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  1. #1
    AUTODIFESA ETNICA TOTALE!
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    "Noi vogliamo solo essere liberi e continuare a vivere come sempre, conservando ciò ch'è nostro senza dover obbedire a signori stranieri" Il Signore degli Anelli, pg. 530
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    Talking L'integrazione etnica aiuterà il padanismo !!!

    In origine postato da Gianluca J
    Scusa sai, ma essere così chiuso verso chi è diveso dagli altri potrebbe ritorcersi contro di te, Una cosa è l'indipendentismo che si basa su questioni culturali economiche e sociali altro è il razzismo, che spesso ha come fondo un complesso di inferiorità.

    Conoscere culture diverse, viaggare e magari fermari in un luogo dove vivere, è un accrescimento culturale che ho vissuto sulla mia pelle, e ti asscuro che quando si impara a conoscere persone differenti da noi si imapra anche a conoscere meglio noi stessi.

    Detto ciò, scambiare il giusto nazionalismo padano con una quaetione a sfondo razzista, danneggia i nostri ideali "sporcandoli" con qualcosa che va al di là del rispetto per l'uomo, principio sul quale la Padania dovrebbe fondarsi, e in più da ragione a chi ci attacca.
    detto ciò, dato che ho amici egiziani Copti, amici che vengono dall'Italia e amici di mille paesi che si sono integrati a meravilgia,
    mi sento obbligato a difendere loro, dato che spesso votano lega a differnza dei "puri padani" almeno quanto difendere mia moglie che, cerca di portare avanti un ragionamento al di fuori degli schemi politici oltranzisti, che invece di aiutare la nascita di una nazione Padana la ostacolano.

    Poi le battute del tipo "pillole di etnonazinalina" ecc. possono essere davvero irritanti, te lo assicuro.

    Gianluca.

    In origine postato da elenailinn
    Non è intelligente: al contrario.
    E' proprio quello che potrebbe capitare qui da noi, e non solo in Italia.
    Se si comincia a generalizzare senza sorta di riscatto, tutti gli immigrati che sono nel nostro Paese, ci si mette sullo stesso piano di chi in passato ha creato le foibe e i lagher.
    Alcuni immigrati, anche se sono pochi e non visibili, arrivati 20 o 30 anni fa, si sono integrati perfettamente nella nostra società e non hanno mai dato alcun problema.
    Rispetto reciproco.
    Certo è che se si fanno le statistiche, la religione di queste persone integrate, per la maggior parte è Cristiana: cattolici, copti e protestanti.
    Sarà un caso ? non penso proprio. Secondo mè è una questione di cultura, di affinità e soprattutto di religione che, come quella islamica, è integralista e non lascia spazio a nessuno.

    Dobbiamo fare dei distinguo tra gli islamici e i credenti delle altre religioni.
    Sinceramente sono sconcertato...secondo voi integrare gli immigrati aiuterà la nascita della Nazione Padana ? E allora perchè l'integrazione dei teroni non ha dato - prima - lo stesso effetto ???

  2. #2
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    Discorsi già sentiti.
    Basta che paghino le tasse...basta che parlino in lombardo...in fondo fanno i lavori che i Padano-Alpini non vogliono più fare..e via una scemenza dietro l'atra.
    Costoro non hanno capito un emerito cazzo del federalismo integrale o etno-federalismo.
    Noi Padano-Alpini dobbiamo difenderci. E' in gioco la nostra stessa esistenza etnica.
    Difendere le nostre comunità etnonazionali.Le nostre millenarie Tradizioni . La nostra Storia, Civiltà, lingua autoctona.
    E questo può essere effettuato solo con un sano etnocentrismo.
    Ma da quanto riportato dda Eomer vede che il padamericanismo multirazziale avanza.....
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  3. #3
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    Arrow MEDICI

    Originally posted by Der Wehrwolf
    Discorsi già sentiti.
    Basta che paghino le tasse...basta che parlino in lombardo...in fondo fanno i lavori che i Padano-Alpini non vogliono più fare..e via una scemenza dietro l'atra.
    Costoro non hanno capito un emerito cazzo del federalismo integrale o etno-federalismo.
    Noi Padano-Alpini dobbiamo difenderci. E' in gioco la nostra stessa esistenza etnica.
    Difendere le nostre comunità etnonazionali.Le nostre millenarie Tradizioni . La nostra Storia, Civiltà, lingua autoctona.
    E questo può essere effettuato solo con un sano etnocentrismo.
    Ma da quanto riportato dda Eomer vede che il padamericanismo multirazziale avanza.....
    Domanda domandina :


    allora perchè in Giappone di extras non ce ne sono ?



    e perchè il sudafrica è sprofondato nel caos dopo la fine dell'apartheid?

    e perchè i tedeschi di colonia non hanno voluto mischiarsi?
    Ci sarà stato un motivo no? (essi erano a casa loro, i turchi no!)
    Insomma, meticcia oggi, meticcia domani, addio padania !

    Qui non ci vogliono pillole di etnonazionalistina, ci vogliono intere trasfusioni!!!


    inoltre segnalo a felix (hai la casella piena controlla)che vi sono state battute gratuite nei suoi confronti, e poi si scandalizzano sull'etnonazionalistina....


    L'unica soluzione è sempre quella.




    P.S.:QUOTO QUESTO PUNTO: Scusa sai, ma essere così chiuso verso chi è diveso dagli altri potrebbe ritorcersi contro di te, Una cosa è l'indipendentismo che si basa su questioni culturali economiche e sociali altro è il razzismo, che spesso ha come fondo un complesso di inferiorità.

    certo che abbiamo un complesso d'inferiorità : quando gli albanesi (bianchi illirici)entrano in casa nostra e ci puntano una pistola alla tempia mentre siamo in ginocchio siamo in quel momento a un livello inferiore)


  4. #4
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    Per bloccare il mondialismo
    Da Parigi a Bruxelles un solo grido:
    fermiamo l’invasione

    di Giorgio Mussa

    Il triangolo formato da immigrazione, criminalità e mondialismo, crea gli stessi problemi ai nostri vicini europei. In Francia nelle periferie "calde" di Parigi, Marsiglia, Tolosa, Strasburgo, dove l’80% degli abitanti sono immigrati, si assiste quotidianamente ad un aumento della violenza, che trova il terreno fertile in una miscela esplosiva formata da islamismo e criminalità imbevuta di sottocultura "rap" d’importazione americana.Il peso della censura "politicamente corretta" sui temi dell’immigrazione è talmente forte oltralpe che i mass-media non pubblicano i nomi degli stranieri extracomunitari arrestati per crimine, parlando genericamente di arresti di "giovani", per evitare di identificare la loro origine (esempio che sarà presto imitato anche dalla stampa italiota?).In questi giorni, si susseguono vertici di governo e polizia capitanati dal socialista Jospin, per rispondere a questa situazione, proponendo delle misure "tampone" le quali non hanno mai coraggio di affrontare alla radice il vero problema che anche qui è rappresentato dall’immigrazione extracomunitaria.La situazione è particolarmente calda a Tolosa dove dal 13 dicembre si susseguono ininterrotti ogni sera scontri tra la polizia e giovani immigrati del Quartiere "Mirail" che, nel migliore dei casi, si scatenano bruciando automobili, distruggendo scuole ed infrastrutture pubbliche. Il quotidiano "Le Figaro" denuncia il governo socialista di Jospin, il quale ha vietato alla Polizia locale di intervenire, al fine di non irritare gli immigrati che spesso sono armati. Di fronte a questa situazione e di fronte all’impotenza delle forze dell’ordine, gruppi di cittadini tolosani, secondo il quotidiano parigino, organizzano ronde di autodifesa. Va sottolineato come i protagonisti di questo clima di violenza siano immigrati della seconda o terza generazione nati in Francia e titolari di tutti i diritti civili, le cui famiglie dispongono di alloggi popolari e di un’assistenza sociale molto estesa (sussidi di disoccupazione, borse di studio, centri sociali, etc.), che lo Stato francese ha messo a loro disposizione nell’illusione di creare un’integrazione, che quotidianamente fallisce.La Germania è in questi giorni scossa dalle polemiche sul progetto di legge della maggioranza socialista che vuole dare la cittadinanza ed il diritto di voto agli extracomunitari (in Germania sono ben 7 milioni) e dalla strenua opposizione contro questa legge portava avanti dalla Csu bavarese.A Bruxelles, in Belgio, nel quartiere di Scharbeek a soli 500 metri dalle Istituzioni Europee, bande armate di turchi dettano la legge e recentemente un artigiano belga di 32 anni è stato ammazzato a sprangate per futili motivi, da una gruppo di minorenni extracomunitari. Tutto ciò con buona pace dei Manconi nostrani che ci decantano quotidianamente le delizie della società multirazziale.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  5. #5
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    Etnonazionalismo ed Etnofederalismo nella dottrina leghista
    Discorso di apertura dei Congresso della Lega Lombarda
    on. Umberto Bossi
    Pieve Emanuele 8.9.10 febbraio 1989



    INDICE

    Il Congresso come atto di nascita dei Movimento

    L'organizzazione sul territorio
    Il vecchio statuto
    Il significato di "Autonomia"
    L'impossibilità di ottenere l'autonomia della Lombardia sul presupposto di esserì una minoranza linguistica
    L'autonomismo per Bruno Salvadori
    L'etnofederalismo come mezzo di pressione per ottenere l'autonomia
    La lotta contro il centralismo di Stato
    Il federalismo integrale
    La confusione con lista civica
    Il superamento dei determinismo marxista e del pragmatismo capitalista
    L’alternanza di giustizia e libertà
    La crisi dei partiti
    Il federalismo integrale come dottrina economica, politica e sociale
    Il federalismo integrale come mezzo per realizzare la morale sociale
    I fenomeni di disgregazione sociale prodotti dalla società multirazziale
    La velocità delle integrazioni sociali
    L'impossibilità di integrare gli immigrati di colore
    La creazione dei caos sociale per ottenere lo Stato autoritario
    Le alleanze con gli altri movimenti autonomisti
    La lotta per l'integrità dei Movimento
    Il coinvolgimento dei Meridione nel progetto federalista
    I rapporti con i Movimenti delle regioni a statuto speciale
    I lavori dei Congresso

    1.Il Congresso come atto di nascita dei Movimento indice

    E' con emozione che apro il primo Congresso Ordinario della Lega Lombarda perché è il Congresso che segna il vero atto di nascita, l'aprirsi e il dispiegarsi alla vita politica pubblica dei nostro Movimento.
    A noi sono occorsi dieci anni per arrivare a questo momento. A questo atto di nascita. Dieci anni di travaglio totalizzante, di differenziazioni multiple che avvenivano contemporaneamente e che interessavano i diversi segmenti costituenti l'organizzazione interna dei movimento. Una specie di caos primordiale continuamente alimentato almeno fin tanto che non si intravedeva ciò che la fusione avesse originato. Un'amalgama, un nucleo capace di proporsi quale centro di gravità rispetto ad un territorio o rispetto alle funzioni cui il nucleo stesso si proponeva quale punto di riferimento.
    Diciamo subito che se siamo qui è perché attraverso una serie di tali fusioni si formò dapprima un nucleo che si costituì in Consiglio Federale. In un secondo tempo si formarono i nuclei provinciali, che si costituirono in consigli provinciali, saldati al consiglio federale. Così, progressivamente al generarsi dal nulla dell'organizzazione, abbiamo avuto il problema di stabilizzare, raffreddando, ciò che il caos e la fusione avevano creato, introducendo progressivamente criteri selettivi per favorire all'interno dell'organizzazione i militanti più preparati e capaci non solo sul piano ideologico, ma anche su quello tecnico e amministrativo.
    E' stato un passaggio, né semplice, né indolore perché non sempre i primi militanti sono anche quelli che possiedono la capacità di gestire ciò a cui hanno dato vita con la loro fede e il loro impegno. Nel complesso possiamo dire di essere stati fortunati perché durante questi processi di nazionalizzazione non è avvenuta nessuna esplosione dall'interno dei Movimento. Qualche militante se ne è dovuto andare, ma sono state poche eccezioni. E' questa la fase in cui le ambizioni personali variamente mascherate, con gli alibi più impensabili se non vengono temperate e asservite al superiore progetto politico rischiano di indurre gravi crisi nel Movimento.
    Questo Congresso arriva quindi dopo che abbiamo in gran parte domato il rischio di implosioni, di esplosione dall'interno dei Movimento, a causa di ambizioni personali non temperate che finiscono per produrre posizioni divergenti da quelle imposte dalle superiori necessità dei progetto autonomista.
    Per questo oggi possiamo dire che siamo qui ad archiviare la fase della genesi primordiale e dei successivo assestamento che è già avvenuto per lo meno al 70%. Ci sono ancora però ritardi organizzativi in qualche provincia. Ma oggi la forza dei l'organizzazione è tale da scoraggiare e comunque da inattivare ogni preoccupante tensione interna. Il Movimento non deve più mediare a tutti i costi ogni contraddizione perché oggi può amputare quello che non va senza subire conseguenze dannose. Il fatto stesso 'che possiamo affrontare questo primo congresso indica che i parametri di stabilità dei Movimento sono, se non ottimali, molto incoraggianti.



    2 L'organizzazione sul territorio indice

    L'anno scorso convenimmo in molti che il Movimento non era ancora maturo per affrontare il primo Congresso nazionale, perché era ancora troppo poco sincronizzata l'organizzazione sul territorio con la segreteria politica, che era a sua volta in una fase iniziale. Oggi arriviamo al Congresso con un'organizzazione forte di nove sedi provinciali: una per ogni provincia della Lombardia e di una ventina di sedi intraprovinciali, alcune delle quali in città importanti, come Monza, Gallarate, Voghera ecc.
    Una segreteria politica con un’apprezzabile capacità operativa costituita da un gruppo di tecnici nei vari settori. In quest'ultimo anno abbiamo inoltre effettuato la separazione dal Movimento dall'organizzazione dei giornale, che è diventata autonoma per quanto riguarda le operazioni di confezione e spedizione: l'abbiamo infatti dotata di propri mezzi di trasporto che fanno capo ad un capannone industriale localizzato a Vergiate, a poche centinaia di metri dal grande svincolo autostradale dove si incrociano le autostrade per la Lombardia e per il Piemonte.
    Le redazioni, per la natura politica dei giornale, restano invece presso le sedi principali dei Movimento. Inoltre ogni sede provinciale è collegata sia alla segreteria politica sia alla redazione dei giornale e chi ha vissuto l'isolamento che per anni ha accompagnato l'azione dei gruppi provinciali e la difficoltà ad impegnare sincronicamente il Movimento, può avvertire gli enormi passi in avanti impliciti nelle ultime conquiste dell'organizzazione.
    Con i collegamenti effettuati l'informazione è accessibile in tempi reali in ogni provincia della Lombardia e in futuro potrà essere riverberata dalla sede provinciale ad ogni sede minore. Per capire meglio il salto organizzativo fatto in questi anni va inoltre sottolineato che in ogni sede provinciale lavora un certo numero di personale impiegatizio per cui tali sedi non sono affatto locali vuoti, ma centri operativi che hanno sia compiti specifici inerenti l'attivismo provinciale, sia compiti di elaborazione e di economia secondo criteri fissati dal Consiglio Federale, sia compiti di collegamento con l'organizzazione centrale.Nel complesso l'organizzazione della Lega Lombarda assomiglia ad una quercia con 9 rami principali che stanno differenziando altri rami minori che cominciano a gemmare foglie e frutti, speriamo più frutti che foglie, secondo le regole e i programmi che andremo ad approvare in questo Congresso.



