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  1. #1
    laico progressista
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    Predefinito Aspettando la vendetta di Tremonti...

    Povero Tremonti. E' stato silurato. E' stata demolita la sua filosofia. Screditato il suo operato. Riabilitati i suoi nemici. Di giorno in giorno è sempre più umiliato.
    Se lo merita, per carità. Anzi, semmai si rincarerà la dose, non sarà mai abbastanza.

    Però il fuoco cova sotto la cenere.
    E' facile immaginare l'ex ministro chiuso in casa, livido, ringhioso e schiumante, l'occhio allucinato e iniettato di sangue, le vene rigonfie e ribollenti, mentre legge i giornali: Siniscalco che declama la bancarotta e prescrive cure da cavallo; Fazio che confessa d'aver ricevuto e rifiutato l'offerta del ministero; gli osservatori internazionali che declassano l'Italia; Berlusconi che rinuncia a tagliare le tasse subito; ancora Fazio a cena col premier a ripristinare un idillio; Fini in vacanza che gongola. Nessuno che rimpianga il povero Giulio e che spenda per lui una parola di conforto o di pur minima riabilitazione.
    Presto la misura sarà colma. Prima o poi il sapientino sbotterà. A ferragosto? A settembre? Presto o tardi la vendetta di Tremonti arriverà.
    Prepariamoci a leggere qualche dichiarazione al vetriolo, a vedere qualche altarino che si alza, ad assistere a piccole o grandi confessioni, j'accuse, invettive contro il premier e la sua maggioranza. Prepariamoci alle botte da orbi.
    Ci sarà da divertirsi davvero. Lo spettacolo è annunciato, prenotiamoci subito i posti in prima fila.

  2. #2
    Obama for president
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    ben detto paolo

  3. #3
    l'Edera del Cugino è sempre...
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    Le praterie del dubbio - Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de' miei amici o conoscenti dimostrava d'aver perduto il senno
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  4. #4
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  5. #5
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  6. #6
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    nulla da dire sulla finanza creatiiva di Siniscalco?

  7. #7
    laico progressista
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    E' una finanziaria crudele e beffarda.
    Non ho competenza per dire se sia efficace o meno.
    Però posso tranquillamente dichiarare tutta la mia indignazione per la politica cui si ispira.
    Anzitutto il taglio delle imposte tanto sbandierato non esiste. Anzi, verranno tassate le case e le strade.
    Poi, viene inferta la mazzata finale al ceto medio. Tassare la casa significa piegare definitivamente le centinaia di migliaia di famiglie che stanno pagando un mutuo tirando il collo a fine mese. Significa mandare al collasso anzitempo la società.

    La situazione è chiara. Qui la cricca al potere sta tagliando i ponti col resto della società. In periodo di crisi, scappano con la cassaforte e lasciano gli altri a pagare i danni. Aumentano il divario sociale a loro favore. Diventano più forti in pochi e lasciano tutto il resto a marcire nella povertà e nelle difficoltà.
    Uno schifo.

    Aspetto le elezioni per vedere le botte da orbi, i pestoni e le sprangate che prenderà il Berlusca.

  8. #8
    laico progressista
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    Leggete, leggete....



    Tintura di odio
    SINISCALCO-TREMONTI, STORIA DI UN AMORE FINITO CON LE CORNA A COLPI DI CORNETTA
    «GIULIO, NON MI FAI NEANCHE GLI AUGURI?». E IL TROMBATO AFFILÒ UNA RASOIATA OMICIDA: «AUGURI». CLIC…


    «Giulio, non mi fai neanche gli auguri?», cinguettò il nuovo ministro dell'Economia col tono zuccherino dell'affabulatore. Lui, preso in contropiede dalla telefonata, affilò una rasoiata omicida: «Auguri». Clic. Era il 15 luglio scorso: Domenico Siniscalco si insediava nel giorno del suo 50° compleanno alla scrivania che era stata di Quintino Sella. Quella, raccontano, fu l’unica punta d’amaro: l’ostilità di Giulio Tremonti. Che segnava traumaticamente la fine di un’amicizia durata quasi trent’anni.

