sul tavolo della più alta istituzione mondiale, si discute della questione Saharawi, e questo è meglio di niente …Ma non può durare in eterno! Se lOnu non è in grado di imporre al Marocco il rispetto della risoluzione, ritorni a casa, lo faremo noi con le armi. E sarebbe solo un mezzo legale per difendersi da una occupazione e difendere i nostri diritti.

    AUTORE
    Dove comprate le armi?

    BUCHRAYA BEYUN - Governatore della Provincia di Smara
    È la cosa più facile…ci sono paesi che ce le regalano!

    AUTORE
    Se dovesse succedere, come si giustificherà la comunità internazionale che si mette in moto per tutto ma non per tutti, e come si giustificherà l’Onu che qui ha già speso 500 milioni di dollari? Poiché sulla carta, i Saharawi vantano infatti tutte le ragioni per considerarsi dalla parte del diritto.

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    E guerra vuol dire profughi, anche gente che emigra e le nostre coste non sono lontane. Ma perché l’Onu non riesce ad imporre le sue decisioni, dove comincia l’errore?

    TOMMASO PADOA SCHIOPPA – ufficio esecutivo Banca centrale europea
    L’errore è di non avere costituito un potere politico che sia legittimo e che possa decidere anche quando non c’è accordo. Per esempio, per moltissimi anni non c’era accordo fra i cinque paesi che avevano il seggio permanente nel Consiglio di sicurezza e quindi le Nazioni Unite sono state bloccate dalla guerra fredda. All’interno di un paese, anche se c’è il massimo disaccordo il governo e il parlamento possono decidere. Quindi l’errore è di non aver avuto la capacità di istituire una regola di decisione comunque.

    EDWARD MORTIMER – portavoce di Kofi Annan
    Gli Stati Uniti oggi non desiderano un’Onu forte perché questo ridurrebbe il loro potere. Specialmente l’ala più conservatrice del governo americano vuole ad ogni costo l’indebolimento dell’Onu.

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    L’ONU non risolve i problemi ma viene utilizzata dai paesi che contano per farsi i loro affari. Ricordiamo che occupa oltre 100 mila persone, decine sono le agenzie e utilizza il denaro dei paesi contribuenti. Risultato: una burocrazia fuori controllo, sprechi insopportabili e una generale inefficienza. La Liberia che adesso vedremo è solo uno degli esempi.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTRICE
    Nel campo di Seigheb, alle porte della capitale Monrovia vivono 14 mila sfollati in attesa di tornare ai loro villaggi saccheggiati durante la guerra civile. Oggi è il giorno dedicato alla distribuzione del cibo coordinata dall’agenzia delle Nazioni Unite World food programme. Ognuno ha diritto a una razione ben precisa di cibo, olio e sale… su un cartellino personale viene segnata l’avvenuta distribuzione. Così da mesi e non si può prevedere per quanti altri ancora. Oggi distribuiscono piselli

    RAGAZZO 1
    Non li avevo mai visti prima..

    AUTRICE
    E le piacciono?

    RAGAZZO 1
    Sono un po’ indigesti per noi.

    AUTRICE
    Perché voi di solito cosa mangiate?

    RAGAZZO 2
    Noi mangiamo le lenticchie!

    SIGNORA 1
    Non riesco a farci niente con questa.

    AUTRICE
    Ma questa è farina di mais, non va bene?

    SIGNORA 1
    Non so come si cucina!

    SIGNORA 2
    Io ho provato a cucinarla con il sale, perché ce ne danno moltissimo ma noi non lo abbiamo mai mangiato.

    RAGAZZA
    Questo è bulgur, un grano da mangiare, ci hanno detto

    RAGAZZO
    Quando mangio questo bulgur ho mal di stomaco…forse perché non l’ho mai mangiato!

    AUTRICE
    E allora, cosa vorrebbe?

    SIGNORA
    Vorremmo del riso, signora…

    RAGAZZO
    Vendo la mia razione agli allevatori che lo danno ai loro maiali e con i soldi mi compro il riso.

    AUTRICE
    Quello che si dice con malignità è che ognuno di quei sacchi costa 20 dollari alla missione. Non è vero?