    3. Il vecchio statuto indice

    Va sottolineato inoltre che siamo arrivati fino a qui anche grazie al vecchio statuto che oggi è gioco forza superare. Uno statuto è in fondo il codice genetico in cui sono codificate le possibilità evolutive dei Movimento che dipendono, non soltanto dalle modalità statutarie previste per la crescita dei Movimento, ma anche dalla bontà degli strumenti difensivi concepiti per rintuzzare e inattivare gli attacchi esterni e, soprattutto, le infiltrazioni di malintenzionati miranti a disgregare il Movimento.
    Il vecchio statuto aveva il suo massimo strumento difensivo nel tesseramento. Lo statuto in merito prevedeva due tipi di associati:
    a) - i soci sostenitori che garantivano al movimento l'afflusso dei capitali necessari al suo sviluppo;
    b) - i soci ordinari, costituiti dai vecchi fondatori accanto ai quali nel tempo abbiamo aperto a tutti gli eletti nelle sedi istituzionali e ai più vecchi costituenti dei gruppi provinciali.
    c) - Soci fondatori. Ai soci fondatori è rimasto in più degli altri soci ordinari soltanto il potere di operare deroghe transitorie rispetto a quanto previsto dallo statuto stesso e ciò è molto utile per mantenere una certa elasticità in un'organizzazione in formazione che va incontro a difficoltà particolari e transitorie non codificabili nello statuto generale.
    Possiamo quindi concludere questo breve excursus sottolineando che a noi sono occorsi 10 anni per arrivare a nascere: 10 anni pieni di ricordi, di decine o centinaia di migliaia di scelte, di invenzioni e creazioni, di rapporti.



    4. Il significato di autonomia indice

    Questo congresso è qui anche per ripercorrere le principali tappe dei nostro passato e per archiviare i ricordi generici differenziandoli da quelle scelte che continueranno a proiettarsi attivamente nel futuro dei Movimento in quanto ne costituiscono le radici storiche. Parlo delle scelte che hanno guidato il Movimento attraverso il labirinto che si estende tra il momento della prima intuizione e quello della nascita, cioè il momento in cui si può iniziare a realizzare ciò per cui si è approntato il movimento politico.
    Fin dalle prime analisi dei significato di "autonomia" e circa la via da percorrere per ottenere l'autonomia della Lombardia si evidenziò l'impossibilità di percorre un a via finalizzata ad ottenere il riconoscimento di regione a statuto speciale perché esso presuppone a monte il riconoscimento di minoranza linguistica all'interno dello Stato italiano, cosi come era avvenuto per la Valle d'Aosta e il Sud Tirolo, dove la lingua o la Koinè linguistica comprendenti i patois locali, erano stati fondamentali per ottenere l'autonomia.
    Lo stesso Bruno Salvadori nel suo libro "Pourquoi je suis autonomiste" edito il 12 agosto 1967 nella collana "Tradition et progress", al capitolo 8 dedicato alla lingua scrive queste parole: "La langue Francaise est un des piliers fondamentaux de toute la question Valdotaine, la (conditio sine qua non) qui nous a permis d'obtenir le statut de region autonome en 1948" cioè l'ammissione senza mezzi termini che la lingua francese è stata uno dei mezzi strumentali fondamentali per ottenere lo statuto di autonomia della Vai d'Aosta nel 1948.
    Noi ci trovammo allora ad analizzare a fondo questa materia e a concludere che non era stato per una qualche azione o per il carattere unificante dei patois valdostano e sud tirolese che due popoli avevano ottenuto il riconoscimento di minoranza linguistica e quindi lo statuto di autonomia. Era stata invece la possibilità di dichiarare i patois locali comer variante della lingua francese e di quella tedesca, cioè della lingua ufficiale di uno Stato confinante che aveva messo in moto coperture e pressioni internazionali sul governo di Roma, costretto per così dire dal consesso internazionale a concedere lo statuto di autonomia speciale.



    5. L'impossibilità di ottenere l'autonomia della Lombardia
    sul presupposto di essere una minoranza linguistica indice

    Oggi sembra l'uovo di Colombo ma, allora, fu una scoperta importante perché da essa ne derivava evidentemente l'impossibilità per noi Lombardi, di battere questa strada.
    La lingua lombarda, o più propriamente il linguaggi di koinè lombarda, che nel loro insieme possono essere considerati una lingua perché sono riconducibili ad una medesima matrice, non può far riferimento alla lingua ufficiale di uno Stato straniero. Il problema era indipendente da motivazioni prettamente linguistiche o da considerazioni sulla frammentazione dei sistema di comunicazione lombardo che ne limita il potere unificante.

    6. L'autonomismo per Bruno Salvadori indice

    Nei primi mesi dei mio rapporto con Bruno Salvadori, seguendo la linea da lui stesso tracciata, che era poi quella classica di tutti i movimenti autonomisti almeno fino ad allora, io mi ero accostato ad un gruppo di poeti e scrittori dialettali di Varese, convinto che bisognasse passare attraverso la riconquista della propria identità linguistica, prima di ottenere l'autonomia.
    L'impatto fu dei peggiori perché ciò che prevaleva nei loro scritti era un sentimento di rimpianto dei passato. Fatto che mi spinse a scrivere alcune poesie, pensate e vissute in dialetto, a scopo per così dire didattico, dove trattavo temi di attualità proiettati sul presente e sul futuro più che verso il passato. Nel maggio dei 1980 scrissi almeno una quindicina di queste poesie che poi affidai al giro dialettale e parte delle quali mi ritornarono felicemente qualche anno fa. La mia posizione circa il problema linguistico risentì dell'impostazione autonomista data da Bruno Salvadori. E ancora fino al 1982 sottolineavo questa posizione, sia ad un convegno sulle lingue minoritarie tenutosi al circolo filologico milanese, sia ad un incontro con i poeti dialettali dei Canton Ticino, tenutosi nel teatrino dei Sacro Monte di Varese. In particolare sostenevo che l'uso dei dialetto era considerato dall'uomo colto, ingiustamente, un'operazione regressiva. Il regresso nascerebbe dalla finalità attribuita al dialetto che era visto come tentativo di recuperare il mondo dei passato in cui il dialetto era il principale veicolo di socialità. Difendevo i "dialettali" dall'accusa di avere nostalgia dell'era contadina, una nostalgia priva di analisi per cui usare il dialetto fosse come pretendere di andare avanti con la testa voltata indietro. Contestavo che il dialetto potesse avere soltanto una funzione retorico ornamentale, perché il dialetto non necessariamente viene utilizzato solo per cantare il mondo dei passato, bensì può essere lingua d'indagine della complessità dei presente. Sostenevo inoltre che il dialetto era la lingua materna per cui era anche la lingua base dei dialettali, in cui c'era diglossia dei dialetto appreso in casa e dell'italiano appreso a scuola. Ma soprattutto sostenevo che il vero motivo dell'ostilità dei sistema al dialetto dipendeva dal fatto che esso era lingua di un popolo e quindi sottolineava implicitamente la contraddizione esistente tra forma centralista dello Stato italiano e presenza di più popoli al suo interno. Le accuse mosse al dialetto erano quindi non soltanto destituite da ogni fondamento, ma strumentali e mistificatorie perché in realtà nascondevano soltanto la paura dei sistema che la gente si potesse chiedere per quale assurdo motivo non ci fosse il federalismo in un sistema politico come quello italiano che imbrigliava una realtà multinazionale.
    Ma l'idea che la lingua etnica potesse servire ad aggregare un movimento autonomista in Lombardia era entrata in crisi, dentro di me, soprattutto in seguito a due osservazioni.
    Innanzitutto per il fatto che il dialetto veniva utilizzato dal partito comunista che organizzava addirittura conferenze sul dialetto inteso come mito populista, anti borghese e anti fascista, conseguentemente al fatto che il fascismo, dovendo fare gli italiani aveva dichiarato guerra ai dialetti. All'inizio il fascismo era addirittura passato attraverso una parziale scolarizzazione dei dialetto per creare un più facile gradiente di passaggio dalla società dialettale a quella di lingua italiana, nel tentativo di chiudere la diglossia dialetto italiano. A Varese gli studenti delle elementari utilizzavano ad esempio una piccola antologia intitolata "Chioma Verde" che sul frontespizio aveva scritto "Libro di cultura regionale per la Lombardia" testo unico ed obbligatorio nelle classi terza, quarta e quinta elementare, che era edito dall'istituto Editoriale Cisalpino, Milano - Varese.
    In secondo luogo avevo sotto gli occhi il fatto che in quegli anni il dialetto veniva molto utilizzato in chiave folcloristica, ad esempio dall'ex assessore alla cultura dei Comune di Milano, il radicale monarchico socialista Aghina, fondatore tra l'altro della rivista "Etnie", attorno alla quale proprio una settimana fa, si è costituita una associazione tedescofila di evidenti sapori nostalgici. Anche in quest'ultimo caso l'uso dei dialetto non generava paura nel sistema. Tutto questo, unito all'evidenza che il fascio di isoglosse linguistiche lombarde non era agganciabile alla lingua ufficiale di uno Stato confinante, mi fecero concludere che non aveva alcun significato usare la lingua quale strumento cardinale nella lotta per l'autonomia della Lombardia.l'autonomia



    7. L'etnofederalismo come mezzo di pressione per ottenere l’autonomia indice

    Fu una scelta difficile soprattutto perché implicava la rinuncia a credere che l'etnonazionalismo lombardo bastasse da solo a raggiungere un risultato concreto nella direzione della meta autonomista. Di più. Se la via non era quella dell'etnonazionalismo difensivo, cambiava anche il traguardo finale della nostra lotta politica che non poteva più coincidere con la richiesta dei riconoscimento della Lombardia quale regione a statuto speciale. La nostra via all'autonomia non poteva evidentemente essere la stessa che un tempo avevano percorso la Vallèe ed il Sud Tirolo: la nostra via all’autonomia, al contrario, non poteva essere che quella dell'etnofederalismo, cioè dell'unione di più movimenti etnonazionalisti in un unico strumento politico capace di vincere.



    8. La lotta contro il centralismo di Stato indice

    Non l'isolamento, ma la lotta contro il centralismo dello Stato! La Lega Lombarda, che nel frattempo era nata coi nome di Lega Autonomista Lombarda, doveva quindi crescere curando le alleanze con gli altri movimenti autonomisti delle regioni a statuto ordinario contigue alla Lombardia.

    Le alleanze erano evidentemente di importanza strategica. Certamente l’etnofederalismo che volevamo noi concepiva l'unione dei popoli italiani non come un federalismo qualsiasi, ma come federalismo integrale, che è una dottrina federalista con un'ideologia completa, che non riguarda solo la forma dello Stato e delle sue istituzioni, ma che comprende anche il sociale e lo sviluppo economico.



    9. Il federalismo integrale indice

    Il federalismo integrale esprimeva quello che sentivamo dentro di noi essere l'unico progetto che valesse la pena di realizzare. In particolare il federalismo integrale lo pensammo come etnofederalismo il che implicava, non soltanto l'unione di più movimenti etnonazionalisti in uno strumento politico unitario, ma anche che i movimenti costituenti fossero rappresentativi di popoli interni ad aree geografiche omogenee dal punto di vista dei bisogni economici e delle affinità sociali ed etniche.
    Era evidente che ad un certo momento dei processo autonomista la Lega Lombarda, la Liga Veneta, il Movimento Autonomista Piemontese che allora si chiamava "Arnassita Piemontese" avrebbe dovuto fondersi federalisticamente in un unico movimento.

    Il progetto doveva passare evidentemente attraverso una prima fase in cui avvenisse una crescita separata dei movimenti autonomisti padano alpini. Una seconda fase in cui si costituisse e consolidasse la loro alleanza e, da ultimo, una fase in cui si concretizzasse la loro integrazione in un unico movimento politico capace di affrontare vittoriosamente la fase cruciale dei processo.
    Avremmo dovuto, in altre parole, dare vita ad un movimento federalisticamente unitario. Una "Lega delle Leghe" che oggi sappiamo essere la Lega Nord.

    Non è stato facile però arrivare alla Lega Nord. Per anni abbiamo avuto il problema di volare basso, cioè di non dichiarare esplicitamente il nostro progetto per sfuggire, all'intercettazione e alla comprensione dei sistema politico romano. A questo necessario mimetismo si era adeguata anche la strategia di crescita dei Movimento. La Lega Lombarda, pensata a Milano tra l'81 e l'82, aveva scelto di svilupparsi dapprima in provincia per dare nell'occhio il meno possibile e garantirsi un tempo adeguato per assestarsi su un ampio territorio prima di ritornare a Milano.



    10. La confusione con lista civica indice

    Va inoltre detto che ai tempi in cui nasceva la Lega Lombarda proliferavano le liste civiche e che tale proliferazione costituì un elemento che contribuì a confondere non poco il sistema politico. Questi non riuscì, almeno all'inizio, a mettere a fuoco la differenza tra liste civiche e movimenti autonomisti. Un'idea, quest'ultima dell'autonomia, che probabilmente il sistema scartava a priori non riuscendo ad immaginare come potesse radicarsi nella regione più industrializzata dei Paese un movimento autonomista, considerato tradizionalmente come espressione di una minoranza linguistica.
    In Lombardia, dove il modello di sviluppo aveva operato spaventose immigrazioni di massa, non era evidentemente pensabile che una richiesta di riconoscimento della condizione di minoranza linguistica trovasse un consistente consenso popolare. La gente aveva difficoltà a sentire la propria identità etnica distrutta dal modello di sviluppo basato sull'immigrazione su cui era avvenuto il boom economico.
    In realtà la differenza tra movimento autonomista e lista civica c'era ed era molto grande. Le liste civiche non sono che una forma ideologicamente destabilizzata della classica lista partitica, rispetto alla quale possono avere il vantaggio di agire senza condizionamenti centrali. Ma questo è un vantaggio che in un modello istituzionalmente centralista si traduce automaticamente nello svantaggio e nell'impossibilità di far valere le proprie ragioni nei gangli regionali e statali delle istituzioni in materie importanti come, ad esempio, il ricupero dei finanziamenti e dei trasferimenti necessari alla vita dei comune. Se anche i programmi possono precedere gli schieramenti, i contenuti, le formule; la lista civica non ha poi la possibilità di realizzare da sola quanto si propone e fatalmente finisce per dipendere dai partiti di governo tradizionali.
    Pur soddisfacendo anche una precisa esigenza autonomistica, il decentramento dei potere decisionale ha ed aveva per noi un valore diverso che per una lista civica, la quale, come abbiamo visto, è apartitica solo formalmente e il cui fine è la gestione empirica della cosa pubblica.