    Non sono rare, in politica, le rotture così laceranti. Pier Ferdinando Casini e Clemente Mastella, il gerundio e il participio presente post-diccì, erano talmente affiatati che il secondo diceva: «Io potrei chiamarmi Pier Ferdinando Mastella e lui Clemente Casini». Finì con lo statista di Ceppaloni che accusava l’altro di essere «un figlio di papà» che «porta i voti di io, mammeta e tu» e il futuro presidente della Camera che gli ricordava come «i cimiteri son pieni di persone che si ritenevano indispensabili».

    Bettino Craxi e Claudio Martelli parevano inseparabili. Finì col secondo che tuonava di voler «restituir l’onore ai socialisti» e il primo che ringhiava: «È un cane che morde la mano che l’ha nutrito: di lui farò poltiglia».
    Gianfranco Miglio stravedeva per Umberto Bossi. Finì col definirlo «un mostriciattolo prodotto da un’avventura da analfabeti», venendone ricambiato con un insulto indimenticabile: «È solo una scorreggia nello spazio».

    Giulio e Domenico no, non sono ancora arrivati a tirarsi pubblicamente gli stracci. È anzi possibile, per l’amor proprio di ciascuno, che non ci arrivino mai. Ma certo la lettera al Corriere con cui l’ex ministro del Tesoro ha risposto all’articolo sull’uso dell’ inglesorum , conteneva un passaggio così velenoso, con quell’accenno a «qualche direttore del ministero molto fluent », da prefigurare una muta e micidiale guerra di posizione destinata a durare, chissà, nei secoli dei secoli. E pare confermare i sospetti di quanti dentro Alleanza nazionale ma non solo, sono pronti a giurare che dietro le osservazioni che hanno affossato un po’ di regalucci clientelari attesi da certi colonnelli finiani, ci sia lui: il Tremonti Tradito in versione Edmond Dantès.

    E già fioriscono le leggende metropolitane. Lui, che adora i giochi di parole sottili, avrebbe ispirato la definizione di «Finiscalco», il ministro-clone che abbinerebbe il titolare del Tesoro e il leader di An reo d’aver risposto al professore valtellinese: «Se io non capisco un cazzo di economia tu non capisci un cazzo di politica e rapporti umani». Lui la gola profonda che telefona in giro per spiegare, arrotando bellicoso le erre, che questa finanziaria è un «obbrrrobrio» e che «ha ragione nelle sue critiche perfino Visco», l’uomo che aveva simpaticamente bollato come «un gangster contabile».

    Lui l’occulto regista del «tiro al piccione» aperto sul successore. Vero? Falso? Un po’ vero e un po’ falso? Boh... Ciò che è certo è che a Tremonti il modo in cui è stato buttato fuori, tra le sviolinate dell’amico Silvio («ti vedo un po’ sbattuto, perché non te ne vai sulla mia barca alle Bermuda?») e le ipocrisie dei cortigiani, è rimasto nel gozzo.

    Tanto più dopo aver saputo, come ha rivelato Il foglio in uno splendido ritratto scritto da Marco Ferrante, che l’ Eco di Bergamo aveva pubblicato, subito dopo la nomina del nipote, un’intervista allo zio di Siniscalco, Prospero Bonomi. Il quale, colmo di soddisfazione per la carriera di Domenico, aveva confidato: «Lui non voleva accettare, ma è da tempo che gli chiedono di prendersi questo incarico».

    Al che il tributarista di Sondrio, che tra le innumerevoli virtù non ha quella della dolce rassegnazione al fato, sarebbe deflagrato: ma come? Lui? Il suo braccio destro? Era corteggiato «da tempo» e non gliel’aveva mai detto? Come aveva potuto? La sera della defenestrazione, l’ex ministro si era infatti andato a sfogare lì, a casa del suo più stretto collaboratore, l’amico di una vita, il brillante economista torinese col quale aveva diviso, al tempo dei «Reviglio boys», il quartierino da scapoli nel quale vivevano a Roma.

    Come sia andata quella notte di sfoghi non si sa. Certo è che, il giorno dopo, la famosa scrivania di Sella veniva liberata da un Tremonti deciso a sottolineare pignolo ogni dettaglio come non volesse infettarsi con i microbi: «Questo libro è mio, quello va restituito alla biblioteca, questa penna è mia, quella no...».