    HANS VIKOLER -World Food Programme in Liberia
    Sí sí sí.. È risaputo. Il costo a livello mondiale della farina di mais, dei cereali è intorno ai 220/250 dollari a tonnellata..sí, una tonnellata sono 20 sacchi di 50 k..allora un sacco dovrebbe essere sui 20/22 dollari

    EVELINE HERKENS - Direttore programma Onu millennium development
    Il problema è che il principale donatore, cioè gli Stati Uniti. Invece di dare soldi che permettano di comprare il cibo migliore al prezzo più basso dai produttori locali, vendono alle Nazioni Unite le eccedenze dell’agricoltura americana. E questo è il loro disastro, perché significa distribuire cibo in zone che non ne hanno bisogno, o fornire cibo che la gente non è abituata a mangiare e che quindi non mangia…finisci per distruggere gli agricoltori locali.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTRICE
    Da anni nei mercati, infatti, non c’è più il riso liberiano ma quello asiatico, perché la guerra ha penalizzato la produzione locale. Ma nel nord del paese, ci sono contadini che hanno ripreso la coltivazione del riso. Sarebbe stato possibile acquistarlo per i campi profughi direttamente da loro innescando un processo virtuoso che avrebbe fatto del bene all’economia locale. Bastava fare un giro per i mercati. Invece di deciderlo a Ginevra o New York bastava che i funzionari delle Nazioni Unite uscissero nei loro circuiti preferiti.
    I funzionari delle Nazioni Unite possono permettersi ogni sera un ristorante diverso e pagare un conto che equivale a un salario mensile medio di un liberiano, e il liberiano lo sa..

    A capire che l’arrivo delle Nazioni Unite sarebbe stato un grande affare sono stati soprattutto i libanesi, che qui da tempo controllano il commercio. In un anno sono sorti alcuni alberghi nuovi, come questo fronte mare quasi ultimato.

    Si paga dai cento dollari a notte in albergo fino a tremila dollari al mese per un appartamento. Tutti i funzionari hanno diritto a una vacanza di una settimana ogni sei di missione e il viaggio pagato in prima classe per tornare a casa.

    E tutti qui in Liberia hanno una fuoristrada nuova fiammante che costa 30 mila dollari. Ce ne sono centinaia in città. Le auto vengono lavate tutte le mattine, in modo maniacale, mentre l’acqua viene centellinata per i liberiani. Ogni autocisterna viene pagata cento dollari. Le case che sono dotate di pompe ancora funzionanti sono quasi tutte occupate dai funzionari dell’Onu.

    AUTRICE
    Quanto guadagna?

    FUNZIONARIO ONU
    Lasci stare…

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTRICE
    Che male c’è a dire che gli stipendi partono dai 5 mila dollari al mese ma possono arrivare anche ai 15 mila.
    Certo le missioni all’estero hanno i loro rischi. E più sono alti e più consistente è la diaria. Ma quando nell’estate del 2003 gli scontri in città si fecero duri, gli allora pochi funzionari delle Nazioni Unite evacuarono dalla Liberia. Restarono soltanto i religiosi, la Croce rossa e Medici senza frontiere, che guadagnano, per inciso, mediamente mille dollari al mese.

    Comunque una volta arrivati caschi blu la situazione si è tranquillizzata, e centinaia di dipendenti delle Nazioni Unite e delle ong sono tornati.
    Sarà sufficiente per cambiare le cose?

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTRICE
    Le ultime lezioni alla scuola superiore pubblica Tubman si sono tenute un anno fa.

    AUTRICE
    Come mai è tutto fermo?

    ROBERT STEWART - vicepreside scuola superiore Tubman
    Perché il governo provvisorio non sta pagando gli stipendi agli insegnanti da mesi...

    AUTRICE
    Quanti insegnanti ci sono in organico?

    ROBERT STEWART - vicepreside scuola superiore Tubman
    72

    AUTRICE
    E qual è il loro stipendio mensile?

    ROBERT STEWART - vicepreside scuola superiore Tubman
    È molto basso, mediamente 30 dollari.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTRICE
    30 dollari al mese moltiplicato per 72 insegnanti è una cifra modesta, in altre parole 2 mila 200 dollari al mese basterebbero per pagare l’intero corpo docente della principale scuola superiore liberiana.

    AUTRICE
    Ma l’Unicef vi ha dato una mano?