    Per un movimento autonomista il decentramento è invece il modo di interpretare un disegno politico a più ampio respiro, che riguarda, tanto per cominciare, non la storia di un campanile, ma quella di un'intera comunità: per l'etnonazionalismo di una nazione, cioè di una comunità di stessa koinè linguistica, come la Lombardia per l’etnofederalismo addirittura di una comunità multiregionale di stessa cultura, intendendo in questo caso cultura come concetto scientifico, cioè come civiltà. Inoltre nè l'etnonazionalismo né tanto meno l’etnofederalismo cadono nel rischio di analisi troppo frammentarie o di interventi più paralizzanti che risolutori perché isolati dal contesto socio-economico circostante.

    I partiti e le loro organizzazioni collaterali non capirono che l'autonomia professa il primato dell'etica sulla politica. Crede cioè in una moralità che impedisca che la gestione politica scada in semplice gestione empirica senza giustificazioni ideali.

    Noi crediamo che la libertà sia un valore fondamentale e che la giustizia sociale realizzabile in una società sia indissolubilmente legata e limitata dal livello di libertà della società stessa e, in particolare, dalla possibilità di realizzare il legame affettivo dall'identità etnica.



    11. Il superamento del determinismo marxista e del pragmatismo capitalista indice

    Pur non essendo così ingenui da credere che la libertà per realizzare la giustizia non debba far ricorso che a se stessa non potevamo e non possiamo neppure credere che la libertà derivi esclusivamente dalla giustizia come professato dall'ideologia e dalla prassi marxista.
    Il liberismo economico lasciato a se stesso può arrivare a sottovalutare, non soltanto la giustizia ma anche la libertà dell'uomo, esattamente come il marxismo. Non potevamo quindi ritenere risolutivo il semplice superamento della dicotomia tra marxismo e liberismo, perché queste due filosofie non sono evidentemente la tesi e l'antitesi, il bene ed il male, dei processo storico ma costituiscono soltanto due aspetti diversi di un'unica tesi che aveva invaso e paralizzato il processo storico. Si trattava quindi di andare oltre il determinismo marxista e oltre il pragmatismo capitalista affinché l'uomo e la realizzazione dei valori umani tornassero al centro del sociale. Capimmo allora che per uscire dalla crisi che coinvolgeva profondamente la società di 10 anni fa dovevamo lanciare una nuova filosofia che interpretasse la lotta autonomista come il ritorno dell'antitesi della storia. Lotta autonomista che mirasse al superamento dei centralismo dello Stato. Lotta quindi di principi generali che non poteva coincidere con quella dell'etnonazionalismo classico o dell'egoismo impossibile finalizzato a cintare il proprio orticello. Sentivamo che l'antitesi autonomista avrebbe spinto il processo storico ad unificare la dicotomia marxista liberista, aprendo la strada alla sintesi dei federalismo.

    L'etnonazionalismo che proponiamo noi non era e non voleva essere una filosofia difensiva, ma uno strumento di attacco al centralismo dello Stato. La crisi che coinvolgeva profondamente la società non affondava le radici soltanto nella crisi economica, né era la crisi di un modo di far opposizione politica a generare e ad alimentare il nichilismo che sembrava, e sembra tuttora, volerci spingere verso l'auto distruzione. "Ma così come il suicida che in realtà non vuoi morire anche questo nichilismo deve essere inteso come un disperato appello affinché venga una nuova filosofia a ridare significato all'operare umanon" scrivevamo nel febbraio dei 1982. Capivamo e sostenevamo cose che oggi sembrano perfino ovvie ma che io erano molto meno 8 o 9 anni fa quando denunciammo che lo Stato centralista era uno' strumento di egemonia sia nel marxismo sia nel liberismo economico e che lo Stato nazionale determinava un doppio tipo di egemonia: quello della maggioranza etnica e quello dei grossi interessi economici.



    12. L'alternanza di giustizia e libertà indice

    Allora la Giasnost e la Perestrojka di Gorbaciov erano ancora lontane e le spinte etniche per la stampa di regime erano solo opera di teppisti razzisti. Ma noi sentivamo che la forza che agiva nell'impero russo e quella autonomista e federalista si andava addensando nel mondo occidentale, stava portando al superamento delle contraddizioni tra marxismo e liberismo economico e che questo fatto avrebbe semplificato e riaperto il processo storico che è dato dall'alternanza di giustizia e libertà.
    Ciò si sarebbe sicuramente riverberato, per quanto riguarda la politica interna degli Stati occidentali ed in particolare di quella italiana, dapprima nella crisi dei partiti più legati alle ideologie rivoluzionarie di classe (come il Partito Comunista Italiano); e, in un secondo tempo, si sarebbe estesa all'area di influenza della Democrazia Cristiana, il partito che ha costruito le sue fortune sulla contrapposizione al Partito Comunista Italiano. Era evidente che nel castello politico fatto di carte contrapposte, nel momento in cui cade una carta cadono anche quelle in sua contrapposizione provocando radicali cambiamenti nell'assetto politico generale.

    Noi avevamo allora postulato che la storia viene tracciata da un alternarsi di periodi storici di libertà e di giustizia che non coincidono mai tra di loro. Ci sono quindi periodi in cui è preminente l'evoluzione della libertà politica, e di conseguenza gli strumenti dei processo storico sono i movimenti autonomisti, cioè i popoli in prima persona, alternati ad altri periodi storici in cui la società è tesa ad una migliore redistribuzione dell'economia tra i suoi componenti, e gli strumenti dei processo storico sono i partiti, che come indica il loro nome rappresentano e lottano per gli interessi di una classe o comunque di una parte della società.



    13. La crisi dei partiti indice

    La crisi generale dei partiti non doveva quindi essere considerata un segnpje di qualunquismo. Né essa era transitoria ed irreversibile, perché era dipendente dall'inversione delle polarità storiche di giustizia e libertà. Finiva un trend epocale in cui la lotta di classe era stata il motore della storia e stava iniziando un nuovo periodo in cui la molla propulsiva dei processo storico diventava la libertà. Marxismo e liberismo non erano quindi in alternativa tra di loro, ma erano solo due varianti di un'identica filosofia che rifiuta l'uomo nella sua interezza di unità pensante, operante e contemporaneamente di persona capace e bisognosa di esprimere sentimenti.

    Una visione storica la nostra da cui derivava anche la nostra collocazione rispetto allo schieramento classista, peraltro oggi in avanzata dissoluzione, rispetto al quale noi abbiamo subito scelto di collocarci al centro e sopra. Al centro perché l'autonomia è sintesi di giustizia che nasce dal confronto delle parti sociali.
    Sopra, perché l'autonomia dei grandi popoli porta oltre il sistema centralista, verso il modello del federalismo integrale che è un sistema superiore a quello centralista.

    La concezione filosofica dell’autonomia per la Lega Lombarda è quindi sempre stata considerata come risultato di una sintesi di giustizia e libertà che avrebbe acquistato pieno vigore progressivamente al chiudersi della dicotomia marxista liberista. La sintesi dei processo storico è evidentemente il federalismo integrate, che è dottrina economica, dottrina politica, dottrina sociale per cui si propone come dottrina globale.



    14. Il federalismo integrale come dottrina economica, politica e sociale indice

    Il federalismo integrale, in quanto dottrina economica, propugna un modello di sviluppo non più basato sull'incorporazione dei mercati attraverso l'immigrazione e quindi sugli squilibri regionali dello sviluppo; bensì basato sulla distribuzione della macchina produttiva e dei lavoro.
    In quanto dottrina politica il federalismo integrate propugna il superamento dello Stato centralista, di cui sottolinea e condanna la logica accentratrice giacobina, condanna il suo essere strumento dei grandi interessi economici e il suo causare l'egemonia delle maggioranze. il suo essere quindi espressione di prevaricazione etnica. In quanto dottrina sociale il federalismo integrale consente la società dell'uomo che è quella dell'integrazione e dell'amore.

    Il sociale nel sistema politico centralista affonda le radici in una logica economicista che è tesa a perseguire la disgregazione della società, a soffocare l'istinto di sopravvivenza dei popoli, a spezzare traumaticamente il legame affettivo che l'uomo ha con la propria terra per permettere la realizzazione di un modello di sviluppo basato sull'immigrazione.
    Il legame etnico è quindi un legame cardinale per la vita sociale perché è attraverso l'identità etnica che il sociale non degrada solo a spazio di interessi, ma resta anche spazio degli affetti. Realizzare l'identità etnica che è alla base dell'affettività stessa dell'uomo significa quindi sentire intensamente la necessità di società.
    A chi sostiene che quello dell'identità etnica sia un falso problema perché un tempo non c'era, contrapponiamo che non si avverte l'importanza dell'identità etnica fin tanto che essa c'è. E' solo quando viene aggredita e rischia di scomparire che si sente la sua mancanza. Una situazione simile a quella di altre cose fondamentali dell'uomo, come la salute fisica, come un organo che finché è sano non lo si avverte ed è solo quando si ammala che si fa sentire.
    Se l'uomo non può realizzare il suo legame etnico si chiude verso la società, non si realizza più come individuo sociale, ma persegue unicamente il progetto dei proprio interesse personale. Se è vero che la morale non può imporci di dimenticarci di noi e che quindi non esiste morale se non operano assieme l'altruismo e la ragione, dobbiamo allora riconoscere anche che è nella nazione, cioè all'interno di un popolo etnicamente omogeneo, che si può operare il bene con maggior slancio affettivo. E' tra simili che il "chiunque può diventare più facilmente prossimo" per usare un concetto di Alberoni sulla morale.

    La dottrina sociale dei federalismo integrale nega e condanna un modello di sviluppo in cui l'assenza di identità etnica sia considerata come un imperativo funzionale che crei le condizioni per fratture profonde nella rete dei rapporti sociali.



    15. Il federalismo integrale come mezzo per realizzare la morale sociale indice

    Il federalismo integrale è quindi lo strumento adatto anche per realizzare la morale sociale che ci impone di perseguire i nostri fini tenendo conto di quelli degli altri. Ci impone, ad esempio, di ascoltare le necessità dei negro, dei giallo, dell'indios senza però annullarsi nei gorghi invisibili dei "Melting Pot".



    16. I fenomeni di disgregazione sociale prodotti dallasocietà multirazziale indice

    La società multietnica e multirazziale è quindi una società che, per sua natura, è contro l'uomo perché mortifica in esso ogni intento di generosità sociale. Distruggendo il processo di identità etnica, la società multirazziale provoca il declino della morale e quindi della solidarietà. Essa è solo una scelta nel segno della continuità di un modello di sviluppo che rifiuta la collaborazione tra i popoli, cioè la distribuzione di lavoro e di risorse tra il Nord e il Sud dei mondo.

    Dopo che decidemmo di abbracciare la soluzione dei federalismo integrale e fummo arrivati alle conclusioni che ho cercato di riassumere dovevamo ancora decidere in merito al tipo di posizione da assumere nei confronti dell'immigrazione, responsabile di interrompere il legame etnico.

    Fu gioco forza sviscerare il problema dell'identità collettiva della nostra società per valutare quale pericolo per l'integrità della volontà sociale lombarda rappresentassero le immigrazioni dei passato quelle più recenti dal Terzo mondo. Poiché la società non è la somma di singole individualità il problema era quello di capire fino a che punto fosse stata danneggiata la comunanza di cultura e di sentimenti necessari a cementare la volontà dei cittadini attorno ad un progetto e ad un traguardo comune. Accanto ad un legame etnico che, essendo legame di sangue, è il principale legame di somiglianza, cioè di identità, fu facile evidenziare altri legami che entrano a costituire la comunanza di sentimenti che sta alla base della società in Lombardia.

    Ciò significa che l'identità di un popolo non 'è definita totalmente da caratteri originari immodificabili, non è iscritta solo nel suo patrimonio genetico, ma è anche il risultato di vicende storiche e di esperienze culturali molteplici, per cui tale identità subisce una elaborazione continua e si trasforma nel tempo. Un fatto questo che indica come esista una tolleranza della società ad incorporare in sé popolazioni culturalmente ed etnicamente differenti, ma che indica anche che tale tolleranza non è infinita e che oltre un certo livello la società non riesce più a tollerare la perdita di identità, si avvita su se stessa, sviluppando quella patologia sociale che è la disgregazione sociale.



    17. La velocità delle integrazioni sociali indice

    Se la portata dei cambiamenti etnici e culturali supera la velocità di integrazione della società allora essa interrompe la consapevolezza della identità collettiva che si fonda sul sentire dei cittadini che c'è una componente di continuità nella società che con voglia attraverso i tempi un patrimonio di valori culturali: dagli atteggiamenti spirituali alle forme della cultura materiale.

    In quest'ultimo caso la società va incontro alla disgregazione, sviluppa comportamenti patologici dell'omosessualità, della devianza giovanile, della droga, crea condizioni psicologiche che favoriscono ad esempio la sterilità per cui non nascono più figli. Si realizza in altre parole la "Società deviata", asociale, egoista in cui accanto alle cose che muoiono si generano reazioni di salvezza, come i movimenti etnonazionalisti che proprio in un simile contesto riconoscono il "Timing", il primo impulso alla loro nascita.

    Poiché l'identità è un fattore dinamico che cammina con le vicende storiche dichiarammo di non essere certamente favorevoli a scelte economiche e politiche che facilitino ulteriori flussi migratori verso la Lombardia, ma anche che bisognava favorire l'integrazione delle immigrazioni già avvenute e già assimilate alla nostra civiltà.



    18. L'impossibilità di integrare gli immigrati di colore indice

    Ciò non può valere per l'immigrazione di colore di cui non è prevedibile l'integrazione forse neppure a distanza di secoli. Con essa non funzionano i classici meccanismi di integrazione sociale che sono il matrimonio e i figli in comune e per cui si determinerebbe l'impossibilità di realizzare il legame etnico senza generare gravi tensioni razziali in seno alla società.