    Forse, se fossero riusciti a parlarsi e a sforzarsi di capire l’uno le ragioni dell’altro, le cose avrebbero preso una piega diversa. Forse. Perché poche altre volte, in un mondo arido come la politica, due amici si erano così reciprocamente completati. Di qua Giulio l’ispido a collezionare antipatie con le sue rigidità, le sue bacchettate «calviniste», le sue battute taglienti (come la volta che disse in Consiglio dei ministri alla Moratti che batteva cassa: «Letizia, questo governo non è tuo marito»), di là Domenico a ricucire con quella affabilità, quella simpatia e quell’arte di tessere rapporti umani che gli ha consentito addirittura di traslocare dalla sinistra alla destra senza essere linciato come un voltagabbana e di essere anzi indulgentemente visto da Gad Lerner come «una maschera di altissimo livello del trasformismo italiano, un uomo che lo ha praticato con grande naturalezza e con grandi risultati».

    E forse mai due amici, nella stanza dei bottoni, impegnati a far tornare conti che non tornavano mai, avevano avuto tanta confidenza. Al punto, per alleggerire le ore di lavoro, di studio e di tensione, di scambiarsi liste di nomi assurdi trovati sull’elenco telefonico: Felice Mastronzo, Mela Marzia, Scopa Tina, Sasso Pietra, Domenica D’Agosto...

    Di ridere delle imitazioni nelle quali Siniscalco eccelle, prima fra tutti quella del governatore Fazio che immortala stropicciandosi il vestito come fosse finito sotto un tir e infilandosi un posacenere in tasca per accentuare l’aria trasandata. Di legare l’uno all’altro, assopito in uno dei tanti voli transoceanici, i lacci delle scarpe. E forse lì sta il punto.

    Se è vero che «in politica il tradimento non esiste», come spiegò Giuliano Ferrara, è vero anche che niente come la fine dei grandi amori e delle grandi amicizie può alimentare il disprezzo, il rancore, l’odio. Spiegò un giorno Rouben Mamoulian che ogni volta che litigava con Greta Garbo spaccava un pianoforte: «Il nostro amore durò tre pianoforti».

    Quante Finanziarie passeranno, prima che i nostri due facciano la pace?


    Dagospia 09 Ottobre 2004

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  10. #10
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    CONFINDUSTRIA BOCCIA LA FINANZIARIA
    13/10/2004 - 129


    Roma, 13 ott. (Apcom) - Confindustria conferma il suo no all'impianto
    della legge finanziaria. Il direttore generale, Maurizio Beretta, davanti
    alle commissioni Bilancio di Camera e Senato riunite ha osservato che
    "l'intonazione complessiva della politica di bilancio cambia, passando da
    una impostazione debolmente espansiva a una debolmente restrittiva". Tale
    politica "configura un quadro che, pur non dando luogo ad effetti
    restrittivi rilevanti, non appare in grado di sostenere la crescita
    economica in questa delicata fase ciclica".

    Ma il giudizio di Confindustria non risparmia il versante del controllo
    della spesa pubblica. E' sbagliato aver escluso pensioni e sanità dal
    tetto del 2 per cento della crescita della spesa. "Aver escluso spesa
    pensionistica e altre prestazioni sociali - ha detto ancora il direttore
    generale di Confindustria - non tiene conto del fatto che è ben possibile
    introdurre anche in questi comparti razionalizzazioni e risparmi".

    Inoltre, contro il caro-greggio Confindustria si attendeva qualche
    provvedimento "significativo", ad esempio con misure "maggiormente
    compensative degli aggravi di costo subiti dalle imprese". Per
    l'autotrasporto di merci, ha sottolineato Beretta, "l'aumento del prezzo
    del gasolio al consumo è stato di oltre il 13 per cento dall'inizio
    dell'anno. Tale voce rappresenta circa il 25 per cento della totalità dei
    costi di esercizio delle imprese di autotrasporto, appare evidente lo
    stato di difficoltà in cui esse versano".

 

 
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