    ROBERT STEWART - vicepreside scuola superiore Tubman
    Non ancora.

    AUTRICE
    Lei ha idea di quanto guadagnino gli insegnanti qui?

    ANGELA KEARNEY - capo delegazione Unicef in Liberia
    No, non ne ho idea.

    AUTRICE
    Sono 30 dollari al mese. Non potrebbero andare in stipendi?

    ANGELA KEARNEY - capo delegazione Unicef in Liberia
    No, l’Unicef non paga gli stipendi degli insegnanti. Si occupa della loro formazione, di molto altro, ma non paga gli stipendi. Mi dispiace.

    EVELINE HERFKENS - Direttore programma Onu millennium development Il paese donatore dice: io ti so i soldi ma li devi spendere nel mio paese.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTRICE
    È una manifestazione in una scuola pubblica. È la terza volta che succede da quando sono arrivate le Nazioni Unite perché secondo loro viene gestita male la questione delle scuole. Quelle pubbliche sono chiuse da mesi e loro se la prendono con quelle private, quasi tutte religiose. Dove basta pagare per studiare.

    AUTRICE
    Quando parlate del vostro progetto Tornare a scuola cosa intendete?

    ANGELA KEARNEY - capo delegazione Unicef in Liberia
    Noi supportiamo il Governo affinché operi in tal senso. Lo scorso anno sono tornati a scuola 500 mila bambini e provvediamo a fornire il materiale scolastico: quaderni, cancelleria varia… abbiamo speso già un milione di dollari ma ce ne servono urgentemente altri 10.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTRICE
    Ecco il kit regalato alle scuole, ci sono perfino i freesbee. Ed ecco il kit come viene usato da questa scuola superiore privata. Ovvero non viene usato visto che il materiale è adeguato a un asilo infantile.

    VELINE HERFKENS - Direttore programma Onu millennium development
    Un modo per aprire la strada alla corruzione. Ad esempio: quando ero ministro olandese per la cooperazione allo sviluppo, per esempio, i paesi poveri aiutati da noi nella sanità dovevano comprare dalla Philips le apparecchiature più sofisticate, ma loro non se ne fanno niente perché non hanno ospedali all’avanguardia e così apri la strada alla corruzione.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTRICE
    Gli operatori Unicef qui in Liberia sono 80, e cosa avranno fatto in un anno è difficile dirlo.
    Sicuramente tre di loro si occupano delle relazioni pubbliche. Eccoli durante un incontro tra i giornalisti di una tv neworkese e l’ambasciatore dell’Unicef George Whea, calciatore liberiano anche ex milanista . È tutto pronto per il buffet. A cui non sono stata invitata. Anzi, mi viene chiesto di non filmare. Ancora una volta tanto pudore nel mostrare il grande divario tra dentro e fuori.

    AUTRICE
    Le posso chiedere cosa guadagna?

    ANGELA KEARNEY - capo delegazione Unicef in Liberia
    Cosa guadagno? Non lo so… i soldi vanno direttamente sul conto corrente… comunque sono sufficienti per farmi vivere bene…

    MESSAGGIO DI GEORGE WHEA, AMBASCIATORE UNICEF, ALLA RADIO
    … Vi chiedo di consegnare la vostra arma al contingente delle Nazioni Unite e di tornare a casa. Vi chiedo di abbandonare le strade e di tornare dalle vostre famiglie…

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTRICE
    Il disarmo è iniziato con 5 mesi di ritardo, perché non c’erano i soldi e queste sono le immagini del primo giorno della consegna delle armi, quando centinaia di combattenti hanno risposto all’appello.

    Ci vorranno mesi per disarmare 45 mila guerriglieri e se i fondi basteranno, verranno poi indirizzati a una scuola o a una professione, come il programma prevede.
    I ritardi però possono fare comodo a chi esiste finché esistono le crisi e le emergenze.

    PADRE MAURO ARMANINO - missionario sma
    Dai signori della guerra siamo passati ai signori della pace, dove il bottino di questo umanitario riservato innanzi tutto per le Nazioni Unite, per le grandi Ong, che spesso arrivano provviste già del loro cosiddetto staff personale, e per i locali ci sono le briciole.