    Poiché è impossibile il processo di integrazione, l'immigrazione dal Terzo mondo impedisce di ricostituire la rete dei rapporti sociali interrotta e di riformare la nazione. Ciò comporta la paralisi dei processo storico, cioè l'alternanza di giustizia e libertà per la quale è necessaria la lotta autonomista.



    19. La creazione del caos sociale per ottenere lo Stato autoritario indice


    La gente sentirebbe preminente, nel caos sociale che si genererebbe, non l'autonomia ma al contrario uno Stato autoritario che possa essere adeguato mediatore in una simile situazione.
    Questo è tanto vero che dietro l'immigrazione di colore non c'è solo l'interesse di una sinistra allo sbando che cerca un nuovo sottoproletariato che le dia i voti; non c'è solo la Chiesa cattolica richiusasi nei palazzi dell'avere che ha perso ogni credibilità e cerca di riempire i suoi seminari vuoti con religiosi che ormai rintraccia solo nel Terzo mondo; ma c'è anche l'interesse dei Grande capitale che, attraverso l'immigrazione dei terzo mondo, scarica sui cittadini i costi dei proprio sviluppo.
    Distribuire la macchina produttiva nel Terzo mondo gli costerebbe di più che incorporare il Terzo mondo stesso con le immigrazioni, perché attraverso le leggi dello Stato scarica i costi dei servizi, delle infrastrutture, delle abitazioni sulle nostre spalle.
    inoltre il Grande capitale ha un interesse strategico legato all'immigrazione dei Terzo mondo. Esso sa che nella società multirazziale si innescano tensioni tali che possono incidere profondamente nella coscienza dei cittadini fino al punto che. non ripugni più neppure l'autoritarismo fascista.
    Ciò evidentemente non è tanto finalizzato a rendere autoritari gli Stati nazionali, quanto a rendere possibile il progetto costituente dì uno Stato europeo centralista, sfuggito un tempo a Napoleone, poi a Hitler e che ora la Massoneria si illude di poter realizzare, anche se per realizzarlo occorre la forza.

    Noi crediamo invece all'Europa dei popoli, cioè delle nazioni e delle regioni, con un Parlamento bicamerale e una Camera federale dei popoli. Non è evidentemente il nostro un giochetto di preferenze costituzionali, ma è profondamente legato alle necessità di costruire una Europa in cui sia conservata la democrazia e in cui venga salvaguardato l'interesse della piccola e della media industria destinato invece a scomparire nel progetto dei Grande capitale.



    20. Le alleanze con gli altri movimenti autonomisti indice

    Se pur di corsa abbiamo fatto il punto sulla crescita e sull'assestamento dell'organizzazione interna dei nostro Movimento, nonché sull'ideologia autonomista e federalista che abbiamo elaborato e che, progressivamente, stiamo trasformando in azione politica.
    Ci resta ora da vedere, in primo luogo, la situazione delle alleanze della Lega Lombarda con gli altri movimenti autonomisti. Condizione, quella dell'alleanza generale, necessaria per realizzare il progetto dei federalismo integrate.
    Diciamo subito che lunedì scorso 4 dicembre abbiamo firmato in Bergamo, davanti al notaio, l'atto di nascita e lo statuto della Lega Nord.
    Alla costituzione hanno partecipato sei movimenti autonomisti: la Lega Lombarda, la Liga Veneta, Piemont Autonomista, l'Uniun Ligure, la Lega Emiliano - Romagnola, l'Alleanza Toscana. Poiché sono movimenti politici eterogenei sia per maturità di organizzazione sia per esperienza politica lo statuto prevede due modalità diverse di integrazione nella Lega Nord.
    I movimenti più giovani vi entrano direttamente come singole sezioni nazionali (o regionali per la dizione centralista) della Lega Nord.
    La Liga Veneta e la Lega Lombarda hanno invece tempo un anno e mezzo per adeguare i loro statuti e la loro organizzazione alle necessità dei l'integrazione.
    Tutte le sezioni nazionali della Lega Nord, conservano il nome dei movimento autonomista da cui derivano accanto alla denominazione "Lega Nord".
    Noi abbiamo già provveduto a richiedere l'aggiunta della dizione Lega Nord a quella di Lega Lombarda in tutte le sedi istituzionali in cui siamo presenti, compreso il Parlamento italiano ma ad esclusione dei Parlamento europeo dove siamo e resteremo presenti come Lega Lombarda - Alleanza Nord, la lista che ha raccolto 640 mila voti alle ultime elezioni europee.
    L'Alleanza Nord ha segnato una tappa fondamentale per dare vita alla Lega Nord: era cioè necessario convincere i movimenti autonomisti ad unirsi superando le resistenze e i sospetti che escono tutte le volte che si parla agli autonomisti di unione.
    Lo statuto della Lega Nord poiché fin dall'inizio va a sostituire completamente gli statuti dei 4 movimenti più giovani, regolamenta le organizzazioni nazionali in tutti i loro gangli, dalla sezione comunale, al consiglio provinciale, al consiglio nazionale, all'assemblea e al congresso nazionale.
    Esso regolamenta anche la parte superiore dell'organizzazione della Lega Nord, cioè la parte federale che riguarda, fin d'ora, anche la Liga Veneta e la Lega Lombarda e che è costituita dal Consiglio Federale e dal Congresso Federale deputati entrambi a indicare la linea politica e programmatica generale per l'intera Lega Nord.
    Io penso che la nascita della Lega Nord costituisca un fatto di portata storica. Voglio sottolineare che dietro la Lega Nord c'è innanzitutto l'enorme lavoro svolto da tutti i militanti della Lega Lombarda che vanno da me all'ultimo uomo, all'ultima donna che ha voluto impegnarsi con noi. Lasciatemi dirvi, cari militanti, cari fratelli, che quello che abbiamo fatto è già di per sè grande. Nessuno prima di noi era riuscito a saltare gli sbarramenti a volte violenti, spesso illegittimi e persecutori, altre volte subdoli, vischiosi e meschini che i partiti dei centralismo hanno messo in atto contro di noi.
    Ricordino i movimenti che sono ora sezioni nazionali della Lega Nord che nulla è stato regalato alla Lega Lombarda, ma che abbiamo dovuto conquistare di forza, la forza della fede, della volontà, la forza dell'onestà, quello che siamo riusciti ad ottenere.



    21. La lotta per l'integrità del Movimento indice

    Sempre vigili, sempre un passo avanti al centratismo ladro e fascista di Roma! Siamo arrivati fin qui perché abbiamo vinto la lotta per mantenere integro il Movimento. Per anni abbiamo vissuto curando che non si verificassero anche nella Lega Lombarda temibili spaccature sul tipo di quella che squarciò la Liga Veneta dopo il successo elettorale dei 1983. Arrivata al successo elettorale troppo presto rispetto alla consistenza e alla stabilità della propria organizzazione, la Liga Veneta esplose dall'interno. Paradossalmente però, quella che poteva essere la fine fu invece la rinascita perché la Liga Veneta si vide imposto dalla situazione di crisi il problema delle alleanze e nel gennaio dei 1984 venne sottoscritto il primo accordo organico tra Liga Veneta, Lega Lombarda, Arnassita Piemonteisa. Insomma dalla morte alla vita. A dimostrazione che i grandi ideali hanno 9 vite come i gatti e se stanno cadendo affidano il testimone degli ideali in mani amiche.
    Nata per affrontare le imminenti elezioni europee la collaborazione tra i tre Movimenti è durata fin qui, fino a diventare la stessa cosa nella Lega Nord, con eccezione di Arnassita Piemonteisa spaccatasi dapprima in due tronconi nel 1987: Piemont Autonomista attorno a Farassino e l'Union Piemonteisa attorno al suo fondatore e padrone.

    Noi ci impegnammo per riportare all'unità i 2 movimenti piemontesi. Li portammo a sottoscrivere un accordo in tal senso con l'avallo di garanzia nostra, della Liga Veneta, dei Segretario dell'Union Valdotaine, Tamone dell'Union dei Democratici popolari della Vai d'Aosta. Ma successivamente l'Union Piemonteisa ruppe ogni accordo andando addirittura a fare una lista elettorale in Vai d'Aosta con il nome di Union Autonomiste, presumibilmente chiamata dalla Democrazia Cristiana locale che era interessata a provocare un calo dei voti dell'Union Valdotaine. Fortunatamente l'Union Valdotaine guadagnò voti e per l'Union Piemonteisa fu sancita da tutto il mondo autonomista la morte politica. Noi che perseguiamo un progetto federalista che ha bisogno della collaborazione e dell'amicizia di tutti i movimenti autonomisti non potevamo fargliela passar liscia e demolimmo il movimento Che per la verità non aveva nessuna consistenza.



    22. Il coinvolgimento del Meridione nel progetto federalista indice

    Come vedete siamo arrivati fin qui attraversando e vincendo ogni tipo di loscume e senza cadere. Il testimone della libertà noi non lo cediamo ma vi invitiamo a sorreggerlo con noi, fratelli della Lega Nord. Occorre la forza di tutti perché ci aspettano momenti molto difficili. E' necessario, ad esempio, coinvolgere i popoli meridionali nel progetto dei federalismo integrale perché a tirare il carro dei federalismo accanto alla Lega Nord ci sia anche una federazione autonomista meridionale.
    In questo senso ci siamo già mossi dando vita a un comitato promotore nel Sud che naturalmente non ha niente da spartire con la Lega Meridionale che farebbe capo ad un massone di Lecce che, invece di giocare al lotto, punta sulla magistratura compiacente di Milano. Sono manovre losche e provocatorie che vanno seguite con attenzione per capire a cosa rnirino in realtà. Sappia comunque la Democrazia Cristiana, di cui ho sentito con le mie orecchie alcuni suoi senatori complimentarsi a vicenda appena fuori dall'aula dei Senato nello scorso mese di luglio per avere inventato la scatola vuota della Lega Meridionale, che i popoli non sono nè imbecilli nè sono disposti a tollerare ancora i giochetti dei potere romano fascista.



    23. I rapporti con i Movimenti delle regioni a statuto speciale indice

    Se le premesse per un federalismo al Sud si stanno gettando, non abbiamo invece ancora affrontato il problema, che pure dobbiamo affrontare, sul modo di trovare la quadra con i movimenti autonomisti delle regioni a statuto speciale e con il Partito Sardo d'Azione, che ha il congresso nazionale nei nostri stessi giorni e al quale inviamo i nostri più calorosi saluti ed il nostro plauso.
    Allo stesso modo c'è da affrontare pressoché ex - novo il problema dei l'internazionalismo autonomista. In merito ci siamo mossi inserendo i nostri due parlamentari europei nel grL4ppo autonomista dei gruppo misto dei Parlamento Europeo: "L'Arc en Ciel".
    Abbiamo anche cominciato a tessere una rete di rapporti più ampia che comprende l'amicizia coi "Sojudis", il partito che ha vinto le elezioni in Lituania, con la Slovenia e la Croazia. Occorre naturalmente investire molto di più e a tempi brevi. Coi Marxismo che si scioglie nel liberismo la storia riprende vigore e la tesi centralista dello Stato giacobino deve essere sconfitta dall'antitesi autonomista per arrivare al mondo della giustizia e della libertà che è nel federalismo integrale.

    La situazione in Europa occidentale è oggi quanto mai favorevole alla diffusione sul piano internazionale dei federalismo integrale sia perché sono rimasti pochi movimenti autonomisti a propugnare il separatismo, sia perché la maggior parte degli Stati europei e mondiali sono plurimi. Nel mondo il termine Stato - nazione è improprio in moltissimi casi. Una statistica dei 1971 dava il seguente risultato: il 9% degli Stati è etnicamente omogeneo, mentre oltre il 40% presentava una popolazione divisa da almeno 5 comunità etniche. L'alternativa in Europa e addirittura nel mondo a questo punto è veramente tra esplosione di conflitti etnici e razziali o il federalismo integrale.



    24. I lavori dei Congresso indice

    Adesso tocca a tutti i membri dei Congresso cominciare il lavoro che non è soltanto di gran mole ma è estremamente importante perché dovrà decidere circa il progetto politico e il programma che il Movimento dovrà portare avanti nei prossimi 4 anni.
    Il lavoro avverrà in due luoghi fisici differenti: il salone dei Congresso e in una sala più appartata dove lavorerà la Commissione dello statuto coi compito di integrare gli eventuali emendamenti al testo dello Statuto che ho preparato io e che è stato approvato dal Consiglio Federale uscente. Esso è uno statuto contemporaneamente nel segno della continuità e della innovazione più ardita.

    La continuità i nei meccanismo difensivo impostato sul tesseramento perché abbiamo sempre la figura dei soci sostenitori che ci aiutano finanziariamente e i soci ordinari che sono gli aventi diritto al voto nei gangli principali dei movimento. Tra le due figure ne abbiamo introdotto una terza. Quella dei sostenitori militanti che sono quei soci sostenitori appena arrivati al Movimento, che intendono fare in prima persona l'attivismo politico. E' previsto che i sostenitori militanti possano iscriversi dietro semplice domanda, costituire una sezione comunale, accedere a tutte le cariche in seno alle sezioni stesse, compresa quella di segretario della sezione ed essere eletti a delegati nei congressi provinciali. Solo a questo punto diventeranno soci ordinari, oppure lo diventeranno quando ricoprano cariche nelle istituzioni pubbliche oppure per volontà dell'assemblea nazionale annuale. Con la figura dei sostenitore militante andiamo a istituzionalizzare migliaia di militanti senza esporre il Movimento a rischi di gravi spaccature interne come succederebbe facilmente se prevedessimo un solo tipo di tessera accessibile a tutti e quindi anche ai malintenzionati.
    Un altro punto innovativo nello statuto è rappresentato dall'Assemblea Nazionale, che è una specie di mini congresso annuale, adatto per riassorbire le eventuali divergenze di linea politica e di programma che possono sempre insorgere durante l'interpretazione delle decisioni dei congresso.
    L'Assemblea Nazionale elegge ogni anno il nuovo consiglio nazionale che, se venisse approvato il nuovo statuto così come è stato previsto, sostituirà l'attuale consiglio federale. Anche questa è una innovazione di non poco conto perché significa che ogni anno un certo numero di militanti, e non sempre gli stessi come era stato fin ora, vengano portati nel massimo organo istitutivo a contatto con il Segretario Nazionale e con i Segretari Provinciali: un'esperienza che permette di fare un bagno di concretezza e di operatività, fondamentale per creare i quadri e i nuovi dirigenti dei Movimento.
    Cambia anche l'economia nel nuovo statuto perché le provincie sono chiamate a gestire un'ampia quota dei tesseramento e a scegliere direttamente gli investimenti sul proprio territorio. Quello che ho appena finito di dire a proposito dello statuto avrà fatto scattare in voi una domanda alla quale mi auguro abbiate già dato da soli la risposta giusta perché tra statuto che vogliamo approvare e progetto politico che vogliamo realizzare ci sono legami molto stretti.
    Schematicamente possiamo dire che abbiam6 la possibilità di scegliere tra due progetti di sviluppo della Lega Lombarda. Da una parte un progetto riformista per il quale lo statuto che vi ho proposto io non va bene, poiché occorrerebbe uno statuto che preveda e regolamenti, se non le correnti, sicuramente i più ampi spazi per i diritti delle minoranze in seno al movimento.
    Oppure possiamo scegliere per un progetto egemonico che ci porti in futuro ad essere la prima forza politica della Lombardia. In quest'ultimo caso lo statuto che vi ho proposto e nel quale ho profuso tutto il mio impegno e la mia esperienza dovrebbe essere lo strumento adeguato perché riduce il più possibile gli spazi di divergenza e soprattutto scoraggia la creazione di correnti, che in un progetto forte devono essere assoggettate ai superiori intendimenti e alle necessità di vittoria della causa autonomista, che la gente vuole.
    La Democrazia interna dei Movimento è indubbiamente di tipo diverso a seconda dei progetto che si intende realizzare. I miglioristi escono quando un movimento politico non possiede più un progetto forte e quindi per evitare fratture interne si è costretti a prevedere la presenza di correnti che garantiscano la stabilità interna. lo penso che questo non sia il nostro caso e che pur con la necessaria serenità ed equilibrio la Lega Lombarda abbia la forza per scaraventare fuori dalle sue sedi chi intende portare nel movimento la logica delle correnti, che spesso non sono neppure correnti di pensiero ma soltanto canali entro i quali difendere meglio i propri interessi personali.
    Quello che i membri di questo congresso sono chiamati a chiarire è se sentono di avere la forza per sostenere un progetto egemone, la forza per rinunciare ancora alla gestione, alle giunte, alle maggioranze affinché il movimento si tenga le mani libere per crescere ancora in un progetto egemone che, detto per inciso, è quello che io propongo a questo Congresso. Il Movimento impegnerà le sue risorse per aprire rapidamente sezioni in tutti i comuni della Lombardia e ciò implica che per qualche anno dovremmo impegnarci con precedenza in un pesante lavoro di tipo organizzativo.
    Naturalmente, scegliere la via dell'opposizione non significa scegliere un'opposizione preconcetta e a qualunque costo. Significa solo che non accetteremo facilmente di entrare nelle giunte, indipendentemente dal partito che ce lo proporrà. E' una posizione la nostra che non deve essere scambiata per la rinuncia ad interagire attivamente con il quadro politico perché ci resta aperta la via dell’appoggio esterno alle giunte, oppure quella di consentire un tipo di maggioranza invece che un altro, sulla base di criteri che facciano riferimento al programma che questo Congresso va a votare.
    Comunque, a questo proposito, ne sapremo molto di più alla fine dei Congresso. Adesso penso che sia giunto il momento che io debba concludere il mio intervento per far partire i lavori dei congresso. Lo faccio ricordando che ogni movimento politico, e quindi anche la Lega Lombarda, sorge nella sua epoca per superare una parte dei passato e vincere un'oppressione per cui si contrappone a ciò che è istituito e che è quindi da superare.lo sento che la Lega Lombarda ha una grandissima carica ideale e ha la forza per restare a lungo ancora lo strumento dei popoli per conquistare il federalismo integrale e più da vicino la volontà dei popolo lombardo per conquistare la libertà della Lombardia.La Lombardia sarà libera. Viva la Lombardia libera!,
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    Predefinito L'etnofederalismo per risolvere i nostri gravi problemi demografici.

    La situazione demografica dei popoli padano-alpini è ormai patologica.

    L'etnofederalismo per risolvere i nostri gravi problemi demografici.


    Solo l'ignoranza, o la cattiva fede, possono ritenere positivo il collasso demografico.
    Sono necessari una vigorosa politica autonomista a favore della natalità
    ed un rigido controllo dell'immigrazione.
    L'alternativa è un genocidio strisciante.

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    Sommario
    1) Il quadro generale

    2) Realtà demografica della Repubblica Italiana e delle Nazioni Padano-Alpine

    3) Il federalismo come risposta ad una situazione demografica patologica


    --------------------------------------------------------------------------------

    l. IL QUADRO GENERALE.

    L'insieme dell'umanità attraversa oggi una fase di rapido incremento demografico. La sua crescita annua è dell'1,7 % (il che significa UN MILIONE di persone in più ogni 4 giorni). Proseguendo l'attuale andamento, essa sarebbe dunque destinata a raddoppiarsi in soli 42 anni. Fortunatamente, il tasso di accrescimento appare da qualche lustro in lieve flessione, e ci si può attendere di giungere in prossimità della "crescita zero" verso gli anni '50 del 2000 (gli esseri umani saranno allora circa 11 miliardi!).

    Il nuovo equilibrio previsto per quella data, sarebbe caratterizzato da livelli di natalità e mortalità entrambi più bassi di circa 3 volte rispetto a quelli tradizionali: 1,2-1,5 % contro 3,5-4,5 % .

    Tab. 1 - Popolazione in milioni di alcune grandi aree del mondo

    Area
    1960
    1985
    2000
    2050

    America Latina
    217
    405
    546
    779

    Cina
    657
    1060
    1256
    1475

    India
    442
    759
    964
    1228

    C.E.E. 12
    280
    321
    330
    329

    Africa
    280
    555
    872
    1617


    Tale scenario tuttavia nasconde una gamma di situazioni ESTREMAMENTE DISTANTI: si va dalle popolazioni la cui esplosione sembra incontrollabile (Africa, Asia Occidentale), ad altre oggi ancora in forte crescita ma già in fase di "frenamento" (America Latina), a popoli ormai vicini alla stazionarietà... sino ad altri che si stanno infilando in un non meno grave squilibrio di segno opposto, per esser la loro fertilità stabilmente al di sotto della soglia del ricambio generazionale. Tra questi ultimi i Padano-Alpini detengono oggi un non invidiabile PRIMATO MONDIALE.

    I demografi ammoniscono pertanto che "EQUILIBRIO" è il concetto di riferimento fondamentale. Abbiamo equilibrio tra le GENERAZIONI se esse si succedono senza espandersi né contrarsi. Questo si verifica - posto che la mortalità infantile sia modesta - se si registrano circa 21 o 22 figli ogni dieci donne. Vediamo nella tab. 2 quanto si sia oggi lontani in certe aree da tali valori.

    Tab. 2 - Figli ogni 10 donne (1988)

    Siria
    67

    Algeria
    66

    India
    39

    Brasile
    35

    Cina
    25

    Svezia
    19

    Francia
    18

    Repubblica Italiana
    13


    Si noti altresì quanto sia sperequata geograficamente la fertilità: il potenziale conflittuale di tali divari abissali (ad esempio tra paesi arabi e paesi europei) è evidente. Un secondo aspetto essenziale dell'equilibrio è pertanto quello tra le diverse AREE GEOGRAFICHE.

    Non meno gravi infine, gli squilibri tra gruppi diversi (etnici, religiosi, castali) all'interno di una medesima STRUTTURA STATALE. Ne vediamo un esempio nel martoriato Libano - dove la comunità sciita ha ormai largamente superato quella maronita -, ma simili pericoli si determinano in situazioni diverse come la Jugoslavia o l'U.R.S.S.; in quest'ultima i popoli musulmani stanno passando dall'11,8% nel 1959 al 22,8% previsto nel 2000.

    Particolarmente esplosivi gli squilibri "importati" a seguito di flussi immigratori. In Francia le donne nordafricane mantengono una fertilità superiore del 150% (!) a quella media francese. La comunità islamica del paese transalpino, forte oggi di circa 3,5 milioni di individui, con forte concentrazione nelle fasce di età più giovane appare dunque destinata a raddoppiarsi entro qualche decennio ANCHE SENZA NUOVI ARRIVI.

    Tali comportamenti riproduttivi sono riflesso e insieme causa, in un drammatico circolo vizioso, dell'impossibilità di integrare nelle società europee vasti gruppi umani provenienti da civiltà profondamente diverse. Di questo si è ormai tanto consapevoli in Francia, che in un sondaggio recente il 57% della stessa base socialista ha dichiarato di ritenere che l'islamizzazione ha ormai toccato la "soglia di tollerabilità", mentre il Presidente Mitterrand (non Le Pen!) afferma che il problema delle presenze clandestine va risolto con l'espulsione. I socialisti italiani, a quanto pare, intendono incoraggiare invece l'immigrazione clandestina con sanatorie a ripetizione (già tre in due anni!), ignorando sfacciatamente l'esperienza francese che pure è sotto gli occhi di tutti.

    2. REALTA' DEMOGRAFICA DELLA REPUBBLICA ITALIANA E DELLE NAZIONI PADANO-ALPINE

    Il valore di 13 figli per 10 donne (venti anni fa era di 25), pone la Repubblica Italiana di fronte ad una situazione del tutto nuova e gravida di conseguenze.

    La popolazione complessiva non è ancora in fase calante - anche per l'allungarsi della vita media - ma il permanere di un tasso di sostituzione generazionale inferiore addirittura del 40% a quello di equilibrio, la avvia verso un declino sempre più rapido. Permanendo le attuali tendenze potrebbero esserci tra circa 40 anni qualcosa come TRE MORTI PER OGNI NASCITA.

    La situazione padano-alpina, dove il prevalere via via più netto delle morti sulle nascite è da anni una realtà, è poi molto più allarmante. Nelle tabelle 3, 4 e 5 offriamo alcuni strumenti di valutazione (in esse si fa riferimento ad un modello previsionale basato sull'ipotesi del mantenimento degli attuali livelli di fecondità. Tale ipotesi è considerata troppo ottimista ad alcuni demografi).


    Tab. 3 - Variazione percentuale della popolazione prevista tra il 1988 e il 2028 a fecondità costante (movimento naturale)

    Lombardia
    -21%

    Veneto
    -19%

    Piemonte
    -26%

    Liguria
    -34%

    Campania
    +11%

    Qual è la natura reale dei processi in atto? Non si tratta - come ancora si ritiene diffusamente - di "essere in futuro un po' di meno". Ciò che si è avviato dal 1974 in poi è esattamente quel fenomeno che possiamo definire "IMPLOSIONE DEMOGRAFICA", ovvero una contrazione sempre più rapida della popolazione per il succedersi di generazioni ogni volta più piccole.

    Nel medio termine L'INVECCHIAMENTO ne sarà la conseguenza rincipale: quando saranno anziani i giovani d'oggi, gli toccherà di vivere in una società di anziani. Moltissimi di loro non avranno alcun familiare che gli sia vicino materialmente e affettivamente. Questa solitudine costituirà una forma spaventosa di quelle NUOVE POVERTA' che già vanno delineandosi, e che vengono sottovalutate dalla cultura materialista egemone.

    Dobbiamo distinguere attentamente tra due fenomeni diversi che vanno sotto lo stesso nome: l'invecchiamento dovuto all'allungarsi della vita media è un fatto quasi puramente anagrafico, si vive più a lungo proprio perché si conservano più a lungo le proprie capacità e la propria vitalità (il settantenne attuale è per molti aspetti equiparabile a un sessantenne del secolo scorso). L'invecchiamento dovuto a mancanza di ricambio generazionale è ben altra cosa, esso è sostanziale, biologico: è la vita che non si rinnova.

    Per potere realisticamente prendere coscienza di conseguenze di tale portata - anche se esse non sembrano interessare la classe politica italiana - è necessario essere informati; ciò rappresenta un diritto elementare. Nel lungo termine il risultato della implosione è semplicemente L'ESTINZIONE della popolazione interessata.

    Tab. 4 - Confronto tra la popolazione tra 0 e 64 anni di età delle Regioni Padano-Alpine (=100) e il Meridione

    Regione
    1988
    2028

    Regioni Padano-Alpine 100 100
    Mezzogiorno 81 133

    La proposta di innestare in questo nostro scenario gigantesche immigrazioni dal terzo mondo - viste come rimpiazzo dei non nati e "soluzione" a portata di mano per gli squilibri demografici - può venire avanzata solo da chi veda le persone umane (tutte le persone, immigrati ed autoctoni) come robot-consumatori, pezzi d'ingranaggio intercambiabili, numeri privi di ogni identità collettiva, e non veda altresì il succedersi delle generazioni anche come organica trasmissione di comportamenti e di valori.

    Di fronte ad una martellante campagna a favore di tali immigrazioni intercontinentali di massa - sostenuta anche dai vertici della Chiesa lombarda - non possiamo non ricordare il messaggio di GIOVANNI PAOLO II in occasione della giornata della pace del 1.1.89, nel quale si afferma con vigore che primo diritto di ogni popolo, per quanto piccolo, è SOPRAVVIVERE e, subito dopo, salvaguardare e sviluppare la propria cultura. Tali diritti, viene precisato, possono essere minacciati sia direttamente sia "in forme più sottili".

    Anche qualora non interessasse per nulla l'impoverimento che subirebbe l'umanità intera dalla sparizione di una qualsiasi etnia (si tratti di Boscimani o Làpponi, Tibetani o una qualsivoglia etnia amazzonica, Veneti o Lèttoni, Ainu o Sòrabi di Lusazia) e dei patrimoni culturali e spirituali di cui essa è portatrice - considerazioni che almeno nei nostri riguardi sembrano non avere alcun valore per la cultura dominante - resterebbe comunque da affrontare la lunga fase della SOSTITUZIONE della popolazione autoctona con quella immigrata, fase caratterizzata dalla compresenza artificiosa, e quasi imposta, di culture radicalmente eterogenee.

    Ricordiamoci che uno dei massimi eventi della storia contemporanea, è la spartizione del subcontinente indiano tra Pakistan ed India, nel 1947. Da parte dei musulmani - questa l'origine del conflitto sanguinoso che costò un milione di morti -, uno stato laico a maggioranza indù era considerato incompatibile con i valori della propria civilizzazione; e si pensi che nelle varie regioni, essi condividevano generalmente con gli indù lingua e origine etnica! D'altro canto, negli U.S.A. le tensioni etniche sono vivissime, da New York a Miami, pur nella generale matrice cristiana di vecchi yankees, neri, ed immigrati più o meno recenti.