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    Questo si vuole, una fabbrica umanitaria. Dove arriva l’Onu arrivano i dollari e i prezzi vanno alle stelle e quando se ne va, salvo rare eccezioni, la storia ricomincia.
    Che la pace ha un costo lo sappiamo tutti, ma qualche volta però bisognerebbe anche raggiungere gli obiettivi. La missione in Kossovo è in corso da 5 anni con 20 mila uomini.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Nel ‘99 la Nato è intervenuta in Kossovo per proteggere dai serbi la minoranza albanese. Oggi c’è una sola amministrazione, quella dell’ONU.
    La regione avrebbe dovuto diventare un modello di convivenza interetnica, invece oggi sono gli albanesi ad essere maggioranza e a chiedere l’indipendenza mentre i serbi vivono sotto assedio e discriminati.
    A confermarlo un alto funzionario delle Nazioni Unite.

    FUNZIONARIO ONU
    La gente è abbandonata a se stessa. Se sono vivi è perché l’etnia kossovo- albanese ha deciso di non sterminarli però è una decisione loro non certo perché vengono protetti.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Questo grande edificio, piantonato dai militari svedesi, è un ghetto riservato ai serbi sconfitti.
    Possono uscire solo per andare a comprare qualche provvista nel negozio all’angolo. Per andare più in là ci vuole la scorta armata.

    UOMO 1
    Ora solo i bambini albanesi possono giocare in esterno, mentre i bimbi serbi sono rinchiusi nelle loro case. È una catastrofe.

    Immagini di repertorio da Tg

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Il 17 marzo scorso si è scatenata la caccia al serbo: 20 morti, 900 feriti.

    Case e monasteri ortodossi incendiati.

    Questa donna serba si è salvata per miracolo dalle violenze del 17 marzo scorso.

    DONNA SERBA
    Eravamo tutti nel panico, bloccati nei garage e li sentivamo sempre più vicini. In quel momento ho avuto la sensazione che fossero gli ultimi attimi della nostra vita. Ho stretto tra le braccia mia figlia e le ho detto addio. Poi siamo riusciti a fuggire e per strada abbiamo incontrato tre camionette della polizia delle Nazioni Unite, ma non hanno nemmeno tentato di fare qualcosa, di bloccare tutto quel disastro.

    DEREK CHAPPEL - Ex portavoce polizia ONU
    Sono stato portavoce della polizia delle Nazioni Unite per 4 anni. Dopo le violenze di marzo sono stato rimosso dal mio incarico, e non ho mai avuto spiegazioni chiare sul motivo del mio licenziamento, ma penso che alcune dichiarazioni che ho rilasciato sulle violenze non erano piaciute a certi politici delle Nazioni Unite. Io avevo dichiarato, e sono certo di questo, che i registi degli attacchi contro il popolo serbo erano gruppi sovversivi formati da criminali organizzati e da estremisti politicizzati.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Ma allora i 20 mila uomini dei vari reparti della Nato sotto comando Onu schierati in Kossovo, non hanno saputo, o non hanno potuto fare nulla?

    ANTONIO EVANGELISTA – Italian police contingent comande
    Io personalmente, non avevamo indicazioni che potesse succedere qualcosa del genere.

    FUNZIONARIO ONU
    I fatti che sono successi il 17 marzo erano preavvisati. Sapevamo che sarebbe successo prima o poi, un’altra grossa guerra tra le due etnie, il problema è che le nostre avvisaglie, i nostri.. le nostre comunicazioni non sono state prese in considerazione.

    MUFAIL LIMANI - News Editor RTK
    Se il Kossovo avesse uno status, ci sarebbe posto per la comunità serba, loro potrebbero decidere le loro sorti e tutto sarebbe chiarito. Invece la missione ONU alimenta l’idea di Belgrado per il ritorno in Kossovo e questo è la causa del conflitto.

    MARCO BRUCCOLERI -Coordinatore ong ICS
    Probabilmente il popolo kossovaro dopo il primo anno e mezzo di entusiasmo verso le Nazioni Unite e la KFOR hanno cominciato a capire che questo circo umanitario sta qua e non si vuole più muovere.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Lo scopo della missione era l’avvio di una politica di convivenza.

    AUTORE
    Cioè come è che vivono adesso i serbi albanesi?