    Si pensi ora alla situazione che andrà creandosi da noi, dove schiere di individui appartenenti a comunità distantissime sia per etnia che per religione, si vedono catapultate in una società post-industriale così diversa da quella d'origine. Essi divengono vittime di uno sfruttamento senza scrupoli; non solo di tipo economico, ma anche politico attraverso una propaganda rivendicazionista selvaggia, che gli annuncia che il semplice aver posto piede nella Repubblica Italiana conferisce il diritto ad esigervi "tutto e subito" (casa popolare, sanità gratuita, formazione professionale, lavoro, scuole musulmane per i figli, centri culturali, moschee, voto).

    Anche in futuro la "politica del buon cuore" e del "tutto a tutti" e lo sfruttamento del lavoro nero continueranno a muoversi parallelamente, alimentandosi a vicenda.

    Si gettano così i semi di lacerazioni senza precedenti, collegate a nuove violente forme di conflittualità sociale, all'insicurezza provocata dall'aumento della criminalità, ma soprattutto al venir meno di riferimenti etici comuni come fondamento della legislazione e di ogni forma di organizzazione della vita civile (significativo a tale riguardo il riconoscimento ufficiale - per i musulmani - della POLIGAMIA, ad opera del TAR dell'Emilia Romagna, dietro sollecito patrocinio del principale sindacato romano: la CGIL).


    3. IL FEDERALISMO COME RISPOSTA AD UNA SITUAZIONE DEMOGRAFICA PATOLOGICA.

    Nel caso dei popoli padano-alpini si è di fronte a ciascuno dei possibili squilibri demografici: in primo luogo quello tra generazioni (ognuna è LA META' della precedente), in secondo luogo, oltre a quello più generale tra paesi europei ed afroasiatici, un notevole squilibrio entro lo stato italiano tra Padania e Mezzogiorno.

    Infine si profila quello che abbiamo chiamato sopra "squilibrio importato", ovvero un forte differenziale riproduttivo tra popolazione autoctona ed immigrati extraeuropei.

    I nostri popoli, dati alla mano, stanno andando verso l'estinzione fisica. Si tratta per certi versi di un "auto-genocidio", ma non esclusivamente di questo. Alle cause "endogene", comuni alle società post-industriali, si sovrappongono nella Padania, determinandovi una vera e propria patologia rispetto al resto d'Europa (vedi tab. 5), fattori strettamente legati alla sua appartenenza ad una struttura statale centralista dove prevalgono situazioni sociali e culturali ben diverse dalla nostra, in grado di determinare gli orientamenti complessivi.

    Tab. 5 - Natalità (nati ogni mille abitanti) - 1987

    Francia
    13,8

    Gran Bretagna
    13,6

    Norvegia
    13

    Paesi Bassi
    12,7

    Svezia
    12,5

    Svizzera
    11,5

    Austria
    11,3

    Germania (R.F.T.)
    10,5

    Regioni Padano-Alpine
    7,7


    Per quanto-riguarda pòi il secondo diritto collettivo fondamentale ricordato dal Papa (il primo essendo rappresentato dalla sopravvivenza fisica di una comunità), e cioè quello al mantenlmento ed allo sviluppo della propria cultura, l'immigrazionismo sfrenato, assoggettando le nostre genti ad una forma capillare ed irreversibile di invasione, sta predicando ed attuando consapevolmente nel nostri confronti un genocidio culturale. Esso distrugge la multiculturalità reale - quella di una Europa così ricca di culture diverse, espresse dalle sue oltre l00 (tra grandi e piccole) etnie - mostrando per essa solo incomprensione se non disprezzo. Contemporaneamente ne viene minata alla base la possibilità di un confronto pacifico e fecondo con le civiltà extraeuropee, causando con esse impatti traumatici, inevitabilmente conflittuali.

    Vogliamo sottolineare che il GENOCIDIO, sia pere strisciante ed in forma incruenta, rappresenta l'espressione più violenta e totale di RAZZISMO. Una politica che tenda all'equilibrio, tutelando insieme i sopra menzionati diritti collettivi fondamentali, è pertanto nel nostro caso la scelta pro-natalista.

    Il semplice parlare di interventi a favore della natalità - quand'anche siano auspicati dai demografi - suscita spesso due obiezioni. Da un lato essi vengono confusi ostinatamente con una politica demografica alla Mussolini o alla Ceausescu. E' vero esattamente il contrario: il proposito mussoliniano era di accelerare la crescita della popolazione, rafforzare cioè uno squilibrio già in atto; allo stesso modo, oggi, il rifiuto di scelte volte a rallentare il decremento sempre più rapido della nostra popolazione, avrebbe proprio quel medesimo effetto di allontanarci dall'equilibrio, questa volta in senso opposto.

    La seconda obiezione, è che uno stato democratico dovrebbe astenersi comunque dall'intervenire in questo campo. Il "non intervento" è tuttavia un'etichetta illusoria: deliberazioni politiche nei settori più svariati (legislazione fiscale, diritto di famiglia, scelte edilizie etc.) hanno in ogni caso una oggettiva influenza sul comportamento riproduttivo. E non sarebbe davvero più 1ibera la famiglia, in un quadro legislativo che tendesse ad attenuare gli oneri che nella società attuale comporta la scelta di avere più di un figlio?

    Ad una nuova attenzione per la vitale esigenza di un più equilibrato ricambio generazionale, si può pervenire solo in un quadro federalista. Nelle regioni meridionali l'implosione demografica o appare lontanissima o non si prevede affatto. Pertanto non solo lo stato centralista non affronta neppure questi temi, ma è evidente che qualora lo facesse le beneficiarie sarebbero proprio

    le regioni con più nascite. Sarebbe l'ennesima beffa!

    Qualora la Lombardia fosse autonoma e disponesse quindi almeno di una parte di quelle enormi risorse di cui viene oggi rapinata, sostenere finanziariamente le famiglie sarebbe forse oneroso? A titolo esempio, uno stanziamento annuo di circa 3000 miliardi di lire, potrebbe garantire un contributo mensile - sotto forma di assegni familiari "seri" - di 250.000 £ per ogni figlio minorenne secondogenito e 400.000 se terzogenito o successivo a TUTTE LE FAMIGLIE che risultino, alla nascita del primogenito, RESIDENTI in Lombardia ed in possesso della cittadinanza italiana DA 5 ANNI.

    E' un impegno che può apparire rilevante, tuttavia sarebbe poca cosa rispetto alle tasse che oggi partono per Roma senza far ritorno, ed anche rispetto alle future crescenti e inderogabili necessità dell'assistenza ad una terza età che rappresenterà gran parte dell'intera popolazione. A meno che in una società futura non si introducano forme più o meno estese e legalizzate di gerontocidio, come approdo di una logica spietata prodotta dalla disgregazione sociale.

    In antitesi a questo scenario, occorre prevenire un'eccessiva sproporzione tra anziani e giovani in seno alla popolazione padano-alpina, ed altresì favorire - anche attraverso adeguate scelte edilizie - la permanenza naturale dell'anziano in una famiglia trigenerazionale, ove si realizzi pienamente il fondamentale rapporto tra nonni e nipoti.

    Spesso non si forma, o non si allarga, una famiglia per la difficoltà a reperire un alloggio adeguato. E' pertanto indispensabile dare la priorità nell'assegnazione di unità abitative di edilizia pubblica o sovvenzionata, ai residenti da almeno cinque anni, priorità di fatto goduta oggi da non residenti o neo-residenti.

    Si potranno altresì concedere agli sposi residenti da almeno cinque anni, mutui regionali per l'acquisto dell'abitazione, da ritenersi estinti nella misura ad esempio del 20%, 50%, 100%, alla nascita del primo, secondo e terzo figlio rispettivamente.

    Oggi invece, non possiamo investire nulla nel nostro futuro.

    Anche sul piano culturale paghiamo altresì un grave scotto per la presenza di una struttura politica che, al di là dei reboanti proclami europeisti, ci pone di fatto ai margini dell'Europa. Ciò contribuisce largamente al perdurare dell'egemonia di un antistatalismo ad oltranza di matrice radical-borghese, benché esso sia in abissale ritardo rispetto alla nostra realtà.

    Esso appare altresì pateticamente provinciale, superato proprio da quelle società nord-europee cui usava superficialmente far riferimento. In quei paesi, da alcuni anni, si hanno sempre più bambini! Scandinavia e Gran Bretagna presentano oggi tassi di natalità dal 60 al 70% superiori a quelli padano-alpini, e si vanno riavvicinando progressivamente all'equilibrio intergenerazionale.

    Ridotta invece ad un ruolo di produttrice-distributrice di ricchezza, dipinta spesso nei media "nazionali" come una sorta di paese di cuccagna, la Lombardia è drammaticamente privata addirittura della consapevolezza delle sfide che le vengono poste dal suo stesso sviluppo economico, tra le quali il crollo drammatico delle nascite ed il livello intollerabile raggiunto dall'inquinamento. Rivendicare oggi di esser posti in condizione di gestire i nostri più vitali problemi non significa dunque affatto - come si ha interesse a far credere - dimenticare quelli altrui e chiudersi su sé stessi!

    Mentre la psicologia dell'infanzia ci segnala l'insostituibilità per il bambino della possibilità di crescere con un fratellino od una sorellina, è giunto il momento anche nella società lombarda di chiedersi serenamente nelle giovani famiglie, se sia più auspicabile la seconda o terza auto (magari un fuoristrada che fa tanto status symbol) oppure il secondo o terzo figlio. Di affermare che l'edonismo e l'individualismo sfrenati non rappresentano l'affermazione della libertà, ma una strada senza sbocchi. Mai come oggi è vero che un popolo che smarrisce il senso della propria identità ed i suoi valori più profondi non ha futuro!

    Demografi, sociologi, psicologi e... il buon senso possono indicarci la strada, ma come percorrerla?

    Del federalismo abbiamo bisogno per tutelare l'ambiente naturale, il patrimonio storico-culturale, perché funzioni l'amministrazione, la previdenza, la sanità, perché sia garantita la sicurezza dei cittadini contro ogni forma di criminalità. Ma esso è anche necessario perché continui ad esserci un popolo lombardo che di tutto ciò possa fruire.

    Da "Lombardia Autonomista"

    Anno VIII n. 23

    29 giugno 1990
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    DISCORSO FINALE DEL SEGRETARIO FEDERALE

    On. Umberto Bossi- 22 Novembre 1989

    Innanzitutto devo ringraziare il Congresso di avermi voluto confermare la fiducia. Come potete immaginare la carica di Segretario Nazionale della Lega Lombarda non e una carica particolarmente ambita, ma al contrario è un grosso peso da portare, tanto grande che se ci fosse stato un solo uomo che si fosse fatto avanti non avrebbe avuto difficoltà ad ottenere il mio personale appoggio. Mi dispiace ma come padre - padrone io valgo poco; spero di valere un po' di più per l'impegno, e per la serietà magari per l'affettività che metto nelle cose che faccio. Magari per l'onestà. E' inoltre mi dispiace di deludere la stampa di regime che sperava di trovare una Lega Lombarda meno grintosa, meno decisa a portare avanti la lotta autonomista. Meno decisa a portare avanti un progetto che è l'unico progetto possibile per far crescere il nostro movimento. La Lega Lombarda ha un grande progetto e non ci rinuncia. A questo congresso sono intervenuti i rappresentanti della Corsica, della Valencia, dell'Union Valdotaine, il Presidente dell'Arc-en-ciel, del Parlamento Europeo, e il Presidente del Trentino Sud-Tirol. Sono arrivati messaggi da tutta Europa e non solo dall'Ovest, ci sono vicini la lovenia, la Croazia, i popoli baltici, l'Ucraina. E' il mondo che si muove. Il mondo bello e generoso dei popoli. Dove non c'è uomo a cui non venga riconosciuta la dignità e l’affetto che si sente per un fratello. Qui ho sentito linguaggi diversi dal nostro, eppure quelle lingue non ci erano straniere perché parlavano del più grande bisogno dell'uomo, quello della libertà, quello del diritto a potersi riconoscere nella propria gente, quello del dovere di partecipare alla storia degli altri popoli, non come distruzione, non come sopraffazione, ma, come collaborazione e solidarietà. E' il progetto che noi abbiamo definito come egemonico e che dovrà portare la Lega Lombarda a diventare il partito di maggioranza relativa in Lombardia. Ma per ottenere un tale risultato occorreva innanzitutto che questo congresso decidesse per uno statuto che mantenesse la protezione del doppio tesseramento ed inoltre che prevedesse il modo per aprire dalla periferia il nostro movimento alle masse di militanti che devono essere dentro il movimento a partire dalle sezioni comunali e non dall'alto come, era avvenuto fin qui.
    Dovevo prevedere un sistema di tesseramento che permettesse di aprire la Lega Lombarda con la più grande rapidità a decine di migliaia di militanti che come noi vogliono l'autonomia della Lombardia, senza però correre il rischio di destabilizzare l'organizzazione che siamo riusciti a mettere in piedi in tanti anni di lavoro, con tanti sacrifici.
    Avevo premesso che solo con uno statuto come quello che è stato approvato io mi sarei sentito motivato a continuare la lotta autonomista nella funzione di Segretario Nazionale.
    Bossi non è un coperchio che va bene su tutte le pentole. Per tanti anni abbiamo vissuto letteralmente al limite della rotture fisica, nella speranza che un giorno il nostro impegno sarebbe servito a cambiare le cose in meglio. Se qui non fosse emersa questa volontà, la determinazione di portare avanti una politica di cambiamento, io vi avrei ringraziato ma non avrei accettato la carica di Segretario. Sarei rimasto nella posizione che il nuovo Segretario mi avrebbe assegnato, ma non sarei stato nuovamente il Segretario della Lega Lombarda.
    Tenete presente che i Segretari sono persone come le altre.
    Penso ai miei figli che non mi vedono mai anche se ci vogliamo bene. Dobbiamo spettare che venga Natale e venga l'estate per andare a Livigno e giocare assieme, e dormire assieme, non sarei stato l'uomo giusto a portare avanti un progetto di piccole riforme che rischiano di non cambiare niente. Non sarei stato l'uomo giusto per andare ad elemosinare dai partiti una briciola di decentramento, un insegnante lombardo in più nelle nostre scuole, per i nostri figli.
    Ma quello che ho visto qui, quello che ho sentito qui, ha cancellato ogni dubbio in me, ha allontanato ogni incertezza. Il popolo Lombardo è stato ben rappresentato in questo congresso. _Da voi esce compatta la determinazione ad andare avanti verso il grande cambiamento istituzionale che deve venire e che deve trasformare lo Stato italiano in uno Stato federale. Bossi ci sta. Da domani comincia l'apertura delle sezioni comunali in tutta la Lombardia. Entro l'anno la Lega Lombarda sarà rappresentata in tutti i Comuni della Lombardia.
    Il nostro impegno di tutti noi, sarà eminentemente in funzione dell'organizzazione del movimento e non eminentemente all'interno del palazzo. Là saremo, ma saremo opposizione, una opposizione che non significherà congelamento dei voti: i voti della Lega Lombarda serviranno a condizionare le giunte, addirittura a permettere la costituzione della giunte, di un tipo d i giunta piuttosto che un tipo diverso, cioè gli accordi con i partiti avverranno sulla base dei programmi anziché su quella delle poltrone. In linea di massima non accetteremo di entrare nelle giunte comunali perché ciò ci imporrebbe poi di andare in regione a difendere non la Lombardia, ma i problemi, i finanziamenti, le richieste dei Comuni in cui fossimo nelle giunte. Vogliamo le mani libere per crescere ancora.
    Ma ho sentito da voi che la Lega Lombarda significa anche volontà inesauribile di collaborazione con i popoli dell'Est, dell'Ovest, del Nord, del Sud. Sì del Sud.
    Un Congresso il cui successo è andato oltre quanto avessimo previsto noi stessi. Ho visto passare, ho sentito chiamare quell'Europa dei popoli in cui noi crediamo. Abbiamo sentito vicino a noi tanta gente che ci cercava da ogni parte d'Europa: da Livigno come da Strasburgo, da Aosta come da Barcellona, da Milan come da Napoli. Noi qui attaccavamo il sistema centralista con i picconi dell'idea del federalismo integrale: un muro che per l'uomo è più soffocante e più imprigionante di quello di Berlino.
    Parlo dell’ideologia centralista e del conseguente centralismo di Stato, parlo di un modello di sviluppo che è rimasto sostanzialmente quello coloniale di sempre, che alle colonie nel Terzo Mondo ha sostituito l'incorporazione dei mercati attraverso le immigrazioni.
    La nostra proposta politica indicava nell'internazionalismo autonomista la via attraverso la quale la lotta autonomista diventa l'antitesi che rientra nella storia e che da una parte spinge ad unificarsi la dicotomia liberista marxista e dall'altra ne propone il superamento con la sintesi del federalismo integrale.
    Ebbene non erano trascorse che poco più di 24 ore che l'Europa dei Popoli decideva che nel prossimo mese di marzo l'Internazionalismo autonomista si costituirà in organizzazione internazionale durante un Congresso che si terrà a Bruxelles con l'adesione già, pervenuta di 23 movimenti autonomisti europei: verranno dall'Ovest e dall'Est, dal Nord e dal Sud.
    Contro il conservatorismo vetero-centralista soffia il vento delle Libertà dei Popoli.
    Da questo Congresso è partito quindi un segnale che sta attraversando l'Europa: Lombardia significa Libertà e forza per conquistarla, significa lotta al fascismo mimetizzato nel centralismo degli Stati Nazionali.
    In questi giorni abbiamo sentito che le nostre parole non cadevano nel vuoto.
    Da qualche parte, di qua e di là dai muri, c'erano uomini fiduciosi e in attesa che Milan, che il popolo lombardo, un popolo gigantesco e buono, un popolo che in ogni momento della sua. storia ha saturo conquistare la libertà, un popolo conosciuto e amato come il nostro dichiarasse che la libertà, l'autonomia, il federalismo, la distribuzione della macchina produttiva, la solidarietà tra popoli sono il cemento su cui verrà costruita la nuova Europa. Non quindi l'Europa dei finanzieri ma anche l'Europa della piccola e media industria e dell'artigianato, convinti come siamo che la vita la devono fare gli uomini; non soli i banchieri, anche i banchieri. Noi non abbiamo paura di dire quello che pensiamo, perché noi siamo forti della forza dell'onestà, dell'obiettività, della fratellanza.
    Nè temiamo ali strali e ali ostracismi di quella parte della Chiesa che ha abbandonato il solco storico del federalismo, il solco dei Rosmini per asservirsi alle suddite del "lassair faire" libertà. Ma quella è solo una parte della Chiesa, la parte che conta meno con la gente, con i fedeli, anche se ha i titoli più altisonanti.
    Sento poi riferire dalla stampa i soliti refrain dell'antimeridionalismo della Lega Lombarda, come se noi fossimo nati contro il meridione, contro i meridionali. Come se noi non sapessimo che l'area meridionale, a causa del centralismo dello Stato, è inserita in un sistema economico nel quale le direttive fondamentali si sono ispirate per lungo tempo alle esigenze di interessi economici insediati al Nord e che per il loro sviluppo necessitavano di una diversa politica economica.
    L'Italia è stata liberista quando l'industria del Sud abbisognava di protezionismo, protezionista quando l'agricoltura del Sud abbisognava di nuovi sbocchi sui mercati esteri. Si è avuto consumismo quando il Sud abbisognava di austerità e investimenti. Così la politica meridionalistica è stata spesso soltanto un tentativo di limitate gli effetti negativi impliciti nelle scelte per lo sviluppo del Nord. Bene è evidente che ciò che non andava era la forma del contenitore istituzionale, che asservava l'economia del Sud e quella del Nord; occorreva più autonomia per il sud e per il nord, occorreva in buona sintesi uno Stato diverso. Diteci come può venire adesso la stampa ancora a parlare di antimeridionalismo della Lega Lombarda che sostiene la collaborazione e la trasformazione federale dello Stato, perchè o non era vero quello che si è sempre sostenuto a proposito delle cause dell'arretratezza del Sud, oppure c'è qualcuno che bara, ci sono dei partiti che barano. Qualcuno che si è adeguato assai bene alla situazione di arretratezza, che si sta dentro bene, molto bene, che vuole la continuazione della logica delle sovvenzioni senza controlli, logica per cui ci sono Regioni come la Calabria e la Campania che non presentano più il loro bilancio consuntivo alla Corte Costituzionale dal 1976 e dal 1982. Non è ben certo dove finiscono i finanzíamenti dello Stato 'e a chi finiscono questi finanziamenti che vengono. poi dalla ta.sse che- la mano pubblica rastrella dalle tasche dei cittadini.
    Altro che razzismo. Razzismo alla rovescia. Razzismo dei Razzisti che gridano al Razzismo. Noi non vi temiamo.
    Questa sera il Congresso chiude e la stampa delle veline da domani ricomincerà a sparare a zero su di noi. La Lega Lombarda non la fermerete perché noi siamo un grande fiume che corre verso la foce del Federalismo
    I programmi che abbiamo approvato sono il punto da cui partirà il lavoro della Segreteria e sul quale dovrà ritornare a soffermarsi l'Assemblea Nazionale. Ciò che viene approvato dal Congresso non è sufficientemente articolato, soprattutto se si tratta del 1° Congresso del movimento.
    In linea di massima numerose mi sembrano le tesi buone, da cui sarà possibile estrarre un programma concreto per delineare la Lombardia che un giorno vicino, sarà la nostra Lombardia.
    Non ho alcuna intenzione di parlare di tutte le tesi che faranno da sostegno al programma della Lega Lombarda, le avete ascoltate, però io sento di non approvare del tutto l'idea di uno sbarramento elettorale che potrebbe favorire l’immutabilità del quadro politico e dell'indirizzo politico che noi combattiamo.
    Le elezioni che si susseguono, anche le ultime elezioni europee hanno messo in luce che è già in atto una semplificazione degli schieramenti, irreversibile perché nata non dalle decisioni dei partiti, bensì dalle scelte dell'elettorato. Una semplificazione che si manifesta attraverso il superamento delle forze politiche che non hanno più niente da dire, estranee ormai rispetto alla logica del processo storico.
    Mentre devo invece sottolineare che concordo pienamente con la relazione dell'On. Speroni, che afferma che lo. Stato in quanto unione di Regioni, deve derivare da esse: i propri poteri. Va’ affermato quindi che la sovranità regionale è di pari dignità rispetto a quella statale, secondo il principio che le regioni sono sovrane fin dove la sovranità non sia limitata dalla Costituzione: una nuova costituzione quindi che deve prevedere le attribuzioni di competenza sia dell'autorità federale che di quella regionale; venga cioè stabilito nel contratto per il quale esiste lo Stato, cioè nella Costituzione la ripartizione delle competenze legislative che ora il centralismo concentra nei suoi ministeri. A ciò, come sottolineato nella relazione, dovrà far riscontro anche una profonda modificazione del sistema delle entrate fiscali dello Stato superando l'attuale dipendenza discrezionale da parte dello Stato nei confronti degli enti ora subordinati.
    Andiamo quindi in chiusura del Congresso e mi preme ricordare quello che è avvenuto ieri quando ke voce delicata e forte di una cantante sconosciuta finora, Lella Tagliabue, ha' intonato un inno della Lombardia che ha travolto il Congresso con una ondata di profonda commozione. Ho visto piangere centinaia di persone, ho visto commuoversi gli ospiti stranieri. L'esperanto della verità e dell'affetto accomunava il Congresso al fiammingo al catalano. La libertà della Lombardia, così come la libertà di ogni altro popolo è impegno morale di tutti gli uomini.
    E' aprendo le braccia all'Europa che noi ci congediamo, che ci salutiamo, che ci abbracciamo. Dentro di noi la ferma determinazione a trascinare avanti il progetto del Federalismo Integrale, la ferma determinazione ad organizzare la Lega Nord e a contribuire ad avviare un processo federalista anche nel mezzogiorno. La più totale volontà di lottare finché il popolo lombardo sarà libero. Sarà libero con quello veneto, con quello piemontese, ligure, emiliano - romagnolo, toscano. Nel prossimo Congresso faremo la giornata dei figli e verremo con i nostri figli.
    Ci lasciamo ma con un impegno a partecipare alla festa di Pontida della prima settimana di Aprile.
    Là continueremo la festa della Libertà Lombarda
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    Lega e Movimento Italia Meridionale

    Lega e Movimento Italia Meridionale
    Da "Margini" n. 31

    Le rivolte del Nord e quelle del Sud
    G. Savoini, V. Campagna

    Il ritorno nella realtà politica e sociale dell'elemento “localistico” - dovuto non solo ad una reazione agli aspetti economici del processo di globalizzazione, ma anche al riaffiorare delle identità etniche - ci ha indotto a rivolgere alcune domande a esponenti di movimenti etnici: G. Savoini (giornalista della Padania) e V. Campagna (responsabile del Movimento Italia Meridionale; autore,per le Edizioni di Ar, della "Rivolta di Battipaglia"; direttore editoriale di Alburno).

    D. - Quanto è rilevante il fattore immigrazione nel processo delle trasformazioni globalizzanti?
    R. (Savoini) - Dietro il fenomeno dell'immigrazione extracomunitaria di massa si celano gli interessi più o meno occulti delle lobbies mondialiste. Il progetto di Governo Unico Mondiale verrà attuato soltanto dopo la distruzione, l'annichilimento, l'omologazione delle identità dei singoli popoli che compongono il continente europeo. Per questo motivo i potentati economici dell'Alta Finanza cosmopolita si servono dell'immigrazione come arma micidiale per sovvertire gli equilibri sociali, culturali ed etnici del nostro continente. L'Immigrazione non è un fenomeno inarrestabile, come propagandano gli scribacchini, i nani e le ballerine di regime. L'immigrazione può e deve essere fermata aiutando i popoli in via di sviluppo a casa loro.
    R. (Campagna) - L'immigrazione rappresenta l'atto finale di un processo livellatore delle differenze esistenti tra i popoli, condotto, inizialmente, nel far desiderare un mondo di eguali in cui la felicità è rappresentatadai beni di consumo prodotti dalle multinazionali. L'ultimo ingranaggio livellatore rischia, però, di incepparsi, in quanto moltissimi immigrati rifiutano la società occidentale, innalzando il vessillo della loro fede musulmana...ma ciò rappresenta il capitolo di un'altra lotta che noi dovremo sostenere, sia che abitiamo nell'Italia meridionale che nell'estrema punta Nord della Scandinavia, per difendere la nostra cultura di europei.

    D. - Il Nord e il Sud hanno dato risposte diverse, ma ugualmente significative, agli sconvolgimenti sociali degli ultimi decenni. Il Sud con le rivolte degli anni '60, il Nord con la creazione di un modo nuovo —etnico— di intendere la politica. Vi è possibilità che oggi il Nord e il Sud si battano assieme?
    R. (Savoini) - Sicuramente la possibilità di difendere al meglio le identità dei popoli padani e italiani passa attraverso una comunione di intenti tra le forze migliori del Mezzogiorno e della Padania. La Lega ha dimostrato di non voler perdersi nei rigagnoli di un anti-meridionalismo retorico e demagogico e auspica che il Sud possa realmente ribellarsi all'assistenzialismo e tornare orgogliosamente protagonista del suo destino. Altrimenti la Padania ha la forza di fare da sola. E lo farà.
    R. (Campagna) - Se si condivide che l'Italia è un piccolo satellite del pianeta mondialista, si condividerà anche che chiunque pensi di poter condurre da solo la lotta contro il processo di globalizzazione o è un illuso o appartiene a quel progetto mondialista che finge di voler combattere.
    Il settentrione e il meridione d'Italia non hanno alternative: devono organizzarsi autonomamente ma condurre uniti la lotta. Se per l'editore Franco Freda —imprigionato per aver previsto e denunciato, dieci anni fa, l'invasione della criminalità straniera— si fosse proceduto contestando tutt'insieme l'assurdità di processare le idee, invece di difendere i propri interessi politici di parte, oggi avremmo avuto una prima piccolissima vittoria contro il mondialismo.