    CARABINIERE IN MACCHINA
    Eh insomma..

    AUTORE
    Cioè?

    Nessuna risposta e oscura la telecamera con la mano

    NEXHAT DACI – president of the Assembly of Kossovo
    Noi pensiamo che il problema principale dei fallimenti del governo ONU sia la scadenza dei mandati. Non c’è! Se non si capisce entro quale data devi fare cosa, non sei più efficace!

    AUTORE (mostra documenti)
    L’Unione Europea, i privati e le agenzie umanitarie avevano stanziato enormi capitali per compensare i danni dell’intervento della Nato.
    Il grande business del Kossovo dopo la guerra si chiama ricostruzione.

    Planeia per esempio è stata distrutta dai bombardamenti Nato. All’agenzia italiana Nuova Frontiera erano state assegnate 60 case da rimettere in piedi. Dopo averne ricostruite 20 è sparita nel nulla.

    UOMO 1
    La copia dei contratti l’hanno tenuta loro! Ci hanno chiamato, noi siamo andati a firmare e siamo tornati a casa senza nessun pezzo di carta.
    Guarda che razza di ricostruzione hanno fatto prima di sparire. Hanno dato l’intonaco solo a queste due stanze. Hanno fatto delle case che non tengono conto del numero dei membri della famiglia che ci dovrà abitare.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Quindi Nuova frontiera ha costruito 20 case su 60 e non conforme ai progetti
    Sono andato a Pristina, alla sede dell’Unione Europea per chiedere di vedere i contratti.

    RAGAZZA
    Mi dispiace, non posso fare niente. Perché? Perché questi sono i nostri criteri.
    Il numero delle case costruite possiamo saperlo, certo,
    …dobbiamo vedere i dati.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    I dati non li trova e allora mi manda una e-mail nella quale dice “ i dati glieli invierò domani”.
    Era il 17 Giugno, e ad oggi quei dati non li abbiamo ancora ricevuti. Comunque qualcosa è stato fatto e molto è andato ad ingrassare le mafie locali.

    FUNZIONARIO ONU
    I principali esponenti criminali sono gli ex veterani dell’UCK, gli ex generali, comandanti dei battaglioni vari che erano presenti nel ’99 e poi hanno avuto questa evoluzione sia nel crimine organizzato sia nella politica e gestiscono comunque ancora tutto l’impianto criminale che è presente nel paese.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Oggi il Kossovo non ha status giuridico. È contemporaneamente il crocevia della prostituzione internazionale, del traffico di droga tra est e ovest, dei clandestini diretti in Europa, del riciclaggio di denaro sporco, del traffico di armi da smistare sui mercati dell’Africa e del Medioriente.

    FUNZIONARIO ONU
    Dai proventi del traffico di essere umani e quello delle armi si passa a quello degli stupefacenti. E quindi i guadagni ottenuti da questi crimini, vengono reinvestiti in quello degli stupefacenti che produce alle organizzazioni criminali alti guadagni in brevissimi tempi. Ma non si accontentano, reinvestono in traffici leciti come catene alberghieri, ristorazione, società di import-export lavando il denaro sporco proveniente dalle azioni criminali.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Ma è possibile che tutto questo accada, in un territorio piccolissimo e sotto agli occhi di 20 mila uomini, fra polizia, gruppi speciali, soldati e anche la nostra Guardia di finanza?
    A dire il vero i nostri avevano arrestato qualcuno.

    FUNZIONARIO ONU
    Abbiamo la notizia che tantissime persone che fanno parte della polizia stessa locale siano coinvolte in crimini. Un esempio è quello del sergente di polizia che lavora a Pristina che è stato condannato da un tribunale italiano a 25 anni di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti e tutt’ora veste una divisa e porta una pistola.

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Secondo il Tribunale di Milano il sergente di polizia dell’Onu è un trafficante di droga e merita 25 anni, per l’ONU merita di continuare a fare il sergente a Pristina.
    E a Pristina c’è di tutto. Questa casa, all’apparenza normale, nasconde un giro di prostitute frequentato anche da militari e funzionari internazionali.
    Questa è la lista dei locali vietati che l’UNMIK ha diramato a tutto il suo personale.
    E chi ha dato la licenza a questi locali? La stessa Agenzia delle Nazioni Unite.

    FUNZIONARIO ONU
    Se da un lato, emette una lista dove è bene a conoscenza che all’interno di questi locali si svolge traffico di essere umani e della prostituzione, dall’altro dovrebbe ritirare la licenza.

    AUTORE
    Ma non lo fa.
    Con La risoluzione ONU 1244 il Kossovo è diventato un protettorato delle Nazioni Unite. Significa che le decisioni sono affidate alle rappresentanze di 57 stati diversi, spesso con interessi diversi tra loro.
    Di fatto l’autorità di riferimento resta quella degli americani , che siedono sulla poltrona più importante di tutti gli uffici.

    Ho tentato di parlare con chi siede sulle poltrone piú alte, ma la risposta è sempre no.

    POLIZIOTTI AMERICANI
    No possible interview. No possible video.

    DONNA
    Deve chiedere l’autorizzazione

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Le autorizzazioni le abbiamo chieste, ma è inutile.
    Un ruolo importante e non chiaro lo giocano anche le agenzie private americane di appoggio ai militari, come la Dyn Corp, con i loro agenti speciali che godono di completa autonomia operativa.
    Che lavoro fanno qui?

    VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
    Vado al comando della polizia, mi riceve il capo, una donna americana, anzi… non mi riceve.

    CAPO DELLA DYN CORP
    Mi dispiace, le hanno dato un compito difficile, mi dispiace.

    AUTORE
    Anch’io sono dispiaciuto, allora provo direttamente alla Dyn Corp, dove, non si scusano, ma mi sbattono fuori.

    NEXHAT DACI – president of the Assembly of Kossovo
    Il personale dell’UNMIK non ha motivo di lasciare il Kossovo…hanno stipendi troppo elevati.
    Il salario di un alto funzionario dell’UNMIK è più alto di quello di un senatore in Italia (paese che ha gli stipendi più alti del mondo).
    Pristina è la capitale più sicura del mondo, più di Roma o Washington, Londra , o Parigi. E poi le ragazze in Kossovo sono belle…come vede ci sono tutte le condizioni per pretendere il prolungamento della missione .

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    Oggi il Kossovo non è più una provincia serba, non è uno stato indipendente e tanto meno quell’esempio di convivenza interetnica che la guerra umanitaria voleva creare. Oggi è un protettorato Onu che ha deciso di non decidere. E queste sono le Nazioni Unite. Sono tutti d’accordo bisogna riformare. Ma in che modo? Sgomitando per entrare nel governo del Mondo che è anche il business il Mondo. L’Italia che è il quinto paese contribuente e il terzo per mezzi e uomini forniti alle missioni, dentro al Palazzo di vetro non conta nulla.

    FRANCESCO PAOLO FULCI – ex ambasciatore italiano Onu
    Se Germania e Giappone dovessero entrare come membri permanenti nel Consiglio di sicurezza e l’Italia per avventura ne fosse lasciata fuori, si consumerebbe qualche cosa di assolutamente ingiusto ai nostri danni, e badiamo bene, non conteremmo più nulla nell’agone internazionale.

    DENNIS HALLIDAY – ex capo missione Oil for food in Iraq
    C’è disperatamente bisogno di una riforma. Oggi vediamo i cinque stati membri più forti, Cina, Russia, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, abusare della Carta dell’Onu, corrompere le leggi internazionali, prendere decisioni nei loro interessi e non nell’interesse dell’Onu. Dobbiamo abolire gli Stati permanenti nel Consiglio di sicurezza, dobbiamo abolire il potere di veto e dobbiamo aprire il Consiglio di sicurezza a coloro che ne sono esclusi: l’America latina, il Brasile, il Nord Africa, il Medioriente, l’Asia del sud.

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    Se ampliare il Consiglio di sicurezza sarà una soluzione non lo sappiamo. Certamente a far funzionare meglio l’Onu sarà la responsabilità dei paesi che si siederanno su quelle poltrone, poiché la storia migliore delle Nazioni Unite l’hanno scritta uomini integri che coltivavano grandi ideali. Giandomenico Picco ad esempio, per 20 anni diplomatico presso le Nazioni Unite, operativo nelle trattative internazionali, ha dimostrato che le differenze non impediscono il confronto. La sua intermediazione fu determinante negli accordi di pace durante la guerra in Afghanistan nel ‘98. In Libano fu rapito e rischiò la vita in una trattativa solitaria, che portò alla liberazione di 100 ostaggi occidentali. Era vicesegretario dell'Onu con Perez de Quellar quando arrivò a guidare i negoziati per la pace nella guerra tra Iran e Iraq. E questo è il racconto impressionante e inedito di quei giorni.