    D. - In un libro di recente pubblicazione "Elogio delle differenze. Per una critica della globalizzazione" (Edizioni di Ar), L'Autore chiarisce i molteplici aspetti attraverso i quali si svolge il processo di globalizzazione. Può darci un suo parere sintetico su queste tesi?
    R. (Savoini) - I veri razzisti sono coloro che negano le differenze etniche e culturali tra i popoli. Il “politically correct” che domina in Occidente è oggettivamente un pensiero razzista che non tiene conto del fallimento del “melting pot” negli Stati Uniti, ovvero nel quartier generale del mondialismo. I padanisti, così come tutti i movimenti identitari europei, elogiano le differenze e non vogliono, che in nome del mercato senza regole, alle radici tradizionali si sostituiscono i falsi miti materialistici e consumistici che trasformerebbero il territorio europeo in un degradato falansterio di meticci rimbecilliti dall'ideologia del benessere materiale (che peraltro sarà goduto solo dalle élites e dai miliardari). Viva le differenze, dunque. Abbasso l'egualitarismo che, dopo la sbornia marxista-leninista, miseramente evaporata, si è reincarnato negli esegeti del mondialismo e della società multirazziale.
    R. (Campagna) - Condivido, totalmente, l'analisi di Giovanni Damiano nella sua opera Elogio delle differenze. Infatti la globalizzazione economica è solo un aspetto di quella perversa logica volta ad imporre un modello generale unico per tutti e in tutti i vari aspetti della vita: culturale, polititca, sociale etc. Ritengo, comunque, difficile tradurre in pratica questi concetti, in quanto l'uomo moderno si illude di essere tanto più libero quanto più è schiavo del sistema materialista consumista. L'unica possibilità di evadere dalla gabbia della globalizzazione è di riscoprire la propria storia, la propria cultura, e di amare la propria Terra come elemento non causale della propria nascita.Tra i vari difetti , l'italiano meridionale ancora ha il pregio di essere legato alla propria Terra e di non aver accettato, del tutto, il dominio dell'economia sulla propria vita, come ben illustra Ulderico Nisticò nel suo "Prontuario oscurantista" (Edizioni di Ar).
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    "Domina l’imperialismo della grande finanza"

    Il Senatur critica il vertice del WTO di Seattle:
    "Domina l’imperialismo della grande finanza"
    Bossi: no alla dittatura globale
    "Lega e Chiesa insieme per difendere i valori e le radici dei popoli"

    di Gianluca Savoini

    Onorevole Bossi, le manifestazioni anti-Wto di Seattle dimostrano che non tutto il mondo è d’accordo con la globalizzazione. La polizia americana ha dovuto usare i proiettili di gomma per disperdere i manifestanti. Come commenta questi avvenimenti?
    "Si sta delineando la dialettica tra l’economia virtuale della grande finanza e l’economia reale dei popoli. Non a caso quella manifestazione era supportata dai gruppi etnonazionalisti americani. Se anche in Europa ci fosse un vertice del Wto, a manifestare contro ci sarebbe anche la Lega, i popoli padani. Manifesteremmo contro lo strumento che l’impero usa per legalizzare la sua brama di potere totale, la sua economia unica e la sua moneta unica, utilizzate per annientare i popoli".
    Quindi la caduta del comunismo non ha dato maggiore libertà al mondo, ma ha dato il via all’imperialismo globale dell’alta finanza?
    "È così. Il comunismo è finito per assorbimento da parte del capitalismo, non per sconfitta militare. L’imperialismo occidentale che ha sempre sostenuto la guerra verso l’esterno ha assorbito l’imperialismo comunista che la guerra la faceva all’interno degli Stati, la rivoluzione insomma. Quindi siamo di fronte all’imperialismo più potente che si sia mai visto sulla terra".
    Ovviamente lei ritiene questo imperialismo più esteso di quello nazista?
    "Non c’è paragone. Quello attuale è la somma di tutti gli imperialismi, da quello degli ex Stati coloniali che l’imperialismo lo facevano in Africa e in Asia, a quello nazista che per primo cercò di applicare l’imperialismo all’interno dei Paesi europei, al comunismo che l’imperialismo lo applicava al suo interno sui diversi popoli che avevano avuto la sventura di far parte del blocco sovietico. Questo è un super-imperialismo che utilizza la finanza, le televisioni, i giornali per manipolare gli schiavi dall’interno della loro mente: vuole creare schiavi consenzienti".
    È per questo motivo che si stanno muovendo i popoli? Sanno di correre il rischio di essere espropriati e cancellati?
    "Certo. L’America non è più un Paese liberista, è un Paese imperialista. I famosi 14 punti del presidente Wilson del 1918 sono considerati obsoleti dall’imperialismo globale".
    Cosa dicevano quei 14 punti, segretario?
    "Il primo parlava di trattati aperti stipulati palesemente dalla diplomazia internazionale; il secondo prevedeva la libertà degli spazi marittimi; il terzo punto interessava il libero commercio internazionale; il quarto la riduzione degli armamenti nazionali; il quinto l’imparziale sistemazione delle rivendicazioni coloniali; il sesto l’autodeterminazione come principio per un mondo libero; e così via".
    Tutto dimenticato dai padroni della grande finanza mondialista?
    "Quel programma wilsoniano è considerato vecchio e superato dal nuovo imperialismo. Gli uomini e i popoli sono considerati alla stregua di microbi senza diritto ad una loro storia e ad una loro economia. La casta dominante dei finanzieri si è impadronita dei servizi segreti e degli armamenti degli Usa e avanza schiacciando tutto e tutti senza pietà".
    Lei però, onorevole Bossi, sosteneva che, dopo la fine della dialettica tra materialismo comunista e materialismo capitalista la storia non sarebbe finita, bensì sarebbe nata una nuova dialettica simile a quella che dominò per secoli in Europa: la dialettica tra ateismo e Cristianesimo.
    "Come ho detto prima, la manifestazione contro il "Millennium Round" è un concreto segnale della dialettica politica che ritorna nella storia. La contrapposizione è ora tra globalizzazione e valori, tra grande finanza e tradizione, tra materialismo e i popoli e la famiglia. Ovvero tra economia virtuale che concentra le banche e l’economia reale vicino al popolo".
    Il Millennium Round di Seattle preannuncia allora il cambiamento della natura politica anche da noi?
    "In Italia per evitare che i popoli ritornassero sulla scena della storia hanno applicato il sistema elettorale maggioritario. Per fermare la Lega. In questo modo tengono separato artificialmente ciò che è simile: la natura imperialista del comunismo che è rimasta in D’Alema e che gli impedisce di riformare lo Stato in senso federale e l’espressione del capitalismo finanziario e virtuale del Polo, il capitalismo che ha vinto. In realtà il maggioritario tiene separato ciò che è simile per ritardare il più possibile la nascita della nuova dialettica che verrebbe incarnata dalla Lega e dalla Chiesa. Sarebbe il "polo dell’amore" che difende la famiglia e i popoli e per conseguenza anche l’economia reale".
    Lei, dopo essere uscito dal governo del Polo, disse più volte che bisognava aspettare la Chiesa, che la Chiesa prima o dopo sarebbe arrivata. Nello stesso momento lei sosteneva che il post-comunismo di D’Alema non ce l’avrebbe fatta a ricollocarsi. Queste sue due convinzioni non si sono verificate. Come lo spiega?
    "Io ritenevo allora che D’Alema non avrebbe potuto traghettare da nessuna parte gli ex-comunisti. I suoi legami erano, nel maggioritario, gli ex-cattolici del Ppi e le idee federaliste della Lega. ma il comunismo era stato sia anticristiano, sia antifederalista e quindi D’Alema non ce l’avrebbe fatta. Non avevo previsto però l’ingresso in campo di Clinton, nelle cui braccia D’Alema si è gettato immediatamente, accettando di pagare il prezzo della consegna delle basi aeree per la guerra contro i serbi senza passare dal parlamento, così come prevede la legge. A mio parere D’Alema ha anche consegnato a Clinton il povero Ocalan, leader dei curdi".
    Perché a Clinton interessa D’Alema?
    "Perché l’America è l’ultimo Stato illuminista che volendo controllare il mondo deve considerare gli uomini solo come persone, cioè come uomini mascherati tutti con la stessa maschera, sia davanti alla legge, ma anche davanti alle religioni, alla storia e quindi all’economia della globalizzazione. Allo stesso modo D’Alema, in quanto ex comunista, rappresenta l’ideologia sconfitta dalla storia, ma altrettanto illuminista e giacobina di quella americana. La sinistra, che esercitava l’imperialismo all’interno degli Stati, al contempo vede il male all’interno dello Stato e il bene in tutto quello che sta fuori: quindi apre il Paese in maniera indiscriminata all’immigrazione selvaggia, distruggendo i popoli e favorendo in questo modo la globalizzazione, cioè il dominio totale e tirannico dell’alta finanza".
    Quando lei abbandonò il Polo non comprese che D’Alema si sarebbe rilegittimato passando in un battibaleno da Mosca a Washington?
    "Purtroppo non lo previdi".
    Perché nasca la nuova dialettica globale-locale la Chiesa e la Lega dovranno, secondo lei, trovare battaglie comuni?
    "Alla fine sarà così. La Chiesa ha i suoi problemi interni, per 150 anni è indietreggiata davanti alle massonerie e qualche decennio fa gli americani l’avevano già infiltrata con la P2, con i Marcinkus, al punto che molti alti prelati parlavano di "sincretismo", ossia di una super-religione unificata tra Cristianesimo, islamismo ed Ebraismo".
    Segretario, la lotta è indubbiamente difficile, ma lei sostiene che la storia sta cominciando a muoversi nel senso giusto e che a fronte dell’ateismo della società a caste dell’economia virtuale della finanza sta preparandosi il "polo dell’amore": la Chiesa che difende la famiglia e la Lega e i popoli e la loro economia reale?
    "La storia non è morta. Ritorneranno gli uomini, ma bisogna fare presto, perché il nemico distrugge a supervelocità".
    Il ministro delle Risorse Agricole Paolo De Castro dimostra che è sempre dalla sinistra svenduta agli Usa che arrivano segnali negativi per i padani.
    "In questo momento - dice De Castro - l’Italia è più vicina, in materia agricola, agli Stati Uniti che all’Europa". E sostiene che, mentre per i prodotti continentali (latte, formaggio, cereali), quindi per quelli padani, l’Italia può fare concessioni agli Usa, ma guai se si toccano i prodotti agricoli come ortaggi, olio, vino, la cosiddetta produzione mediterranea.
    "È la dimostrazione che occorre la Padania al più presto o almeno la Devolution, un parlamento del Nord che ci dia la possibilità di rivolgerci direttamente all’Europa e avere competenze specifiche. Per non morire".
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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    Il Senatur: "È arrivato il momento di smascherare chi sponsorizza l’immigrazione"

    Il Senatur: "È arrivato il momento di smascherare chi sponsorizza l’immigrazione"

    di Mauro Bottarelli

    Crema (Crèma)
    Tra la gente, per la gente. Nel primo giorno di raccolta firme per il referendum abrogativo contro la sciagurata legge Turco-Napolitano, Umberto Bossi sceglie Crema per dare impulso a quello che egli stesso non tarderà a definire "un sonoro schiaffo al sistema mondialista, ai progetti degli americani". Già nel primo pomeriggio il gazebo di piazza Duomo è meta di un continuo andirivieni di gente: alcuni si dirigono spediti al banchetto che raccoglie le firme, altri invece chiedono informazioni (visto che l’informazione di regime non le dà), leggono i volantini e poi decidono di togliere dal portafogli il proprio documento per garantirsi una speranza di libertà. Alle 15.00 le firme erano già oltre 150, ma l’arrivo di Bossi faceva ben sperare sul risultato di fine giornata. Il segretario del Carroccio arriva in piazza Duomo poco dopo le 16.30 e subito la folla gli si fa attorno: strette di mano, saluti, ringraziamenti ma anche domande, dubbi. Il Senatur, come sempre, non si fa pregare e, dopo essersi seduto al banchetto incitando la gente a firmare, comincia a parlare. A braccio e con spigliatezza, guardando la gente negli occhi e rispondendo alle domande senza filtri né giri di parole. "Lo scontro in atto è ormai chiaro - esordisce Bossi. Da un lato abbiamo il capitalismo individualista americano, con tutto ciò che ad esso consegue (ovvero negazione della protezione sociale, delle pensioni e della sanità), e dall’altro il capitalismo sociale europeo. L’immigrazione clandestina è una delle armi utilizzate dal capitalismo mondialista americano per scardinare l’Europa, per indebolirla nelle fondamenta. Dal 1 gennaio 1993, ovvero dalla nascita dell’Unione Europea, l’America ha cominciato a temere di perdere il proprio primato economico nei confronti dell’Europa. Quindi ha messo in campo tutte le proprie forze e i propri alleati. La massoneria, ad esempio, e a questo riguardo intendo pubblicare tutti i nomi dei massoni che garantiscono gli interessi americani: come Prodi che fa parte dell’Aspen Institute. Ora è ovvio che tutto parte da qui, da uno scontro che gli Stati Uniti non possono perdere. In Italia gli Usa possono contare sui loro amici del Polo, sui vari Berlusconi e Fini. D’altronde nella logica dei potenti tanto cara agli Usa, un Paese dove il maggioritario consente la concentrazione del potere politico in poche mani garantite dai potentati economici, uno come Berlusconi non può che riconoscersi pienamente, lui che in fondo è un "Jr della Bassa"". La gente ascolta e Bossi continua il proprio ragionamento, spiegando quali sono i reali pericoli che stiamo correndo. "Il progetto mondialista americano è chiaro: vogliono importare in Europa 20 milioni di extracomunitari, vogliono distruggere l’idea stessa di Europa garantendo i propri interessi attraverso l’economia mondialista dei banchieri ebrei e attraverso la società multirazziale. Ma noi non lo consentiremo: esiste una via capitalistica americana, basata sul maggioritario che trova i suoi referenti nel Polo. Una via francese, la vie en rose diciamo, che si colloca come via di mezzo tra Europa e Usa e la Mitteleuropa, ovvero il capitalismo sociale che accomuna aree come la Padania, la Baviera, l’Austria. Il disegno dei 20 potenti americani non passerà, anche se usano armi potenti come droga e televisione. Basti vedere la questione del Kosovo: si sbracciano contro Belgrado perchè il Kosovo è la principale "fabbrica" di eroina del mondo. Se ci sarà da schierarsi sia chiaro fin d’ora che la Padania starà con Belgrado. Ma anche la Francia sta giocando un ruolo molto importante nei progetti Usa: siccome ha garantito a Roma la sopravvivenza dell’Italia, negando alla Germania l’Europa a due velocità che avrebbe significato subito la Padania, ora presenta il conto all’Urbe. La quale lascia che gli interessi francesi si inseriscano in Italia, che si vedano garantita una posizione di monopolio, ad esempio nei trasporti. Noi non ci stiamo e attraverso la Confederazione delle Province e dei Comuni del Nord creeremo delle holding padane "verticali" per evitare che il trasporto pubblico di aree metropolitane e provinciali del Nord finiscano in mano francesi. E così anche per l’elettricità".La giornata sta per finire, ma la gente non si stanca: le firme crescono, sempre più persone si fermano al gazebo di piazza Duomo. Alle 18.00 saranno quasi 600. "La gente non è stupida, capisce l’importanza di questo referendum e viene a votare - conclude Bossi. Siamo partiti senza Milano, Como e Lecco e in una sola giornata abbiamo raccolto 100.000 firme. Se avessimo avuto queste tre province avremmo già chiuso la faccenda".
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