    GIANDOMENICO PICCO – rappresentante Onu Dialogo fra le civiltà
    Nell’agosto del 1988, quando Perez de Quellar mi aveva affidato la gestione del negoziato finale, io mi trovai una mattina con una chiamata di Tereq Aziz che mi diceva che non sarebbe arrivato all’Onu a New York per il suo incontro con la sua controparte iraniana, perché Saddam Hussein l’aveva richiamato. Il che voleva dire negoziato interrotto e come lui mi disse: “ Ci vedremo tra due o tre mesi”,voleva dire: continueremo la nostra guerra, che per la prima volta l’Iraq stava militarmente vincendo in otto anni e poi ne verremo. Questo avvenimento, devo dire fu preceduto, alcuni giorni prima, da un messaggio che io ricevetti, da una grande potenza, che mi lasciò perplesso. Il messaggio era: “O finisci il negoziato o io ti taglierò come il coltello taglia il burro.

    AUTORE
    Qual’era la grande potenza?

    GIANDOMENICO PICCO – rappresentante Onu Dialogo fra le civiltà
    Il messaggio era di Shultz

    AUTORE
    Shultz era il segretario di Stato?

    GIANDOMENICO PICCO – rappresentante Onu Dialogo fra le civiltà
    Voleva che Saddam vincesse contro gli Ayatollah, come lo volevano i Sovietici, dall’altro lato.

    AUTORE
    E Shultz Le ha telefonato

    GIANDOMENICO PICCO – rappresentante Onu Dialogo fra le civiltà
    No, Shultz mi manda un signore che era un famoso diplomatico americano che mi dice: “Gianni, piccolo messaggio from the Secretary of State: “I will cut to you like the knife to butter. Perez de Quellar mi disse, mi ricordo perfettamente, mi disse: “ Quanti anni hai Gianni?” Dissi: “ Trentanove”; “Benissimo, da grande cosa vuoi fare? Perché se vuoi fare questo mestiere devi pensare che naturalmente vivi in un mondo di real politik e non certamente e soltanto di ideali. D’altro lato mi rendo conto che c’è la possibilità di una vera soluzione della guerra, del conflitto in questo momento, quindi il caso si risolve così. Mi chiese di andare a dormire, di pensarci sopra e mi disse di tornare però la mattina dopo. E ricordo ancora le sue parole: “Se deciderai di continuare il negoziato, benissimo così, sappi però che avrai pochi giorni, perché cercheranno comunque di fermarti, per cui devi riuscire a fermare la guerra in quattro o cinque giorni. Se invece decidi di accettare la minaccia che ti hanno fatto, o comunque l’invito a bloccare il negoziato, va bene lo stesso, io ti coprirò politicamente e dirò che il negoziato è fallito per motivi vari. Come Lei capisce fu un dramma di carattere etico profondo. La verità fu che la guerra terminò quattro giorni dopo.

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    A fare la differenza alla fine sono sempre le persone e non sistemi astratti e immodificabili e gli uomini integri possono fare un’Onu forte. E senza l’Onu spariscono i principi ispiratori del diritto internazionale e sarà anche dura trovare una soluzione a quella che si prefigura come guerra perpetua.
    Pubblicità e poi grazie a Dio una piccola ma buona notizia.

    MILENA GABANELLI IN STUDIO
    E finalmente una buona notizia, si chiama legge del buon samaritano. Vi siete mai chiesti che fine fanno quei prodotti che stanno per scadere ma non sono ancora scaduti o quelli che hanno la confezione un po’ ammaccata? Finiscono di solito nella spazzatura. A meno che qualcuno non abbia un’altra idea. Chiara Baldassari e Giuliano Marrucci.
    Tu che odi dio e la vita cristiana
    Senti la sua presenza come un doloroso cancro
    Vengano profanate e profanate aspramente
    Le praterie del cielo bagnate di sangue

    Odiatore di dio
    E della peste della luce

    Guarda negli occhi paralizzati di dio
    E sputa al suo cospetto
    Colpisci a morte il suo miserevole agnello
    Con la clava

    Dio, con ciò che ti appartiene ed i tuoi seguaci
    Hai mandato il mio regno di Norvegia in rovine
    I tempi antichi, le solide usanze e tradizioni
    Hai distrutto con la tua orrida parola
    Ora vai via dalla nostra terra!

  2. #2
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    Lo so è un po lungo, ma per chi non l'ha visto è molto interessante, come la maggior parte delle trasmissioni di Report.
    Tu che odi dio e la vita cristiana
    Senti la sua presenza come un doloroso cancro
    Vengano profanate e profanate aspramente
    Le praterie del cielo bagnate di sangue

    Odiatore di dio
    E della peste della luce

    Guarda negli occhi paralizzati di dio
    E sputa al suo cospetto
    Colpisci a morte il suo miserevole agnello
    Con la clava

    Dio, con ciò che ti appartiene ed i tuoi seguaci
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  3. #3
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    interessantissimo, ma credo che pochi ti risponderanno
    Nè DAVANTI Nè DI DIETRO, MA DI LATO

  4. #4
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    ho sentito la presentazione al programma(poi comunque daro un occhiata a cio che hai scritto per saperne di piu)

    Ma cosa vi aspettate che faccia l'ONU? Si chiama ONU ma è sempre composto dagli stati che portano avanti i loro interessi, è una presa in giro se vogliamo
    E' un qualcosa che serve a legalizzare cio che altrimenti non sarebbe legale il piu delle volte

  5. #5
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    ho visto tutta la trasmissione.
    un capolavoro di giornalismo d inchiesta.
    giu il cappello.
    speriamo non la facciano chiudere.
    semplicemente s è detto tutto cio che si sa ma si fa finta di non sapere.

    ah compagni , ci vuole l onu in iraq?
    è fuggito...

    l è tutto da rifare sto mondo..

  6. #6
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    In Origine Postato da alemaggia


    ah compagni , ci vuole l onu in iraq?

    basta cambiare gli elmetti verdi con quelli blu dell'ONU ai soldati americani
    a pensarci bene non c'e molto da ridere

  7. #7
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    In Origine Postato da S.P.Q.R.
    basta cambiare gli elmetti verdi con quelli blu dell'ONU ai soldati americani
    a pensarci bene non c'e molto da ridere
    in effetti...

  8. #8
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    In Origine Postato da S.P.Q.R.
    ho sentito la presentazione al programma(poi comunque daro un occhiata a cio che hai scritto per saperne di piu)

    Ma cosa vi aspettate che faccia l'ONU? Si chiama ONU ma è sempre composto dagli stati che portano avanti i loro interessi, è una presa in giro se vogliamo
    E' un qualcosa che serve a legalizzare cio che altrimenti non sarebbe legale il piu delle volte
    L'onu e una pagliacciata, e fino a che e organizzato come ora lo sara sempre.

  9. #9
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    In Origine Postato da mikky
    L'onu e una pagliacciata, e fino a che e organizzato come ora lo sara sempre.
    come lo organizzeresti?

  10. #10
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    In Origine Postato da alemaggia
    come lo organizzeresti?
    eh.... una bella domanda, una belissima domanda caro alemaggia!!

    Mi metti in netta difficolta, mi piacerebbe poterti rispondere che in teoria l'onu dovrebbe garantire pari diriti ai soci, ma non siamo ipocriti, un nuovo onu che mette sullo steso piano, che so, Cina e Belgio, e morto in partenza!!

    Poi bisogna evitare assolutamente che sia usato x fare "la dentro" quelo che NON si puo fare "fuori", cioe una coalizione di paesi di scarso peso militarre che predente di fermare a suon di carta ONU gli USA, e metaforicamente parlando, come un piccolo esercito di gatini che vuol rinchiudere una tigre siberiana in una gabbia di carta velina....... e ovvio che la tigre NON la chiudi, e ovvio che il nuovo onu sarebbe POLITICAMETE MORTO

    Bel problema!!.........

 

 
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